Australian Open: Medvedev-Kyrgios che show. Perché l’australiano mi ricorda Fognini. Ma che personalità il russo!

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Australian Open: Medvedev-Kyrgios che show. Perché l’australiano mi ricorda Fognini. Ma che personalità il russo!

Un match da cento replay. A Nick e Fabio non è mai mancato il talento. Ma la testa. A Daniil anche…fino a 3 anni fa. Ma poi il russo, mai banale, ha saputo mettersi in discussione. È decisamente molto intelligente

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Se non era difficile prevedere che Nick Kyrgios avrebbe cercato di dare spettacolo contro Medvedev, non era facile prevedere che ci sarebbe riuscito a lungo.

Oggi si può dire che c’è ampiamente riuscito. Al di là di ogni previsione anche se ha perso un gran match che è stato anche un fantastico show. Per merito suo e della varietà creativa delle sue soluzioni, ma anche per la straordinaria resilienza del n.2 del mondo, capace di controllarsi come non sarebbe mai stato capace tempo addietro.

“Cinque anni fa avrei spaccato un paio di racchette e avrei probabilmente perso” ha detto il russo, rispondendo nel corso di una “diretta” con Mats Wilander su Eurosport-Discovery.

Lo si può criticare quanto si vuole, ma è indubbio che le partite migliori di Kyrgios, come quelle di Fognini, meritano di essere viste e il prezzo del biglietto. Per me Kyrgios e Fognini hanno tantissimo in comune. Mi riesce quasi difficile dissociarne il pensiero al riguardo.

I due meritano anche di essere definiti per quello che sono: due tennisti di grandissimo talento, evviva!, ma anche di grandissima maleducazione. Purtroppo!

Sarei stato, se fossi stato loro padre, fortemente orgoglioso del loro tennis e grandemente imbarazzato per i loro comportamenti. Non tutte le volte, nel primo come nel secondo caso. Ma diverse volte.

Nei giorni scorsi su Facebook (i cui commenti non sono abituato a leggere per cui spesso, se qualcuno non me li segnala, li perdo e non credo di perdere chissà che cosa) sono stato violentemente attaccato da alcuni Fognini-fans per quello che ho scritto su Fognini nel mio editoriale di qualche giorno fa. Ci sono stati anche alcuni, però, che invece hanno sottolineato diversi punti in cui evidenziavo le qualità di Fabio.

Non sono pentito di quel che ho scritto. Lo riscriverei pari pari anche oggi. Non mi faccio certo influenzare da chi non riesce a leggere con obiettività imparziale quel che scrivo. Poi, per carità, nobody is perfect e non costituisco davvero un’eccezione. Ma coloro che intravedono sempre pregiudizio e malafede in quel che leggono riguardo a quel scrivo non li sopporto proprio. Io posso sbagliare, ma scrivo quel che penso senza retropensieri per il gusto di accanirmi.

Potrei aggiungere a quell’articolo magari sfuggitovi che in tanti, e non solo io, abbiamo fortemente sperato che quando Fognini diventò n.13 del mondo nel 2013 potesse mettere la testa a posto. Che potesse d’improvviso maturare al punto da diventare un top-ten nell’arco di massimo un paio d’anni. Nel 2013 aveva 26 anni. Il tempo c’era. Se ci fosse riuscito sarebbe piaciuto moltissimo celebrarne il decollo a lui e a noi tutti che viviamo a stretto contatto con il mondo del tennis.

È evidente che già l’essere approdato a n.13 del mondo, di uno sport giocato da milioni di persone, era già un fantastico traguardo, ma a vederlo giocare nelle giornate di grazia, e nonostante l’handicap di un servizio che non avrebbe mai potuto essere quello di un Medvedev, di un Berrettini e di tutti quei giocatori più alti d’un metro e novanta, ci si sentiva tutti autorizzati a sognare un qualcosa di più: in un grande exploit in uno Slam (e non un solo quarto di finale in non so più quanti Slam), in un Masters 1000 (come quello che è arrivato soltanto a Montecarlo 2019, dopo un primo turno nel quale era stato lì lì per perdere malamente).

