Il doppio exploit in sole 24 ore di Sinner e Musetti è un inedito assoluto

Editoriali del Direttore

Il doppio exploit in sole 24 ore di Sinner e Musetti è un inedito assoluto

I due ragazzi di 19 anni fanno sognare l’Italia. Pur separati da più di 80 posti, Sinner e Musetti sono il nostro futuro. Hanno battuto due top-11 giocando alla grande. Ma non aspettiamoci subito la continuità dei tennisti più maturi

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Jannik Sinner e Lorenzo Musetti - Roma 2019 (foto Felice Calabrò)
 

La memoria a una certa età vacilla e Internet in questo caso non aiuta, però non ricordo che nell’arco di 24 ore due tennisti italiani abbiano conquistato due vittorie su due top-15, il n.9 del mondo Schwartzman vittima di Lorenzo Musetti e il n.11 Bautista Agut per mano di Jannik Sinner. Mentre scrivo queste righe, peraltro, Musetti si è già confermato battendo anche il n.56 del mondo Tiafoe (n.29 ATP nel febbraio 2019 dopo aver raggiunto i quarti all’Australian Open) per approdare ai quarti dell’ATP 500 di Acapulco, il traguardo sinora più prestigioso della sua carriera. E’ virtualmente n.108 e se battesse anche Dimitrov salirebbe intorno al n.94 portando il contingente italiano tra i top-100 per la prima volta a 9 (che potrebbero diventare 10 se Mager, oggi n.101, facesse il passettino più piccolo).

Resta molto ragguardevole e molto singolare quanto fatto da Musetti e Sinner in poche ore, contro due avversari tanto prestigiosi. Così a… lume di naso direi che non era mai successo, ma se volessi essere proprio sicuro di estrapolare un dato-record mai registrato, posso garantire che il fatto che siano stati due ragazzi di 19 anni i protagonisti di un tale exploit è certamente inedito.

Certamente non ci sono state tante situazioni in cui più tennisti italiani avessero l’opportunità di giocare nelle stesse 24 ore con due top-ten (o top-11…) e quindi di realizzare lo stesso doppio exploit di Sinner e Musetti. Poteva succedere in Coppa Davis quando l’Italia incontrava uno squadrone.

Mi viene in mente la finale del 1979 a San Francisco, quando con Panatta e Barazzutti affrontammo McEnroe e Gerulaitis (rispettivamente n.3 e 4 del mondo) senza vincere un set e senza arrivare mai a cinque game in nessun set dei quattro singolari. Il risultato finale fu un pesante 5-0. È successo anche nel 1995 a Palermo, quando nei quarti di finale vennero a farci visita in Sicilia il n.1 e il n.2 del mondo Pete Sampras e Andre Agassi, che avevano portato anche il costume da bagno per un week-end in cui il capoluogo siciliano venne invece investito addirittura dalla neve. L’Italia schierò Gaudenzi e Furlan, battuti tre set a zero rispettivamente da Agassi e Sampras, mentre in doppio Brandi e Pescosolido riuscirono a strappare un set a Palmer-Reneberg (6-1 6-7 6-4 6-3); finì ancora 5-0 per gli statunitensi. Il precedente più recente risale alla semifinale 2014 a Ginevra contro la Svizzera di Federer (n.3) e Wawrinka (n.4), che avrebbe poi trionfato in finale sulla Francia a Lille. Anche in quell’occasione l’Italia non vinse alcun set contro i due fenomeni, ma riuscì a strappare un 3-2 grazie alla vittoria in doppio (Bolelli-Fognini) e al punto ininfluente di Seppi contro la riserva Lammer, a risultato acquisito.

Insomma, abbiamo visto che è difficile persino rintracciare due sfide ravvicinate tra italiani e top 10. Che siano arrivate addirittura due vittorie su due – e per mano di due 19enni – resta parecchio inedito.

Se Musetti battesse Dimitrov entrerebbe a vele spiegate fra i top100. Oggi è virtualmente n.108. Soltanto Sinner era stato più precoce nel superare uno dei primi 10 del ranking Atp, quando a 18 anni e 177 giorni batté Goffin a Rotterdam. Musetti con 19 anni e 14 giorni ha scavalcato il Caratti che nel 1990 a 20 anni e 2 mesi batté Brad Gilbert a New Haven (lo scrive www.loslalom.it).

Lorenzo Musetti – Acapulco 2021 (foto AMT 2021)

I tennisti italiani sono sempre maturati tardi, sui 24-25-26 anni hanno colto i loro risultati migliori anche se – sia pure senza la stessa continuità di un Sinner che già oggi prima di giocare contro Karatsev è n.30 del mondo (se lo batte sale a 27) – Adriano Panatta, Corrado Barazzutti e Paolo Bertolucci avevano hanno fatto vedere di che panni si vestivano e di quale futuro si sarebbero impadroniti fin da giovanissimi.

