Sonego&Sinner prima da sogno (Alessandro Mastroluca, Il Corriere dello Sport)
Il gran ballo dei debuttanti Lorenzo Sonego e Jannik Sinner alla prima esperienza in Coppa Davis, abbattono i giganti statunitensi Reilly Opelka e John Isner; quattro metri e venti in due. L’Italia a questo punto è la grande favorita per il primo posto nel girone. La musica degli azzurri inizia a suonarla Sonego, l’uomo di casa che coinvolge ed emoziona. Piega 6-3 7-6(4) Reilly Opelka, fallosissimo in campo (27 gratuiti a 3) e nervosissimo dopo la partita. In conferenza stampa, ha risposto a monosillabi a un paio di domande e ha lasciato la sala. Poi è entrato in scena Sinner e in un’oretta ha rifilato a John Isner un 6-2 6-0 da annoverare come la più pesante sconfitta della sua carriera. «È stato bello vedere la commozione negli occhi del mio coach Gipo Arbino»» ha raccontato Sonego, che per tutta la partita ha cercato il pubblico. […] «Ho vissuto il momento più emozionante della mia carriera» ha detto il torinese. Lorenzo, visibilmente più energico, ha preso il controllo della partita già dai primi punti. Nell’ottavo game, poi, ha firmato il break che ha indirizzato il primo set. Aiutato anche da un segnale di buon auspicio, come ha raccontato dopo il match. «Sul 4-3 hanno messo la mia canzone (“Un solo secondo”, incisa con il rapper AlterEdo; ndr), quindi poi è stato più facile fare il break – ha spiegato il torinese, felice dell’impresa – Mi aspettavo dei momenti difficili contro Opelka, che non ti dà ritmo. Ho cercato di farlo muovere, di fare pochi errori. Ci sono riuscito. L’ultimo punto è stato bellissimo, l’atmosfera era incredibile. Il match si è deciso soprattutto sul piano mentale, sono stato bravo a giocare una gara in crescendo». E a limitare a tre i gratuiti contro i 27 dell’avversario. Dopo la gioia, Sonego non dimentica Matteo Berrettini, l’amico che avrebbe voluto essere qui a Torino ma ha lasciato in lacrime il Pala Alpitour una settimana fa. «Mi ha scritto ieri, mi sarebbe piaciuto condividere queste emozioni con lui – ha detto – Spero guarisca presto, si merita di giocare e vivere giornate così. Per me è stato devastante vederlo in quello stato dopo la partita con Zverev. Ci tenevo a giocare la Davis con Matteo. E’ un grande esempio, sto sempre imparando da lui. Ha un atteggiamento diverso dagli altri, è una grande persona». CAPOLAVORO SINNER. Sinner prolunga lo show, anche se con uno stile diverso. Se fosse un attore, sarebbe più Gassman che Proietti: meno mattatore e più essenziale. Eppure capace di scaldare per nettezza di colpi, freddezza di testa, maturità di interpretazione. Giocare in Nazionale gli piace. «Quando ho visto la maglia azzurra mi sono emozionato – ha raccontato – è la più bella con cui abbia giocato quest’anno». Domina la scena contro un avversario che non riesce a stargli dietro e perde cinque volte il servizio. Poi chiude alla Isner con un potente ace esterno da sinistra dopo 62 minuti di monologo. VERSO LA COLOMBIA l’talia ringrazia anche Mardy Fish, alla prima da capitano come Filippo Volandri. «In questo ruolo, posso sbagliare solo a scegliere chi far giocare con chi» diceva alla vigilia. Ha puntato tutto sull’altezza, che però è solo mezza bellezza, e sacrificato un brillante Frances Tiafoe: a posteriori, non una grande idea. Agli azzurri non resta che battere oggi la Colombia per centrare il primo posto nel girone. Il traguardo vale la certezza di disputare anche il quarto di finale in casa al Pala Alpitour il 29 contro la vincente dell’altro girone torinese, con ogni probabilità la Croazia.
