Medvedev missione compiuta. Daniil pronto per il primo Slam. Leylah ed Emma, 37 anni in due. Rivoluzione finale (Crivelli). Leylah contro Emma, la finale impensabile (Mastroluca). Leylah, Emma e il futuro (Azzolini). Raducanu e Fernandez, le ragazze a colori abbattono tutti i muri (Rossi, Piccardi)

Rassegna stampa

Medvedev missione compiuta. Daniil pronto per il primo Slam. Leylah ed Emma, 37 anni in due. Rivoluzione finale (Crivelli). Leylah contro Emma, la finale impensabile (Mastroluca). Leylah, Emma e il futuro (Azzolini). Raducanu e Fernandez, le ragazze a colori abbattono tutti i muri (Rossi, Piccardi)

La rassegna stampa del 11 settembre 2021

Pubblicato

il

Medvedev missione compiuta. Daniil è pronto per il primo Slam (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

E pensare che tutto era cominciato con un dito medio verso il pubblico, durante un match di terzo turno contro Feliciano Lopez in cui tutta la tribuna tifava per lo spagnolo. Correva l’anno 2019 e l’Orso Medvedev, che stava vivendo la splendida estate della sua esplosione, mal sopportava, con il suo carattere fumantino, che la passione della gente si rivolgesse a un altro e lo manifestò nel modo più irrispettoso. In ogni caso, arrivò fino in fondo e in finale, da due set sotto, mise paura a Rafa Nadal anche se si arrese al quinto. Quella partita da guerriero, però, cambiò il giudizio della Grande Mela e trasformò Daniil nell’uomo di New York Talento e freddezza Un amore decisamente ricambiato, adesso, perché gli Us Open sono diventati certamente lo Slam preferito di Medvedev, per l’atmosfera e per i risultati: 24 mesi dopo è di nuovo in finale, con un record complessivo di 20 vittorie e 4 sconfitte e il sogno, neppur troppo recondito, di conquistare finalmente un Major dopo quella finale a Flushing Meadows e l’ultimo atto in Australia a gennaio, con lo stop da Novak Djokovic. […] In aggiunta, Daniil è la solita sentenza al servizio (81% di punti con la prima) e quando si ritrova sotto di un break nel secondo set, fa valere il maggior blasone e il peso della consapevolezza, andandosi a prendere íl controbreak con due formidabili rovesci lungolinea. E quando, sul 5-4, deve fronteggiare due set point, si salva ancora con la battuta. È il sipario: il tenero Felix in quel momento si scioglie. Suonala ancora, Daniil: «Non è stata la mia partita migliore, se avessi perso il secondo set si sarebbe allungata pericolosamente, ma nei momenti decisivi sono rimasto freddo. Chiaramente, per la posizione che mi sono costruito, voglio vincere ogni torneo ‘senza mettermi pressione. Perché sono so come vincere le partite e a volte so perché le perdo, quindi imparo tutte le volte ad essere migliore per la prossima volta». Esperienza L’Orso moscovita che abita a Montecarlo approda in finale avendo ceduto un solo set e con l’impressione di poter alzare ancora il livello: «Sento di poter fare grandi cose, ma so che per ottenerle devo continuare a giocare bene. Ancora una volta, più vai avanti e più avversari più duri ottieni. Devi solo rimanere concentrato e tirare fuori il meglio da ogni partita». Una lezione imparata anche davanti alla playstation, dove le partite con coach Gilles Cervara diventano una proiezione dello spirito competitivo da mettere in campo: «Sicuramente rispetto al 2019 ha più esperienza – racconta l’allenatore — cioè la capacità di giocare questo tipo di partite con meno stress, e di conoscere di più se stesso in modo da prepararsi al meglio Sono tutte le piccole cose, ma sono i piccoli dettagli che fanno una grande differenza. E molto facile, perché Daniil è una persona molto semplice. La pressione non è sulle sue spalle, perché riesce sempre a concentrarsi su se stesso. E questo ti rende migliore». E più amato

