Perché le Olimpiadi sono un'altra cosa, anche senza tifosi (ma con Ubitennis a Tokyo)

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Perché le Olimpiadi sono un’altra cosa, anche senza tifosi (ma con Ubitennis a Tokyo)

Il direttore Ubaldo Scanagatta, Vanni Gibertini e Stefano Tarantino sono già a Tokyo per seguire le Olimpiadi. Noi vi raccontiamo perché in redazione ci piacciono abbastanza, tra numeri e aneddoti

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Alla fine arrivammo a Tokyo. Non solo in senso figurato, ma proprio con tre inviati. Pur tra mille peripezie – quando vi diciamo che quest’anno andare alle Olimpiadi è molto meno semplice delle precedenti edizioni non vi raccontiamo una frottola – Ubitennis è infatti atterrato in Giappone con il tridente composto dal direttore Ubaldo Scanagatta, Vanni Gibertini (per entrambi è la settima presenza olimpica, per il direttore tutte da inviato; il cavaliere Ian Miller, recordman con dieci Olimpiadi, è nel mirino) e da Stefano Tarantino.

TOKYO 2020: NUMERI E NOVITA’

Questo significa che vi racconteremo le Olimpiadi con particolare dovizia di dettagli. Nel corso dei primi nove giorni ci concentreremo soprattutto sul tennis, ma quando il torneo al via sabato 24 luglio si concluderà – la finale maschile è in programma domenica 1 agosto alle 4 italiane – sguinzaglieremo i nostri tre inviati a destra e a manca, come cani da tartufo, per trovare storie da raccontarvi in forma di articoli, video, podcast e contributi social – seguiteci soprattutto su Instagram, dove siamo particolarmente bravi.

Insomma, per quanto concesso dalle restrizioni locali e dalle difficoltà logistiche – ogni giornalista dovrà dichiarare in modo preventivo quali impianti intende visitare ogni giorno – li manderemo a scovare il meglio degli altri sport. E ce ne saranno di sport, a Tokyo: 33 in totale, alcuni dei quali (atletica e sport acquatici su tutti) spezzettati per arrivare a un totale di 50 discipline. Le competizioni saranno 339, ergo per la prima volta nella storia delle Olimpiadi verranno assegnate più di 1000 medaglie; pensate che nell’ultima edizione disputata a Tokyo più di mezzo secolo fa, nel 1964, ne furono assegnate circa la metà (504). Quante ne sono state assegnate in totale dal 1896 al 2016? 15.683, 5.116 delle quali d’oro: di quelle più pregiate l’Italia ne ha vinte 207, mentre oltre un quinto sono finite al collo di atleti statunitensi.

Le novità non mancheranno. La prima, la più brutta, riguarda i seggiolini degli impianti sportivi: saranno praticamente tutti vuoti, ad eccezioni di pochi fortunati tra cui i giornalisti in possesso di un accredito, per via dell’aumento di casi di coronavirus in Giappone. Niente tifosi sugli spalti. Ci saranno poi cinque nuovi sport rispetto ai giochi di Rio, quattro dei quali faranno parte del programma olimpico per la prima volta nella storia: si tratta di karate, skateboard, arrampicata sportiva e surf. Fun fact: le due competizioni con la tavola (una maschile e una femminile) potranno disputarsi nell’arco di una settimana, occupando un massimo di quattro giornate, poiché non è possibile prevedere quando le onde della spiaggia di Tsurigasaki (distante circa 100 km dallo Stadio Olimpico di Tokyo) consentiranno agli atleti di darsi battaglia.

Come i surfisti, diversi altri atleti gareggeranno fuori Tokyo: marciatori e maratoneti a Sapporo, i giocatori di baseball (uno dei cinque nuovi sport di Tokyo 2020, ritorna tredici anno dopo Pechino) e softball a Yokohama, i cestisti a Saitama, i ciclisti nella penisola di Izu, i golfisti (non Molinari purtroppo, candidato italiano alla medaglia che ha dato forfait) nel campo privato di Kawagoe. E ovviamente calciatori e calciatrici, in giro per i due stadi di Tokyo e quelli di altre cinque località.

TOKYO 2020: IL TENNIS IERI E OGGI

Torniamo per un attimo al tennis. Farà parte del programma olimpico ufficiale (si escludono gli eventi di esibizione) per la sedicesima volta dal 1896, la terza di fila con l’assetto a cinque competizioni – due di singolare e tre di doppio, tra cui quello misto. Siamo però lontani dall’insolito record di Stoccolma 1912, quando il tennis si presentò con otto discipline diverse – i singolari e il doppio misto e maschile si disputarono sia outdoor che indoor, assegnando medaglie separate. L’Italtennis vanta un solo bronzo, quello vinto da Uberto De Morpurgo in singolare nel 1924. Con Berrettini e Sinner avremmo avuto molte più chance di raddoppiare il bottino, ma qualcosina possiamo chiedere anche a Fognini, Sonego e Musetti (meno alle ragazze, pur con tutto l’ottimismo del mondo).