Che il suo mancato arrivo tra i top-ten molto prima del 2019 fosse principalmente un problema di testa non lo dice Ubaldo Scanagatta – che secondo i miei detrattori lo sosterrei perché scioccamente ce l’avrei con lui…- o tanti altri miei colleghi che l’hanno scritto allo stesso modo. Lo ha ammesso mille volte con grande e apprezzabilissima onestà, lo stesso Fabio Fognini. Se andaste su Internet trovereste dove e quando lo ha detto.

Ancora nel 2015 io speravo che arrivasse quel famoso clic che lo trasformasse da ottimo e fantastico giocatore per qualche giorno o magari settimana all’anno, in un campione a tutto tondo per 20 tornei, lungo tutto l’anno. Ne bastano 10 molto buoni per diventare top-ten. E’ sempre stato un problema di continuità.

Così come nella quarta serata di questo Open d’Australia avrei voluto essere seduto nella Rod Laver Arena per respirare quella grande e magica atmosfera vissuta nel corso di questo splendido duello Medvedev-Kyrgios – uno dei tre match più spettacolari fin qui – mi ritenni fortunato di essermi ritrovato invidiabilmente seduto nell’Arthur Ashe Stadium quando nel corso dell’US Open 2015 Fabio Fognini rimontò due set di handicap a Rafa Nadal che non aveva mai perso in uno Slam dopo essere stato avanti due set a zero (ci è poi riuscito anche Tsitsipas qui in Australia lo scorso anno)

E allora oggi ecco entusiasmarmi per il tennis di Kyrgios, ma anche per quello di Medvedev (non fraintendetemi che poi al russo arrivo…), e a fare le stesse considerazioni che facevo nel 2013 per Fognini n.13 del mondo che era capace di mettere k.o. (e più d’una volta) campioni come Nadal, come Murray…: Nick Kyrgios ha 26 anni, quasi 27, come allora Fognini, ma nonostante il formidabile talento che ha, nonostante che abbia battuto quasi tutti i più forti tennisti del mondo quando ha sentito l’ispirazione giusta, oggi è n.115 del mondo perché gioca e si impegna solo quando gli va, ma non è mai stato più su del n.13 del mondo. Già, per l’appunto proprio n.13 come Fognini nel 2013. Che strana coincidenza. E allora, come mi chiesi allora per Fabio, mi chiedo oggi per Nick – anche se lui è capace di dirti che non sa nemmeno che cosa farà domani, figurarsi quest’anno: “Non lo so, forse giocherà a tennis, ma ora il mio unico programma è… andare a cena” – ma metterà mai la testa a posto? Non sarebbe un peccato se non lo facesse? Non ci toglierebbe tante altre bellissime giornate di tennis ispirato, creativo, diverso da quello della maggior parte degli altri tennisti e non solo quando fa i tweener o i servizi da sottomano?

Allora se scrivo qualcosa del genere significa che ce l’ho con Kyrgios? Che gli voglio male? Niente affatto. Anzi Kyrgios mi sta proprio simpatico. E vi dirò di più, di certo sorprendendovi. A me, anche se mi ha fatto arrabbiare decine di volte, Fognini non riesce a starmi antipatico. Non ci crederete, ma è così. Il che non significa che certe volte gliene avrei dette di tutte. Vi sembra contraddittorio? Pazienza. Non devo convincervi. Se mi credete bene e se non mi credete è un problema vostro.

Ricordo, insistendo ancora mezzo minuto sul paragone Kyrgios-Fognini, che molti quando scrivevo “Ma Fognini riuscirà a cambiare testa?”, replicavano quel che replicherebbero certamente oggi anche per Kyrgios: “Se non lo ha fatto finora a 26 anni, ormai non lo fa più”.

E’ possibile che anche Kyrgios non cambi più. Però amici, avete fatto caso a quanti anni compierà Daniil Medvedev l’11 febbraio, fra una ventina di giorni: 26 anni!