Adriano, classe 1950, a 17 anni e mezzo rimontò (9-11 9-7 6-3), un tennista di gran nome e risultati – Clark Graebner (finalista a Forest Hills 1967, ultimo US non ancora Open, semifinalista a Wimbledon ’68) e a 21 anni (quasi 22) nel ’72 raggiunse i quarti al Roland Garros battendo Ilie Nastase. Corrado, classe 1953, nel 1973 batté gente come Panatta (a Barcellona), e in Coppa Davis Kodes, Higueras e Santana. Paolo, classe 1951, nel 1972 batté Gimeno, Solomon, Gorman, Sandy Mayer.

Quella degli anni ’70 è stata l’epoca d’oro del tennis italiano, con Adriano che arrivò ad essere n.4, Corrado n.7, Paolo n.12 e, insieme a Zugarelli, classe 1949 e ancora terza categoria a 18 anni, i quattro moschettieri azzurri raggiunsero quattro finali di Coppa Davis in cinque anni fra il ’76 e l’80 (dopo la semifinale del ’74 persa in Sud Africa fra mille rimpianti, perché in finale con l’India avremmo vinto di sicuro) e se ne vinsero una sola fu probabilmente perché quelle finali si giocarono tutte in trasferta. Però se fra Adriano e Paolo c’era un solo anno di differenza, fra Adriano e Corrado ce n’erano tre.

Il caso di Sinner e Musetti che battono due top-11 (se Bautista Agut fosse stato ancora top-ten lui, che è stato n.9 come best ranking, la doppia impresa, due top-ten invece di due top-11, avrebbe fatto un effetto migliore) nell’arco di 24 ore è unico. Anche perché fra i due ragazzi ci sono poco più di sei mesi: Sinner è nato il 16 agosto 2001, Musetti il 3 marzo 2002.

Insomma, data la stagione del doppio exploit, diciamo pure se volete la banalità che una rondine non fa primavera, però c’è di che essere ottimisti senza correre il rischio di essere scambiati per monsieur Chauvin. Giusto per darvi un’idea: ieri un collega argentino di sempre, conosciuto nelle sale stampa dei grandi tornei nel 1974, Juan Jose Moro di Radio Buenos Aires, mi ha chiamato perché commentassi il “momento feliz” del tennis italiano. Non si tratta quindi di un nostro vezzo patriottico sottolineare un momento davvero particolare.

Josè Moro ricordava lui per primo che, insomma, se c’è grande attenzione e fiducia internazionale per gli exploit di Sinner e Musetti, non si può certo trascurare le presenze nelle posizioni di vertice del tennis mondiale di Matteo Berrettini n.10 del mondo e Lorenzo Sonego n.37 che non sono certo anziani a 24 e 25 anni ma, anzi, sembrano entrambi in grado di poter garantire importanti progressi.

Aspettiamoci ancora tanti alti e bassi, è inevitabile. Il livello di gioco mostrato da Musetti contro Schwartzman (l’argentino l’ho visto giocare meglio, ma insomma…) e da Sinner contro uno dei migliori Bautista Agut (lo spagnolo ha giocato alla grande) è stato davvero altissimo. Questo è l’aspetto che, al di là della vittoria raggiunta, è più significativo. Perché è il segno di un potenziale che tanti non hanno. Cui manca solo la continuità.

Jannik Sinner, pugnetto – ATP Dubai 2021 (courtesy of Dubai Duty Free Tennis Championships)

I due ragazzi, poi, ed è stato già scritto molte volte, sono molto ben seguiti. I loro coach, il loro ambiente, è sano, equilibrato, preparato. Non hanno tanti grilli per la testa. Hanno anzi anche la testa giusta. Fondamentale.

Ho trovato curiosa, simpatica e chiara l’umile metafora usata dal “cuoco” – e figlio di cuoco – Jannik: “Se parliamo di miglioramenti fra l’anno scorso e ora sono un altro giocatore. Fra un anno sarò un altro ancora, sperando sempre di fare progressi. In tutti gli aspetti, non solo un colpo, ma servizio, dritto, rovescio, proprio in tutto. Per imparare a fare un piatto devi fare dei passaggi: ora io sto pelando le patate e le carote, poi dopo inizierò a tagliarle, quindi piano piano a cucinarle, poi speriamo anche che arriva il momento in cui riesco a finire quel piatto. Che non vuol dire che ancora io non riesca a finire un piatto… ma solo che la ricetta ancora non la conosco!”.

Concetti semplici che Jannik non ripete a pappagallo, perché qualcuno glieli ha ficcati in testa. Li pensa davvero, li vive così. Ed è la sua forza.

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