ATP Parigi-Bercy, Djokovic: "Vorrei giocare sempre con questo stile. Mi sentivo libero, rilassato"

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ATP Parigi-Bercy, Djokovic: “Vorrei giocare sempre con questo stile. Mi sentivo libero, rilassato”

Dopo il 37° Masters, il serbo torna a scuola: “Mi considero uno studente di questo sport e ammiro i campioni del passato”. Il segreto di questa vittoria? “Stavo bene e non avevo la pressione di dover vincere per forza”

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Novak Djokovic - Bercy 2021 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Quest’anno a Novak Djokovic sarà anche sfuggito il record più significativo (quello degli Slam) ma la sua stagione è stata comunque gloriosa e densa di soddisfazioni. Solamente in questa settimana infatti sono stati segnati due record impressionanti: per la settima volta in carriera terminerà la stagione da n. 1 del mondo (superando Sampras che c’era riuscito 6 volte consecutive) e il successo a Bercy è il numero 37 a livello di torneo Masters 1000 (superato Nadal a 36).

Mi considero uno studente di questo sport, e rispetto e ammiro davvero tutti i campioni del passato che hanno aperto la strada a me e a tutte le generazioni che giocano a tennis in questo momento” ha comunque voluto precisare il n. 1 del mondo in conferenza stampa dopo la premiazione. “Ci stiamo godendo i benefici di questo gioco, in tutti i sensi, grazie ai campioni del passato che hanno reso il tour così com’è oggi. Quando supero uno dei campioni del passato, in particolare qualcuno che ammiravo da bambino come Pete Sampras, significa tutto per me. È una sensazione surreale”.

I festeggiamenti, o addirittura il focalizzarsi troppo su questi record, non è comunque una buona pratica. “Ma in generale è difficile per me riflettere completamente su ciò che ho raggiunto. Non solo questa settimana, ma in generale nella mia carriera perché, sai, la stagione del tennis è la stagione più lunga di tutti gli sport. Richiede che tu faccia subito il passo successivo, giri la pagina successiva, vedi qual è la prossima sfida, qual è il prossimo torneo, come posso recuperare, ringiovanire e poi prepararmi per quello che sta arrivando, la prossima sfida. Non posso davvero dedicarmi completamente a pensare ai successi storici, ma ovviamente significa il mondo per me”.

La rivincita con Daniil Medvedev che tutti si aspettavano alla fine c’è stata e non ha deluso le attese. Dopo una partenza a rilento, il serbo ha mostrato le sue abilità nel mettere pressione al suo avversario sin dal servizio e ha battuto il russo in tre set 4-6 6-3 6-3. “Stavo ancora cercando di leggere il suo servizio e non ero molto solido dalla linea di fondo” ha commentato Djokovic sul suo primo set. “Ho commesso alcuni errori non forzati che gli hanno permesso di chiudere il primo set con pochi problemi. Ma sapevo che le cose sarebbero andate meglio perché mi sentivo bene in campo entrando in partita. Più rilassato perché non avevo la pressione di dover vincere a causa della classifica o cose del genere. Mi sono sentito come se forse potessi giocare lo stile di tennis che vorrei davvero giocare ogni singola partita, sai, andare a rete ed essere un po’ più libero sui colpi”.

Questo è quanto successo praticamente per tutta la partita, specialmente nel secondo e terzo set. Quel break sul suo servizio nel quarto game del secondo set è stata probabilmente la svolta. Ho coinvolto la folla. Abbiamo giocato dei grandi scambi. Da quel momento ho tenuto molto bene il servizio. In realtà probabilmente ho ottenuto più punti gratuiti sulla prima di servizio di quanto mi sarei aspettato, perché lui è un grande difensore, legge bene il gioco, ti fa davvero soffrire nei game di risposta. Ti fa giocare sempre un tiro in più, ti mette sempre in una posizione molto scomoda in campo”.

Una delle statistiche più sorprendenti di questa finale sono le discese a rete del serbo: 36. Ovviamente una tattica che ha stabilizzato Medvedev, proprio come si aspettava Djokovic. “Quello era sicuramente parte del piano tattico e della strategia per cercare di togliere tempo a Daniil, mescolare, mettere un po’ di varietà nel mio gioco, giocare il serve-and-volley e aprire il campo, perché lui sta molto lontano. È così bravo a rimanere aggrappato nel punto e farti soffrire e costringerti a fare un errore non forzato. Quindi devi avere, in un certo senso, un’aggressione controllata contro di lui. Sono riuscito a farlo. Sono riuscito ad avere una discreta percentuale di successi a rete, soprattutto in quei punti serve-and-volley quando cercavo di togliergli il tempo. Sai, volevo tenerlo sulle spine, in modo da non fargli sapere cosa sarebbe accaduto dopo, per essere un po’ imprevedibile. Non funziona sempre ma penso che questo sia il piano di gioco giusto. Il campo non è troppo veloce, diciamo a velocità media, ma le palle erano piuttosto grandi e soffici, piuttosto lente, quindi questo rende più difficile finire i punti abbastanza presto. Ma mi ha anche permesso oggi di rispondere al suo servizio meglio di quanto sia successo a New York”.

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