L'urlo di Sonego: Italia sempre più al top (Scanagatta). Il trionfo di Sonego con il cuore del Toro. "Le Finals? Un sogno" (Gazzetta dello Sport). Sonego re di Cagliari. "Ho alzato la voce" (Mastroluca). Toro Sonego. Trionfo a Cagliari: grinta e cuore granata (Azzolini). Dalla porta accanto con vista Finals. Sonego, cuore granata e volontà (Semeraro)

Rassegna stampa

L’urlo di Sonego: Italia sempre più al top (Scanagatta). Il trionfo di Sonego con il cuore del Toro. “Le Finals? Un sogno” (Gazzetta dello Sport). Sonego re di Cagliari. “Ho alzato la voce” (Mastroluca). Toro Sonego. Trionfo a Cagliari: grinta e cuore granata (Azzolini). Dalla porta accanto con vista Finals. Sonego, cuore granata e volontà (Semeraro)

La vittoria di Sonego a Cagliari nella rassegna stampa di lunedì 12 aprile 2021

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L’urlo di Sonego: Italia sempre più al top (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

Ormai non ci stupisce quasi più. Quasi ogni settimana c’è un tennista italiano impegnato nelle fasi finali di un torneo Atp, Melbourne, Acapulco, Miami, Cagliari. E dopo che Sinner vinse a Melbourne il derby su Travaglia nel prologo dell’Open d’Australia (e ha perso invece in finale nel Masters 1000 di Miami da Hurkacz), che Musetti si è fermato in semifinale all’Atp 500 di Acapulco di fronte a Tsitsipas), ieri nell’Atp 250 di Cagliari Lorenzo Sonego ha colto il suo secondo torneo dopo quello di Antalya (Turchia) nel 2019. E’ il titolo n.70 vinto da un azzurro nella storia, ma il primo in un torneo italiano dal 2006, quando l’attuale capitano di Coppa Davis, Filippo Volandri, vinse Palermo battendo l’ecuadoriano Nicolas Lapentti. Due anni fa in Turchia Sonego aveva dovuto annullare un matchpoint nel corso del torneo. A Cagliari Lorenzo ha dimostrato ancora una volta di avere, dietro a un sorriso sempre aperto anche nei momenti più duri nervi d’acciaio venendo a capo di 3 maratone al terzo set con il tedesco Hanfmann, l’americano Fritz e ieri infine (26 76 64 in 3h e 2m) contro il serbo Laslo Djere n.57 (ma ex n.27) che pure aveva vinto il Sardegna Open 2020. Quasi 11 ore di battaglie, fra tutte. Grazie a questa vittoria Sonego sale da n.34 Atp al suo best ranking, n.28, per la prima volta tra i top 30. E sono 4 i top 30 italiani adesso.

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Ora Lorenzo è sedicesimo nella Atp Race e sogna un posto nelle finali Atp nella sua Torino. Intanto ha realizzato una doppietta. Aveva vinto sabato anche il doppio, con l’amico Andrea Vavassori, anche lui 25enne, anche lui di Torino. Sonego è uno dei 9 italiani che giocheranno il Masters 1000 di Montecarlo, cominciato ieri e dove fanno ritorno due mesi dopo l’Australian Open, sia Nole Djokovic, due volte campione nel Principato, sia Rafa Nadal che ci ha trionfato in ben 11 occasioni. Ai 5 italiani in tabellone Berrettini, Fognini, Sinner, Sonego, Musetti si sono aggiunti provenendo dalle qualificazioni, Travaglia, Caruso, Fabbiano e Cecchinato. Mai ne avevamo avuti così tanti in un Masters 1000 all’estero.