Leylah ed Emma, 37 anni in due. Rivoluzione finale (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il futuro è adesso, nel sorriso giovane di Leylah ed Emma, le teenager che hanno fatto scoppiare la rivoluzione, così affabili e simpatiche quando i riflettori del campo si abbassano e così ferocemente competitive in partita, ben più mature dell’anno di nascita che campeggia sui documenti, il 2002. […] Una finale degli Us Open sorprendente, clamorosa, fuori da ogni pronostico, anche il più azzardato, ma assolutamente legittima alla luce delle due settimane da favola che stanno vivendo le protagoniste. Il tennis femminile, tramortito dal declino della Williams e dai problemi personali della Osaka, l’erede più accreditata, e certamente poco illuminato dalla personalità della Barty, una numero uno eccelsa tecnicamente ma senza guizzi, si ritrova tutto d’un colpo proiettato in una nuova era e sotto la spinta delle frizzanti emozioni di due eroine non ancora ventenni che già adesso posseggono l’appeal per riconquistare al movimento cuori e interesse. Era dal 1999, quando si sfidarono la diciottenne Martina Hingis e la diciassettenne Serena Williams, che agli Us Open non si viveva un ultimo atto tra teenager. E la Raducanu diventa la più giovane finalista Slam dalla Sharapova a Wimbledon 2004, poi vinto. […] Poi, certo, il gancio mancino della Fernandez rischia già di segnare un’era. Lei, ñglia di un ex calciatore ecuadoriano e di una canadese di origine filippina conosciutisi in Quebec, una sorella maggiore (Jodeci) che fa la dentista in Vermont e una minore (Bianca) pure tennista e scatenata in tribuna, è consapevole che d’ora in poi il suo mondo non sarà più lo stesso: «Niente è impossibile, ora posso dirlo. Non c’è limite al mio potenziale, a quello che posso fare. Si tratta semplicemente di lavorare duramente ogni giorno. Credo che la parola più adatta per descrivere questo momento sia “magico”, perché non solo sto ottenendo vittorie incredibili ma sto anche giocando in un modo fantastico e con continuità. Inoltre mi sto divertendo. In molti ritenevano che con il tennis non avrei sfondato, che era meglio proseguire con la scuola. Ricordo in particolare una maestra che mi disse esattamente “non ce la farai mai, concentrati sullo studio”. Oggi ci penso e sorrido, ma allora non fu cosi. Quella frase però mi è rimasta in testa perché l’ho presa come una sfida: volevo dimostrarle che avevo ragione io, che sarei arrivata in alto». Leylah ha sette anni quando viene scartata da un programma di sviluppo della federazione canadese e di fronte alle lacrime disperate della figlia, papà Jorge prende la decisione più semplice: la allenerà lui. Peccato non sappia neppure come si tenga in mano una racchetta e allora su Youtube fa indigestione dei filmati di Richard Williams, Yuri Sharapov e perfino di Peter Graf: «Magari non conosco il tennis al 100%, ma state certi che capisco bene quel 60% che basta». Quando Leylah commette per tre volte lo stesso errore, viene obbligata a sottoporsi a uno sprint ad alta velocità e una volta lui la farà allenare con un giocatore di basket di due metri che tira botte terribili: deve farle capire che nel tennis non ti possono far male fisicamente, neppure se hai di fronte una montagna. Una lezione che nella semifinale contro la Sabalenka le è tornata utile: più la bielorussa tirava forte, più lei opponeva un muro. Eppure Jorge non può essere incasellato tra padri padroni, intanto perché si è fatto affiancare dal coach francese Romain Deridder e poi perché fuori dal campo non esercita un controllo ossessivo: «Non è affatto severo, posso mangiare il cioccolato, andare a letto dopo l’orario previsto, prendo le mie decisioni. Il suo insegnamento, in ogni caso, mi ha reso mentalmente più forte, ora posso giocare alla pari con tutte». E infatti ha battuto tre top 5 (Osaka, Svitolina e Sabalenka) e un’ex vincitrice Slam (Kerber). La fidanzata I genitori della Raducanu, papa romeno e madre canadese, le hanno invece inculcato fin da subito l’importanza dello studio. Ad aprile Emma era ancora alle prese con i test di matematica ed economia al liceo e a giugno, quando le hanno dato una wild card per Wimbledon, era 338 del mondo anche a causa di qualche infortunio. Lei a Church Road si è spinta fino agli ottavi ed è improvvisamente diventata la fidanzatina d’Inghilterra, un amore che il cammino di New York amplificherà al diapason: «Sono famosa? Mi fa piacere, sono contenta, anche se devo scusarmi con tutti coloro a cui non ho potuto rispondere. Ricevo tanti messaggi e non ho tempo per tutti». Si è trasferita alla periferia di Londra a due anni, si è dedicata a equitazione, nuoto, basket, golf, sci, balletto e persino tip tap, ma ha rischiato di essere rapita dai go kart e dal motocross. Per fortuna ha scelto il tennis e adesso è la prima finalista di sempre degli Us Open ad essere partita dalle qualificazioni, concedendo appena 27 game: «Probabilmente il fatto di essere giovani aiuta a giocare un po’ più liberi. Conosco Leylah fin da quando eravamo Under 12, poi ci siamo perse un po’ di vista. Sara bello incontrarla di nuovo e sarà una bella partita, stiamo giocando un gran tennis. Ma per me questa finale è uno shock». La scossa della rivoluzione.

