L’impatto e la popolarità di Novak Djokovic in Serbia non li scopriamo certo oggi, anzi, anche questa settimana ne abbiamo avuto un saggio. Similmente, è nota la sua volontà di prendere sempre posizione in merito alle questioni che più gli stanno a cuore, andando spesso e volentieri controcorrente su temi come la ripartizione dei guadagni dei giocatori (cosa che l’ha portato a fondare la PTPA) o la libertà vaccinale, a ragione o a torto.
Due settimane fa, tuttavia, Nole ha espresso uno dei pareri forse più incisivi della sua “carriera” di attivista (e chissà, forse di leader politico vero e proprio; una volta Alexander Zverev si è detto convinto, fra il serio e il faceto, che un giorno Djokovic diventerà il presidente serbo), schierandosi contro il governo di Aleksandar Vucic e quindi in favore delle proteste che hanno sommerso il Paese sull’autorizzazione data a Rio Tinto, una compagnia anglo-britannica, ad estrarre jadarite dalle miniere locali.
Lo scorso 4 dicembre, infatti, il N.1 ATP ha condiviso questa foto dei manifestanti su Instagram con la caption “aria, acqua e cibo puliti sono la chiave della nostra salute, senza di loro ogni altra parola legata alla salute diventa obsoleta“. Come loro, e come diversi accademici, Nole ritiene che l’impatto ambientale e sulla qualità della vita della popolazione vada sempre messo davanti al mero guadagno prospettato dall’operazione mineraria. Nella giornata di ieri, le rimostranze delle persone sono state accolte, e l’accordo è stato congelato almeno fino alle elezioni del prossimo anni. Qui lo scatto:
LA PROTESTA
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2006, la compagnia mineraria Rio Tinto ha scoperto riserve di jadarite (un silicato di litio e boro utilizzato principalmente nelle batterie delle auto e nei cellulari) nella regione di Loznica, una cittadina situata nella parte centro-occidentale del Paese a 130 chilometri da Belgrado, e ha iniziato a comprare possedimenti ma senza iniziare l’estrazione del materiale. Per quest’ultima operazione era necessaria l’approvazione governativa, arrivata nella persona del primo ministro Aleksandar Vukic, che ha parlato di un investimento di 2,12 miliardi di euro da parte di Rio Tinto e di 600 milioni d’introiti annui per i prossimi 50 anni.
A dispetto di queste enormi cifre (come riporta il Corriere della Sera), le miniere di Loznica conterrebbero 136 milioni di tonnellate di jadarite con un valore stimato 200 miliardi d’euro, e potrebbero soddisfare il 10 per cento del fabbisogno mondiale), l’accordo ha scatenato una veemente reazione da parte della popolazione serba, per varie ragioni:
- il controverso CV in termini di rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte di Rio Tinto sia in Papua Nuova Guinea che in Australia
- la supposta poca trasparenza di un appalto di questa rilevanza ad una multinazionale straniere. Vucic è accusato di svendere le risorse locali ad “aziende straniere che possono fare quello che vogliono con la nostra terra“, come sostenuto dall’economista serba Vladislava Cvoric. “Ci mettono su un piatto d’argento per chiunque voglia venire qui, possono prendere tutto quello che vogliono“
- perché, come riporta il Guardian, il governo potrebbe aver utilizzato degli hooligan a volto coperto per sedare le proteste nel weekend del 27-28 novembre. La diffusione di questa notizia ha solo inasprito il clima, accrescendo i numeri dei contrari all’iniziativa
- soprattutto, però, è il devastante impatto ambientale dell’iniziativa ad aver scatenato le proteste. Sempre il Corriere riporta questa frase dei manifestanti: “Estrarre la jadarite significa inquinare d’arsenico i fiumi della zona e provocare il cancro. Si cacciano i contadini per riempire d’acido solforico le coltivazioni di lamponi e gli alveari degli apicoltori, su cui viviamo da sempre“.
Queste motivazioni sono scaturite in proteste che si sono svolte ogni sabato per diversi mesi. Il 4 dicembre se n’è svolta una particolarmente corposa, culminata con l’occupazione di un’autostrada e di un ponte e in scontri sia a Belgrado che a Novi Sad.
Ed è proprio a questa protesta che si è unito Djokovic, come detto, in una mossa che potrebbe costare non pochi voti a Vucic nelle elezioni del prossimo anno. Intuita la malparata, il primo ministro ha bloccato l’accordo nella giornata di ieri, cedendo alle richieste di quelli che aveva definito “cosiddetti ecologisti finanziati da governi stranieri“. Non si tratta però di una decisione definitiva: Vucic ha infatti già trasformato la prossima tornata in un referendum sull’affare con Rio Tinto, dichiarando che “in aprile si voterà e i serbi diranno da che parte stanno“.
Ora, qui non si vuole sostenere che Novak Djokovic abbia bloccato il provvedimento da solo o che sia stato un attore protagonista della vicenda; è evidente che senza un movimento popolare di grande portata il risultato non sarebbe stato raggiunto. Si tratta inoltre di un successo al momento solo temporaneo per il fronte anti-estrazione di cui Nole fa parte, e questo significa che nei prossimi sei mesi potrebbe diventare una vittoria di Pirro.
Ciò che più conta, però, è che Djokovic ha dimostrato ancora una volta di non avere timori quando si tratta di difendere una causa per lui giusta anche quando si tratta di schierarsi contro il suo stesso governo (o contro quello di Andrea Gaudenzi), aggiungendo un ulteriore tassello ad un retaggio di opinioni nette che altrettanto nette hanno sempre reso le posizioni dell’opinione pubblica nei suoi confronti. Di nuovo, non si tratta di un’attribuzione di merito, ma semplicemente di una constatazione su quanto il 20 volte campione Slam abbia premuto sulla schiettezza come marca principale del suo ruolo di personaggio pubblico. In aggiunta, il suo parere sul tema minerario non può che confermare il suo ruolo di opinion-maker in tema di politica interna serba, e chissà che in futuro non possa tradursi in un intervento politico ancora più diretto nel suo Paese.