I dolori e Shapovalov, Nadal torna a casa (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Si può parlare di tiro mancino? Mai come in questa occasione, con Rafa Nadal battuto da Denis Shapovalov in un derby tutto con la mano sinistra. Vecchia guardia e nuova generazione, il re della terra e il canadesino che sulla terra non aveva mai avuto particolari gioie. Stavolta ha vinto Denis, che già lo scorso anno al Foro Italico aveva dato dei grattacapi al re della terra costringendolo ad annullare match point. Non succedeva dal 2008 che Rafa Nadal uscisse di scena a Roma prima dei quarti di finale, quando venne fermato da Juan Carlos Ferrero, ironia della sorte l’uomo che sta crescendo il nuovo crack del tennis che sta provando a fargli ombra. In quell’occasione, Rafa, aveva le vesciche. Questa volta, di nuovo, è il piede infortunato a fermarlo, molto più che l’ardore agonistico del canadese. Abbattuto, abbattuto, ma mai in cerca di scuse, Rafa ha ammesso che il problema era il piede sinistro che aveva iniziato a dargli molto fastidio a metà del secondo set. Non c’entra dunque la frattura al costato rimediata a Indian Wells e che gli aveva impedito di presentarsi regolarmente in campo per i suoi tornei. Niente Montecarlo, niente Barcellona, il ritorno a Madrid, senza velleità di vittoria e infine l’arrivo a Roma avevano, hanno, l’obiettivo di prepararsi per il Roland Garros. L’impero del ragazzo di Manacor che ha conquistato lo scettro del Bois de Boulogne già 13 volte e che proprio lì voleva, vuole, cercare di allungare la striscia di Slam a quota 22. Il piede sinistro con la sindrome di Muller Weiss non ha mai smesso di perseguitarlo, nemmeno dopo l’operazione di fine estate. Ma non cerca nessuna scusa, Rafa: «Non sono infortunato – ha detto Nadal in una gremitissima conferenza stampa -. lo sono un giocatore che vive con un infortunio cronico. Tutto qui, niente di nuovo. Purtroppo la mia vita di ogni giorno è così, da qualche tempo è tornato il dolore in allenamento. Ma mi congratulo con Denis, non voglio togliere nulla alla sua vittoria. Le ultime due volte ha perso con me, stavolta ha vinto. Ora il mio sogno è recuperare in una settimana ed essere pronto per il Roland Garros. Andrò a Parigi dove il mio staff medico deciderà cosa fare. Non so che terapia sarà».
Sinner scalda il tifo: «Tsitsipas, qui è diverso» (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)
Appesi a Sinner. In questa edizione da record degli Internazionali d’Italia – dove però siamo riusciti, anche a causa di dolorose assenze, a portare un unico rappresentante negli ottavi di finale dei due tabelloni di singolare – restiamo stretti stretti attorno a questo fuscello dai capelli rossi. Ieri il numero 13 del mondo – ma è destinato da lunedì a salire almeno di un gradino – ha superato il serbo Krajinovic in due set, perdendo curiosamente lo stesso numero di giochi, otto, del primo precedente, la semifinale indoor di Sofia 2021 {lì 6-3 7-5, ieri 6-2 7-6), sbarcando così per la prima volta nei quarti di finale del torneo romano, dove affronterà un Top Five come Stefanos Tiitsipas. Come ha giocato? E’ chiaro che il Sinner edizione-Vagnozzi è un progetto ancora in fase di adattamento, un tennista che quando esce dalla sua comfort zone del bum-bum da fondo campo smarrisce a volte le proprie sicurezze. Ma la capacità di alzare il livello di gioco nei momenti più difficili di una partita resta uno dei suoi punti di forza. Contro Krajinovic Jannik ha dominato il primo set per poi incartarsi sul 2-0 della seconda frazione. In un battibaleno si è trovato sotto, ma sul 2-3 0-30 ha avuto la forza di reagire e di tornare quantomeno a fare match pari. Nel tie break, un altro inopinato passaggio a vuoto l’ha porta to da 4-1 a 4-5, a due punti cioè dal terza set, ma qui ha risolto il problema con due servizi imparabili per poi chiudere la partita con un rovescio lungolinea vincente. «Sono molto felice di avere vinto – le sue prime parole di ieri –credo di aver disputato un ottimo primo set mentre nel secondo sono calato, però nei momenti difficili il servizio mi ha dato una bella mano. Contro Tsitsipas ho perso nettamente in Australia qualche mese fa, ma lì era cemento, sulla terra sarà diverso. Ho visto un po’ della sua partita con Khachanov, dal secondo set in poi Stefanos ha giocato benissimo. Io dovrò restare concentrato, evitare cali, sicuramente sarà un buon test per vedere quanto sono migliorato rispetto a gennaio. Con Vagnozzi stiamo lavorando tanto, per vedere più cose in campo, per capire cosa sta facendo l’avversario dall’altra parte e cercare il modo migliore per contrastarlo». […]
