Bum Bum Berrettini (Marianantoni). Berrettini da Wimbledon (Mastroluca). L'erba della regina incorona Berrettini. "E ora Wimbledon" (Rossi). Sua Maestà Matteo (Azzolini)

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Bum Bum Berrettini (Marianantoni). Berrettini da Wimbledon (Mastroluca). L’erba della regina incorona Berrettini. “E ora Wimbledon” (Rossi). Sua Maestà Matteo (Azzolini)

La vittoria di Matteo Berrettini al Queen’s

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Bum Bum Berrettini (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport)

Matteo Berrettini come Fabio Capello. Se il “bisiaco” fu l’autore della leggendaria rete che permise all’Italia, il 14 novembre 1973, di espugnare Wembley, il campione romano è diventato il primo tennista italiano, in oltre 130 anni di storia del Queen’s, a conquistare íl tradizionale torneo londinese che precede Wimbledon. Un successo che pesa tantissimo per Berrettini, settimo nella “race” per Torino e vicinissimo a sorpassare Federer nel ranking Atp, e per l’Italia che sull’erba, pur avendo vinto altri tornei, non si era mai spinta così in alto. È il trofeo più importante vinto da un nostro tennista dopo le vittorie di Adriano Panatta a Parigi e Roma nel 1976 e di Fabio Fognini a Montecarlo nel 2019. Berrettini non aveva mai giocato al Queen’s e diventa íl secondo esordiente poi vincitore Boris Becker: nel 1985 il tedesco poi sbancò anche Wimbledon, a soli 17 anni. Mix perfetto La vittoria su Cameron Norrie, britannico nato a Johannesburg e n. 34 del mondo, e frutto di un mix perfetto in cui a prevalere è da un lato la forza mentale di Matteo e dall’altra un tennis sempre più completo e adatto a ogni superficie.

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Giocare da favorito non scompone più di tanto l’azzurro, supportato fin da subito da un servizio devastante. Sul 2 pari Norrie commette due doppi falli e con il minimo sforzo Berrettini scappa avanti un break che conferma per il 4-2. Matteo si appoggia bene su palle senza peso, usa con sapienza l’incrociato di dritto e spesso prende in contropiede Norrie, sbracciando con il dritto a sventaglio. L’azzurro è perfetto e al primo set point chiude la frazione per 6-3.

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Nel secondo set Matteo frequenta con maggior assiduità la rete e f risultati sono incoraggianti. Ancora un game di battuta facile per il 2 pari. Sul 3-4 scivola sotto 15-30, ma rimedia con una prima di servizio, una palla corta e ancora un servizio vincente. Norrie non riesce neppure ad annusare la palla break e apre il nono game con un ro – vescio Incrociato che finisce in corridoio. L’aggressività di Berrettini si trasforma in una risposta vincente e in un folle recupero di dritto che gli regala due palle per andare a servire per il match. Il britannico però le annulla e con lo smash si issa 5-4. Il gioco di volo torna a latitare a vantaggio di lunghi scambi da fondocampo che Berrettini tenta di arginare con palle corte. Sul 5-6 15 pari Berrettini lascia sguarnita la parte del dritto e Norrie lo fulmina salendo ancora 15-30; ma con una prima e due ace il romano si toglie dalle peste e arpiona il tie-break che però gli sfugge per un mini break subito all’inizio.

[…] prime battute del terzo set. Sul 3-2 Matteo attacca con il dritto e si procura due palle break Norrie però è vigile e le annulla con il servizio e con una chiusura a rete. Sul 4-3 Norrie si fa recuperare da 40-0 a 40 pari con il quinto doppio fallo, poi c’è il passante dell’azzurro che ottiene il break nel momento più diffiche del match. Matteo è astuto a servire prime a tre quarti di velocità, ma molto profonde, si procura un triplo match point, ma è sufficiente il primo per vincere un. torneo da sogno. Che cifre I numeri dell’azzurro sono impressionanti: 19 ace in 16 turni di battuta, un solo doppio fallo, il 76% di prime, il 91% dei punti vinti con la prima (58 su 64), nessuna palla break concessa, due invece quelle sfruttare su sei complessive.