Pazzi di loro (Piero Guerrini, Tuttosport)
[…] Vola l’Italia dei debuttanti. Verrebbe da dire verso Madrid e le semifinali, ma capitan Volandri, anch’egli esordiente respinge qualsiasi previsione intempestiva. E allora limitiamoci ai voli pindarici. Inneggiando a Lorenzo Sonego e Jannik Sinner. Prima il gioiello costruito in casa, poi il fenomeno Totale: due ore e mezzo di dominio puro e Stati Uniti stracciati sul 2-0. Il quarto di finale ipotecato, Colombia del super doppio Farah-Cabal permettendo. Ma con due singolaristi del genere, uno che si esalta nella pugna e l’altro che dispensa colpi pregiati è difficile immaginare destino diverso per i latino-americani oggi dalle 16 al Pala Alpitour. E se qualcuno nutre dubbi a posteriori sull’effettiva consistenza statunitense e soprattutto sulla scelta dei due giganti d’argilla – Reilly Opelka e John Isner – effettuata dal capitano Mardy Fish, ci pensa lui stesso a chiarire: «Ha pesato la defezione improvvisa di Taylor Fritz. Frances Tiafoe è arrivato in fretta e furia, solo mercoledì. Fritz ci avrebbe permesso di schierare John da n. 2. Ma la verità è che questa Italia avrebbe battuto chiunque». A inquadrare meglio la situazione costribuisce Isner: «Non avevo mai perso 6-2 6-0. Mai così. Sinner sarà presto uno dei primi tre al mondo». Ma primaa di ammirare Sinner caterpillar ci si è potuti gustare la favola realizzata di Sonny. Come a Roma e più che a Roma in semifinale, anzi di più, Lorenzo da Torino si esalta col pubblico, si nutre dell’energia e la trasmette in uno scambio di entusiasmo Opelka è uno che fa male con il servizio, ma se lo sposti o se lo colpisci al corpo (cioè se gli rispondi addosso), fatica a mettersi in moto. Sonego esegue il piano a perfezione nell’arena del suo quartiere. Concede una sola palla break e nell’annullarla inducendo l’hipster Anni 70 a steccare malamente un dritto (perché Opelka quando sbaglia lo fa alla grande), chiude la partita. Spinto dalla sua canzone “Un solo canzone” che risuona nell’amplificatore centra il break subito dopo. Nel secondo set tiene sempre il servizio con comodo, mentre Opelka deve annullare una palla break. […] Jannik poi prende a schiaffi (palLate cioè) Isner, incurante dell’emozione che sostiene di aver provato, «perché qui non giochi per te stesso, ma per un Paese intero. E giochi per una squadra, i tuoi compagni. Hai responsabilità. Quando ho ricevuto maglia azzurra è stata una grande emozione, ho ricordato di quando vedevo la Davis in tv». Non c’è storia col rosso in campo. Fish lo ammette: «Avrò visto 700 incontri di Isner e mai era staio trattato così. Sinner ha un futuro luminoso».Deve pensarlo pure l’organizzatore Piqué che riposta sui social un “football challenge” in cui Jannik incanta palleggiando una palla da tennis coi piedi. Volandri poi sostituisce l’acciaccato Bolelli con il terzo debuttante Lorenzo Musetti in doppio. E la strana coppia con il sempre disponibile Fabio Fognini per un set e oltre funziona benone prima di cedere a Ram-Sock. Impossibile immaginare che la Colombia con il nr.. 111 Daniel Galan contro Sinner e il n. 275 Nicolas Mejia contro turbo Sonego arrivi in equilibrio al doppio. La testa vola a lunedi, al quarto di finale, molto probabilmente contro la Croazia. […] E a questa Italia manca Berrettini. Volandri sottolinea: “È un successo di squadra, per come i ragazzi sono arrivati preparati a fine novembre. Devo ringraziare loro, i coach, i team». Fognini chiosa: «Il capitano è fortunato, avrà una grande squadra per 10 anni. Io sono onorato di esserci». Italia, una famiglia felice.
