Sinner e Berrettini, due semifinali che brillano d'azzurro. Paire sbotta, niente giochi: tutto cominciò con McEnroe (Scanagatta). Sinner rosso vivo. Riecco Berrettini: "Le rivalità tra noi italiani fanno bene a tutti" (Crivelli). "Ice" Sinner. Esame di greco. Riecco Berrettini che non molla mai: nel mirino "vede" Djokovic (Mastroluca)

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Sinner e Berrettini, due semifinali che brillano d’azzurro. Paire sbotta, niente giochi: tutto cominciò con McEnroe (Scanagatta). Sinner rosso vivo. Riecco Berrettini: “Le rivalità tra noi italiani fanno bene a tutti” (Crivelli). “Ice” Sinner. Esame di greco. Riecco Berrettini che non molla mai: nel mirino “vede” Djokovic (Mastroluca)

La rassegna stampa del 24 aprile 2021

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Sinner e Berrettini, due semifinali che brillano d’azzurro (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

[…] Fino a un paio d’anni fa i tennisti italiani uscivano dai tornei più importanti fra il martedì e il mercoledì. Ora arrivano regolarmente in fondo ai weekend. Oggi Jannik Sinner gioca una semifinale a Barcellona, torneo Atp 500, contro il greco Tsitsipas, n.5 del mondo reduce dal trionfo di Montecarlo, mentre Matteo Berrettini è impegnato in un’altra semifinale a Belgrado, casa Djokovic – il fratello di Novak è il direttore del torneo – contro il giapponese Daniel Taro. I nostri ormai non hanno paura di affrontare e battere i migliori, come è accaduto ieri a Jannik Sinner, il nostro ragazzo prodigio che ha sconfitto in Andrey Rublev, il quarto top-ten della sua giovane carriera di diciannovenne. Più giovane semifinalista a Barcellona dai tempi di Nadal 2005. 62 76 (e 8-6 nel tiebreak) un punteggio che avrebbe potuto essere più netto se nel derby fra “Pel di Carota” il “rosso” della Val Pusteria contro il “rosso” di Mosca più anziano di 4 anni, Jannik dopo aver dominato il primo set non avesse accusato rari momenti di insicurezza nel secondo. Avanti di un break, ha perso l’unico servizio sul 4-3 e poi quando si è ritrovato al tiebreak è stato avanti 4-1 con due minibreak ma si è fatto superare con un paio di errori non da lui. Ma sul 6-5 e setpoint per Rublev, tennista fra i più in forma, n.7 Atp, finalista a Montecarlo dopo aver battuto Nadal, Sinner non ha tremato, ha tirato due missili e ha pensato bene di chiudere con un ace sul matchpoint. Con Tsitsipas ci sono due precedenti, entrambi a Roma e stanno 1 a 1. II greco vinse nel 2019, l’azzurro a ottobre scorso. Ma entrambi hanno fatto grandi progressi. Nel 2021 Rublev ha vinto più partite di tutti, 26. Secondo Tsitsipas 24, terzo Sinner 17. Jannik è già virtualmente n.18 ATP, già il best ranking di Camporese e Gaudenzi. Di livello inferiore il torneo di Belgrado, un 250 Atp. Tuttavia per Berrettini, fermato per 2 mesi da uno stiramento e battuto al primo turno a Montecarlo, era un bel test il serbo Krajinovic. Lo ha regolato con un duplice 64 senza perdere mai il servizio anche se ha salvato 6 pallebreak. II romano n.10 Atp è favorito con il “giap” Taro DanieI…“però la sola volta che vi ho giocato ci ho perso”. Su www.ubitennis.com le dichiarazioni di Sinner (e su lui di Djokovic, Nadal e Tsitsipas suo avversario odierno) e di Berrettini sulle chance per 2 italiani nelle finali Atp di Torino

Paire sbotta, niente giochi: tutto cominciò con McEnroe (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

 

John McEnroe ha fatto proseliti. Non so se ne sia fiero però. Un bel branco di maleducati, siamo onesti, Benoit Paire, Nick Kyrgios, Fabio Fognini, cioè i bad boys del terzo millennio. […] Quanto di più avrebbero potuto vincere? Ricordo bene McEnroe il SuperBrat (il SuperMoccioso per la stampa Brit) quando fu squalificato il 21 gennaio 1990 nel quarto set contro lo svedese Pernfors. Era il mio primo Australian Open. John era già stato ammonito due volte e non sapeva che era stata cambiata la regola secondo cui fino all’89 si veniva squalificati solo alla quarta infrazione (warning, penalty point, penalty game, squalifica). Niente più penalty game. Il terzo richiamo gli fu fatale. «Mi scappò solo una parolina di quattro lettere, la F all’inizio e la K alla fine! – ebbe a dirmi – sta a vedere che ora mi tocca leggere perfino i regolamenti!». Se Mac non avesse avuto tanti precedenti, non avesse insultato arbitri e giudici, e perfino l’Occhio Elettronico «Quella macchinetta ce l’ha con me!», chissà, magari l’avrebbe sfangata. «Mi è andata bene, io sono stato squalificato una volta sola!», ci scherza l’amico John che una volta scorrazzai per il centro di Firenze sulla mia vecchia Honda Four K. Altri, come Fabio Fognini, invece, di squalifiche ne ha già beccate due. L’ultima l’altro giorno a Barcellona contro lo spagnolo Zapata Miralles dove, anche se lui lo nega (ma non senza aggiungere «Altre volte ne ho dette di peggio») pare abbia insultato la mamma del giudice di linea che gli ha chiamato due volte un fallo di piede. Perché mai quel giudice avrebbe dovuto inventarselo e chiamare l’arbitro e il supervisor? La prima all’Us Open del 2017. Gridò a una giudice di linea una parolaccia inqualificabile, sessista. Fabio perse con Travaglia e non lo fecero più scendere in campo nel doppio. A Wimbledon, quando si fece scappare un «maledetti inglesi, potesse scoppiare una bomba su questi prati» rimediò solo una bella multa. Anche Nick Kyrgios ne ha combinate spesso di tutti i colori. Ha rovesciato sedie in mezzo al campo sul campo, ha gridato al suo avversario Wawrinka «Il mio amico Kokkinakis è andato con la tua ragazza!». Un vero gentiluomo. «Non sarò mai come Roger Federer. Lo sport ha bisogno di me, Kyrgios, Fognini, tennisti che fanno vedere qualcosa di diverso e rifiutano l’ipocrisia, che dicono quel che pensano. Preferisco essere come sono che stare nella top-10 e non aver mai una discussione!». Così parlò, giorni fa a Buenos Aires dopo aver insultato l’arbitro, sputato sul campo, concluso il match facendo apposta una serie di doppi falli per poi andarsene in discoteca, il barbuto francese di Avignone Benoit Paire, 31 anni, best ranking n.18, 8 milioni e mezzo di dollari, sceso ora a n.35 per aver collezionato 9 sconfitte in 10 incontri nel 2021 e chiaramente infischiandosene. Forse a causa di una storia d’amore finita male. A Montecarlo Paire aveva di nuovo sbroccato: «Senza pubblico mi deprime giocare in questi cimiteri! Ok, mi prendo questi 12,000 euro del primo turno e me ne torno in albergo». Ma la goccia ha fatto traboccare il vaso. Ieri la Federtennis francese ha preso la decisione di scartarlo dal quartetto francese che dovrebbe andare alle Olimpiadi di Tokyo. Paire era stato richiamato all’ordine una prima volta. La sua risposta? Un dito medio.