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Il trionfo di Sonego con il cuore del Toro. “Le Finals? Un sogno” (La Gazzetta dello Sport)

Venghino signori venghino ad ammirare il grande spettacolo delle racchette azzurre, che si regalano giorni di festa senza mai interrompere la magia. Uno show mirabolante che accoglie l’ultimo fenomenale artista italiano dopo le scintille di Sinner e Musetti: stavolta tocca a Lollo Sonego, cuore Toro e dunque grinta e coraggio inesauribili per annettersi il torneo di Cagliari a capo di un’altra rimonta da applausi. È il 70° trionfo tricolore dell’Era Open, il primo di un italiano sul suolo patrio da quando Volandri, nel 2006, vinse a Palermo. Soprattutto, stamattina Lorenzo si sveglierà da numero 28 del mondo, quarto top 30 azzurro nel ranking: la prima volta fu il 3 luglio 1977 con Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli. Una storia favolosa che può ripetersi. Gli obiettivi La finale contro Djere, campione in carica dal gioco che non riluce ma sostanzialmente chirurgico nel non concedere regali, è la sublimazione perfetta della settimana di Sonego: la fatica, la risalita, l’esplosione di gioia. Poco aiutato dal dritto, stranamente falloso, il torinese concede il primo set senza colpo ferire, ma al solito, con i tentacoli da Polpo, rimane avvinghiato alla contesa anche con strumenti non convenzionali: «Quando sei sotto, devi pensare di essere forte e avere le armi per reagire. Cerco di guardare le cose nel verso giusto e di farmi sentire dall’altro; per questo ho cominciato anche a esultare a voce alta, a urlare, volevo fargli capire che c’ero anch’io, non ero uscito dalla partita, e caricarmi». Il terzo set, così, diventa una passerella che lo conduce al secondo sorriso in carriera dopo Antalya 2019 e un’altra manifestazione di gloria per il nostro tennis:

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Là in fondo, cominciano però a stagliarsi i contorni di un sogno che Lorenzo vorrebbe provare a coltivare, le Atp Finals nella sua Torino: «Certo che sono un obiettivo di carriera. Ma devo continuare a migliorare. Nonostante le vittorie, ci sono cose da perfezionare per rimanere a questo livello. Ho avuto difficoltà in queste partite e sarà Importante cercare di colmare queste lacune: se ci riuscirò, salirò sicuramente di livello. Certamente c’è tanta strada da fare e soprattutto bisognerà conquistare tanti punti, dunque vincere partite e tornei sempre più importanti». Lollo è subito volato a Montecarlo dove difende i quarti 2019: lo attende un primo turno complesso contro Fucsovics.

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Sonego re di Cagliari “Ho alzato la voce” (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Lo spirito di un atleta lo vedi nei momenti di massima tensione, in cui il confine fra vittoria e sconfitta si assottiglia fin quasi a sparire. In un momento così, Lorenzo Sonego sorride. L’ha fatto all’inizio del tiebreak del secondo set, e poi ancora sul 5-5. Da qual momento, ha cambiato la storia della finale del Sardegna Open. Al Tennis Club Cagliari, ha vinto l’ultima battaglia, completato l’ultima rimonta di una settimana appassionante. Ha sconfitto il solido Laslo Djere, campione un anno fa a Santa Margherita di Pula, 2-6 7-6(5) 6-4. RECORD. Per festeggiare il secondo titolo in carriera, il numero 70 a livello ATP per un tennista italiano nell’era Open in singolare, è andato innanzitutto ad abbracciare il coach “Gipo” Arbino, che lo segue da sempre. Alla cerimonia di premiazione, gli sorridevano anche gli occhi. La gioia si comprendeva bene anche sotto la mascherina granata, omaggio al Torino di cui è un grande tifoso e per cui è stato anche calciatore nelle giovanili prima di scegliere il tennis. In Italia, non si vedeva un azzurro vincere un titolo ATP in singolare dal 2006, quando l’attuale capitano di Coppa Davis Filippo Volandri si impose a Palermo. Sonego è anche il primo italiano a completare la doppietta singolare-doppio in uno stesso torneo dopo Matteo Berrettini a Gstaad nel 2018. Sabato, infatti, aveva trionfato in coppia con l’amico Andrea Vavassori a cui ha attribuito gran parte del merito della vittoria. LA FINALE. Ieri la finale è iniziata decisamente in salita. Dopo il primo quarto d’ora, il punteggio non lasciava grande ottimismo: 6-2 Djere. Fino a quel momento, Sonego non aveva vinto nemmeno un punto con la seconda di servizio. Il coach Arbino continuava a incitarlo. Serviva un cambio di passo. In quei momenti, ha spiegato Sonego, «come mi diceva il mio allenatore, dovevo pensare di essere più forte di lui. Dovevo essere più aggressivo, alzare anche la voce. Volevo caricarmi e farmi sentire».

