Quarta corona. Nuova regina sulle orme delle leggende (Crivelli). Osaka un poker da regina (Mastroluca). Inarrestabile Osaka, regina del tennis e dei due mondi (Corriere della sera). Naomi Osaka: "Voglio essere l'idolo delle nuove tenniste" (Rossi)

Rassegna stampa

Quarta corona. Nuova regina sulle orme delle leggende (Crivelli). Osaka un poker da regina (Mastroluca). Inarrestabile Osaka, regina del tennis e dei due mondi (Corriere della sera). Naomi Osaka: “Voglio essere l’idolo delle nuove tenniste” (Rossi)

La vittoria di Naomi Osaka all’Australian Open nella rassegna stampa di domenica 21 febbraio 2021

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Quarta corona. Nuova regina sulle orme delle leggende (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

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Il tennis femminile si inchina alla Osaka, potenziale regina del decennio incombente dopo una serie infinita di campionesse che hanno ballato una sola estate. Profilo basso Il trionfo agli Australian Open, (non perde da un anno), maturato sulla sorpresissima americana Brady in coda a una finale tecnicamente e mentalmente troppo sbilanciata per risultare pure spettacolare, è il quarto negli Slam: tra i giocatori in attività, uomini compresi, solo Federer, Djokovic, Nadal e le sorelle Williams ne hanno vinti di più e la Hingis e la Sharapova, a giusta ragione considerate due miti in rosa, ne vantano appena uno in più. La giapponese, per contro, ha appena 23 anni e un grande futuro davanti. Tra l’altro, continuando a parlare di leggende, solo Federer e Seles hanno vinto come lei le prime quattro finali Major giocate: «Direi che sono in buona compagnia. Spero di riuscire ad avere una carriera anche solo lontanamente paragonabile alla loro, ma quello che ho imparato in questi anni, in campo e fuori, è che va bene non essere mai troppo sicuri di se stessi. Il prossimo passo è arrivare a cinque, poi magari a sette-otto, poi dieci, ma non voglio mettermi addosso troppe aspettative. Anche perché devo migliorare sulla terra e sull’erba».

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Nata a Osaka (all’inizio sembrava uno scherzo), figlia di un haitiano e di una giapponese, Naomi (che porta il cognome della madre perché le leggi del Sol Levante non consentono al padre straniero di trasmetterlo) inizia a giocare a tre anni, dopo che papà Leonard ha visto in tv una partita di Venus e Serena, scoprendo che Richard, il loro genitore, ne era diventato allenatore senza avere alcuna esperienza. Una folgorazione. Da New York, dove si erano trasferiti dopo il Giappone, Leonard porta la sua bambina in Florida per la crescita definitiva nel tennis insieme alla sorella maggiore Mari, che sembra più forte (però oggi è 335 Wta). Lì la nota Patrick McEnroe, che vorrebbe affidarla alla federazione statunitense, ma il Giappone è arrivato prima con un’offerta tecnica ed economica ineguagliabile, anche se la ragazza spiccica solo poche parole nell’idioma materno (pure adesso). Il resto è storia, a partire dal successo agli Us Open 2018 sull’idolo Serena ridotta alle lacrime. Ironica e apparentemente distaccata (commentando il lockdown ha detto di essere preoccupata perché era ingrassata troppo), Naomi ha saputo però diventare un’icona popolare per il coraggio delle sue posizioni, sublimate ad agosto dalla decisione di ritirarsi dal *** torneo di Cincinnati per protestare contro la violenza sulla gente di colore al culmine del Black Lives Matter. Lei stessa, del resto, è stata vittima di pregiudizi, da donna nera negli Stati Uniti e da «straniera» in Giappone, tanto che in uno spot (poi ritirato) uno sponsor la trasformò in un cartone animato, ma con la pelle bianca. A novembre, invece, un altro manga l’ha idealizzata in un’eroina sportiva invincibile, e stavolta senza ritocchi, riconoscendole quel ruolo trascinante che continua ad affascinare pure gli sponsor (l’ultimo, Louis Vuitton), tanto da renderla, nel 2020, la sportiva più ricca del mondo con 34 milioni di euro di guadagni, montepremi compresi.

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Osaka un poker da regina (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Naomi Osaka si candida a nuova regina del tennis femminile. A Melbourne, ha conquistato il suo quarto titolo dello Slam su quattro finali giocate. Un poker simile, nell’era Open, tra uomini e donne era riuscito solo a Roger Federer e Monica Seles. La giapponese, la sportiva più pagata al mondo secondo Forbes e al momento la più forte a dispetto della classifica, ha sconfitto 6-4 6-3 Jennifer Brady, numero 24 del mondo alla sua prima finale in un major.

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Si è rivelata gentile con la farfalla che le si è posata sul viso in uno dei momenti più fotografati del torneo, e decisa quando ha salvato due match point negli ottavi contro Garbine Muguruza. È diventata la settima a sollevare il trofeo dopo essere stata a un punto dalla sconfitta.

