ATP Rotterdam, la sportività di Felix Auger-Aliassime nei confronti di Andy Murray

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ATP Rotterdam, la sportività di Felix Auger-Aliassime nei confronti di Andy Murray

Match che finisce ma non finisce, con il canadese che accetta di rigiocare il match point e perde il punto…

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Felix Auger-Aliassime all'Australian Open 2022 (Credit: @AustralianOpen on Twitter)
 

Un bizzarro anticlimax, come lo definisce Tennis TV, ha caratterizzato il finale del match vinto da Felix Auger-Aliassime su Andy Murray. Vinto due volte, perché il match point chiuso con il vincente di dritto è stato rigiocato per gentile concessione di Felix, mentre per il giudice di sedia l’incontro era finito lì. D’altra parte, parafrasando il compianto Vujadin Boškov, “Let è quando arbitro chiama”, per quanto funzioni anche l’originale “fischia”: un arbitro che fischia durante uno scambio è un evidente caso di disturbo – e non solo dei giocatori. Ma vediamo nel dettaglio come è andata.

Dalla sedia, Renaud Lichtenstein è pronto per annunciare “game, set, match, Mr. Auger-Aliassime” mentre il canadese, dapprima titubante poi con decisione, si avvicina alla rete per la stretta di mano. Andy, invece, si dirige verso il seggiolone e spiega pacato la dinamica dell’episodio, dopo aver chiarito “non sto cercando di imbrogliare”, eventualità neanche presa in considerazione da Lichtenstein. “Ho colpito la palla, il cappello mi è caduto immediatamente e mi sono fermato”. È andata proprio così, con il cappellino urtato dal finale del dritto sopra la testa. La casistica dell’ATP dispone che il punto debba essere ripetuto quando qualcosa indossato dal giocatore cade sul campo durante il gioco. Avendo invece seguito la traiettoria della palla, l’arbitro non ha visto il momento in cui il cappellino è finito a terra e ha probabilmente applicato il caso del “giocatore che non può disturbare sé stesso”, per esempio se il berretto o la pallina che ha in tasca gli volano nell’atto di affossare una volée. Murray si rivolge poi all’avversario: “Felix, ti assicuro che è quello che è successo, mi dispiace”. Il vincitore non più tale accetta la versione di Murray e, annuncia l’arbitro, “acconsente a rigiocare il punto”.

Forse non aveva molta scelta, FAA, ma rimane il gesto di sportività soprattutto per la situazione estremamente delicata: essere convinti di aver vinto e dover invece tornare a giocare significa da una parte cercare di ritrovare la concentrazione e dall’altra allontanare l’inevitabile pensiero “e se adesso perdo il punto, il game e…?”. Per esempio è successo a Matteo Berrettini che a Cincinnati 2020 ha messo a segno l’ace per suggellare il 6-4 6-3 contro Emil Ruusuvuori. Invece, la palla aveva sfiorato il nastro: Non l’avevo nemmeno sentito il let, pensavo di aver finito la partita”. Ha perso il set, e si è ritrovato in lotta al terzo (che ha poi vinto). O a Kristina Mladenovic, “vincitrice” del primo set che invece ha perso contro Laura Siegemund (set point sul 5-1, l’arbitro non ha visto il doppio rimbalzo che l’avversaria si è ben guardata dall’ammettere).

Insomma, tra la situazione oggettivamente difficile da gestire e un Felix non nuovo a irrigidirsi in battuta nei momenti di tensione, quando non ha messo in campo il primo servizio il numero 9 dl mondo avrebbe forse preferito concedere direttamente il punto che incappare nello scontato doppio fallo. Aveva però un altro match point a disposizione, trasformato al termine di un bello scambio, e dunque è finita com’era giusto che finisse. Ma, se Andy avesse rimontato e vinto, non sarebbe stato altrettanto giusto?

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