Medvedev non ha sempre avuto la testa che ha oggi. Quella testa, e quella personalità,  che ha dimostrato controllandosi egregiamente mentre il pubblico tutto schierato dalla parte di Kyrgios lo buheggiava fra prima e seconda di servizio, fosse quello oppure non fosse un coro collettivo di “siuuuu” a ricordo di Cristiano Ronaldo. Medvedev ha mostrato uno straordinario self control, un eccezionale sangue freddo. Quanti avrebbero perso la testa al suo posto?

Io ho trovato che, al di là del suo tennis che certo può apparire sgraziato – ma mentre quello di Fognini è anche elegante, invece anche quello di Kyrgios mi pare abbastanza sgraziato – Medvedev abbia giocato in condizioni ambientali difficilissime una grande partita. Ha ceduto due volte il servizio, ha perso un set contro un Kyrgios sempre più adrenalinico, ma non si è disunito, né tantomeno distratto.

E trovo che sia stato straordinario anche nell’intervista post match sul campo con Jim Courier quando la gente continuava a urlargli addosso coprendo la voce sua e di Courier mentre lui si “toglieva il sassolino dalla scarpa” – come ha avuto modo di dire felicemente Simone Eterno nella sua telecronaca per Eurosport – e diceva “Stare calmi è l’unica cosa che si può fare quando il pubblico grida buuuh tra la prima e la seconda di servizio”  prima di dare una fantastica lezione di civiltà a tutti quelli che continuavano a ululare: “Non riesco a sentire Jim Courier, abbiate rispetto, ha vinto qui (grande Daniil!). Rispettate almeno lui perché sta parlando!”.

Ragazzi, questo è un vero campione, il n.2 del mondo, il favorito n.1 del torneo adesso, il campione dell’ultimo US Open, dell’ultima Coppa Davis, di due ATP Cup, il finalista dell’Australian Open 2021 e ha…un paio di attributi grossi così.

Chapeau! E ancora più chapeau perché lui, tennista mai banale in campo e fuori, è proprio l’esempio di uno che ha saputo imparare a vivere, è maturato, ha messo la testa a posto sebbene anche lui, come Fognini e Kyrgios, non ce l’avesse  a posto proprio per nulla.  

Io ero a Wimbledon 2017 quando opposto al belga Bemelmans, secondo turno a Wimbledon 2017, perse al quinto set e a fine partita aprì il portafogli per tirarne fuori un bel mucchio di monetine e lanciarlo al giudice di sedia. Non avevo mai visto niente di simile. Pensai che fosse pazzo!

Ed ero a New York 2019, quindi meno di 3 anni fa, aveva 23 anni e mezzo, non era più un pischello, quando alle prese con  Feliciano Lopez, strappò letteralmente di mano in maniera incomprensibile e inaccettabile un asciugamano a un ragazzino raccattapalle venendo giustamente beccato dal pubblico che continuò a farlo anche nel match successivo…solo che Daniil dopo averlo provocato “Se mi fischiate gioco meglio, mi caricate…” poi seppe rimediare, con intelligenza, e con grande sense of humour riuscì poi a portarlo tutto dalla sua parte.

Banale lui non sarà mai. Ma stupido nemmeno.

Poco più di un mesetto fa a Madrid fu capace di dire, in mezzo a un subisso di fischi: “Sono felice che la squadra abbia raggiunto la finale. Sono state due settimane fantastiche: battere la Spagna a Madrid è stata la cosa migliore della settimana, in spogliatoio eravamo davvero contenti di aver eliminato la squadra di casa, è una bella sensazione”.

E aggiunse: “È molto divertente, e lo dico dal 2019, la gente non ha ancora capito come farmi perdere: dovete tifare per me, altrimenti continuerò a vincere; comunque va bene, continuate così!”.

Dai, ragazzi, non è divertente avere personaggi così, quando tutti giocano a fare i santarellini, i politically correct?

Chiudo dicendo che Berrettini, Sonego e Sinner mi fanno sognare un’altra grande settimana per il tennis italiano. La prossima; Sinner ci sarà di sicuro, gli altri due non lo so. Ma ci conto.

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