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La disarmante superiorità di Ashleigh Barty

La numero 1 del mondo ha vinto in Australia il terzo titolo Slam dominando il campo delle avversarie. Quali sono le ragioni di questa supremazia?

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Ashleigh Barty - Australian Open 2022 (via Twitter @AustralianOpen)
 

Chi fermerà la numero 1?
Dopo che nel 2020 a causa della pandemia Barty era scesa in campo solo in gennaio e febbraio, i successi del 2021 e 2022 hanno tolto ogni dubbio sulla legittimità del suo primato nel ranking. E questo malgrado anche lo scorso anno non sia stato semplice, visto che, sempre a causa della pandemia, dopo i primi mesi non è più riuscita a rientrare in Australia, affrontando quindi i tornei europei e americani attraverso una interminabile tournée. Uno sforzo che l’ha spinta a rinunciare agli impegni successivi allo US Open, incluse le WTA Finals, di cui pure era campionessa in carica (edizione 2019, nel 2020 non si erano disputate).

Malgrado le oggettive difficoltà logistiche, il rendimento complessivo del 2021 si può sintetizzare in questi numeri: 42 vittorie, 8 sconfitte (di cui due per ritiro, come detto), e una percentuale di successo dell’84,0% (senza i due ritiri sarebbe stata dell’87,5%).

Ancora una volta: per trovare una leadership più solida ai vertici WTA bisogna risalire ai tempi di Serena Williams, capace addirittura del 94,6% di successi nel 2015, anno nel quale sfiorò il grande Slam grazie al rendimento impressionante di 53 vittorie e appena 3 sconfitte (contro Kvitova a Madrid, contro Bencic a Montreal e contro Vinci allo US Open).

Ma dal 2016 in poi nessuna numero 1 ha fatto meglio di Barty: Kerber nel 2016 aveva vinto il 77,7% dei match, nel 2017 Halep il 73,4%, nel 2018 ancora Halep l’80,7% mentre nel 2019 la stessa Barty aveva raggiunto l’81,4%. La Barty dell’ultimo periodo è quindi una giocatrice in grado di affermarsi su ogni superficie, che perde raramente e che però ha dimostrato di avere ancora margini di crescita sul piano del rendimento, vista la natura di alcune sconfitte.

Insomma, la sensazione che ha lasciato dopo l’ultimo Slam conquistato partendo da prima favorita (e da prima testa di serie) è quella di essere davvero una numero 1 a tutto tondo, con pochi punti deboli. Per questo, inutile girarci intorno, la domanda che emerge dall’Australian Open 2022 è: potrà dominare la stagione 2022, ergendosi a protagonista assoluta e vincendo più di uno Slam?

Tenuto conto che nessuno ha la sfera di cristallo e che nel tennis a volte basta un infortunio anche minimo nei momenti cruciali del calendario per compromettere una stagione, direi che la risposta alla domanda dipende da due fattori.

Il primo è la condizione delle contendenti: sul cemento la migliore Naomi Osaka ha dimostrato di essere davvero forte (vincendo il confronto diretto a Pechino 2019), mentre sulla terra la prima rivale potrebbe essere Iga Swiatek, che possiede caratteristiche ideali per il rosso del Roland Garros. Saranno in forma in occasione dei tornei a loro più congeniali?

Su erba lo scorso anno Karolina Pliskova nella finale di Wimbledon era riuscita a togliere un set a Barty (6-3 6-7(4) 6-3), ma è difficile identificare una specialista in grado di aumentare in modo sostanziale il proprio rendimento sulla superficie (come poteva accadere qualche anno fa a giocatrici come Kvitova e Lisicki). Quindi la concorrenza è meno definibile.

Naturalmente ci sono anche altre giocatrici meno “specialiste” che però possono alzare il loro rendimento e diventare insidiose su qualsiasi terreno. Penso per esempio a plurivincitrici Slam come Halep e Muguruza, o a tenniste più giovani in attesa dell’exploit definitivo come Sabalenka (ultima a sconfiggere Barty in una finale, sulla terra in altura di Madrid), o magari a una rediviva Andreescu.

Ma in generale l’attuale WTA è in grado di proporre parecchi nomi pericolosi nel singolo match, anche se non in grado di raggiungere la continuità dimostrata da Barty. Sotto questo aspetto direi che la gran parte delle Top 30 in giornata di grazia potrebbe essere capace di una impresa, come per esempio accaduto a Badosa nel torneo di Charleston 2021.

Il secondo fattore di dubbio in risposta alla domanda è rappresentato dalla tenuta mentale della stessa Barty. Avere vinto il primo Slam della stagione dopo essere già stata campionessa a Parigi, la pone automaticamente sotto una luce diversa rispetto a qualsiasi altra giocatrice. Le conseguenze sono prevedibili: quando ci si avvicinerà al Roland Garros cominceranno le pressioni su di lei, come prima favorita. E se per caso davvero Ashleigh riuscisse a vincere in Francia, la “attenzione” crescerebbe in modo esponenziale, perché partirebbe la devastante questione del Grande Slam (per questo tema chiedere notizie a Serena nel 2015 e a Djokovic nel 2021).

Insomma, la mia sensazione è che il successo di Melbourne abbia inaugurato una nuova fase di carriera per Barty, una fase che la condurrà verso territori inesplorati. E visto come funzionano i media e i social oggi, è difficile dire se per lei sarà più complicato sconfiggere le avversarie sul campo o le insidie extra campo.

P.S. Martedì 8 febbraio secondo articolo sull’Australian Open dedicato alle altre principali protagoniste del torneo.

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