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Berrettini da Wimbledon (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Ha lanciato un asciugamano verso un gruppo di tifosi in cambio di una bandiera tricolore. Matteo Bcrrettini ha festeggiato così il suo traguardo più prestigioso in carriera. Alla prima partecipazione al Queen’s, storico appuntamento sull’erba a Londra, prima di Wimbledon, in calendario dalla fine dell’Ottocento in un aristocratico circolo chiamato così in onore della regina Vittoria, il numero 1 d’Italia è diventato re. Ha vinto il suo quinto titolo, il secondo sull’erba, il primo in un ATP 500.

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Grazie al 6-4 6-7(5) 6-3 su Cameron Norrie, britannico nato in Sudafrica e vissuto in Nuova Zelanda, che ha studiato negli Stati Uniti, Berrettini si è messo sulle spalle di un gigante del tennis mondiale. È infatti il primo giocatore a centrare il titolo al primo tentativo dal 1985. Allora ci riuscì il diciassettenne Boris Becker che poi completò un trionfo da record a Wimbledon.

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Ha dimostrato quanto vale, ha confermato di essere un Top 10 con pieno merito, con la concreta possibilità di sorprendere a Wimbledon e di esserci a Torino per la prima edizione italiana delle Nitto ATP Finals. LA FINALE. In finale, Berrettini ha servito benissimo, senza mai concedere palle-break. Ha piazzato 19 ace, ha tenuto a zero tre turni di battuta nel secondo set e quattro nel terzo, misura della fiducia crescente nel colpo fondamentale per il suo gioco. La tensione per quel sogno così vicino si leggeva però nelle incertezze con il diritto, nei movimenti un po’ macchinosi all’inizio. Ma è proprio vincendo questo tipo di partite che si vedono i campioni. E il romano ha vinto da campione. Contro un mancino come Norrie che ha provato a chiuderlo nell’angolo sinistro e a mandarlo fuori tempo con un rovescio piatto insidioso sull’erba, ha fatto valere motivazione, sicurezza e tenuta mentale nei momenti chiave della partita. Così quando Norrie, che non ha mai vinto un titolo nelle quattro finali ATP giocate, ha affossato un rovescio sulla cruciale palla-break che ha indirizzato il terzo set, il numero 1 d’Italia ha accelerato verso il trionfo.

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ll pensiero di tutti è, intanto, rivolto a Wimbledon, dove ha giocato contro Roger Federer il suo primo ottavo di finale in uno Slam due anni fa. FIDUCIA.

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In questo periodo ha giocato la sua prima finale in un Masters 1000, a Madrid, e messo paura a Novak Djokovic nei quarti del Roland Garros. Ma il meglio, si spera, deve ancora venire.

L’erba della regina incorona Berrettini. “E ora Wimbledon” (Paolo Rossi, La Repubblica)

Tu chiamale emozioni. Un italiano alza la coppa della Regina. Matteo Berrettini: iscrive il suo nome nell’albo d’oro del Queen’s, il torneo di Londra. Vi partecipava per la prima volta, e ha trionfato. Come lui, soltanto un certo Boris Becker. «Sognavo di giocare questo torneo, lo guardavo da bambino. E ora che ho la possibilità di alzare il trofeo è dunque un sogno che diventa realtà» ha detto con quel suo sorriso ammaliatore il tennista azzurro, al quinto titolo della carriera, il secondo sull’erba. «Come festeggerò? Cena in camera e acqua frizzante». Berrettini ha ribadito personalità, sicurezza, confidenza in se stesso. Si è preso la finale contro il britannico Cameron Norrie 6-4, 6-7 (5), 6-3.

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La prossima tappa è Wimbledon, inutile girarci intorno. «Matteo è pronto per vincere un torneo del Grande Slam». Chi lo dice? Vincenzo Santopadre. Il coach di Berrettini, la persona più umile e pacifica del mondo. «Confermo: non sarebbe onesto nemmeno verso noi stessi se non lo dicessimo, se non avessimo questo obiettivo. In passato ho sempre risposto, a questa domanda, che non era ancora il momento. Oggi, dopo tutto il cammino del nostro viaggio, ribadisco che Matteo può prendersene uno, non so quale».

