Rassegna stampa
Berrettini-Sinner, brividi e gioia. Avanti tutta (Crivelli). Cuore Berrettini. L’impresa di Sinner (Mastroluca). Dopo Sinner, Alcaraz il nuovo Nadal ha fretta di stupire (Rossi)
La rassegna stampa di domenica 5 settembre 2021
Berrettini-Sinner, brividi e gioia. Avanti tutta (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)
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Che stagione La vittoria su Ivashka che schiude a Berrettini le porte del paradiso della seconda settimana con vista su Djokovic in un possibile quarto da brividi è la sublimazione della capacità di innalzarsi verso una dimensione dove la classe e il blasone fanno la differenza. Ci vogliono cinque set per venire a capo del bielorusso, ma quando sembra che la partita gli scivolasse di mano, Matteo la fissa tecnicamente con il servizio (alla fine 27 ace e 1’84% di punti con la prima) e mentalmente con la freddezza di chi è conscio di appartenere al gotha: e così il romano conquista almeno gli ottavi ín tutti gli Slam stagionali, unico con Medvedev E quanto alla dote di imprimere il proprio marchio sugli scambi decisivi, il profilo rimane come sempre basso: «Credo sia una via di mezzo: ovviamente ci devi nascere, ma al tempo stesso puoi lavorarci per migliorarla. lo provo a rimanere freddo e lucido in quel momenti, concentrarmi per analizzare rapidamente quale possa essere la soluzione migliore». Il precedente di luglio, la facile vittoria negli ottavi di Wimbledon, non poteva rappresentare un paragone solido: da allora il bielorusso è cresciuto in consapevolezza tecnica e fiducia mentale, ha vinto il primo torneo in carriera a Winston-Salem la settimana prima degli Us Open e dunque era reduce da otto vittorie consecutive sul cemento: «Infatti sapevo che sarebbe stata una partita difficile e complicata – commenta Berretto – sicuramente diversa rispetto a quella di Wimbledon: là, quando giocavo il rovescio in slice, l’inerzia dello scambio mutava immediatamente, invece stavolta lui è stato bravo a trovare le contromisure. Ma se sono arrivato al quinto senza vin cerla prima, come era nelle mie possibilità, è perché nei due set che ho perso non sono stato troppo incisivo con il dritto, non riuscivo a spingere e a far male come volevo». Amato Però la gestione anche fisica dell’ultimo parziale dopo una battaglia aspra durata in tutto 3 ore e 46 minuti (è la prima partita di Matteo finita al quinto set nel 2021), certifica la ritrovata condizione atletica del numero uno italiano per quello che rimaneva il dubbio più sostanzioso nella sua corsa americana: «Sto bene, e il fatto che sia rimasto in campo per quasi quattro ore migliorando il mio tennis con il passare dei game lo dimostra. Per il tipo di giocatore che sono, ho bisogno di mettere insieme tanti match di fila e direi che questi primi tre turni mi hanno riempito il serbatoio». Chiaramente, malgrado il rispetto che si deve a ogni avversario, soprattutto se è caldo e con la testa sgombra come Otte, l’approdo alla seconda settimana significa soprattutto proiettarsi sull’eventuale sfida dei quarti contro Djokovic, uno dei momenti più attesi del torneo, perché non andrà in scena soltanto la rivincita della finale di Wimbledon, ma anche il primo, vero, ostico impegno di Nole verso il Grande Slam:
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Intanto, lo stile gladiatorio che tuttavia non tracima mai nell’arroganza ha conquistato il pubblico newyorkese, che ieri ha pure potuto fare conoscenza di un nuovo tormentone, il «Sono de coccioooo!» che Matteo si dedica sarcastico dopo un errore fotocopia di un colpo giocato qualche scambio prima e che adesso rischia di spopolare sui social: «Ma non credo abbiano capito troppo il significato». Ma intanto ha rapito ll cuore della Grande Mela.
Cuore Berrettini. L’impresa di Sinner (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)
Cielo azzurro su New York: Berrettini e Sinner approdano agli ottavi. Un gladiatore, Matteo Berrettini. Nell’arena di New York, urla, soffre e libera la gioia per la quarta vittoria in carriera al quinto set e il settimo ottavo di finale in uno Slam. Il romano suda cinque set e quasi quattro ore, ma vince 6-7(5) 6-2 6-4 2-6 6-3. Non ci sarà però il derby azzurro con Andrea Seppi.
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Quando allenava il servizio con i cesti insieme al coach Vincenzo Santopadre, Matteo Berrettini immaginava di trovarsi in partita in situazioni di massima tensione. Anche se di fronte non c’era nessuno. Lo sentiva che prima o poi si sarebbe trovato in un momento così, dentro una partita importante, e voleva farsi trovare pronto. Il servizio l’ha aiutato eccome a tirarsi fuori da un match scomodo, ingarbugliato e scorbutico contro Ivashka che prima di New York aveva vinto a Winston-Salem il suo primo titolo ATP in finale su Pablo Carreno Busta Il resto l’ha fatto il suo carattere, la sua capacità di analizzare le difficoltà e trovare in corsa soluzioni. Ne ha dato prova nel secondo set quando si è gridato «Sono di coccio!», dopo il secondo errore in serie. E da li ha cambiato marcia, al servizio e non solo.