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Ha funzionato. Nel secondo set ha giocato più sicuro e profondo da dietro, recupera anche una maggiore efficacia dal lato del dritto con cui all’inizio della partita aveva commesso più di qualche errore. Ha tolto campo e fiducia a un avversario in forma, solido anche se non appariscente, capace di rimanere a lungo sul proprio livello.

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Ma la partita cambia. Lorenzo sembra scanzonato e tranquillo, ma dentro è fuoco che brucia, che si alimenta con la passione per la competizione e il rifiuto della sconfitta. II gusto della sfida è essenza, benzina o gasolina che lo spinge alla ricerca di opportunità oltre limiti e confini. Per Sonego si può adattare la definizione di tremendismo che Giovanni Arpino coniò negli anni Settanta proprio per il Torino. II tremendista, scriveva, mostra «orgoglio, rabbie leali, capacità aggressive, (non è mai vinto), è temibile in ogni occasione e soprattutto quando l’avversario è di rango».

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Toro Sonego. Trionfo a Cagliari: grinta e cuore granata (Daniele Azzolini, Tuttosport).

Il ragazzo delle maratone ha un modo tutto suo di vincere le partite. Le incorna. Le scuote e le percuote schiumante d’impeto e di furia, come di certo ama fare, lui che è di comprovata fede torinista (ex delle giovanili, per giunta) e si è fatto stampigliare sulla mascherina d’ordinanza, rigorosamente granata, un Miura con gli attributi in bella vista Tanto da ricevere persino i complimenti del presidente Urbano Cairo. Così, assediando e incalzando, e molto mugghiando urla poderose, Lore ha ribaltato Laslo Djere eil suo tennis da geometra Lo ha spinto in un angolo, in bilico su un dirupo che preludeva alla caduta finale. L’ha fatto un po’ alla volta, con minuziosa quanto vorace partecipazione, fino a estinguere qualsiasi volontà in un avversario convinto, dopo il set iniziale, che quella fosse la sua partita e la sua finale, ma che non si è accorto subito in quale vortice di spintoni e schiamazzi fosse finito. Fino all’ultimo urlo, vincente e liberatorio, che per quantità di decibel avrebbe fatto ingelosire persino madama Sharapova, o forse, chissà, l’avrebbe convinta di aver trovato finalmente il partner ideale. Nella finale di Cagliari, Lorenzo Sonego ha firmato, dopo tre ore e un minuto di infiniti spintoni e rincorse, il titolo numero due di una carriera che ora gli schiude le porte della Top 30 (sarà 28 da questa mattina).

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Ma il toro di Sonego è intelligente, non lo sapevate? Non lo sapeva nemmeno Laslo Djere. Avrebbe dovuto. Sul rosso (di Marrakech, 2019) si erano già incrociati, ma forse Lorenzo non era ancora il tennista di oggi, finalmente adulto

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Djere non ha saputo opporsi alla lenta dissipazione del gruzzolo iniziale. Non voleva crederci, lui che veniva da 10 match vinti sull’isola, dove l’anno scorso conquistò (contro Cecchinato) la Sardegna Cup giocata a Santa Margherita di Pula. Ma sono atteggiamenti che nessuno può permettersi, con un Sonego così convinto dei propri mezzi. Djere ha preso il largo già dal primo game del set d’avvio, un break strappato a un Sonego ancora intorpidito dalle maratone dei giorni scorsi.