Se del tennis vi interessano faccende più concrete, relative all’edizione di quest’anno, trovate qui il tabellone maschile, qui quello femminile, qui il programma della prima giornata e qui una guida per vedere le Olimpiadi in TV (non solo il tennis, tutte le gare). Si giocherà sempre al meglio dei tre set – finale maschile compresa – e perlopiù tra notte e alba italiana sul cemento dell’Ariake Coliseum di Tokyo, poco meno di ventimila posti a sedere tristemente vuoti.

Dei ventuno tennisti medagliati cinque anni fa a Rio saranno presenti in sei: oro e bronzo del singolare maschile (Murray e Nishikori), il bronzo nel singolare femminile (Kvitova), una metà della coppia che vinse l’oro nel doppio femminile (Vesnina), e due protagonisti della finale di doppio misto, la campionessa in carica Mattek-Sands e il vice-campione in carica Rajeev Ram. Nessuno sembra avere particolari chance di riconfermarsi – anche se il misto, con i tabelloni ancora da compilare, può finire un po’ in qualsiasi modo.

Farà caldo, in alcuni momenti anche molto caldo. Sonego ha già detto che è un ‘caldo devastante‘. Difficilmente non sarà un fattore e verrebbe quasi da annoverarlo tra i possibili avversari di Djokovic, lui che sul campo al momento ne ha pochi e il caldo lo ha spesso sofferto.

TOKYO 2020: MA CHE BELLO

Sì, siamo su un sito di tennis, ma le Olimpiadi sono una storia diversa. Forse l’unica cosa di sport che è davvero riuscita a resistere con successo all’urto del tempo, a mantenere quest’allure inconfondibile. Una miscela di sport diversissimi tra loro, per alcuni dei quali – il tennis è in questa categoria – la medaglia olimpica non è neanche vicina ad essere il riconoscimento più prestigioso, né vale chissà quali premi in denaro, però promette di vestire l’atleta di un abito che nella sua quotidianità non esiste. Non migliore o peggiore, ma profondamente diverso.

Sbagliato – diciamolo, forse anche un po’ boomer – fare la paternale a Berrettini e Sinner perché hanno deciso per motivi differenti di rimanere in Europa, anche perché si entra nel campo di opinioni che è sbagliato sostenere in modo assolutistico. A Jannik più che a Matteo si possono contestare le tempistiche di questa scelta, poiché nel caso di questa competizione ogni azione individuale può comportare conseguenze collettive, ma nei fatti la sostituzione tra Sinner e Musetti si è completata regolarmente mentre l’attesa di Berrettini fino all’ultimo minuto utile aveva più di un senso, come abbiamo spiegato.

Però che le Olimpiadi portino con sé un fascino con pochi paragoni nello sport è innegabile. Qualcuno magari non è suscettibile a questo fascino, è perfettamente normale. Certo è difficile dimenticare il boato di Wimbledon al match point convertito da Murray nel 2012 – i britannici non immaginavano che due Wimbledon ‘veri’ sarebbero tornati nel Regno Unito, nel 2013 e nel 2016 – o le lacrime di Djokovic dopo la sconfitta contro del Potro a Rio 2016, la stessa edizione della cavalcata vincente di Monica Puig (anche quella conclusa con un pianto, questa volta di gioia). O il momento in cui, nel settembre 1988, Steffi Graff concluse una stagione mostruosa vincendo l’oro olimpico a Seoul dopo i quattro Slam, e avrebbe bissato a Barcellona quattro anni dopo se non fosse stato per la 16enne Capriati – già capace di stupire il mondo (esatto, 16 anni).

Se non sentite alcuna nostalgia né alcuna forma di trasporto a cinque cerchi vi invitiamo a scorrere il thread Twitter del sempre ottimo Giuseppe Pastore, contenente la top 10 dei momenti olimpici italiani da Seoul 1988 a Rio 2016 (così, de botto, come direbbe uno dei tre sceneggiatori di Boris).

Se proprio nell’anima non vi scatta nulla, né un vago ricordo né un briciolo di compartecipazione emotiva (ma davvero, neanche quando Andrea Fusco anticipa l’esercizio maestoso di Yuri Chechi con l’indimenticabile ‘ora c’è solo il silenzio‘?), allora siete salvi: nelle prossime due settimane potete andare in vacanza.

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