Sinner rosso vivo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

[…] Non serve peraltro la filosofia a confortare l’innata propensione di Sinner a elevare il corpo e la mente tennistici nei momenti chiave di un match. Perché sorprendersi, dunque, se a Barcellona Jannik inchioda il russo Rublev, fresco finalista di Montecarlo, trionfatore in quattro degli ultimi cinque tornei Atp 500 (la stessa categoria dell’evento catalano) e recordman di partite vinte in stagione con 26, togliendosi dall’impaccio di un terzo set che sarebbe stato pericolosissimo con la consueta, superiore adattabilità ai punti decisivi. Semmai, resta da applaudire la quasi completata immersione nella terra rossa, la superficie forse meno congeniale ma che l’allievo di Piatti sta imparando a domare con la perizia del veterano: l’esame odierno di greco contro Tsitsipas contribuirà a fornire nuove indicazioni sul percorso. Intanto, Sinner raggiunge la prima semifinale di sempre sulla polvere di mattone, la sesta in totale, e si annette il quarto top ten in carriera dopo Goffin, appunto Tsitsipas e Zverev. […] Solo esperienza Eppure se nel primo parziale il numero sette del mondo si vede oscurati gli orizzonti fino a non toccare palla è per la qualità del gioco del rosso della Val Pusteria, ancorato a una risposta che annienta il servizio del russo e dominatore sulla diagonale di rovescio. E quando il moscovita, d’orgoglio, si rimette in carreggiata nel secondo set, Jannik rimane lì, attaccato con i nervi saldissimi a una sfida che si è surriscaldata, resettando mentalmente il break di vantaggio sciupato, le tre palle per il 6-5 e servizio e la rimonta da 4-1 nel tie break, fino al set point per il rivale sul 6-5. Annullato, manco a dirlo, con un dritto all’incrocio, prima di garantirsi la vittoria con un gratuito di Andrey e il quarto ace dell’incontro. È il 12′ tie break conquistato su 14 nel 2021, a proposito di solidità: «Rublev ha già giocato moltissimi incontri quest’anno e forse era un po’ stanco, io ho cercato di fare il mio gioco. Non è stato facile chiuderla alla fine, ma sono rimasto li e ora sono molto contento. Ovviamente è per incontri come questo che ti alleni. Specialmente quando giochi turni importanti, essenziali per me per acquisire esperienza, che è il vero obiettivo». Intanto il successo lo spinge al numero 18 del ranking, eguagliando Gaudenzi e Seppi, che può diventare 16 con la finale e 14 con il trionfo. Il consigliere speciale Ma senza paterni: «La classifica al momento è solo un numero, è importante ma c’è anche tanto altro. A 19 anni sono molto più focalizzato sul percorso di miglioramento, insieme al mio team. Ad oggi l’aspetto fondamentale, che più mi interessa, è capire come uscire dalle situazioni difficili e migliorare sempre. Ovviamente mi fa piacere essere top 20, ma la strada è lunga e devo ancora migliorare molto sia tecnicamente sia fisicamente». Nel progetto delle 150 partite con cui metabolizzare i progressi, la tappa di oggi con Tsitsipas ha la valenza di un crash test. Non ingannino i due precedenti, entrambi a Roma, nel 2019 con vittoria greca e l’anno scorso con l’apoteosi azzurra: nel primo Sinner era poco più di un bambino, nel secondo Tsitsipas non si era ancora ambientato dopo il lockdown. La realtà è che Stefanos è il giocatore più caldo del momento, principe di Montecarlo in striscia positiva da 8 partite e un parziale di 14 set a zero. L’Apollo ateniese sta sublimando al meglio le qualità di potenza e fluidità che possono mandare fuori giri il nostro eroe, ancora poco a suo agio contro giocatori che gli sottraggono il comando dello scambio. Ma non sarà una partita a modificare giudizi e sensazioni, anche se Jannik prima di Barcellona si è affidato ai consigli del più forte di tutti: «Grazie a Riccardo Piatti che conosce molto bene Djokovic (lo ha allenato per qualche mese quando aveva 16 anni, ndr) e il suo team, gli abbiamo chiesto dei pareri. Novak è stato gentile a darci il suo punto di vista e a dirci come poter migliorare. Lo ringrazio dei suggerimenti che abbiamo seguito e dal quale abbiamo preso spunto per iniziare subito a lavorare. Quali sono? Beh quello che mi ha detto non lo dico, lo tengo per me». Segreti di campioni.

