David Ferrer: "Io numero 3 nell'era dei Fab Four, che orgoglio. Ma il mio preferito resta Federer"

evidenza

David Ferrer: “Io numero 3 nell’era dei Fab Four, che orgoglio. Ma il mio preferito resta Federer”

L’ex tennista spagnolo ripercorre la sua carriera e si racconta: “Ho terminato l’esperienza da coach con Zverev per dedicarmi maggiormente alla mia famiglia”

Pubblicato

il

Paris, 7/6/ 2013 David FERRER (ESP) Photo Ray Giubilo
 

David Ferrer è sempre stato emblema di chi, pur senza vantare mezzi tecnici fenomenali, riesce ad arrivare oltre le proprie aspettative mettendo al primo posto l’etica e la disciplina del lavoro. Lo spagnolo classe 1982, ex numero 3 del mondo nonchè finalista al Roland Garros, è oggi un coach di élite e testimonial Lotto. Ecco l’intervista che ha rilasciato a Ubitennis.

Sei stato n. 3 del mondo in un’epoca in cui i Fab Four Federer, Nadal, Djokovic, Murray, hanno lasciato briciole a tutti gli altri. Secondo te potevi fare di più?

Davvero non so se avrei potuto fare di più, ma sono certo di aver migliorato il mio gioco proprio grazie a loro. Ho imparato molto osservandoli e sfidandoli in campo.

Rimpiangi di esserti dovuto misurare contemporaneamente con questi 4 campioni o invece ti è piaciuto vivere nella loro stessa epoca?

Non ho rimpianti, perché alla fine ho giocato nello stesso periodo dei tre più grandi campioni della storia. Ho amato molto la mia carriera da tennista e ho cercato di dare il massimo fino al giorno del mio ritiro. Sono molto orgoglioso di questo.

Quali sono stati in assoluto e in ordine di importanza, i tre risultati dei quali sei maggiormente orgoglioso?

Vincere la Davis Cup, vincere il torneo Paris Bercy e arrivare in finale al Roland Garros nel 2013.

C’è un giocatore fra tutti che ti ha impressionato più degli altri? Nominane uno solo ma spiega perché. E se uno dei quattro, chi altro al di fuori dei quattro?

Roger Federer, perché ha fatto sembrare il tennis uno sport semplice, mentre qualsiasi professionista sa che mettere a segno quei colpi in campo è molto difficile.

Hai qualche minimo rimpianto? C’è una partita persa in particolare che ti ha lasciato la ferita più grossa?

Forse mi pento di non aver cambiato qualcosa nel mio gioco o nella squadra durante la mia carriera. La partita persa più “dolorosa”? La finale di Miami contro Andy Murray, quando ho chiamato l’occhio di falco pensando che la palla fosse fuori, invece era dentro, e così ho perso il terzo set 7/6.

Se non ci fosse stato Rafa Nadal saresti stato tu il n. 1 di Spagna. Ma al tempo stesso forse il tennis avrebbe goduto di una popolarità inferiore in Spagna. Che cosa sarebbe stato meglio per te? Che Rafa fosse vissuto in un altro momento oppure no?

Si, avrei potuto essere il numero uno. Ma sono certo che, grazie a Rafa, oggi il tennis spagnolo abbia raggiunto una maggiore popolarità. Sono soddisfatto di dove sono arrivato e di aver avuto l’opportunità di giocare e la Davis Cup con Rafa. Ho imparato molto da lui e dalla sua squadra, è un grande amico.

Madrid, Davis Cup USA-ESP David FERRER (ESP) Photo: Ray Giubilo

Chi conosce la tua storia sa che a un certo momento, da ragazzino non eri tanto convinto di fare il tennista e pensasti di seguire il mestiere di tuo padre, lui ti mise a fare l’imbianchino ma dopo un po’ di tempo pensasti che era meglio provare a diventare un tennista professionista. Quando hai capito che avevi le qualità per diventare un bravo tennista che poteva vivere di tennis?

Devo smentire questa storia, non ero io a lavorare da imbianchino, ma mio fratello allora sedicenne.

Hai guadagnato più di 31 milioni di dollari. Lo avresti mai creduto? È più incredibile questo o i risultati che hai fatto… anche se naturalmente le due cose vanno insieme?

Non saprei, apprezzo moltissimo quello che mi ha dato il tennis: non solo i premi in denaro, ma cultura, viaggi, un nuovo stile di vita, le tantissime persone che ho conosciuto. Certamente sono soddisfatto della mia carriera e dei premi, ma alla fine non penso troppo ai premi in denaro. Vivo il momento e mi godo la mia nuova vita da padre di famiglia.

Sei diventato quest’anno direttore del prestigioso torneo di Barcellona, Il Conde de Godó. Che effetto ti fa trovarti dall’altra parte della barricata, doverti confrontare con i giocatori (alcuni dei quali fino a poco tempo fa erano tuoi colleghi)?