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La stoccata al partito dei “gufatori”. «Purtroppo c’è questa cultura in Italia — aggiunge Santopadre — che va sempre a trovare i difetti invece di godersi le cose belle. Ed è un peccato. Lo dico in generale: penso a Fognini, che è stato più odiato che lodato per le perle che ci ha regalato. Matteo? Lo hanno sempre etichettato come un battitore e stop, ma c’è altro nello sport, nella vita. Oggi quel ragazzo che era già solido di testa è un uomo compiuto e completo, consapevole di stesso. E questa è la parola chiave: consapevolezza.

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Wimbledon, dunque, dal 28 giugno. Senza Nadal e con il rebus Federer. Certo, resta un certo Djokovic e i tennisti Bum Bum. Ma saranno loro a doversi preoccupare, e faranno bene.

Sua Maestà Matteo (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Un asciugamano per una bandiera. Scambio alla pari, prendere o lasciare… L’asciugamano del torneo è una preda ambitissima, e costa un occhio. A Wimbledon li vendono a 75 pounds, e il Queen’s non si è mai sentito da meno del torneo più antico che vi sia. Perbacco, il circolo l’hanno costruito per la Regina Vittoria, significherà pure qualcosa, no? Così, la bandiera italiana da due pounds, forse tre, finisce nelle mani di Berrettini. Sembra un po’ ciancicata, ma sopra c’è scritto “Daje Matté; e vale da sola il ricordo di questa settimana, chiusa rincitrullendo di ace tutti gli avversari incontrati. Matteo batte la Gran Bretagna, e anche un pezzetto del Commonwealth.

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Nell’ordine, Andy Murray scozzese di Glasgow, Daniel Evans inglese di Birmingham, e in finale Cameron Norrie, padre scozzese e madre del Galles, lui nato a Johannesburg e cresciuto in Nuova Zelanda.

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Berrettini ha tenuto in piedi una difficile finale con 19 ace, infilati come chiodi nell’impalcatura del match. Aggiunti a quelli messi a segno nei precedenti quattro turni, fanno 68, un buon 70 per cento dei quali misurati a una velocità fra le 138 e le 143 miglia Dai 222 ai 230 chilometri orari. A renderla più ostica del prevedibile, e quanto mai sdrucciola, è stato il buon tennis prodotto da Norrie, mancino con un ottimo servizio a uscire. Malgrado ciò, Berrettini ha vinto a mani basse il primo set, e ha avuto sul 4 pari del secondo due palle break per operare l’allungo definitivo. Invece si è ritrovato al tie break e lo ha perso su un unico punto smarrito. Nessuno accetta di buon cuore di trovarsi in parità dopo aver dominato, unicamente per colpa di un mini break affondato su un rimbalzo reso farlocco dall’erba, ma Berrettini è ormai giocatore di spessore, ha fiducia nei propri mezzi, e sa di avere nel suo tennis su due-tre colpi un alleato prezioso. Direte, ma non è il tennis di tutti? È vero, ma non tutti lo praticano a una velocità da Formula Uno. Nel terzo set, che finalmente Matteo ha affrontato servendo per primo, è stato Norrie a concedersi sbandando nel momento in cui nessuno si sarebbe aspettato. Sul 4-3 per Berrettini il britannico si è portato sul 40-0, ha subito due bordate vincenti dell’italiano, ha aggiunto di suo un doppio fallo, e si è spento in via definitiva. È il quinto successo per Matteo, su sette finali giocate. E gli vale il quarto posto tra gli italiani in Era Open. Dieci successi Panatta, nove Fognini, sei Bertolucci, cinque Berrettini e Barazzutti.

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Anche nella Race Matteo è fra i Top Ten, al settimo posto, e potrebbero bastare due o tre risultati discreti da qui alla fine dell’anno per garantirgli la seconda partecipazione alle Finals. E qui si va nel libro dei record, alle pagine titolate “Imprese mai riuscite ai tennisti italiani’: Nessuno per due volte alle Finals. E nessuno anche tra i vincitori del Queen’s, un torneo dall’albo d’oro smisurato.

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La coppa d’argento del Queens è alta, con i grandi manici che ricordano due orecchie a sventola. Esatto, proprio come la Champions League. Di più grande c’è solo il mondiale, che nel tennis è rappresentato dagli Slam. Matteo ha una settimana per preparare il cambio d’erba, quella dei Championships è più compatta e meno veloce che al Queen’s. Venerdì c’è il sorteggio. Il ritiro di Nadal gli offre l’ottava testa di serie. I match contro i più forti cominceranno solo dai quarti in su.

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