Che bella l’Italdavis (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
[…] La giovane Italia senza esperienza di coppa Davis, azzera proprio coi due esordienti, Lorenzo Sonego prima e Jannik Sinner subito dopo, altezza e servizio dei due pivot americani, il 2.11 Reilly Opelka e il 2.08 John Isner, facendo apparire facilissimo un successo sulla carta ben più problematico, al Pala Alpitour di Torino, contro avversari vicini in classifica (Sonego numero 27, Opelka 26, Sinner 10, Isner oggi 24, tre anni fa 8), temibili sul veloce indoor. LORENZO IL MAGNIFICO Lorenzo Sonego è magnifico, freddo, col tono di voce sempre pacato, mentre in campo si gasa con la sua canzone “Un solo secondo”, supera l’unica palla break sul 3-3 30-40, carica la gente di casa e vola irresistibile, col 90% di punti con la prima di servizio e tre soli errori non forzati, fino al 6-3 7-6 in un’ora e mezza. «Contro avversari che non danno ritmo come Opelka devi stare sempre concentrato, tutti i punti, un break può decidere il set. Capitan Volandri mi ha aiutato, mi diceva sempre dove dovevo rispondere, io sono stato bravo a gestire le aspettative, a non mettermi pressione, a cercare di godermi il momento più emozionante della carriera davanti agli amici, ai genitori e al maestro Gipo Arbino in lacrime a fine match. Così, in questa squadra di amici coi quali è bello vincere e perdere, insieme, ero rilassato e ho giocato la miglior partita di sempre, io che vivo a 200 metri da qui: sempre aggressivo, l’ho fatto muovere e sono salito sempre più con la risposta», racconta il 26enne di Torino, già protagonista a Roma a maggio dei colpacci contro Monfils, Thiem e Rublev, con lo stop solo con Djokovic in tre set in semifinale, «Il pubblico mi esalta». Sull’1-0, Italia, Sinner spazza via come un ciclone Isner 6-2 6-0 in un’oretta, vendicando il ko di quest’anno a Cincinnati, cancellando i 16 anni fra i suoi 20 anni – più giovane top 60 ATP Tour al numero 10 (il secondo è il 19enne Lorenzo Musetti, 59) – e il veterano. Che è il secondo battitore di sempre con oltre 13mila ace, il servizio già veloce a 253 all’ora e il maratoneta del Tour con le 11 ore 5 minuti a Wimbledon 2010, ma s’inchina: «Jannik è stato semplicemente troppo forte, non c’era molto che potessi fare, ha un talento incredibile ed è un ragazzo molto carino. Non avevo mai perso così netto. Salirà fra i primi 3 del mondo, per la felicità del nostro sport». Come Sonego anche Sinner insiste sulla parola “insieme”. «Siamo una bella squadra, di gente, forte e onesta che si aiuta, siamo in fiducia per i risultati di quest’anno con in più l’esperienza di Fabio e Simone, che sono anche una grande coppia di doppio (ma ieri con Fognini è stato schierato Musetti: hanno lasciato strada in due set a Ram e Sock, ndc). Se ci fosse anche Matteo (Berrettini) saremmo ancora più forti ma possiamo cambiare titolari, siamo tutti sotto il numero 60 del mondo, lo sappiamo, questa dev’essere la mentalità di una squadra: non sottovalutare nessuno perché vincere non è mai facile. Anche contro la Colombia». Che ha due singolaristi numero 111 e 275 del mondo.
E’ già la Davis di Sinner e Sonego. I debuttanti sbranano gli Usa (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)
[…] I debuttanti, Sonego e Sinner, schiantano la superpotenza Usa ed è un evento pieno di presagi: ogni volta che italiani hanno battuto americani in Coppa Davis, dal lontano 1928 a oggi, è stata finale (1960, 1961, 1998). E pazienza se questo di Torino è più un Campionato del Mondo che una vera insalatiera, il format è cambiato insieme a tempora e mores, inutile rimpiangere il passato, è più divertente vivere il presente. Il 2-0 secco all’ora dell’aperitivo, con il doppio ancora da giocare (debutto con sconfitta di Lorenzo Musetti accanto al senatore Fabio Fognini), era un risultato forse pronosticabile; è il modo in cui l’Italia lo ha ottenuto che stupisce. L’enfant du pays e il barone rosso umiliano i pivottoni Usa senza pietà. A Sonego, sostenuto dal tifo di casa e dalla musica rap da lui stesso incisa, non trema il braccio con Opelka («Ero più felice che teso, la settimana da spettatore alle Atp Finals mi ha caricato tanto e mi ha permesso di vivere con serenità il match di Davis»); Sinner rifila a Isner, veterano del circuito, il punteggio più severo della carriera, ottenendo in cambio la consacrazione: «Jannik diventerà uno dei tre migliori tennisti del ranking, il veloce indoor sarà la sua superficie, il nostro sport con lui è in ottime mani» è la profezia dello yankee che fu protagonista con Mahut a Wimbledon dell’incontro più lungo della storia