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Berrettini sta imparando a gestire un livello di aspettative più alto, e il rendimento al servizio anche in giornate non di scintillante brillantezza come quelle vissute nei primi ne turni dello US Open, dimostra che sa bene come fare. Il numero 1 azzurro ha salvato tutte le prime nove palle break concesse, ha ceduto il servizio per la prima volta nel quinto game del quarto set condizionato da troppi diritti steccati. Un game a cui, col senno di poi, avrebbe anche potuto non arrivare se fosse entrato il passante di diritto sull’1-1 nel tiebreak del primo set, vero rimpianto di un parziale tiratissimo. La finale di Wimbledon ha cambiato orizzonti e modi di vedere. Molto più della prima semifinale in un major; allo US Open di due anni fa.
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Due stagioni da top 10 lo hanno reso una realtà. E il modo in cui ha affrontato i momenti di potenziale incertezza questa settimana sono più di un indizio. Gli avversari lo guardano con occhi diversi, i tifosi lo circondano di affetto e ammirazione perfino a New York. Le ragazze lo aspettano prima e dopo gli allenamenti, anche l’occhio vuole in fondo la sua parte, gli appassionati riempiono tutti i posti disponibili quando gioca e fanno salire i decibel ad ogni momento decisivo. Li guida l’amico ristoratore Giovanni Bartocci, capelli e barba lunga, con naturale indole da trascinatore. Un capo tifoso celebre quasi quanto lui, celebrato anche sul profilo twitter del torneo per le sue esultanze coreografiche. Berrettini lo sa e chiama gli applausi come fonte extra di energia positiva.
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Dopo Sinner, Alcaraz il nuovo Nadal ha fretta di stupire (Paolo Rossi, La Repubblica)
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Ora Carlos jr, che è nato a El Palmar (Murcia) il 5 maggio del 2003, è il nuovo Rafa Nadal del tennis spagnolo, sorpresa degli US Open di New York e ultimo arrivato tra i terribili teen del tennis. Ha battuto il povero Stefanos Tsitispas, già provato da precedenti battaglie e dalle polemiche sulle sue pause alla toilette, tanto che il pubblico gli ha tifato contro. «Non pretendo che tutti mi amino. Mi ha sorpreso il comportamento della gente, ma non sono uno che si abbatte per questo. La gente non capisce. Vuole lo spettacolo. È molto impaziente, specialmente la nuova generazione. Vuole tutto in fretta» ha detto il greco, in realtà ancora sotto shock per il colpi dello spagnolo: «Mai visto nessuno colpire la palla così forte. Mi ci è voluto del tempo per adattarmi. Mai visto nessuno giocare un quinto set così. Mi ha impressionato come gestisse le mie risposte. Non so se il fisioterapista lo abbia aiutato, ma nel quinto sembrava un altro giocatore». Alcaraz va a far compagnia al nostro Sinner tra i giovani di sicuro avvenire.
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Ora contro Norrie la prova del nove, ma in realtà il ragazzo da sempre sembra già più maturo della sua età, come quando aveva tre anni e non si scollava dal battimuro del circolo, e il papà per portarlo via – quando ormai era buio – sudava sette camicie, perché aveva già la tigna del suo ispiratore. «Ho sempre ammirato Rafa… il suo stile di gioco e il suo carattere non ce li ha nessuno, è uno dei migliori sportivi, per non dire il migliore, della storia… è il mio esempio, il mio idolo». E l’Italia? Perde pezzi ma non quelli da 90: ieri c’erano i moschettieri azzurri in azione, e purtroppo il tedesco Oscar Otte (6-3, 6-4, 2-6, 7-5) ha messo la parola fine al magnifico torneo di Andreas Seppi, 37enne che sa ancora stupire). Più ostinato invece Matteo Berrettini, che solo al quinto set si è liberato del bielorusso Ilya Ivashka (6-7, 6-2, 6-4, 2-6, 6-3).
Rassegna stampa
Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)
La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023
Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.
Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)
Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].
Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.
Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)
A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.
Rassegna stampa
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)
La rassegna stampa di lunedì 20 marzo 2023
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.
Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]
Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».