Il cerchio di Sinner (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Questa storia comincia con Tsitsipas e a Tsitsipas ritorna, quattro mesi dopo. Siamo a gennaio, Australian Open, cemento bollente e sole che picchia in testa. Jannik Sinner, opposto al greco, non si dà pace. Gioca un tennis che avverte fragile, per combattere le spinte propulsive di Tsitsi, e quello non ci mette granché a impossessarsi del match. Sinner s’incupisce, battibecca con qualcuno del suo team. Non c’è rischio di coaching. Anche l’arbitro reputa opportuno non intervenire. Ma la tensione è alta, e il disappunto di Jannik ben decifrabile nella linea sottile degli occhi. Dicono siano cominciate lì le riflessioni di Sinner, le stesse che hanno condotto allo strappo non previsto con la casa madre, l’accademia di Piatti che per otto anni ha cresciuto il ragazzo. Ma chissà se è vero. Certi cambiamenti, di solito, vengono da lontano. Quando la decisione venne presa, poco dopo quella sconfitta con Tsitsipas, Sinner spiegò che stava cercando novità per il suo tennis, nella convinzione di poterne allargare le basi, e gestirlo tra molteplici opportunità. Un percorso non facile, ma anche una mezza verità. Forse, quel che cercava Jannik era anche un’assunzione di responsabilità, un modo per affermare di essere diventato uomo, e di poter decidere da solo della sua carriera, pur tenendo conto di quanto imparato prima e dei consigli che gli avrebbe dato il nuovo coach. Simone Vagnozzi, trentanove anni, 61 Atp in singolare, 74 in doppio. Com’è cambiato Sinner? Risposta non facile. Sinner è alle prese, oggi, con un gioco d’incastri, pura enigmistica applicata al tennis. Si tratta di conficcare nel suo gioco, senza disperdere ciò che già sa fare, quelle variabili che possano rendere il suo tennis cangiante e multiforme. […] Dopo quattro mesi da quella giornata di Melbourne, al terzo mese di rapporto con Vagnozzi, l’occasione per fare il punto viene dal nuovo confronto di oggi con Tsitsipas nei quarti del Foro. […]
Wimbledon senza punti? Un favore a Berrettini (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Una ricchissima esibizione dal 27 giugno al 10 luglio, la più ricca della storia del tennis, con 47 milioni di euro da distribuire ai giocatori, che rimarranno sempre e comunque soggiogati dal fascino di Wimbledon. Ma stavolta potranno affrontarlo come una scampagnata di lusso. Il tempio dove la leggenda del tennis ha cominciato a consolidarsi fin dal 1877, potrebbe restare per quest’anno senza punti per il ranking, come conseguenza della protesta dei giocatori contro l’esclusione di russi e bielorussi dai Championships decisa unilateralmente dall’All England Lawn Tennis and Croquet Club, il club che organizza il torneo. Secondo il quotidiano inglese «The Telegraph», infatti, in questi giorni il Board dell’Atp dovrebbe pronunciarsi sulla cancellazione dei punti ottenuti in questa edizione del Major londinese, una richiesta perorata dal Consiglio dei giocatori dopo una serie di riunioni tenutesi a Madrid e poi a Roma. A quel punto, anche la Wta dovrebbe adeguarsi alle scelte del circuito maschile. Ma cosa accadrebbe se davvero l’Atp e la Wta decidessero di non assegnare punti a Londra? La soluzione più semplice sarebbe quella di far mantenere ai giocatori la dote ottenuta l’anno scorso: per cui Berrettini conserverebbe i 1200 punti, che rappresentano il 31% del suo punteggio attuale (3805). Ma siccome questa deliberazione finirebbe per favorire chi ha già una classifica *consolidata”, si potrebbe arrivare a un compromesso: i giocatori terrebbero la metà dei punti di un anno fa. C’è poi un’altra ipotesi, al momento con scarso sostegno: congelare solo i punti dei giocatori russi e bielorussi visto che sono gli unici impossibilitati a partecipare. A 49 anni dallo sciopero di 79 giocatori nel 1973, per l’esclusione dello jugoslavo Nikki Pilic, Wimbledon torna dunque a surriscaldarsi. Sei settimane per recuperare il senso della ragione.