Riecco Berrettini: “La rivalità tra noi italiani fa bene a tutti” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Segnali di Berrettini. Finalmente lasciato alle spalle il lungo e fastidioso infortunio agli addominali che gli ha avvelenato l’avvio di stagione, Matteo a Belgrado ritrova le giuste sensazioni e la fluidità del braccio per garantirsi la prima semifinale da Vienna 2019, quando viveva dentro una bolla magica che l’avrebbe portato dritto alle Finals di Londra. E visto che da quest’anno si spostano a Torino, il Berretto ritrovato non si pone limiti, magari cominciando da una sfida affascinante con Djokovic in finale, se il padrone di casa supererà l’ostacolo Karatsev e lui non si farà abbindolare da Taro Daniel. Onda azzurra […] Dopo la prestazione chirurgica con Krajinovic, domato con un break per set e senza mai perdere il servizio, l’allievo di coach Santopadre oggi entra in campo da favorito, come rivela a un sito specializzato: «Penso di aver giocato una partita davvero solida, le mie armi hanno funzionato molto bene sin dall’inizio. Sono davvero felice di essere in semifinale, non è mai facile quando torni da un infortunio. Ho giocato bene; fisicamente mi sento bene, che era la cosa più importante per me, soprattutto nell’ultimo mese. Sto raggiungendo la mia forma migliore, questo è l’obiettivo». Intanto, l’onda azzurra continua a macinare risultati al top: «Sono contento per Jannik, ci siamo allenati molto insieme la scorsa settimana a Montecarlo, dopo le nostre sconfitte. Allenamenti di alto livello, quindi mi aspettavo la sua vittoria contro Rublev. Jannik ha le armi per battere chiunque, in questo momento. Complimenti a lui. Adesso sicuramente ci sentiremo. Credo che questo fermento faccia bene a tutti: a me, a lui, a voi che guardate e ai ragazzi che ci guardano e iniziano a giocare. Ripeto, è una cosa positiva: lui è un bravissimo ragazzo, si impegna molto, ha tanta voglia e gli auguro il meglio. Io cercherò di fare il meglio per me stesso, non meglio di lui o di qualcun altro. Io gioco Sono contento, credo che la rivalità sportiva sia la cosa più sana e bella che ci possa essere. Due italiani qualificati per le Finals? perché no». Fognini si oppone Intanto con un post sui social Fabio Fognini annuncia che si opporrà alla squalifica patita a Barcellona dopo le presunte parolacce a un giudice di linea: «In campo non ho potuto fare altro che accettare la decisione presa dal supervisor del torneo ma tengo a precisare che quanto deciso è scorretto e penalizzante. Il report del supervisor è incompleto e non corrisponde alla realtà». Il ricorso, che ovviamente non può modificare il risultato del campo, è soprattutto finalizzato a ridurre la sanzione economica che ha accompagnato la squalifica e di cuí non è stato reso noto l’ammontare.

“Ice” Sinner, esame di greco (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)

I vincenti nello sport si riconoscono subito. Vogliono il pallone dell’ultimo tiro, spingono per calciare l’ultimo rigore, vivono per essere al centro della scena quando si fa la storia. Jannik Sinner è così. Oggi, alle 13.30 (diretta Supertennis e Sky Sport), avrà modo di dimostrarlo ancora contro il campione di Montecarlo, Stefanos Thitsipas. Il greco, numero 5 del ranking Atp è oggi in testa alla Race to Turin, la dassifica che considera solo i risultati dell’anno in corso: in questa graduatoria l’azzurro è numero 7. Se il circuito terminasse questa settimana, l’altoatesino sarebbe qualificato per le Nitto ATP Finals di Torino. […] TSITSIPAS IN SEMIFINALE. Titsipas, che ha completato l’ottava vittoria di fila battendo 6-3 6-3 il canadese Felix Auger Aliassime, rappresenta un nuovo prototipo di giocatore da terra battuta. Morfologicamente impeccabile come atleta, è in grado di esprimere elasticità e forza, di essere agile in difesa, veloce e potente in attacco. Una tipologia di avversario che Sinner oggi soffre più dei colpitori solidi o veloci ma schematici. Con loro può reggere il ritmo, non perdere campo e giocare alle sue condizioni. È esattamente quello che è successo nel quarto di finale contro Andrey Rublev, numero 7 del mondo, ed è più di un manifesto. Grazie al 6-2 7-6(6) contro il giocatore che ha portato a casa più match nel circuito ATP dallo scorso agosto, Sinner ha fornito la prova di avere la stoffa dei vincenti. RUBLEV KO. Con un’autorevolezza che può nascere solo da una convinzione speciale, nel primo set ha ammansito un avversario capace solo una settimana fa di mettere ko a suon di bordate e vincenti fulminanti Rafa Nadal. Nel secondo, ha mostrato perché quando si parla di lui si immaginano magnifiche e progressive sorti. Ha subito il break quando ha servito sul 4-3, sul 5-5 ha mancato tre chance di break di fila, nel tie-break è andato avanti 41 ma si è ritrovato sotto 5-6. Solo che i ricordi negativi non abbattono Sinner Da quel momento, con un set-point da salvare, ha giocato tre punti semplicemente perfetti. Ha festeggiato così la quarta vittoria in carriera contro un Top 10, che gli vale la sesta semifinale in un torneo ATP «Sto cercando di diventare migliore ogni giorno», ha detto Sinner, primo italiano in semifinale nella storia del torneo di Barcellona dai tempi di Andrea Gaudenzi, 23 anni fa. «Rublev ha giocato molte partite quest’anno, io ho cercato di fare il mio tennis. Non è stato facile chiudere l’incontro, ma sono davvero molto felice di come è andata. Guadagno esperienza ad ogni torneo». Guadagna anche posizioni in classifica. Oggi sarebbe numero 18 nel ranking, e potrebbe salire alla 16.esima posizione arrivando in finale e al numero 14 vincendo il titolo. Grazie all’affermazione su Rublev, Sinner è diventato anche il più giovane semifinalista a Barcellona dai tempi di Rafa Nadal nel 2005. AMPI MARGINI. Ad una sfida contro il maiorchino, potenziale avversario in finale, punta Sinner; che di fronte ad ogni ostacolo intravede un’occasione in più per migliorare e avvicinare la soddisfazione delle ambizioni. La gioventù gli lascia ampi margini di miglioramento, che ingolosiscono ancora di più i tifosi, bisognosi di nuovi eroi sportivi. La resa ancora non ottimale con il servizio, in termini di percentuali di prime in campo e di punti ottenuti, la stabilità nell’impatto dal lato del dritto, il fisico ancora da formare, spingono ancora più in là il confine delle possibilità. Tracciano una strada da sogno per volare in alto, senza limiti e confini

Riecco il Berrettini che non molla mai: nel mirino “vede” Djokovic (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)

Matteo Berrettini aspettava la prima semifinale dall’ATP 500 di Vienna del 2019, preludio alla sua prima qualificazione alle Nitto ATP Finals. L’attesa è finita a Belgrado, il suo secondo torneo dopo l’infortunio agli addominali che l’ha costretto al ritiro prima degli ottavi all’Australian Open. Il numero 1 azzurro ha battuto Filip Krajinovic per 6-4 6-4 senza mai perdere il servizio e oggi sfiderà il giapponese Taro Daniel (secondo match dalle 17, diretta Supertennis). «Cercherò una rivincita», ha spiegato in conferenza stampa via Zoom, ricordando la sua sconfitta nell’unico confronto diretto, a Istanbul nel 2018. ACE FINALE. Ieri ha iniziato con un break nel primo game che ha difeso fino alla fine del primo set. Nel secondo, ha firmato l’allungo sul 4-3 e salvato tre palle-break nell’ultimo gioco. Ha chiuso con stile, un ace sul match-point. Dopo la partita, si è mostrato soddisfatto per il suo tennis aggressivo. «Ho lavorato molto con il mio coach (Vincenzo Santopadre, ndr) per migliorare diversi aspetti del mio gioco. In allenamento, cerchiamo di mantenere la stessa intensità che c’è in partita, perché ho bisogno di essere sempre concentrato, punto dopo punto», ha detto. […] «Penso che tornerò presto alla mia forma ottimale», ha aggiunto Berrettini, che ha rinforzato un suo particolare primato: è infatti il giocatore che in percentuale ha salvato più palle-break in stagione nel circuito ATP. Da Belgrado, ha anche fatto i complimenti a Sinner per la bella vittoria a Barcellona. «Ci siamo allenati molto insieme a Montecarlo, mi aspettavo potesse battere Rublev – ha detto – Secondo me questa sana rivalità pub far bene a tutti». Sognare di vedere due italiani a Torino a fine stagione non è, dunque, un’utopia. MAGER OUT. Non ce l’ha fatta invece Gianluca Mager fermato 6-3 6-4 dalla rivelazione del 2021, il russo Asian Karatsev, che ritroverà Novak Djokovic in semifinale come all’Australian Open, nel suo primo Slam in carriera. Il numero 1 del mondo, a due vittorie dal terzo titolo ATP in casa ha lasciato solo quattro game al connazionale Miomir Kecmanovic nel loro primo confronto diretto. «In campo mi muovo bene, colpisco bene e mi godo il vantaggio di giocare in casa», ha detto Nole dopo il netto successo 6-1 6-3.

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Trevisan vola ai quarti per la prima volta (Giammò); Sinner, numeri da grande (Ercoli); Evoluzione Sinner, l’imprevedibilità è la sua nuova arma (Azzolini); Trevisan in versione rock (Semeraro)

La rassegna stampa di martedì 28 marzo 2023

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Trevisan vola ai quarti per la prima volta (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Non si ferma più la corsa di Martina Trevisan nel WTA1000 di Miami. La numero uno italiana si è infatti qualificata per la prima volta in carriera ai quarti del torneo battendo in due set (6-3, 6-3) Jelena Ostapenko e diventando così, dopo Errani e Vinci che per ultime tagliarono questi traguardi nel 2013, la sesta azzurra di sempre a riuscirc. Intelligente e pratica, Trevisan ha giocato un match tatticamente perfetto. Come intuito dal suo coach Catarsi, Ostapenko si è rivelata giocatrice aggressiva e impaziente di prendere in mano le redini del gioco. La toscana però, anziché accettare la sfida della lettone su un territorio a lei più congeniale, ha preferito impostare il match su ritmi in apparenza più blandi, tenendone cosi a freno l’irruenza e affondando i suoi colpi appena possibile […]. “Sapevo di dover giocare una gran partita, lei un’ottima giocatrice che ama colpire forte”. Solida alla battuta (oltre il 60% di punti ricavati dalla seconda) e coraggiosa quando chiamata a fronteggiare delle palle break (alla fine saranno otto su dieci quelle da lei annullate), Trevisan, intuita la bontà del suo piano di gioco, ha continuato ad attuarlo ripassandone le trame ad ogni cambio di campo. “Partita dopo partita sto facendo esperienza, l’anno scorso a Parigi ho giocato la mia prima semifinale in uno Slam, e poi ho continuato ad imparare quanto più possibile cercando di godermi questo percorso”. Un percorso che su questa superficie l’aveva vista inciampare ben dodici volte su tredici quando opposta a una top 30; anche ieri, con la vittoria ormai a un passo, Martina ha rischiato di avvitarsi […]. Scampato anche l’ultimo pericolo, Trevisan si è poi presentata alla battuta col sorriso di chi già stava assaporando una felicità inattesa. “Sono contenta – ha commentato – siamo a Miami in questo stadio, questo è il mio lavoro che è anche la mia passione, cosa può andare male? Penso solo a godermi questi momenti”. Nei quarti affronterà Elena Rybakina.

Sinner, numeri da grande (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

 

A tre annidi distanza dal primo scontro direto datato Roma 2020, Jannik Sinner ha superato Grigor Dimitrov con il punteggio di 6-3 6-4 sul Grandstand del Miami Open. Nonostante ciò che recita il parziale finale il match, specialmente nel secondo set, è stato ricco di insidie per l’azzurro, che ha quindi l’ulteriore merito di non aver praticamente mai perso le redini del punteggio. Se le settanta posizioni di differenza tra il primo e il secondo match contro il bulgaro (Sinner era n.81 ATP all’epoca del primo confronto con il vincitore delle ATP Finals 2017; ndr) non fossero sufficienti a far ricredere i nostalgici del “Sinner vecchia maniera”, la gestione pratica del match avvalora una crescita visibile sul campo quanto sui tabellini. A fine 2022 era stata un fulmine a ciel sereno l’investitura de “L’Équipe” come flop della stagione. La scelta del quotidiano sportivo francese, motivata con la discesa di Jannik alla quindicesima posizione del ranking mondiale e la vittoria di un solo titolo, già allora aveva l’unica parvenza di una mossa prettamente sensazionalistica. Messo da parte lo stupore, con l’inizio della nuova stagione non c’è stata nessuna rivoluzione, ma solo il prosieguo di un percorso intrapreso con coerenza che ha subito riportato l’altoatesino vicino al ritorno in Top10, obiettivo che potrebbe essere centrato al termine delle due settimane in Florida. Nell’eccezionalità del suo percorso, dal 2019 ad oggi Sinner ha avuto il merito di riuscire a migliorare costantemente i propri numeri, per certi versi anche nel tanto tormentato 2022 […]. La capacità di passare in un tempo record di due anni dal primo titolo Challenger all’ingresso tra i primi 20 è stata data quasi per scontata, quando all’atto pratico in tempi recenti solo Carlos Alcaraz e Holger Rune sono riusciti a compiere una scalata netta e priva di intoppi come quella dell’azzurro. A pensarci bene è un’anomalia che un giocatore così giovane si sia dovuto preoccupare di cambiare le proprie trame tattiche solo quando si è trovato ad affrontare lo scoglio dei primi dieci, contro i quali negli scontri diretti si era già fatto trovare pronto alle prime occasioni […]. Il bilancio complessivo contro quell’élite del tennis, della quale l’azzurro ha fatto parte toccando a novembre 2021 il best ranking di numero 9 ATP, è di 11-23. In una singola stagione l’atleta classe 2001 non ha mai chiuso con un bilancio positivo contro i Top10 e l’annata in corso potrebbe essere quella buona in questo senso. Dopo il 3-9 del 2022, alla vigilia del match contro Andrey Rublev, il bilancio del 2023 è di due vittorie (Tsitsipas e Fritz) e altrettante sconfitte (Tsitsipas e Alcaraz). Complessivamente da gennaio il tennista di San Candido ha vinto 18 partite su 22 (81.8%) […]. Con l’aumento percentuale delle vittorie stagione per stagione, quasi di conseguenza diminuiscono le sconfitte contro i giocatori con classifica più bassa della sua. Da favorito, naturalmente seguendo le uniche logiche del ranking, Sinner in questa stagione ha perso solo una partita su 17, ad Adelaide 1 con il futuro finalista Sebastian Korda. la consacrazione potrà arrivare solo con titoli Slam e piazzamenti ai vertici della classifica, ma nell’attesa questi primi riscontri ci aiutano a sognare in grande per il futuro.