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«Sono stato bravo a restare calmo nel tie break del secondo set», dice Lorenzo. «Sentivo che la partita sarebbe stata ancora lunga e tutta da giocare. Lottavo e avevo voglia di continuare a farlo. Ora sono davvero stanco, ma anche molto felice. Di sentire che il mio tennis è ormai maturo, e di aver vinto un titolo in casa, seguendo le orme di Volandri”. Già, Palermo 2006, l’ultima vittoria di Filippo nel Tour, 15 anni fa Un successo italiano in terra italiana mancava da allora. Ma Lorenzo s’è preso anche il doppio (sabato, con Vavassori): l’ultimo a fare strike Berrettini a Gstaad, nel 2019. Nel terzo, Sonego si è staccato sul 3-1 e ha tenuto fino all’urlo finale. Saluti e fuga verso Montecarlo. Ci sono da salvare i quarti del 2019.

Dalla porta accanto con vista Finals. Sonego, cuore granata e volontà (Stefano Semeraro, La Stampa)

Il tennis italiano ormai è un condominio di lusso, affollato di storie. Segui nell’attico i due enfant prodige Sinner e Musetti e rischi di perderti il campione della porta accanto, Lorenzo Sonego, che in giardino ti ristruttura la classifica – da oggi è numero 28 Atp, quattro fra i primi 30 non li piazzavamo dal luglio del `77 – e lo fa senza menarsela troppo, da bravo torinese schiscio, che bada al suo. «Ma con la grinta del guerriero», aggiunge il suo coach e secondo papà Gipo Arbino. A Cagliari Sonny, 26 anni fra un mese, si è preso il secondo titolo della carriera dopo quello sull’erba di Antalya nel 2019 (più la finale di Vienna indoor dello scorso anno: tre finali, tre superfici). Tre match da inferno, alla Sonego, sangue sudore e lacrime, la finale contro il rognosissimo serbo Djere che dopo il 6-2 del primo set sembrava un Everest. Ma Lore non si scompone, non troppo, perché il tennis, per lui che abita nel quartiere Santa Rita, media borghesia sabauda; che ad allenarsi allo Stampa Sporting ci va a piedi, dando un’occhiata all’Olimpico e il doppio in Sardegna lo ha vinto con il compagno di circolo Andrea Vavassori, è una cosa in fondo normale; da amare comunque.

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Col tennis Lorenzo ha iniziato tardi, a 11 anni, fino a 13 si divideva con il calcio, sponda granata. Quattro anni fa era ancora lì a lottare nei Challenger con accanto solo Gipo il saggio, apprendista e maestro, come nelle botteghe rinascimentali. Poi il “Polpo” – come lo chiamano fin da piccolo perché senza avere un fisico da fenomeno e colpi da predestinato in campo si incolla ad ogni palla – ha iniziato a salire in superficie. A cercarsi prede più grosse. Insieme con un team-famiglia cresciuto strada facendo, come la compagnia dell’anello: il consigliere tecnico Umberto Rianna, il preparatore itinerante Damiano Fiorucci, quello stanziale Fabio Nervi, il videoanalista Danilo Pizzorno, il fisio Marcello Marini, il mental coach Lorenzo Beltrame e il manager Corrado Tschabuschnig; più la fidanzata Alice, che studia da nutrizionista. «Io mi fido ciecamente di loro», dice il Polpo. «Nella carriera non mi sono mai messo obiettivi, se non migliorare e divertirmi, ma adesso un sogno ce l’ho: giocare le Atp Finals a Torino, nella mia città». Nella Race to Turin è 16esimo, entrano i primi 8, siamo ad aprile.

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