Rassegna stampa
Berrettini amaro esce di scena anche a Phoenix (Giammò). I ragazzi del futuro sono già il presente (Azzolini)
La rassegna stampa di domenica 19 marzo 2023
Berrettini amaro esce di scena anche a Phoenix (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
E’ un ritorno in pista che si annuncia lungo, quello di Matteo Berrettini, sconfitto ieri a Phoenix dal n. 132 del mondo, il russo Shevchenko, in tre set (6-4, 3-6, 6-3) . Volato in Arizona con l’obiettivo di disputare quante più partite possibili così da ritrovare una condizione ideale in vista del Masters 1000 di Miami, il n. 23 del mondo non è riuscito a bissare il successo ottenuto a fatica contro Vukic incappando in frequenti errori che hanno finito col vanificare quanto di buono era riuscito a costruirsi durante il match. Perso un primo set in cui non è parso mai infastidire il russo al servizio, Berrettini nel secondo parziale ha continuato a lottare dimostrando orgoglio in occasione delle tre palle break annullate a Schevchenko nel quinto game e per come è riuscito a chiudere a costruirsi e capitalizzare una delle poche occasioni concessegli dal rivale per riportare il match in parità. Lo sforzo è però costato caro all’azzurro nel terzo set. Con il russo divenuto impeccabile nei suoi turni di battuta, a Berrettini non è bastato invece il servizio come alleato, continuando ad annaspare quando chiamato allo scambio per poi finire preda di un istinto che continuava a dettar lui colpi e tempi su cui il suo fisico, ancora in rodaggio, non è riuscito a sintonizzarsi. Primo finalista del Masters 1000 di Indian Wells è il russo Daniil Medvedev che ha sconfitto lo statunitense Tiafoe. Sarà invece tra la bielorussa Aryna Sabalenka e la kazaka – nata a Mosca – Elena Rybakina, la finale del singolare femminile del Wta1000 di Indian Wells. Le due hanno battuto rispettivamente la greca Sakkari e la n.1 del mondo polacca Swiatek e si ritrovano dopo la finale degli Australian Open.
I ragazzi del futuro sono già il presente (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Non ancora al riparo dagli assalti dell’acne, il diciannovenne Carlos Alcaraz ha fatto sfilare la collezione primavera estate dei suoi colpi nei quarti di IW contro la sua bete noire preferita, Felix Auger-Aliassime, puntando sui colori accesi di una rinvigorita agilità fisica che aggiunge equilibrio alle note più scapestrate del proprio tennis, con sempre maggiore frequenza dirette verso rete. Dove mostra un’abilità di mano superiore a quella di Nadal (e qui è opportuno ricordare come Rafa, nella volée, fosse secondo al solo Federer). Sempre più maturo e sicuro, nei suoi attempati 21 anni, Jannik Sinner ha invece proposto, sullo sfondo del deserto che circonda Indian Wells, una rivisitazione del repertorio classico del tennis fondocampista dedicata all’uomo moderno che vuol essere protagonista della propria vita. Un uomo sempre elegante nelle scelte e attrezzato per essere al centro dell’attenzione. Senza disdegnare il lusso, anzi lasciando che occhieggi brillando tra le conclusioni sempre più potenti e precise con cui ha inchiodato Wawrinka negli ottavi, poi Fritz nei quarti. Dritti e (soprattutto) rovesci che sono sembrati superiori, per incisività, a quelli di Djokovic. Ci ostiniamo a chiamarli i ragazzi del futuro, ma i due stanno costruendo il presente del tennis, allungando un’amichevole rivalità che nel corso della nottata ha prodotto il quinto scontro e promette molto bene per gli anni a venire. Non sono soli, e non è detto che riescano a distaccarsi – come riuscì ai troppo forti Roger, Rafa e Nole – dal gruppo degli altri della Z Gen, che si sta spandendo tra i primi 100 della classifica e promette di apportare modifiche anche al vocabolario del tennis, coni suoi curiosi modi di dire. Un colpo cringe? Davvero imbarazzante. In campo è un trigger… Un avversario che fa incazzare. Oppure, sei un Bufu… Un acronimo (By Us Fuck U) per recapitare – al trigger di cui sopra – la sentenza che, per quanto li riguardi, può andare anche a quel paese. Se il limite è quello dei 22 anni, sono già in 11 tra i Top 100, e tutti entro la cinquantaseiesima poltrona al momento affittata al britannico Jack Draper. Se alziamo l’asticella ai 23 anni, ne vanno aggiunti altri sei. Come dire che già un 20 per cento della zona nobile della classifica appartiene ai Tennisti appena nati. Non è difficile immaginare quanti di essi possano aspirare a un futuro luminoso. Alcaraz (19 anni), Rune (19) e Auger-Aliassime (22) sono già Top Ten, Sinner (21), due volte n. 9, il prossimo a rimettervi piede Musetti (21), Korda (22) Shelton (20), forse Brooksby (22) e Draper (21) quelli che sembrano in grado di tentare l’aggancio. Ma Alcaraz e Sinner hanno qualcosa in più, hanno dato forma a una rivalità che ha colpito l’occhio degli appassionati mentre si stavano chiedendo che cosa fare, e a chi attaccarsi, dopo l’addio di Federer. […]