Evoluzione Sinner, l’imprevedibilità è la sua nuova arma (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Rischiano di aprirsi antiche discussioni. Che cos’è talento e soprattutto, come si porta alla luce un talento nascosto? Evito le formulazioni più generiche, convinto che, fra le tante, quella di Pablo Picasso sia ancora la migliore. “Vi sono pittori che trasformano il sole in una macchia gialla, e altri che con l’aiuto della loro arte, trasformano una macchia gialla nel sole”. Sarà che certe frasi ti ronzano in testa da sempre, ma osservando Jannik Sinner sbattersi un bel po’ contro Grigor Dimitrov – cui molti attribuiscono un talento più cristallino di quello in dotazione al nostro ragazzo tennista – mi sono chiesto se fra i molti ingegni di Jannik quello che gli avversari meno sopportano sia l’ormai manifesta capacità di ribaltare il fronte del gioco, per quanto preparato ad arte, con una sortita di ancora più alto spessore. Nel mostrare questo, il match con Dimitrov – che spinge Sinner alla terza presenza negli ottavi ciel “mille” di Miami, e a un confronto tra “rossi” con Anchey Rublev – è stato alquanto esaustivo, in particolare nel secondo set; quando il bulgaro che anni fa si proponeva come sposo della bella Sharapova, ha puntato densamente la barra del proprio tennis verso la qualità – e l’imprevedibilità – delle giocate, ricevendone da Sinner un’ampia gamma di repliche di casi alta fattura da obbligarlo rapidamente a recedere dagli intenti, abbrunare il vessillo del proprio casato, e consegnarsi all’avversario. Forse è proprio questo su cui ha lavorato Sinner; nell’ultimo anno, quando con coraggio e avvedutezza ha posto avanti a tutto l’esigenza di diventare “altro” giocatore, rispetto a quello forse troppo meccanico che stava prendendo forma, e preparare una trasformazione che desse risposta alla domanda centrale: che tipo di tennista vuoi essere da grande? Uno in grado di combinare più profili di gioco, è stata la risposta che tutti aspettavano. Ma forse Jannik è andato oltre. Rimettendo a posto qui, migliorando là, restaurando e ripulendo, il ragazzo è venuto a contatto con una serie di variabili che s’è tenuto da parte, pronto a gestirle alla bisogna. E ha fatto ieri in una fase del match in cui Dimitrov è sembrato sfidarlo apertamente. Ne è sortito un set in cuii due sembravano rincorrersi nel mettere a frutto i rispettivi ingegni. Un rovescio in lungo linea del bulgaro, per chiudere un punto decisamente lavorato? Ed ecco Sinner rispondere con le stesse arti, ma a velocità ancora più sostenuta […]. “Mi è sembrato di giocare una partita a scacchi”. Una mossa lui, una l’altro. Ma solo dal secondo set, dato che nel primo era stata la solidità di Sinner a emergere […]. Sul tre pari, lo scatto che serviva è stato di Sinnet; prima il 4-3, poi – attento e feroce sulle risposte, che ieri hanno funzionato davvero bene – il break che gli ha permesso di chiudere il conto. Non era facile, e non lo è stato. Ma Jannik l’ha fatto sembrare tale. Ed ecco un’altra delle più comuni definizioni del talento, che dispone chi può permetterselo nella condizione di far sembrare facile ciò che non è […]. “Con Dimitrov la risposta ha funzionato bene, con Rublev sarà decisiva”, preconizza Sinner. Che possegga anche un talento da profeta?

Trevisan in versione rock vola nei quarti a Miami (Stefano Semeraro, La Stampa)

Martina Trevisan sorride sempre quando gioca, ora sorride anche la sua classifica. Battendo in scioltezza (6-3 6-3) la ex campionessa del Roland Garros Jelena Ostapenko, Martina è diventata, oltre che la sesta italiana ad arrivare nei quarti nel “1000” della Florida (dopo Reggi, Farina, Garbin, Errani e Vinci), anche numero 20 del mondo. Per ora virtualmente, nel metaverso delle classifiche in progress ma con una chance di salire ancora. L’ultima azzurra a bivaccare così in alto è stata Robertina Vinci, n.19 nel gennaio 2017. È la prima volta che la Trevisan raggiunge i quarti di un “1000”, che ce l’abbia fatta sul veloce, non la sua superficie “naturale”, la dice lunga sulla capacità di migliorarsi di Martina, che a 29 anni vive una stagione magica […]. Già in United Cup aveva sorpreso Maria Sakkari, quello di ieri è il secondo successo in carriera contro una top 50 sul veloce. Un’ora e mezzo di frustate mancine e grande solidità mentale di fronte alla sciagurata Jelena (26 gratuiti), la conferma di un ottimo stato di forma. Ora per Martina in versione Hard Rock (il nome dello stadio del football che a Miami ospita il torneo) c’è la vincente la campionessa di Wimbledon Rybakina. In palio i quarti di finale, che sono anche l’obiettivo di Jannik Sinner nel maschile: stasera l’ostacolo è Andrey Rublev, n.7 Atp, contro cui ha perso (2 volte su 4) solo per ritiro.