del tennis (11 ore e 5′ spalmati su tre giorni). Mardy Fish, capitano degli Usa, è d’accordo: «Era la prima volta che vedevo Jannik Sinner da vicino: avrebbe battuto chiunque, sono rimasto stupito. Ha un futuro enorme, non c’è dubbio». Manca il numero uno d’Italia, Matteo Berrettini infortunato alle Finals e ricordato da tutti con affetto («Questa vittoria è per lui, oltre che per la mia famiglia e il mio allenatore con gli occhi umidi: sono partito dal basso, non ho le qualità dei giovani più forti, ho dovuto lavorare il doppio per stare al passo» dice Sonego), ma il futuro è già qui. Sinner canta l’inno sotto la mascherina e racconta di aver provato la maglia azzurra in camera, alla vigilia, per vedere l’effetto che fa: «Una T-shirt con la scritta Italia sulla schiena non l’avevo mai indossata, è la più bella della stagione, mi sono emozionato». Jannik è il giovane leader della nuova Nazionale di Filippo Volandri, c.t. orgoglioso («E stata una giornata di prime volte, per me e i ragazzi, finita bene»), il cui percorso in questa variante torinese della new Davis Cup sembra segnato: battere la Colombia oggi per vincere il girone, il quarto (probabilmente) con la Croazia di Cilic lunedì per agguantare le finali di Madrid e sognare in grande. Volandri ci crede: «Questo gruppo è una famiglia, ecco spiegato in parte il risultato. Jannik non mi stupisce, mi impressiona. Lorenzo è stato stupendo. Ogni partita fa storia a sé ma vedo che cominciano a conoscerci e temerci». Ed è solo l’inizio.
Sonego e Sinner come due veterani (Paolo Rossi, La Repubblica)
[…] La Giovane Italia (ma quante volte abbiamo usato questa espressione nel corso degli Anni Novanta, nella speranza di una ricostruzione, di un ciclo poi mai arrivato davvero?) è salita sul ring, ha preso gli Stati Uniti e li ha strapazzati: Sonego e Sinner con un uno/due hanno annichilito i due giganti (in senso letterale, essendo alt[i oltre due metri) americani, Opelka e Isner. Il delitto perfetto, scrisse una volta Ilie Nastase. Pardon, in realtà il debutto perfetto di capitan Volandri che non ha sbagliato una sola scelta, puntando dritto sull’inedito: Sonego e Sinner non avevano ancora indossato la maglia azzurra. «Un colore che mi piace, forse la maglia più bella che ho indossato: con lo scudetto, e la scritta Italia dietro. Per me è una cosa importante» ha candidamente confessato Sinner. E vogliamo parlare di Sonego? È decollato quando il dj del Pala Alpitour gli ha messo la sua canzone al cambio campo (il reggaeton estivo Un solo secondo): «Ho sentito la mia voce, mi sono fatto una risata e mi sono gasato…». Poteva essere altrimenti? La famiglia Sonego abita a duecento metri dall’impianto: «Esco felice per aver fatto piangere il mio coach, Gipo Arbino. E peccato che i biglietti non sono stati sufficienti: avrei portato un’armata di tifosi». Tutti, rigorosamente, granata. La pratica Usa, sbrigata con una facilità disarmante, pone l’Italia in alto ora, a livello di pronostici. «Errore, questo lo dobbiamo evitare. La Colombia è più ostica di quel che si pensa: restiamo sul presente» ammonisce Sinner che, per una volta, si è ritrovato lontano dal gestire le cose con il coach e mentore, Riccardo Piatti. «Con Volandri e gli altri abbiamo avuto una settimana per conoscerci, ma quando si parla lo stesso linguaggio va bene. Non so se vinceremo la Davis, ma ci proveremo. Non siamo qui solo per partecipare». E qui il rammarico per l’assenza di Matteo Berrettini, pensando alla fase finale di Madrid che è in altura, e dove il suo servizio avrebbe fatto sfracelli, si fa forte e fa venire il magone per quello che avrebbe ulteriormente potuto essere. «Matteo mi ha incitato alla vigilia, sono devastato per quello che gli è accaduto» racconta Sonego. Poi, il pensiero successivo: «Siamo tutti forti, lo dice la nostra classifica individuale. Pensiamo a fare il nostro gioco, i conti li facciamo alla fine». La vittoria sprint ha consentito a Volandri di risparmiare Simone Bolelli in doppio, dopo una pallata al costato ricevuta in allenamento, schierando Fognini/Musetti che hanno anche impensierito Sock/Ram nel primo set, perso al tie-break. A quel punto, il match è scivolato via. Italia-Usa finisce 2-1, ma il punto serve solo agli Usa per sperare di essere ripescati, mentre si riconoscono i meriti azzurri: «Impressionanti» ha ammesso Mardy Fish, il ct. Concetto ribadito anche da Isner: «Io penso che Sinner entrerà tra i Top 3 del mondo». Volandri ne prende atto: «Fa piacere che il mondo si accorga di noi, avremo maggiori responsabilità. Ma il nostro è un lavoro di squadra che non è iniziato oggi».