Leylah contro Emma, la finale impensabile (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)

Nemmeno il miglior sceneggiatore avrebbe potuto immaginare una sfida così. Emma Raducanu, diciotto anni, e Leylah Fernandez, diciannove appena compiuti, si sfideranno per il titolo nella finale più giovane dello US Open in singolare femminile dal 1999. La canadese, numero 73 del mondo, ha eliminato tre Top 5: Naomi Osaka, Elina Svitolina e in semifinale Aryna Sabalenka. Nessuna giocatrice così giovane era riuscita a fare lo stesso in uno Slam proprio da quell’ultimo US Open di fine millennio. Allora Serena Williams riuscì a battere Monica Seles, Lindsay Davenport e Martina Hingis nella finale dei record. Dopo la vittoria in semifinale, Fernandez ha chiamato il suo speciale portafortuna, Juan Martin Del Potro, e ricevuto i complimenti dei grandi del tennis e dello sport, da Billie Jean King alle icone del basket Magic Johnson e Steve Nash. Il suo primato di finalista più giovane allo US Open dai tempi di una diciassettenne Maria Sharapova nel 2004 è durato lo spazio di qualche ora. Poi Emma Raducanu, britannica nata a Toronto da madre cinese e padre rumeno, ha battuto 6-16-4 Maria Sakkari, numero 18 del mondo. E la prima qualificata in finale nella storia del torneo. E in tutto il percorso, qualificazioni comprese, non ha perso un set. Gioca totalmente libera, e in più con una fluidità che le consente di anticipare i tempi per comprimere gli spazi.[…] PROGRESSIONE. Fernandez, campionessa del Roland Garros junior 2018, ha avuto una progressione più regolare in classifica. Ha chiuso il 2017da numero 728,e da lì non si è più fermata: 487 a fine 2018, 209 nel 2019, 88 nel 2020, 73 prima dello US Open, almeno 27 la prossima settimana. La progressione di Raducanu è ancora più impressionante, visto che a fine 2020 era ancora numero 343 del mondo e prima di Wimbledon la scorsa estate era salita solo di cinque posizioni. Ma non ha praticamente giocato tornei internazionali prima di quest’anno. Tre mesi fa, non era nemmeno tra le prime dieci giocatici della Gran Bretagna, dopo lo US Open sarà la numero 1 della nazionale e almeno al 32° posto nel ranking WTA. ANTICIPO. […] E hanno portato in campo un tennis con una concezione simile, anche se interpretata poi con uno stile diverso: più attaccante da fondo Fernandez, più fluida e meno schematica Raducanu. Entrambe consapevoli di non poter puntare sulla forza, fanno leva sulla naturale ricerca della palla subito dopo il rimbalzo. Una dote che appare naturale, che rende i loro gesti armonici, distesi. Anche per questo molto più efficaci contro avversarie che invece puntano tutto sulla forza muscolare per generare potenza. Un cambio di passo per una finale senza precedenti.