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Rune, il cattivo che piace: “Io, Alcaraz e Sinner saremo i nuovi big three” (Cocchi). Trevisan sogna i quarti “Deve stare tranquilla” (Giammò). Intervista a Darren Cahill: “Agassi mi ha reso migliore. Sinner è pronto a una grande vittoria” (Rossi)

La rassegna stampa di lunedì 27 marzo 2023

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Rune, il cattivo che piace: “Io, Alcaraz e Sinner saremo i nuovi big three” (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Non è cattivo, è che lo disegnano così. Holger Rune è il gemello nordico di Carlos Alcaraz, da cui lo separano appena sei giorni di vita. Holger è quello grande, nato il 29 aprile 2003, contro il 5 maggio di Carlitos e insieme, da bambini, hanno giocato decine di tornei junior. Si vogliono bene, si stimano ma in campo non potrebbero essere più diversi. Come stile, come personalità: Holger, che ha stupito alla fine del 2022 per la vittoria nel Masters 1000 di Bercy contro Novak Djokovic, è numero 8 del mondo e si sta ritagliando il ruolo di «aspirante bad boy». Provocatorio, arrogantello ma con la faccia da bravo bambino, ha bisticciato un po’ con tutti, soprattutto con Ruud e con Stan Wawrinka che, dopo l’ultimo incrocio a Indian Wells, ha vaticinato: «Negli spogliatoi si sta facendo una reputazione di cui si pentirà…».

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Holger, quando va ha campo lei c’è sempre da divertirsi… «Beh, è per questo che si lavora. Per dare spettacolo, giocare belle partite. Soprattutto vincere». Si, ma qui più che dl colpi si parlava dl scintille, quelle con i colleghi « (Sorride imbarazzato) Qualche volta succede… Ma non così spesso. Capisco che a volte sono un po’ troppo sanguigno, ma è soltanto perché ho una passione incredibile. Ci metto l’anima e commetto qualche peccato dovuto alla mia irruenza, alla giovane età. Sto cercando di migliorare» . Si dice che I giocatori come lei, o come Kyrglos, siano ciò di cui il tennis ha bisogno per essere più interessante. «Diciamo che la diversità è un valore aggiunto. Se ci comportassimo allo stesso modo, sarebbe una noia. Ognuno ha il proprio carattere e mi piace che sia così». Comunque Nick Kyrgios, un luminare in tema dl caratteraccio la apprezza a tal punto che vorrebbe diventare il suo allenatore. «Nick è forte, mi fanno piacere le sue parole. Più che altro, se mi fosse data l’occasione di rubare un colpo a qualcuno, vorrei íl suo servizio». Lei è seguito da mamma, che le fa da manager e la accompagna in giro per il mondo. Che rapporto avete? «Mia mamma è una persona fondamentale nella mia vita. Mi fido ciecamente di lei e seguo tutto quello che mi dice, soprattutto quando mi chiede di dare tutto e mettere passione in campo. Nessuno mi conosce meglio di lei, a chi dovrei dare retta?».

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Patrick Mouratoglou, che la segue Insieme a Lars Christensen dice di lei che è ossessionato dal tennis. «Beh, penso che se non sei ossessionato da quello che fai è difficile. Devi dedicare le tue intere giornate agli allenamenti, alla preparazione, ai tornei. Mi spiace per quelli che non sono ossessionati, li aspetta una vita sul circuito molto difficile». Chi saranno i Big 3 del futuro? «Domanda difficile, però la so! Uno del trio spero di essere io, poi Alcaraz, che ha già dimostrato di saper vincere gli Slam, e infine Sinner. Ha un atteggiamento incredibile. Sembra sia sul tour da una vita ma ha appena 21 anni, e ogni volta che gioca mostra miglioramenti».

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Trevisan sogna i quarti: “Deve stare tranquilla” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Una vittoria ottenuta dopo oltre tre ore di gioco, rimontando un set di svantaggio, e nonostante le diciotto palle break concesse alla sua rivale, l’americana n59 del mondo Liu. Non poteva esserci un modo migliore per Martina Trevisan per tagliare il traguardo del suo primo ottavo di finale in carriera nel WTA1000 di Miami. «E’ stata una giornata lunga, abbiamo dormito poco nonostante la stanchezza del match e il caldo, ma siamo riusciti a recuperare e tra poco ci alleniamo – ci dice da Miami il suo coach Matteo Catarsi.

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“Martina e stata brava a non farsi prendere dalla fretta, a fare un passo indietro per tentare di rimettere il match sui binari della lotta e della costruzione del punto». Un copione per lei ideale. Alla cui lunghezza ieri non sembrava corrispondere altrettanta incertezza per l’esito della sfida. Anzi. Più passava il tempo, più netta era l’impressione che l’azzurra fosse sempre più vicina alla soluzione dei suoi problemi «Sa difendersi, specialmente con il back di rovescio. Col servizio varia molto di più – sottolinea Catarsi – E poi l’atteggiamento… è stata brava a trovare i giusti accorgimenti in un match iniziato con il caldo, viziato dal vento e chiuso con l’umidità». Tra Trevisan e i quarti c’è la lettone Jelena Ostapenko, una che rivuole sempre tenere l’iniziativa, fa correre le sue avversarie e non sarà facile farla muovere in campo. La stiamo già preparando, ma l’importante è che Martina stia tranquilla». SONEOO.Si è qualificato al terzo turno Lorenzo Sonego. il n.59 del mondo ha battuto in rimonta il britannico Evans, bissando cosí il bel successo ottenuto al primo turno contro Thiem e se la vedrà ora con l’americano Frances Tiafoe

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Intervista a Darren Cahill: “Agassi mi ha reso migliore. Sinner è pronto a una grande vittoria” (Paolo Rossi, La Repubblica)

Lo chiamano Killer. «Anche mia moglie, gli amici. Nessuno mi chiama Darren. Me lo hanno affibbiato da piccolo, ma va bene e sono felice così». In carriera ha vinto due titoli ed è arrivato in semifinale agli Us Open nel 1988. Ma soprattutto vanta una grande carriera da coach, e si spera che continui: Darren Cahill, australiano di Adelaide, classe `65, è il coach (con Simone Vagnozzi) di Jannik Sinner. Cahill, ricorda quel suo torneo di New York dei 1988? «Come fosse ieri. Come puoi dimenticare uno dei momenti salienti della tua carriera. Ho battuto anche Boris Becker, in quel torneo “vedevo” la palla». Però non ha poi brillato… «Ero decente, ma non un grande giocatore. In una buona giornata davo fastidio, ma essere un grande giocatore è diverso: io esponevo troppo le mie debolezze».

