Sapevamo che poteva arrivare, che sarebbe arrivato, ma non si è mai abbastanza pronti quando finalmente il momento giunge. Juan Martin del Potro ha detto basta: a 33 anni ha messo la parola fine alla sua carriera tennistica dopo aver ceduto per 6-1, 6-3 contro il suo grande amico Federico Delbonis al primo turno dell’Argentina Open.
L’ha fatto davanti al suo pubblico, alla sua gente, come forse è più giusto, anche se per un campione della sua levatura forse sarebbe stato più consono un palcoscenico più importante per il suo inchino finale. Forse il torneo di Miami tra qualche settimana, dove la presenza dei fan sudamericani l’ha fatto sempre sentire (quasi) a casa. D’altronde Miami è ufficiosamente la capitale economica dell’America Latina, altri giocatori sudamericani hanno voluto concludere la carriera lì, come per esempio Fernando Gonzalez, ma l’addio a Buenos Aires è probabilmente quello più adatto a un gigante buono, calmo e riservato come Del Potro.
“Non ho più energie per continuare a combattere – ha detto in inglese Juan Martin nella conferenza stampa post match, trattenendo a stento le lacrime – il dolore al ginocchio è troppo forte, ora devo pensare a come guarire per poter avere una vita normale”.
Ha messo la sua bandana sulla rete, un po’ come aveva fatto David Ferrer che l’aveva appoggiata sulla linea del servizio alla fine del suo ultimo match ormai tre anni fa al Mutua Madrid Open. “Sono molto orgoglioso di quello che ho fatto nella mia carriera, di quello che ho vinto – ha continuato – Non so cosa succederà domani, sarà difficile senza tennis, senza questa vita, ma devo sistemare il ginocchio, per poter camminare senza dolore”. Ma vuole lasciare la finestra aperta per un possibile, anche se improbabile ritorno: “Ciò che ho vissuto questa sera è indimenticabile. Ma se quella di oggi è stata davvero la mia ultima partita, me ne vado felice“.
Sono 22 i tornei vinti in carriera da Del Potro, tra cui un titolo del Grande Slam a Flushing Meadows nel 2009, un Masters 1000 a Indian Wells nel 2018 (entrambe le volte sconfiggendo in finale Roger Federer) e ben nove ATP 500. Vanta inoltre nel suo palmares due medaglie olimpiche: il bronzo di Londra 2012 quando perse quella epica semifinale sempre contro Roger Federer 19-17 al terzo set, per poi sconfiggere Djokovic nella finale per il terzo posto, e poi l’argento di Rio 2016 quando fu sconfitto in finale da Andy Murray dopo aver estromesso al primo turno il grande favorito Novak Djokovic. Una carriera che s’intreccia con quelle dei quattro “mostri” che hanno vinto quasi tutto negli ultimi 15 anni, una carriera nella quale è stato uno dei pochi a potersi frapporre tra quei cannibali e qualche titolo importante.
Poi naturalmente c’è la Coppa Davis, vinta in trasferta a Zagabria contro la Croazia nel 2016 (memorabile la sua vittoria sull’1-2 rimontando due set di svantaggio a Cilic), dopo quella dolorosissima persa in casa nel 2008 a Mar del Plata contro la Spagna, quando nei mesi precedenti la sfida aveva proclamato con grande confidenza: “Aspettiamo che arrivi Nadal in finale per togliergli le mutande dal c…”. Poi Nadal non giocò quella finale, ma David Ferrer, Feliciano Lopez e Fernando Verdasco riuscirono comunque a dargli uno dei più grandi dispiaceri della sua carriera.
Da domani per Juan Martin tutto ciò appartiene al passato. Ora c’è da rimediare i danni che il tennis ha fatto al suo fisico, per cominciare a vivere una vita normale dopo quella del vagabondo con racchetta.
Noi gli diciamo: “Grazie di tutto Delpo. Non sparire, torna a trovarci ogni tanto. E ci si vede a Newport!”.