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Osaka, proiettata a tornare al numero 2 del ranking, ha spiegato che non vuole guardare troppo oltre, pensare troppo in là. Non vuole mettersi troppa pressione. Negli ultimi due anni e mezzo, il tempo trascorso dal suo primo trionfo negli Slam, ha imparato ad accettare di non doversi mostrare forte per forza. «È ok non sentirsi ok. E normale non essere sicuri di se stessi», ha detto in conferenza stampa. LA PARTITA. In finale, ha dato subito un segnale chiaro alla statunitense Brady. Ha tenuto la battuta nel primo game in 77 secondi. Nonostante abbia messo in campo appena il 48% di prime di servizio, in una serata ventosa e non facile, è stata più efficiente dell’avversaria. Ha fatto la differenza negli scambi brevi, 47 a 34 il bilancio in suo favore in quelli che si conclusi in meno di cinque colpi. Brady, una delle giocatrici costrette a un regime più severo di quarantena obbligatoria a Melbourne, rimasta 15 giorni in camera senza poter uscire per andarsi ad allenare, è rimasta in partita fino all’ultimo game del primo set. Dopo aver mancato una palla break per il possibile 5-4, è andata a servire per allungare il parziale. Ma ha commesso un doppio fallo sul 40:30, provando mvano a passare da una seconda a uscire a una al centro, e sul set point ha affossato in rete un dritto da pochi passi. Come mancare un gol a porta vuota.

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La giapponese ha spinto eccome, è salita subito 4-0 e ha amministrato l’ultimo orgoglioso tentativo di rimonta dell’avversaria. Brady, al di là della delusione per l’esito della forale, è consapevole di tutti i lati positivi della sua esperienza australiana. «Devo lavorare sul mio gioco e sul mio servizio, così la prossima volta, in una situazione simile, non dovrò giocare un tennis perfetto per pensare di vincere – ha detto – ora, comunque, so che un titolo Slam è un obiettivo che posso raggiungere. Un anno fa, per me, era come immaginare di andare su Marte». Tu chiamala, se vuoi, Perseverance.

Inarrestabile Osaka, regina del tennis e dei due mondi (Corriere della sera)

Le cuffie sulle orecchie con la musica del fidanzato rapper Cordae, la blusa viola n. 24 di Kobe Bryant, il grande fratello astrale di cui vorrebbe proseguire la missione in terra; e poi i due passaporti, giapponese e americano, le due culture sotto la visiera, nelle vene il sangue di mamma Tamaki e papà Leonard; haitiano, e sui social un seguito da pop star regina dei due mondi. Non esiste sul playground del tennis una campionessa più globale di Naomi Osaka, 23 anni e già quattro Slam, destinata a dominare a lungo se non avesse mille passioni che la tirano per la giacchetta, perché non è solo di sport che vive una giovane icona. La rivale in finale a Melbourne, quella Jennifer Brady uscita dall’efficiente sistema scolastico made in Usa (Urla) brava a sopravvivere alla quarantena hard (era entrata in contatto con un positivo in aereo), dura uñ solo set. Nella ventosa notte di Melbourne volano i ricci, i capricci e il messaggio universale di Osaka (6-4, 6-3), capace per la seconda volta di cominciare l’anno come lo aveva concluso: doppietta Us Open-Australian Open.

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Uscita dalle grinfie del discusso coach Sascha Bajin, trovata la serenità con il navigato Wim Fissette, rispetto alla patologica timidezza degli inizi (non l’aiutò a sbloccarsi la crisi isterica di Serena a New York 2018, suo primo Slam), Naomi si è aperta al mondo: ha più di 85o mila followers su Twitter, quasi 2 milioni su Instagram, racconta con naturalezza l’amore per le rime di Cordae («Mi ha colpito la sua cordialità con chiunque gli chiedesse un autografo o una foto, come fosse a suo agio con tutti»), parla a più universi e culture contemporaneamente, muovendosi in avanzamento veloce.

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Naomi Osaka: “Voglio essere l’idolo delle nuove tenniste” (Paolo Rossi, La Repubblica)

Naomi non ha bisogno di mostrare la faccia feroce per mostrare la sua grandezza. Lei trionfa con la calma dei forti, chiedere a Jennifer Brady, sconfitta 6-4, 6-3 nella finale di Melbourne. Naomi Osaka è fuori dagli schemi, non si possono incollare etichette alla nuova regina degli Australian Open. E come si potrebbe? Figlia di un haitiano-americano e di una giapponese, cresciuta e formata negli Usa ma che non ha avuto problemi nel dire «di non sentirsi necessariamente americana» e scegliere il Giappone come bandiera sportiva. E poi l’esposizione sociale: indimenticabili agli ultimi Us Open le sette mascherine, con sette diversi nomi di vittime delle forze dell’ordine, in aperto appoggio al movimento Black Lives Matter. Perché lo fa? Perché Naomi è multiculturale, multinazionale, multirazziale. Rappresenta una nuova generazione nel tennis del Grande Slam.

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Questa è la ragazza che quando batté Serena agli US Open del 2018 pianse, scusandosi con il pubblico di averlo fatto.

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Studia, e pensa, prima di farlo. Gli Slam, che ora sono quattro in bacheca, non le interessano. «Non voglio appesantirmi con le aspettative». Non ha mai perso una finale a questi livelli, anzi: se arriva ai quarti, vince il torneo. Eppure ecco la sua priorità: «Il mio obiettivo principale, anche se magari suonerà strano, è quello di giocare abbastanza a lungo da affrontare una ragazza che dirà che io una volta ero la sua giocatrice preferita o qualcosa del genere». Eccolo, il concetto di identità. Il messaggio da lasciare ai posteri. Un’eredità da consegnare a chi verrà dopo. Naomi Osaka vive tra i mondi, fa parte di una Generazione X, centro di un universo in evoluzione. Tutto in una volta. Anche se prima di compiere una rivoluzione di cui non è ancora del tutto consapevole, dovrà cercare di accontentare mamma Tamaki, sapendo che sarà impossibile: «Mia mamma è buffa. Ogni volta che gioco un match mi dice di mettere semplicemente più palle in campo. Per lei la soluzione per vincere è mettere la palla in campo. Non le interessano ritmo o potenza».

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