Uno sguardo da vicino all'edizione inaugurale del Pride Day agli Australian Open

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Uno sguardo da vicino all’edizione inaugurale del Pride Day agli Australian Open

Il dottor Storr, coinvolto nell’organizzazione dell’evento: “Dubito che un atleta non possa fare coming out, anche perché si tratta di uno sport individuale e questo fa una grossa differenza rispetto agli sport di squadra”

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Melbourne Park - Australian Open 2022 (foto Twitter @AustralianOpen)
 

Perché si è tenuto un Pride Day agli Australian Open e che significato ha? Ubitennis.net, la versione inglese di Ubitennis, ne ha parlato con il Dott. Ryan Storr, coinvolto nell’organizzazione dell’evento. Ecco la traduzione in italiano dell’intervista, a cura di Giulia Bosatra.


Lunedì 24 gennaio 2022, mentre il Melbourne Park ha visto atleti come Stefanos Tsitsipas e Aryna Sabalenka combattere per un posto nei quarti di finale, si è svolto anche un nuovissimo evento organizzato da Tennis Australia. L’AO Pride Day celebra i giocatori e i fan LGTBQ+ del mondo del tennis.

Al calar della sera, la Rod Laver Arena è stata illuminata da colori arcobaleno, mentre in giornata sono state organizzate diverse attività. Tra le animatrici della giornata c’è stata anche Courtney Act, meglio conosciuta per essere arrivata tra le finaliste della sesta edizione di Rupaul’s Drag Race.
“E’ da anni che ospitiamo eventi speciali per la LGBTI community, come l’International Glam Slam, o la nostra serata Pride pre-AO; organizzare alcune delle nostre iniziative per l’AO Pride Day ci è sembrato l’evoluzione naturale della cosa”, spiega in un comunicato stampa il CEO di Tennis Australia, Craig Tiley. “Sono entusiasta di poterci riunire come comunità per festeggiare assieme in questa giornata speciale, che diverrà senz’altro una parte vivamente attesa in ogni edizione degli Australian Open”.

Tra le persone coinvolte nel lancio dell’evento troviamo il dottor Ryan Storr, un sociologo che ha dedicato molti anni di studio alle problematiche della community LGBTI nello sport. Ricercatore presso la Swinburne University of Technology, il dottor Storr è anche il co-fondatore del Proud 2 Play, che mira ad agevolare l’ingresso di giovani della comunità LGBTI nello sport e nell’attività fisica in generale. Storr ha dei legami anche con il mondo del tennis, dopo aver lavorato come coach alla Northumbria University e alla Loughborough University.

UbiTennis intervista Storr prima del Pride Day per discutere del perché questo tipo di iniziativa sia così importante e quali scoperte abbia fatto, grazie alle sue attività di ricerca, nell’ambito delle tematiche LGBTI nel mondo del tennis. Abbiamo anche esplorato con lui il dibattito nato attorno alla decisione di intitolare uno dei principali stadi Australiani a Margaret Court, nota per aver fatto diversi commenti anti-LGBTI.


UBITENNIS: Ryan, sei stato coinvolto nella preparazione del primo Australian Open Pride day. Cosa ha comportato per te?

Dott. STORR: I preparativi sono in corso da molto tempo. Ma, in sostanza, ha comportato lavorare con Tennis Australia e il loro Diversity and Inclusion Team. Ho contribuito alla pianificazione, individuato quali fossero le attività da organizzare e quale fosse l’obiettivo finale dell’evento, e altre cose di questo tipo. Credo che un aspetto per il quale sono stato particolarmente d’aiuto sia l’utilizzo della ricerca. Una grande parte della mia ricerca ha riguardato l’importanza dell’inclusione della comunità LGBTI e come realizzarla. Ci sono stati team di pianificazione, e-mail, gruppi di lavoro – un gran lavoro di pianificazione. Questo non è un progetto una-tantum, è in cantiere da anni e penso che sarà forse l’evento più grande tra quelli organizzati, dal momento che adesso è sponsorizzato e presentato da Ralph Lauren. C’è stato molto coinvolgimento della comunità, degli stakeholder e un intenso dialogo con la comunità riguardo agli obiettivi che desideriamo
raggiungere con questo evento.

UBITENNIS: Perché è importante avere giornate di questo tipo agli Australian Open e qual è l’obiettivo generale?


Dott. STORR: L’importanza del Pride Day, in aggiunta al Glam Slam che si terrà nel fine settimana, consiste nella possibilità di sfruttare la notorietà e il brand di Tennis Australia, che permetterà di generare awareness attorno all’evento e coinvolgere tante persone. Quindi, se le persone si chiedono perché abbiamo dei Pride Day nel contesto del tennis, è per attirare nuovi fan. Dalla ricerca accademica, e anche dalla mia ricerca, emerge infatti che i fan LGBTI non si sentono sempre i benvenuti in questo mondo. In alcuni casi si crea un ambiente ostile durante gli eventi sportivi live, che potrebbe indurli a non voler partecipare o preoccuparsi della propria sicurezza.
Si tratta sostanzialmente di fare marketing verso la community LGBTI, comunicandogli che vogliamo che si uniscano al nostro evento e che siamo inclusivi. Sfortunatamente, se non riusciamo a trasmettere questo messaggio, alcuni potrebbero pensare che questo non sia il posto adatto per loro. Questo è ancor più vero per le persone trans e gender-diverse, che potrebbero avere delle difficoltà nell’accedere ai bagni, etc.