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Come è iniziata la sua carriera di coach? «Fortuna e porte scorrevoli: una si chiude, un’altra si apre. Ho finito giovane, per problemi al ginocchio. Avevo 25 anni. Tornato ad Adelaide, la mia città, incontrai un ragazzino di circa 12 anni: Lleyton Hewitt. Aveva già il suo coach, Peter Smith. Quindi il mio lavoro fu più di strategia: come giocare, il tipo di colpo, quale parte del campo, l’individuazione dei punti deboli dell’avversario». È questo il suo segreto? «Se non sei un tennista talentuoso devi essere in grado di vedere il gioco: è quello che faccio, cerco modi per battere i migliori. Ci sono ex giocatori che non erano campioni ma poi si rivelano coach bravi. Perché? Fanno ciò che hanno fatto per tutta la loro carriera: vedere il gioco diversamente dai campioni». Quindi gli ex campioni non sono bravi allenatori? «Tutt’altro: sono stati in quelle posizioni, in quei momenti, sanno parlare e connettersi con i giocatori. E sanno come mettere una palla in un punto del campo impossibile per i comuni mortali: una differenza c’è». Jannik dice di lei che prima del match sa trovare le parole magiche. «A volte il giocatore ha bisogno di informazioni, oppure di un discorso ispiratore, o di qualche chiarimento. Altre va lasciato in pace, o gli va dato un abbraccio. Dipende dalla situazione: per tenere la convinzione i tennisti hanno bisogno di tutto ciò, a questo servono gli allenatori». E qual e la sua parola magica? «La sto ancora cercando: importante per un vero allenatore è aiutare il giocatore a trasformare le situazioni perdenti in vincenti. Statisticamente se ci riesci 4/5 volte in un anno il tennista potrà fare qualcosa di importante nei grandi tornei». Torniamo indietro: dopo Hewitt ha allenato un certo Agassi. «Andre aveva 32 anni, era già una leggenda. Non sapevo se avrebbe giocato sei settimane, sei mesi o sei anni. Alla fine ha giocato per cinque stagioni a un livello molto alto. Per me è stata una grande lezione di coaching: mai visto uno che volesse così tante informazioni. Richieste sugli avversari, analisi e domande tipo “se colpisco la palla così, con questo tipo di giocatore e in questa posizione in campo quale sarà la risposta?”. Con Andre dovevi davvero fare i compiti: mi ha reso un allenatore migliore». Poi l’esperienza femminile. «Simona Halep. Con lei ho vissuto i migliori momenti della carriera, la gioia più alta: è una persona straordinaria, a volte era lei la sua peggior nemica. Ma che pressione aveva, con tutta la Romania che si aspettava diventasse la numero 1». E siamo al presente, in Italia. «Beh, conosco bene Riccardo Piatti, mi aveva parlato molte volte di Jannik. Ci eravamo incrociati un paio di volte, il tennis è come una famiglia e la tua reputazione gira, quindi: se, come Jannik, sei una brava persona e hai buoni valori, la gente ti conosce prima di vederti. Sapevo che viene da una grande famiglia, che ha i piedi per terra, che lavora duramente, che è motivato, rispetta le persone, tutte cose per cui è attraente lavorare con lui. La cosa più importante per me è il carattere di un giocatore». Però lei è da solo in un gruppo tutto italiano… «La “mafia” italiana (ride). Scherzo, quella è la ciliegina: è fantastico lavorare con Simone Vagnozzi, bravissimo sulla tecnica, e poi Umberto Ferrara e Giacomo Naldi».

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Su cosa deve migliorare Sinner? «Prima del mio arrivo era già un grande giocatore, già top ten: ha armi incredibili, era ben allenato. Ora vanno guardate le sue partite contro i migliori e capire cosa lo trattiene dal batterli. E lavorarci. Ma c’è bisogno di tempo, di un paio d’anni e di molte situazioni di partita. Può migliorare il servizio, il gioco di transizione, essere dominante da fondo campo. Ma la cosa più importante, quando alleni i grandi giocatori, è continuare a migliorare i loro punti di forza. Ad esempio Jannik si muove incredibilmente bene, quindi spendiamo tanto tempo su questo. È grandioso che sia così disposto a provare cose nuove e a cercare di migliorare, purché non ci si allontani troppo dal tipo di giocatore che è».

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Rassegna stampa

Musetti e Berrettini fuori (Cocchi, Giammò, Azzolini)

La rassegna stampa di domenica 26 marzo 2023

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Musetti e Berrettini giù. Sinner accende i motori per cambiare marcia (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

A Miami il sole spacca le pietre eppure, sui protagonisti azzurri, si addensano nuvole nere. Dal Masters 1000 della Florida escono in una sola giornata Lorenzo Musetti e Matteo Berrettini. Jannik Sinner, in campo oggi contro Grigor Dimitrov, è l’ultimo tricolore a cui aggrapparsi in tabellone. Ma a ben guardare i due ko del toscano e del romano hanno sfumature differenti. L’esordio di Melissa Satta nel box di Matteo Berrettini non è stato dei più fortunati. Non ha potuto festeggiare un trionfo ma è stata costretta a soffrire caldo e tensione nel match del compagno contro lo statunitense numero 55 al mondo Mackenzie McDonald. È finita col romano fuori all’esordio eppure, rispetto alle partite precedenti, un tiepido raggio di luce si è intravisto. Ci sono state occasioni, c’è stato atteggiamento positivo, è mancata sicuramente la freschezza fisica. Ma su questo aspetto Berrettini e il team si metteranno al lavoro da subito in vista della stagione sul rosso. Sulla terra, l’ex numero 6 al mondo non ha punti da difendere grazie al lungo stop a cui era stato costretto lo scorso anno per l’operazione alla mano destra. […] Nella partita finita con un doppio tie break a favore dello statunitense si sono visti sprazzi del Matteo che fu e pur consapevoli che la strada è ancora lunga, le premesse sono buone. Preoccupa di più l’ennesima frenata di Lorenzo Musetti. Sì, è giovane. Sì, ha trovato un Jiri Lehecka solidissimo, ma la lunga trasferta in America, prima sulla terra di Argentina, Brasile e Cile e poi sul cemento statunitense, si è chiusa senza acuti. Musetti troppo spesso si è fatto prendere dal nervosismo e ha mancato di lucidità nei momenti decisivi. Lorenzo ora è iscritto allAtp 250 di Marrakech per preparare il Masters 1000 di Montecarlo, ma potrebbe anche decidere di fermarsi più a lungo a casa e allenarsi nel Principato, dopo quasi due mesi tra Sudamerica e Usa. Quella sul rosso per l’allievo di Tartarini è la stagione più importante, ora serve ritrovare la rotta.