Davis, Sinner leader della nuova Italia. “Vogliamo la coppa” (Stefano Semeraro, La Stampa)
[…] Il modo in cui l’Italia di Coppa Davis ha chiuso il conto gli Stati Uniti già nei singolari, al netto dei demeriti degli avversari, la dice lunga sulla qualità di una squadra che pure deve fare a meno del n. 7 del mondo, Matteo Berrettini. Sul carattere, sulla gara, sulla voglia di riprendersi la Coppa, 45 anni dopo Santiago. Che Panatta, Pietrangeli, Barazzutti e Bertolucci siano in città in questi giorni – domani al Torino Film Festival presenteranno il documentario «La squadra» sull’avventura in Davis del ’76 – è un dettaglio, una cabala della memoria che agevola il sogno. Ma forse ieri, all’ombra di quel ricordo, è nato qualcosa di importante. «Gli italiani avrebbero battuto chiunque al mondo», afferma il capitano Mardy Fish. Contro i giganti Opelka e Isner, 4 metri e 20 in due, non c’è stata storia, eppure “Filo” Volandri, lui stesso al debutto sulla panca, aveva schierato due esordienti. Lorenzo Sonego nel match fra i numeri 2 è entrato in campo direttamente dal microonde di casa sua, trecento metri dal Pala Alpitour. Ha tremato sull’unica palla break concessa in tutta la partita a Reilly Opelka – sul 3 pari del primo set – poi ha chiuso 6-3 7-6 in un’ora e mezzo scarsa, il 100 per cento di prime palle piazzate nel tie-break in faccia a Reilly, il babau del servizio. Jannik Sinner all’altro pivot Isner – onestamente un po’ brasato: ma perché Fish non ha schierato Tiafoe? – ha lasciato due game, 6-2 6-0. Una dimostrazione di superiorità assoluta, la peggior sconfitta in carriera di Isner e, anche se Jan non lo ammetterebbe neanche sotto minaccia di tagliargli il ciuffo ribelle, una camera con vista Insalatiera prenotata per Madrid. «Non ti puoi mai aspettare partite facili – dice – e contro la Colombia (oggi alle 16, ndr) sarà difficilissima: perché tutti si aspettano una vittoria. Però è vero che siamo una squadra di grandi giocatori, e lo saremmo ancora di più se Matteo fosse con noi. Io, Sonego, Musetti, Fognini possiamo giocare in singolare, fare cambi in base agli avversari, l’esperienza di Fabio e Simone aiuta molto noi giovani. È un gruppo nuovo ma unito, onesto, ci sosteniamo. E abbiamo una mentalità vincente. La maglia azzurra? È bellissima, blu e con lo scudetto, alla vigilia l’ho provata per vedere come mi stava. Poi da piccolo guardavo in tv la squadra italiana che giocava in Davis, ora ne faccio parte, è un grande onore, questa vittoria la metto fra le top tre di quest’anno». Fare programmi senza certezze è un esercizio pericoloso, ma se oggi batteremo la Colombia lunedì nei quarti potremmo trovarci una Croazia abbordabile, e in semifinale, venerdì a Madrid, forse la Svezia dei non irresistibili fratelli Ymer. «No, previsioni non ne faccio», dice Jannik. «Bisogna vivere nel presente, ma è chiaro che alla Coppa ci pensiamo. Siamo qui per quello, non certo per partecipare»
Galan il vegetariano e un doppio meraviglia. Ecco la sfida colombiana (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