UBITENNIS: Nel suo comunicato stampa Tennis Australia dichiara che la giornata ‘promette di ispirare ed educare i fan AO presenti sul posto’; i giocatori, invece, potranno partecipare in qualche modo se lo desiderano? 


Dott. STORR: Penso che i giocatori stiano ricevendo del materiale informativo. So che Felix Auger Aliassime ha presenziato al primo Nations Day, che celebra le persone indigene e isolane di Torres Strait in Australia. Quindi penso che la possibilità di informarsi e partecipare per le persone ci sia. Alcuni altri aspetti in cui sono stato particolarmente coinvolto sono le storie e i video che spiegano il significato del Pride, anche mostrando delle esperienze personali.


UBITENNIS: Sei un sociologo esperto e uno dei co-fondatori del Proud2Play Inc. Hai scoperto degli studi che evidenzino l’effetto di questo tipo di iniziative all’interno di un evento sportivo?

Dott. STORR: Una cosa che mi ha colpito quando ho fatto le mie ricerche è che in generale chi partecipa al Glam Slam, ai tornei GLTA (Gay and Lesbian Tennis Alliance) e il pubblico stesso a cui sono rivolti questi eventi, sono persone di età medio-alta. Quindi, ad esempio, i club LGBTI probabilmente si rivolgono a persone che hanno almeno 30 anni, ma soprattutto a quelle attorno ai 40-50. Ai tempi in cui erano più giovani, l’omosessualità in molti posti era illegale, si stava attraversando la crisi dell’HIV/AIDS e la discriminazione era molto diffusa.
Penso che ci sia stata una completa rivoluzione e dobbiamo mostrare che oggi lo sport, in particolare, è cambiato; che oggi vuole invitare e accogliere le persone, anche perché ha una lunga storia di discriminazione alle spalle. Sono stati fatti diversi studi, particolarmente sui Pride Games, riguardo a un cambiamento attitudinale. Uno degli aspetti da sottolineare è che un evento organizzato una-tantum non contribuisce molto al cambiamento. Sensibilizza, ma non risolve certo l’omofobia o la transfobia nello sport. Una cosa da sapere su Tennis Australia e il Glam Slam è che ci sono previsti anche altri eventi nella marcia di avvicinamento all’Australian Open Pride. Ma credo che questo evento in modo particolare evidenzi il Pride e alcune delle sue tematiche.

Nelle mie ricerche ho trovato che giocare a tennis in un ambiente inclusivo e protetto abbia migliorato significativamente le vite delle persone LGBTI. È per questo che i Pride Games e i Pride Days contribuiscono a un significativo miglioramento della salute mentale e sociale, e a un benessere generale.


UBITENNIS: Quando l’Australian Open ha postato il suo Pride video sui social media, ho notato che si è sollevato un dibattito attorno alla Margaret Court Arena e se debba essere intitolata in altro modo per via dei commenti anti-LGBTI di quest’atleta. Qual è la tua opinione in merito, visto che sei sia australiano che un membro della comunità LGBTI?


Dott. STORR: La Margaret Court Arena continua ad essere un tema interessante e complesso. Penso che Tennis Australia abbia lasciato intendere che loro cambierebbero il suo nome, ma – sfortunatamente – il Melbourne Park è di proprietà ed è gestito dall’Olympic Park Trust. Quindi perché questo succeda (che si cambi il nome al campo), la decisione dev’esser presa dall’Olympic Park Trust. Tennis Australia non ha il diritto di modificare il nome. Credo che il nome potrebbe cambiare in futuro. La John Cain Arena ha cambiato nome diverse volte nel corso degli anni, ma credo che avere quel nome (pubblicizzato sul campo) non dimostri una scarsa inclusività da parte di Tennis Australia.

Tennis Australia sta facendo davvero tanto lavoro dietro le quinte e sta investendo molto denaro. Ha investito nella ricerca attraverso l’Università in cui lavoravo. Non ci sono molti sport che investono in questo ambito. Penso che ci sarà una quantità significativa di dati a dimostrare l’effetto positivo di questi eventi sulle vendite dei biglietti, sulla brand awareness, ecc. C’è un impegno assoluto da parte di Tennis Australia in quanto a tempo, risorse, energie e finanziamenti. Questo avviene tutto l’anno e non solo quando si tiene l’Australian Open.


UBITENNIS: Quindi cosa possiamo aspettarci in futuro per quanto riguarda la promozione delle tematiche LGBTI nel tennis, considerando che non ci sono atleti dichiaratamente gay nel Tour maschile?


Dott. STORR: Penso che negli anni a venire ci saranno dei cambiamenti in questo senso. Ho un collega, Lou, del Pride Sports UK, a cui è stato richiesto di fare delle ricerche preliminari e delle indagini attorno all’inclusione LGBTI. Il tennis è probabilmente accogliente e inclusivo da questo punto di vista. Dubito che un atleta non possa fare coming out, anche perché si tratta di uno sport individuale e questo fa una grossa differenza rispetto agli sport di squadra. Ma ne avremo la prova finale quando qualcuno farà coming-out. Credo che l’ATP e gli altri Tornei Slam faranno molto più lavoro in questo senso in futuro. Il tnnis non si è ancora realmente impegnato nell’includere l’LGBTI. Sì, ci sono Martina Navratilova e Billie Jean King, ma nel futuro sarà importante interagire con la community LGBTI. 

Puoi trovare maggiori informazioni sul lavoro di ricerca di Storr seguendolo su Twitter

Traduzione a cura di Giulia Bosatra

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