È tutto molto diverso rispetto a quando partecipavo da giocatore, perché mi trovo dall’altra parte adesso. Comunque, mi piace capire come funziona l’organizzazione e comprendere tutto ciò che lo rende un torneo così fantastico. Il lavoro di squadra è molto importante e sto imparando tante cose.

C’è qualcosa che hai capito da neo direttore di un torneo 500 ATP, e delle sue esigenze, che quando eri giocatore ti era un po’ sfuggito o che comunque hai improvvisamente realizzato con un minimo di sorpresa?

Le relazioni con i manager per riuscire a portare nel torneo i migliori giocatori, i meeting ATP per discutere le nuove regole, i premi in denaro, le strategie ecc. Fra i miei compiti, ovviamente, anche quello migliorare il torneo e gli spazi per i giocatori.

Qual è oggi l’aspetto più difficile da affrontare da organizzatore di un torneo?

Decisamente adeguare l’organizzazione e le regole alla pandemia globale da Covid.

Recentemente durante la nuova Coppa Davis ti sei trovato a fare il commentatore televisivo per il network Movistar. È un’esperienza che ti è piaciuta e ti ha soddisfatto?

Mi è piaciuto moltissimo. È un’esperienza diversa, in cui devi cercare di mostrare e spiegare alle persone quello che vedi. Sicuramente lo rifarò, in questo modo riesco a notare e scoprire nuovi giocatori.

Ex tennista, direttore di un torneo, giornalista televisivo, socio e comproprietario di una tennis Academy a Nucia Ciudad del Deporte non lontano da Alicante. Quale, fra questi mestieri, è il più complicato da seguire professionalmente?

Direttore di torneo e comproprietario della tennis Academy. Ma devo dire che è mio fratello insieme ad altri partner che si occupa ogni giorno dell’Academy, io mi dedico più ad altre cose.

Ti piacerebbe fare qualcosa anche al di fuori del tennis non ci hai mai pensato.

Al momento mi sto dedicando ad altri sport: ciclismo con alcuni amici e padel. A volte partecipo anche a tornei senior di tennis…. Mi piace giocare a tennis!

Mai avuto nausea del tennis?

Sì, certo. Ero ossessionato dal voler migliorare il mio gioco di anno in anno.

Credi che da un’accademia di tennis come la tua possa davvero uscire fuori un altro David Ferrer? O è un po’ una illusione perché quando si lavora sulla quantità è difficile lavorare anche con la qualità?

Non lo so, forse. Ma il nostro lavoro, da allenatori, è quello di offrire ai giocatori una buona formazione, educarli alla resilienza e prepararli affinché diano il meglio di loro in campo. Alla fine, per entrare nella top 10, devi allenarti sodo, ma il talento per il tennis è fondamentale, senza è impossibile.

Quale dei tuoi allenatori ti ha dato di più?

Tutti loro mi hanno dato qualcosa in diversi momenti della mia carriera. Il primo allenatore mi ha insegnato la tecnica, Javier Piles mi ha insegnato il duro lavoro e Francisco Fogues mi ha aiutato a migliorare il mio tennis e, nel tempo, a diventare una persona migliore.

Siviglia, Davis Cup 2011- Photo: Miguel Ángel Zubiarraín “Zubi”

Tu hai provato a far da coach a un soggetto difficile come Zverev, ma non ha funzionato come speravi. Perché?

Per me non è stato affatto difficile lavorare con Sasha, è un gran lavoratore. Mi è piaciuto molto essere il suo allenatore, mi sono divertito, ma ho dovuto terminare dopo un anno – come d’accordo – perché ho una famiglia e preferisco trascorrere il tempo a casa con loro e dedicarmi ad altro.

È vero che gli mandavi la tattica per telefono, nell’anno in cui lui ha giocato la finale degli US Open contro Thiem?

Durante gli US Open, parlavo ogni giorno con Sasha prima dei match e gli inviavo la tattica per telefono, non solo durante la finale contro Thiem.

Per molti anni sei stato testimonial di un’azienda italiana, Lotto, che ha avuto tantissimi giocatori di grande livello fra i suoi ambassador. Come ti ci sei trovato?

Sono molto affezionato a Lotto e alle persone, apprezzo tutto quello che hanno fatto per me quando ero in attività e ancora oggi sono in contatto con loro. Veso Matijas è un buon amico e una delle persone più importanti della mia carriera.

Consentimi una curiosità? Quanti diversi modelli di scarpe Lotto hai dovuto testare e poi indossare?

Ho testato tanti e diversi modelli di scarpe, e di solito ero molto soddisfatto del prodotto, anche dell’abbigliamento. Non riuscirei ad immaginarmi con nessun altro brand. David Ferrer sarà sempre Lotto per i fan del tennis.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement