Il lavoro di Venus Williams non è finito, né dentro né fuori dal campo

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Il lavoro di Venus Williams non è finito, né dentro né fuori dal campo

La campionessa Venus Williams spinge per l’equità salariale al di là del suo sport, usando lezioni apprese in passato per aiutare più luoghi di lavoro ad abbattere le disuguaglianze

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Venus Williams - Miami 2018 (foto via Twitter, @MiamiOpen)
 

Traduzione integrale dell’articolo di Jon Wertheim pubblicato su Sports Illustrated il 15 marzo 2022

La leggenda del tennis si sta battendo per la parità salariale al di fuori del suo sport, sfruttando le lezioni imparate nel passato per aiutare a eliminare le iniquità sistemiche in molti posti di lavoro. «Dobbiamo guardare a noi stessi». Venus Williams è nella sua casa nella Florida del Sud. «Sto vivendo la mia miglior vita», ha recentemente affermato in una telefonata, lasciandosi andare alla sua tipica risata prima di arrivare alla battuta finale. «È passato tanto dall’ultimo match che ho giocato». È vero. Sono passati esattamente 7 mesi. Venus ha 41 anni adesso. È al n.470 del ranking, 469 posti più in basso rispetto al picco della sua carriera. È ancora una, o forse la, grande dame del tennis. E Venus Williams rimane una giocatrice in attività, a più di un quarto di secolo dall’inizio della sua carriera, a più di 13 anni dall’ultimo titolo in singolare in un major. Perché lei, e lei come tutte le persone con così tante opzioni e interessi, è ancora li?

Si tratta di una sorta di mistero del tennis felice. In pochi avrebbero previsto che Venus, la giocatrice che si lamentò con l’ex presidente Bill Clinton riguardo alle tasse, sarebbe stata ancora sul pezzo negli anni di Biden. E in pochi si lamentano. Più un dipendente modello vuole stare al lavoro e meglio è. È facile dare delle spiegazioni. Ha scoperto che c’è qualcosa di moralmente giusto nel competere, mettere alla prova i propri limiti, confrontarsi in termini di abilità/volontà con giocatrici che hanno la metà dei suoi anni. È lì a sostegno di sua sorella minore poiché Serena, alla soglia dei 40 anni, cerca, con aria di sfida, di scongiurare il tempo che passa. E quando Serena sarà pronta, queste sorelle pioniere se ne andranno insieme.

Potrebbero esserci vantaggi finanziari nel rimanere tenniste oggigiorno? Venus non perde molto tempo su questo punto. È sempre stata chiara in merito: se vuoi stroncare una conversazione con lei sul nascere, chiedile della sua longevità. Se, però, sei disposto a rinunciare a quell’argomento e parlare di questioni più importanti che colpire una palla gialla sopra una rete, otterrai la Full Venus con tutta la sua esperienza e la saggezza. L’argomento di oggi, in corrispondenza con l’EqualPay Day, è il divario retributivo di genere. Quando Venus ha vinto il suo primo titolo in singolare in un major, a Wimbledon nel 2000, le è stato consegnato un assegno di $ 696.858. Il giorno dopo, Pete Sampras ha vinto il titolo maschile all’All-England Club. La cifra dell’assegno: $ 717.721. Il fatto che la differenza fosse minima (pagare alle donne il 97% dello stipendio degli uomini) non ha sminuito il problema, soprattutto perché gli organizzatori non potevano basarsi su nessun dato concreto che suggerisse che le giocatrici avessero meno valore.

«Nel mezzo del torneo, sei concentrato su quella partita, su quel momento», dice. «Ma sì, [il tennis] ha alti e bassi. La parità di diritti non dovrebbe mai avere alti e bassi». Anno dopo anno, ricorda Venus, la WTA ha presentato una richiesta ai quattro major riguardante la parità di salario. «Le donne partecipavano alle riunioni dei dirigenti dei Grande Slam e si vedevano respingere le loro richieste ogni volta. Non c’era alcuna considerazione nei loro confronti». Fino a quando non è arrivata lei. Con Venus in prima linea, che ha partecipato a una riunione dopo l’altra e ha persino scritto editoriali, i major hanno invertito la rotta e, a partire dal 2007, hanno tutti garantito lo stesso montepremi a uomini e donne. Da allora, la parità di prize money negli eventi più importanti è diventato un dogma di fede. Una lezione che ha imparato: formalizzare la parità salariale come valore e obiettivo fondamentale dell’azienda ha fatto la differenza.

«Era letteralmente scritto nella roadmap della WTA che si doveva ottenere lo stesso prize money», afferma Venus Williams. «Prima di allora non era mai esistito sulla carta. C’erano delle idee in giro e ne abbiamo parlato, certo. Ma una volta messo su carta, è diventato qualcosa di reale». Ora collabora con Credit Karma per estendere questa battaglia ai luoghi di lavoro più tradizionali. «Il denaro è una cosa. Il denaro è una cosa reale. Ma l’argomento riguarda l’uguaglianza e le opportunità, e con il denaro arrivano opportunità ed emancipazione. E storicamente le donne non hanno avuto queste opportunità. Quando si parla di minoranze, i divari si allargano. Fuori dagli Stati Uniti, il divario si allarga ulteriormente. Quindi questo è un problema che riguarda le donne di tutto il mondo».

Venus ha delle soluzioni. I lavoratori devono parlare di più del divario salariale e familiarizzare con i dati, tra cui la statistica secondo la quale un terzo delle donne americane ritiene di non essere equamente retribuita rispetto alla controparte maschile. E i datori di lavoro? Dice Venus: «Il divario retributivo deriva da disuguaglianze sistematiche, che si tratti di genere, razza o orientamento sessuale. I nostri pregiudizi possono perpetuare queste discrepanze retributive sul posto di lavoro. Dobbiamo guardare a noi stessi.» Questo non è lo standard. Venus è sia dipendente che datore di lavoro. In qualità di datore, gestisce un’azienda di moda e design, Eleven. Cerca di tenerlo a mente quando considera i propri dipendenti: «Parte dell’essere felici è fare un lavoro che ami, che ti appaga e ti lascia libertà».

Vorrebbe lavorare per Venus? «Sono un buon capo. La gestione è un’arte. Penso che la lamentela principale sia che non parlo molto. Le persone probabilmente vorrebbero più feedback da parte mia. La mia personalità è forte e silenziosa. Quindi la comunicazione, così importante sul posto di lavoro, non è sempre il mio punto di forza. È un difetto. È quello che sono». È sempre stato così. Altri giocatori, non ultima sua sorella, sono più diretti. Il suo carattere le è costato sponsorizzazioni, seguito sui social media e livello di celebrità. Il ché, afferma Venus, le sta bene. Ma vale la pena ricordare: nell’ultimo quarto di secolo, nessuna giocatrice oltre a Serena ha vinto più major. Nessuna giocatrice si è comportato con così tanta dignità per così tanto tempo. Nessuna giocatrice ha fatto più di lei per colmare il divario salariale nel tennis. Il desiderio di sparire piano piano, forte e silenziosa, e di rinunciare a uno sgargiante tour di addio, è solo suo e basta. Il panorama sportivo sarà molto più vuoto quando lei deciderà di smettere.

Traduzione di Luca Rossi

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