[…] Della Coppa Davis, in Colombia, interessa il giusto: per utilizzare una battuta piuttosto scontata, il tennis da quelle parti è un caffè piuttosto ristretto. C’è stato, è vero, un torneo Atp a Bogotà per tre anni (fino al 2015) e resiste ancora quello femminile, ma come dice Alejandro Falla, capitano della squadra che affronteremo oggi pomeriggio, «il nostro sport da noi ha numeri molto piccoli, perciò è un onore essere qui per la seconda volta (i Colombiani disputarono le Finals anche nel 2019, ndr), la Davis è qualcosa di molto grande per la nostra federazione, speriamo che questa visibilità serva a incassare qualche soldo da investire sui giovani». Coppia regina Eppure, malgrado si muova da sempre alla periferia dell’impero delle racchette, la Colombia da qualche anno sta regalando al circuito una delle coppie di doppio più forti di quest’epoca: Juan Sebastian Cabal e Robert Farah nel 2019 hanno vinto Wimbledon e Us Open, approdando al numero uno della specialità (adesso sono decimi) e continuano a rappresentare il più solido fondamento delle speranze degli altri «Cafeteros» e la ragione per cui non bisogna comunque sottovalutare l’incrocio odierno, visto che nel format attuale il doppio ha un peso specifico enorme. Più che compagni, Cabal e Farah sono quasi fratelli: si conoscono da quando hanno sette anni e cominciarono ad affrontarsi nei tornei giovanili. In realtà Robert non è colombiano, bensì un libanese nato in Canada ed emigrato a Cali con i genitori nel 1990. A furia di sfidarsi e vincere tutto a livello juniores in patria, hanno cementato un’amicizia indissolubile, ma entrambi sarebbero stati destinati a cambiare passione sportiva se un bel giorno l’amministratore delegato di Colsanitas, la più grande compagnia assicurativa sanitaria del paese, non avesse finanziato la nascita di un’accademia per far allenare insieme tutti i migliori prospetti della nazione. Nel 2006 Farah si trasferisce negli Stati Uniti per giocare al college e la coppia, costituita appena un anno prima, si separa: entrambi proveranno l’avventura da singolaristi, arrivando in top 200. Nel 2010, però, si ritrovano definitivamente e la strada è segnata, perché vincono i primi tre tornei disputati (due Futures e un Challenger) . Da quel momento la loro diventerà un’ascesa impetuosa: «Siamo sempre stati molto competitivi e quando ci affrontavamo in singolare era sempre una sfida all’ultimo sangue. Così abbiamo unito le forze». Nel 2020 Farah scampa una squalifica per doping (anabolizzanti) dimostrando che la contaminazione era avvenuta attraverso una bistecca adulterata. Solo verdura Un guaio che il miglior singolarista colombiano, Daniel Galan, elemento interessante che sta flirtando da tempo con la top 100 (è 111, ma a inizio novembre era 102, best ranking) e con un fisico da tennista moderno (è 1.91), avrebbe decisamente evitato. Il nativo di Bucaramanga, infatti, è stato il primo giocatore (insieme a Djokovic) a dichiararsi completamente vegetariano. Una scelta che nasce dai genitori, Santos e Doris, entrambi pallavolisti di buon livello (il padre, tra l’altro, è ancora oggi il suo allenatore) che abbandonarono la carne lui all’università e lei per problemi di salute: quando si sono sposati, hanno trasmesso il messaggio ai figli. Daniel è il minore di quattro, tutti tennisti: prima di lui, il migliore era stato Sat, numero 650 nel 2007. Giocatore solido, Galan quest’anno ha affrontato due volte Sonego (a Miami e a Wimbledon) perdendo sempre ma dopo battaglie combattute. Capitan Falla ci punta: «In Davis si esalta e sicuramente tirerà fuori il meglio. Siamo sfavoriti, ma perché non crederci». O scommetterci un caffè
Sonego: “La partita più bella della mia vita” (Piero Guerrini, Tuttosport)