Leylah, Emma e il futuro (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Hanno un sorriso che vola così in alto, che d’un balzo è al di là di tutto. la finale. La sfida. I soldi. Le tradizioni[…]. È un sorriso che va lontano, che si specchia nel futuro, di cui loro, Emma Raducanu e Leylah Fernandez, sono le rappresentanti, portatrici dirette di un messaggio che ci riguarda. Tutti. Ecco come saremo domani, vengono a dirci. […] Un mondo in cui dna diversi creeranno intrecci mai visti, incroci che daranno vita a più ricche e insospettabili nature umane. Ma non sono aliene scese da un’astronave, come parve a tutti di Serena Williams, quando dal ghetto di Compton si avventò sui campi a dirci che lei avrebbe cambiato il concetto stesso di tennis al femminile, e si rivelò frantumando le speranze di Martina Hingis .Una aveva 18 anni, l’altra 19. Fu l’ultima finale fra adolescenti agli US Operi, 22 armi fa. E il tennis cambiò davvero. Ora c’è un nuovo appuntamento fra ragazzine, Emma, 18 anni Leylah 19 l’altra compiuti lunedì scorso, entrambe nate nel 2002. E promettono pagine ricche di emozioni. Emma è più giovane e sembra la più pronta, sebbene il tennis di Leylah sprigioni effetti ingannatori. Ed è difficile capire in che modo vada anestetizzato. […] Emma non ha perso tempo: mentre praticava il t ennis ha frequentato la scuola di danza, ha fatto equitazione, sci, golf, nuoto, si è misurata nella velocità, coi kart e le moto da cross. Polverizzare record le viene naturale. Come dar la polvere alle avversarie. Si è fatta conoscere a Wimbledon, si è presentata da n. 338 fresca di maturità ottenuta 3 giorni prima. E arrivata agli ottavi agile e spigliata come una ninfa in una delle sue diverse forme, naiade dei laghi, driade della foresta, oreade dei monti. Creazioni del mito, nate per rendere felice il genere umano. A New York è giunta n.150, dalle qualifiche alla finale. E baldanzosa ed efficiente, le gambe velocissime. Nove match senza perdere 1 set. Nemmeno contro Maria Sakkari, in semifinale. Le ha lasciato 5 game, 6-1 6-4. «Ci sono aspettative su di me? Ma dai, sono una qualificata». Per l’ultima volta. Se vince sarà n.23. Se perde 32. Ben più faticoso il torneo di Leylah, cominciato dal 73 e approdato al n.27, con possibilità di promozione al n. 14. Anche lei è Canadese, di Montreal. E canadese è rimasta. Padre ecuadoriano, ex calciatore, mamna filippina. «In tanti non credevano in me, un’insegnante mi consigliò di smettere. Non diventerai mai professionista è la frase che ho sentito spesso. E mi torna in mente quando vado in campo. È il mio portafortuna». Ha superato Osaka numero 3, Kerber che ha vinto 3 Slam, Svitolina n. 5 e in semifinale Sabalenka nr.2, la donna d’acciaio, che urla e colpisce neanche fosse la versione femminile dell’Incredibile Hulk e poi spreca per fragilità mentale. Leylah si è trovata sotto 4-1 nel 1° set e 2-0 nel tie break. Ha lavorato con calma sui colpi, non ha lasciato un centimetro di campo e ha rimontato 7-6 (3) 4-6 6-4. Le due ragazze si sono affrontate una volta nel torneo juniores di Wimbledon 2018, vinse Emma 6-2 6-4. Oggi alle 22 la finale (tv Eurosport, streaming Discovery+). Con un trofeo da sollevare e un futuro da scoprire. 