Berrettini e Musetti, crisi infinita (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

 

Se vincere aiuta a vincere, la sconfitta, se ripetuta, si trasforma in una compagnia da cui diventa sempre più difficile liberarsi. I match di secondo turno persi ieri a Miami da Lorenzo Musetti e Matteo Berrettini, rispettivamente contro Jiri Lehecka (n.44 Atp) e Mackenzie McDonald (n.55) sono stati un’ulteriore conferma. Talentuosi, dotati entrambi di un tennis tanto appagante quanto efficace, Musetti e Lehecka si erano infatti presentati alla vigilia della loro sfida con una cronologia di risultati che era lo specchio dei rispettivi momenti di forma: il ceco, dopo essersi spinto fino ai quarti in Australia, battendo lungo la strada Norrie e Auger-Aliassime, aveva poi concesso il bis a Doha, cedendo in semifinale a Murray non prima di aver colto di sorpresa Andrey Rublev. A Miami ha colto la sua 15a vittoria stagionale; molto più magro invece il bilancio dell’azzurro, che in Florida era atterrato sperando di invertire il trend che lo aveva visto sconfitto in sei delle sue ultime sette uscite. II doppio 6-4 con cui Lehecka si è aggiudicato il match, reca comunque indicazioni e segnali di ripresa su cui Musetti potrà continuare a lavorare in vista del suo ritorno in Europa per lo swing sulla terra battuta. Ne è convinto Davide Sanguinetti, ex n. 42 del mondo: «Oggi (ieri; ndr) Lehecka ha giocato in maniera perfetta, gli toglieva il tempo, non lo faceva pensare. Segno che hanno iniziato a capire come gioca. E Musetti, non essendo in confidenza, l’ha pagata a caro prezzo». Anche per Corrado Barazzutti «non si tratta di una questione tecnica o fisica, sono due dei giocatori più forti del mondo: è un problema che sorge nei tennisti quando non vincono». Il match di Berrettini è stato all’insegna degli scambi corti, un tennis muscolare, volontà di potenza in cui nessuno vuol recitare il ruolo di sparring partner. Intensità pura che, quando non accompagnata da ritmo e variazioni, ha finito col trasformare la sfida in un braccio di ferro giocato colpo dopo colpo sul filo del rasoio, la cui inerzia è rimasta a lungo in bilico salvo risolversi poi in due tie-break. «L’impressione che ho – riflette Barazzutti – è che entrambi siano mancati nei momenti importanti e questo denota l’assenza di qualche partita vinta e di quei momenti che, quando si è in fiducia, si vivono con determinazione e attenzione diverse». Per l’allievo di Vincenzo Santopadre, quei momenti sono coincisi proprio con due errori cruciali nei due momenti più caldi della partita: un dritto regalato gratuitamente, dopo aver annullato tre set-point e averne sciupato uno nel primo tie-break, e un altro incagliatosi nella rete nel secondo. «Per Berrettini sarà più semplice rimettersi in carreggiata, per abitudine e tipologia di gioco – sottolinea convinto Sanguinetti – Ne è già uscito tante volte, deve solo lavorare e mettere partite nelle gambe perché in questo momento ne sta giocando davvero poche». La fiducia non è però dote che si possa acquistare e la ricetta per ritrovarla è una sola: «Basta vincere una partita e cambia tutto – chiosa l’ex capitano di Davis – Ritrovarsi e vincere un primo match rimetterà a posto tutto perché il valore dei due giocatori e indiscutibile».

Musetti-Berrettini. Adesso le sconfitte fanno meno male (Daniele Azzolini, Tuttosport)

C’è qualcosa di buono, in fondo a questa giornata di nuove macerie che certo non renderà facile il riveder le stelle alla nostra mesta compagnia dei tennisti che si sono perduti. Lo dico forse per troppo affetto nei confronti di Matteo e Lorenzo, magari peccando di eccessivo ottimismo, o di buonismo, fate voi, ma le due nuove sconfitte mi sono sembrate diverse dalle precedenti. Quelle di Musetti che si perdono nella notte dei tempi e quelle di Berrettini, che hanno preso forma dal nulla — forse dal malvissuto match point sprecato al quinto contro Murray a Melbourne — e via via gli si sono strette intorno alla gola. Come un cappio che lo ponga sempre nell’urgenza di fare qualcosa di straordinario, o sopra le righe, pur di respirare una boccata di ossigeno. Due sconfitte dalle quali si può ripartire. Giunte contro avversari alla portata dei due azzurri, ma entrambi in eccezionali condizioni di forma, sorretti da uno stato d’animo ricavato dalla miglior forgia che il tennis possa garantire, quella combinazione in cui tutto appare leggero e dentro ti senti imbattibile. Ne sono sortiti due match dall’andamento altalenante – certo più quello di Berrettini contro Mackenzie McDonald – che avrebbero potuto prendere traiettorie diverse e premiare gli sforzi dei due italiani. Così non è stato, Musetti ha ceduto campo al ceco Jiri Lehecka, come lui ventunenne ma di cinque mesi più “anziano”, venuto su senza grandi pretese in questo Tour abbagliato dalle magie del numero uno Alcaraz, ma dotato di colpi di gran valore e con un fisico agile e perfettamente costruito che gli permette un gioco di pressione costante e di estremo assillo per gli avversari. Berrettini invece ha subito la prima sconfitta da McDonald, dopo due precedenti match che lo avevano visto assoluto padrone del campo. Non è ancora il Matteo in grado di dominare la scena, lo si sapeva, lo si era visto a Indian Wells, preso d’infilata da Taro Daniel, e lo aveva confermato nel challenger di Phoenix, cincischiando senza costrutto contro avversari di seconda fascia, fino a lanciare quell’urlo forse liberatorio, certo mesto, ormai diventato famoso: «Portaterni via dal campo, sono inguardabile». Ieri, se non altro, si è mostrato a mezza via, dunque sulla strada del ritorno. È un passo avanti, se vi va di sottolinearlo. Non ancora definitivo, purtroppo… Eppure Matteo ha goduto di chance robuste, fallite almeno in una occasione per un autentico guizzo della buona sorte, che si è fatta di lato quel tanto da evitare che un recupero di Berrettini pizzicasse la riga di fondo. Mezzo millimetro appena, ché tanto sarebbe servito a Matteo per chiudere il primo set. Una palla per il set sull’8-7 del primo tie break, poi altre due nella seconda frazione, sul 6-5, ma nessuna sul proprio servizio. Matteo si era tirato su nel primo tie-break cancellando due set point sul 6-4 per l’americano. Nel seicondo invece si è portato avanti 4-2 nel tie break, ma non ha retto il ritorno di McDonald, che nel frangente ha giocato un tennis di rincorse e testardaggine davvero pregevole. Chance che non ha avuto Musetti, ma il ceco gli è stato superiore nelle fasi più calde. Ha ottenuto il break sul 3 pari dei primo set, ha chiuso 6-4 e subito si è portato avanti di un break anche nella seconda partita. Il resto i due se la sono giocata alla pari, ma quando la disputa si è accesa, inutile nasconderlo, Lehecka è stato migliore. […]

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