Non era successo nemmeno al chitarrista rock John MCenroe. Di trionfare ballando su una propria canzone. Sonny ha ora un record mondiale. […] E in più dall’amplificatore esce “Un solo secondo” Sonny carica ancora la Ia folla. Lorenzo, cosa significa questa vittoria così netta contro Opelka? «Sicuramente è la partita più bella della mia vita. Io vivo a duecentometri da qui, mi alleno al Circolo della Stampa Sporting. Mi sono goduto ogni singolo attimo, dall’ingresso in campo alla fine. Emotivamente il miglior momento della mia carriera il pubblico mi esalta». Davvero nemmeno un po’ di nervosismo? «No, ero rilassato perche siamo un gruppo unito, si vince e si perde tutti assieme. Ero carico a mille, nessuna pressione, volevo soltanto divertirmi. Giocare a Torino è stato un sogno realizzato Ero davvero felice e avevo buone sensazioni. Poi mi piace giocare per la squadra». Cosa temevaa di Opelka? «Per la risposta, ho ascoltato i consigli di capitan Volandri, lui è stato un grande giocatore e ha sempre risposto bene. Opelka non ti dà mai ritmo. Magari non risponde per tre giochi, poi tira due vincenti consecutivi, non sai cosa aspettarti. Il punto in cui ho annullato la palla break è stato molto importante, sapevo di dover commettere pochi errori, di di doverlo spostare, muovere per il campo. Ho provato a giocare tutti i punti, anche quando ero sotto 40-0, per Cercare di togliergli sicurezze. Ha funzionato.». Il gioco è stato impressionante per solidità e lucidità, due palle al corpo del macchinoso Opelka. «Al cambio campo hanno fatto ascoltare la mia canzone, “Un solo secondo’; mi ha caricato ancor più. Mi ha fatto sorridere. Da li è diventato tutto più facile. Ho risposto bene. Lui mi ha anche commesso un doppio fallo, perché si sentiva sotto pressione, visto che rispondevo E il pubblico mi ha dato una grande mano». Quando ha saputo da Volandri che avrebbe giocato? E chi ha chiamato? «Ieri sera, ci tenevo tantissimo, non vedevo l’ora. Ho pensato subito dee avrei do- vuto concentrarmi su ogni punto. Ho chiamato subito mamma, la fidanzata, gli amici. I biglietti non mi sono bastati, avrei voluto portare qui con me tutti quelli che conosceva l’ ho fatto idealmente. Una volta in campo mi ha anche aiutato vedere che riuscivo a rispondere». Non ha potuto indossare la maschera granata del Torino «Sono obbligato a mettere le FP2 altrimenti l’avrei portata di sicuro». Vivere l’atmosfera delle Nitto Atp Finals in città, poi la Davis in campo è staia d’aiuto? «Quella settimana mi ha caricata in modo incredibile, vedere oltre alla cita il Pala Alpitour ilvpubblico scaldarsi per i miei compagni. Venire qui mi ha aiutato. E da quando Matteo si è infortunato e mi ha detto che non ce l’avrebbe fatta, mi sono preparato mentalmente a giocare. Volandri avrebbe potuto scegliere Lorenzo Musetti o Fabio Fognini, siamo una squadra molto forte,ma io non potevo permettermi di non farmi trovare pronto. Alla fine ho esultato, urlato e ho guardato gli spalti incrociato gli occhi di amici mia, fidanzata Vederli emozionati mi ha reso felice. Vedere il mio allenatore Gipo Arbino commosso alle lacrime mi ha riempito il cuore». Si è sentile con Berrettini alla vigilia? «Con Matteo siamo amici, ci sentiamo sempre, anche ieri mi ha scritto. Spero si rimetta presto, merita di vivere queste emozioni speciali. Ha un modo di proporsi, un atteggiamento unico, oltre ad essere un campione. Vederlo a terra durante la partita con Zverev alle Finals mi ha devastato. Mi sono immedesimato. Questa vittoria è dedicata anche a lui». La semifinale a Roma e il successo a Torino da debuttante azzurro. Ripensa al percorso? «Sono partito dal basso. Avevo meno qualità di altri e ho dovuto lavorare ancora di più, viaggiare sempre per fare esperienze, grazie all’aiuto della Fit. Cercherò di raggiungere anche le Finals. Non sarà facile ma lavoro per crescere ogni giorno».