Raducanu e Fernandez, le ragazze a colori abbattono tutti i muri (Paolo Rossi, La Repubblica)

[…] Non si sa da dove cominciare, tanti sono i temi di questa finale femminile degli Us Open, stasera in scena a New York, e non poteva esserci location migliore. Emma Raducanu e Leylah Fernandez sono le testimonial di mezzo mondo, considerando i genitori e le attuali residenze: Romania, Cina, Gran Bretagna la prima. Ecuador, Filippine, Stati Uniti la seconda. Ne manca una, di nazione. La più importante, il denominatore comune: il Canada. Entrambe sono nate nel Paese della foglia d’acero, uno dei più ospitali del mondo, che ha fatto della diversità la sua forza. Che accoglie con amore e lascia andare senza rendiconto. Emma si è spostata nel Regno Unito, Leylah è rimasta. Queste due ragazzine, beata gioventù, vivono una consapevole incoscienza. Come chiamarle, altrimenti, due nate nel 2002, di cui una (Emma) che ancora deve compiere gli anni essendo di novembre?[…]. Sono, Emma e Leylah, l’evoluzione di Naomi Osaka (padre haitiano, mamma giapponese, educazione negli Usa). La conferma che il vento del mondo prende delle direzioni che nessun muro politico potrà fermare a lungo termine. Che forza della natura sono: Emma Raducanu aveva giocato degli Slam solo Wimbledon prima, e semplicemente perché le avevano regalato il pass: è arrivata agli ottavi. Dopo, come nulla fosse accaduto, è tornata a scuola, alla Newstead Wood a Orpington (sud est di Londra) per prendersi il diploma, con il massimo dei voti in Matematica ed Economia. «Ha fatto impazzire tutti, la guardavano ammaliati» raccontano i prof. E, dopo gli esami, sacca in spalla e via a piedi verso il Centro tennis di Bromley, a pochi metri di distanza dalla scuola. Sempre con il sorriso sulle labbra. Così come ha conquistato e sedotto Flushing Meadows e l’Artur Ashe Court. Ma anche l’altra finalista non scherza: papà Jorge Fernandez, da buon calciatore, ha insegnato alla piccola Leylah che bisogna osare. Pressing, non catenaccio. E va detto che la ragazza non scherzava neppure sui kart, quando gliele lasciavano guidare uno. Agonista per usare un eufemismo, mancina con i colpi che fanno impazzire i regolaristi. E le idee chiare, oh sì: «Quante volte mi hanno detto che avrei dovuto smettere per concentrarmi solo ed esclusivamente sulla scuola. Ricordo che un insegnante mi disse di lasciare il tennis perché non mi sarei mai potuta costruire una vita su questa passione. Se devo essere sincera, sono felice che me l’abbia detto, perché ogni giorno ho quella frase in testa che mi spinge ad andare avanti». Sì, nella sua storia c’è più sofferenza: «Mia madre è dovuta andare in California per qualche anno per sostenerci. Ho sofferto nel non vederla, avevo 13 anni». Lustrini e paillette non la distrarranno, ci pensa papà Jorge a riportarla sul giusto sentiero con le sue massime filosofiche: «La fama è una cosa divertente. Ci si sente bene, ma se la fama era una persona, la fama è il tuo traditore. Ora non è il momento di cambiare chi sei. Rimani fedele al tuo duro lavoro e a chi sei». A buon intenditore…

Emma contro Leylah, la rivoluzione gentile delle figlie dell’immigrazione (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

Non è solo la finale femminile dell’Us Open più giovane dal ’99 (Serena Williams, 17 anni, batte Martina Hingis, 18, e conquista il primo di 23 titoli Slam), è anche lo specchio della nostra vita e di una società in vertiginoso cambiamento. Una britannica 18enne, nata a Toronto da un padre romeno di Bucarest e una madre cinese di Shenyang, trapiantata in un sobborgo di Londra (Bromley) all’età di due anni, contro una canadese 19enne da sei giorni, messa al mondo a Montreal da un papà ecuadoregno e una mamma canadese di discendenze filippine, trasferita in Florida per inseguire il sogno del tennis. […]. La quintessenza del melting pot nella città che ha elevato la multiculturalità a stile di vita, New York. Mai visto su questi schermi. Non è più (solo) tennis. Co- munque andrà a finire, ricorderemo l’Open Usa 2021 come il torneo della rivoluzione gentile di Emma, in finale dalle qualificazioni vincendo nove match senza perdere un set (e senza mai arrivare al tie break), e Leylah, killer della campionessa in carica Osaka, della regina 2016 Kerber e della n. 2 del ranking Sabalenka, la profeta della violenza bruta mandata fuori giri dagli angoli mancini della ragazza a cui fu consigliato di lasciare lo sport: «Nel tennis non arriverai mai da nessuna parte, mi disse un’insegnante, ti conviene concentrarti solo sulla scuola. Ogni giorno ripenso a quella professoressa e ne traggo ispirazione per migliorarmi» ha raccontato Fernandez. II padre Jorge, ex calciatore, ha ringraziato il governo canadese con gli occhi pieni di lacrime: «Mi ha accolto quando non ero nessuno e mi ha offerto una possibilità, che io ho sfruttato per assicurare un futuro alle mie figlie». Nell’angolo di Leylah fanno il tifo il premier Justin Trudeau, ma anche Magic Johnson («Se non avete visto Leylah Fernandez in campo all’Open Usa, allora nella vita non avete visto niente») e un sistema federale evidentemente di grande accoglienza se un classe 2000 figlio di un immigrato dal Togo è arrivato in semifinale a New York contro Medvedev (Felix Auger-Aliassime), se un nativo di Tel Aviv con madre russa è n. 10 del ranking (Denis Shapovalov), se la figlia di due rumeni con i natali a Mississauga, Ontario, è uno dei talenti (fragili) più sfolgoranti del circuito (Bianca Andreescu), se un ex finalista di Wimbledon di origine serba ma nato nell’ex Jugoslavia (Milos Raonic) è stato il motore del cambiamento. E se il lavoro di Ian e Renee non avesse portato la famiglia Raducanu in Inghilterra, anche Emma oggi giocherebbe sotto la bandiera con la foglia d’acero e stasera andrebbe in scena un derby canadese. Per la giovane britannica n. 15 del mondo che ha fatto il suo debutto nel Grande Slam con una wild card all’ultimo Wimbledon (ben meritata: ottavi), twittano entusiasti i duchi di Cambridge, Kate e William, Hamilton da Monza, le icone del calcio inglese (Lineker su tutti) chiedendo a gran voce la diretta in chiaro della finale dell’Open Usa sulla Bbc, con l’isola pronta ad accoccolarsi ai piedi della piccola Emma (che in carriera non ha ancora vinto un titolo Wta) per fare le fusa: «Mia mamma, che è cinese, mi ha trasmesso l’etica del lavoro e la disciplina. Non a caso la tennista che mi ha più ispirato è Li Na» ha detto. Emma e Leylah si conoscono da sempre, prima sfida all’Orange Bowl Under 12, vittoria di Raducanu al secondo turno di Wimbledon junior 2018 ma a New York la rivalità fa il salto della specie: erano bambine, diventano campionesse. Postilla: la finale più moderna ed eccitante che il tennis femminile potesse produrre rende l’inseguimento di Serena al 24esimo Slam tremendamente obsoleto. 

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement