Trevisan lascia Parigi con il sorriso (Crivelli, Giammò, Azzolini, Martucci). Nadal, oggi 36 anni e non volerli sentire contro la fame di Zverev (Crivelli)

Rassegna stampa

Trevisan lascia Parigi con il sorriso (Crivelli, Giammò, Azzolini, Martucci). Nadal, oggi 36 anni e non volerli sentire contro la fame di Zverev (Crivelli)

La rassegna stampa di venerdì 3 giugno 2022

Pubblicato

il

Arrivederci Parigi (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Un sogno spezzato non può interrompere il volo verso i cieli di una nuova consapevolezza. La Trevisan si ferma a un passo dalla storia e non diventa la terza italiana di sempre ad approdare all’ultimo atto del Roland Garros dopo la Schiavone e la Errani, ma il percorso che l’ha accompagnata fin qui dopo il primo successo in carriera a Rabat di tre settimane fa, che l’ha messa finalmente al centro del villaggio del tennis che conta, narra di una stella che ha rischiato di implodere sotto il peso delle aspettative giovanili e adesso si è tra sformata in una supernova il cui orizzonte tecnico si è fatto sconfinato. In finale ci va la baby prodigio Gauff, la talentuosa americana di 18 anni programmata per dominare come succedeva alle Williams: intanto, era dalla Sharapova a Wimbledon 2004 che una ragazza così giovane non arrivava a giocarsi la partita per un titolo Slam. Martina si è arresa a un’avversaria di valore che sta per aggredire la top ten (sarà 12 del mondo). Alza le mani, la nuova numero uno azzurra (da lunedì salirà al numero 26, prima del torneo era 59), ma certo non abbassa lo sguardo e la testa: perché prova a disegnare la sua strategia, e la persegue fino a quando le energie spremute da tre settimane sempre a tutta la abbandonano, fino a farsi fasciare la coscia destra tormentata dalla fatica all’inizio del secondo set. Il piano di gioco però è chiaro: Martina prova a dettare fin da subito il ritmo dello scambio, ad essere aggressiva per far muovere la rivale. ma le palle lavorate e pesanti della Gauff alla lunga le ingolfano la ricerca degli angoli da attaccare e stavolta il dritto mancino è un calvario da 22 errori gratuiti. In una sfida ovviamente nervosa e che concederà poco allo spettacolo, c’è tempo pure per un piccolo battibecco iniziale, quando la Gauff chiede alla giudice di sedia di impedire all’azzurra di urlare durante gli scambi («Lo fa mentre io sto ancora colpendo la palla», dirà), uno screzio che la Trevisan liquiderà con una battuta: «E pensare che mi sembrava di tenere un volume più basso del solito». I complimenti di fine partita, infatti, sgorgano sinceri: «A un certo punto sono un po’ calata di lucidità e anche fisicamente. E di conseguenza, se il fisico viene a mancare in una partita del genere, anche gli errori gratuiti aumentano. Ho cercato di giocare tutti i punti, di lottare fino all’ultimo, però credo che la cosa più importante sia stata il calo fisico. Dato anche dalla sua bravura, ovviamente». Però questa ragazza che nel 2010 abbandonò il tennis distrutta dalla tensione facendosi divorare dal tarlo dell’anoressia adesso può urlare al mondo che il cammino di gloria è appena cominciato e questa dimensione da star non la spaventa: «C’è un percorso che mi ha fatto arrivare fino a qua. Voglio continuarlo e curerò tutti i dettagli, e continuerò a lavorare, sia nelle difficoltà sia nei momenti di gioia. Quando riaffronterò delle difficoltà saprò come gestirle. Credo che con il mio tipo di gioco il fisico sia molto importante, quindi continuerò a lavorarci tanto perché poi questo mi potrà aiutare anche nelle altre superfici». La semifinale di quest’anno, ottenuta dopo 10 vittorie di fila, è il manifesto della fiducia: «Mah, il risultato del 2020 è arrivato all’improvviso e probabilmente non ero neanche pronta, poi la stagione è finita ho avuto il Covid. Ora sono più consapevole di quello che ho fatto, e voglio continuare così. Devo mantenere la concentrazione nel mio gioco, per continuare a combattere in ogni partita. Ma è importante godersi il momento, divertirsi ancora in campo e nient’altro».

Trevisan, ko e sorrisi: «Continuerò a lottare» (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Sfumato il sogno, resta la soddisfazione. Nessuna amarezza e nessun rimpianto. La consapevolezza, quella sì, di aver trovato un’avversaria più forte e di aver dato comunque tutto. E che quella uscita in semifinale al Roland Garros, è una Martina Trevisan davvero diversa rispetto alla giocatrice di un anno fa, come che il bello per lei sia appena iniziato. Cori Gauff era arrivata in semifinale senza perdere nemmeno un set e il risultato finale (6-3 6-1) è in linea con quanto da lei fatto durante il torneo: potenza, profondità e ieri anche un rovescio che da prima arma difensiva ha saputo farsi colpo d’attacco. Tuttavia, non fosse stato per una seconda di servizio troppo timida e i troppi errori gratuiti concessi (36), la sensazione è che l’americana avrebbe faticato di più a far suo un primo set durato comunque 45 minuti. Ecco, solo questo è forse il rammarico di giornata. La stanchezza accumulata in oltre due settimane di tennis, che oggi le ha causato anche un problema alla coscia oltre a impedirle di ritrovare la brillantezza dei giorni scorsi. «Oggi per me è stata una partita molto dura e difficile. Lei ha giocato un tennis incredibile, è stata bravissima in difesa» ha dichiarato Trevisan in conferenza stampa a fine match. Il risultato comunque non offusca il bilancio con cui l’italiana saluta Parigi: la toscana da lunedì sarà la nuova n.26 del ranking mondiale, diventando, con oltre trenta posizioni scalate nelle ultime tre settimane, la nuova n.1 del tennis femminile azzurro. I numeri però non raccontano dell’eredità che Martina porterà con sé da questo Roland Garros: «In queste due settimane sono cresciuta molto – le sue parole -il mio ranking è cambiato ma io devo rimanere concentrata sul mio gioco e continuare a dare tutto in ogni partita. Adesso mi godo il momento e questo risultato che è davvero molto importante per me. Per il futuro l’obiettivo è quello di continuare a divertirmi in campo. Nient’altro». […]

Trevisan, addio a Parigi con lode (Daniele Azzolini, Tuttosport)

ln fondo, Martina lo sapeva. Non avrebbe ritrovato la ragazza battuta due anni fa, che già l’aveva obbligata a dannarsi l’anima tra rincorse e recuperi da batticuore. Allora Coco Gauff aveva sedici anni, ed era poco più di una bimbetta che cercava di somigliare a Venus Williams, e un po’ perfino vi riusciva, grazie alle gambe lunghe in modo spropositato, che sul campo arrivano dappertutto. «A quell’età», aveva annunciato Martina, «le ragazze destinate a diventare molto forti crescono in fretta, cambiano atteggiamenti, diventano giovani donne ambiziose». L’immagine della ragazzina che aveva consolato sul campo dopo averla battuta, apparteneva già al passato. Tra lei e la finale, avrebbe trovato una giovane campionessa pronta a tutto. I due anni trascorsi non hanno riempito la giovane di Atlanta solo di muscoli e scatti da velocista, ma hanno aggiunto note di colori diversi al naturale spartito che tutte le più forti sanno suonare. Coco ha imparato ad attendere le avversarie, a sfruttare i loro schemi per capovolgerli a proprio favore. Lo ha fatto bene nel 2° set, quando è scappata sul 4-1 dopo un quarto game terribilmente lungo, nel quale ha trovato la strada per il break al quarto tentativo. Era il momento chiave del match, ma anche questo favorevole all’americana. Martina cercava il palleggio profondo per evitare gli improvvisi spari di Coco, ma era meno baldanzosa che in altre occasioni. «Ero semplicemente stanca, capita all’11^ partita, dopo dieci vittorie che mi hanno cambiato la classifica e un po’ anche la mia vicenda di giocatrice. Coco ha giocato meglio di me, è stata superiore, poco da dire su chi abbia meritato di andare in finale. A me è mancato il carburante, e un po’ mi ha infastidito questo problemino alla coscia», ha spiegato indicando la fasciatura che la stringeva fino al ginocchio. Forse è stato proprio quel piccolo infortunio a chiudere le schermaglie del primo set, che aveva visto le due ragazze fare a gara di break. Coco ha protestato su due palle uscite di poco, mai fischi ricevuti l’hanno convinta a cambiare atteggiamento. Si è rinserrata nel suo campo d’azione e ha fatto la prima scelta giusta di questo match. Da fondo campo, calmatasi, ha fatto muro sulle iniziative di Martina. spesso uscendone vittoriosa con le sue improvvise accelerazioni. Così, Martina sale al numero 26 della classifica Wta. «Sulla terra rossa valgo le migliori. magari non tutte, ma posso dire la mia contro chiunque. Ho giocato Parigi tre volte e ho ottenuto un quarto di finale e una semifinale. Ora punto a qualche buon risultato su altre superfici. Il cemento mi sembra quella più favorevole alle mie caratteristiche. Voglio provarci», dice Martina.

Martina, grazie lo stesso (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Non chiamatela Cenerentola. Al Grand Palais del tennis sulla terra rossa, Martina Trevisan ha dimostrato di essere una degna protagonista. Non solo perché è arrivata in semifinale, da più anziana e dalla peggior classifica, e s’è arresa solo alla predestinata Coco Gauff che, nella prima finale Slam sfida la regina della classifica e dei pronostici, Iga Swiatek, imbattuta da 34 partite. Non guardate all’anagrafe, dai 28 anni della dolce toscana bisogna sottrarre i 4 in cui s’è allontanata per ritrovare la gioia del tennis e quel gioco di varietà a tutto campo che la fa spiccare nel tennis muscolare. «Ognuno deve fare un percorso dentro di sé ogni giorno della sua vita prima ancora di pensare al suo lavoro». Davanti alla mamma e al fratello che tifavano appassionati in tribuna, la piccola mancina non s’è meritata solo un sogno, iniziato a gennaio da 112 del mondo, continuato a Rabat col primo titolo Wta, salendo al numero 59, e ora a Parigi da cui riparte con in tasca il n. 26 del mondo, rilanciando il tennis donne italiano. Come chiosa la capitana di Billie Jean King Cup, Tathiana Garbin: «È la nostra primavera». «Voglio continuare a crescere, curerò tutti i dettagli, lavorerò ancor di più sul fisico perché posso prendermi soddisfazioni anche sul veloce, che mi piace». Martina la dolce in realtà è una dura. Dopo tre settimane da sogno, il suo magnifico sorriso, contro Gauff che sembra una veterana, s’è spento insieme ai muscoli (indurimento agli adduttori e fasciatura), alla voce (invito dell’arbitro a silenziarsi nei gemiti prolungati), al dritto (25 errori): «Coco è stata un muro, molto consistente, così ha contribuito a stancarmi, non avevo energia e brillantezza dei giorni scorsi». Martina s’è arresa per 6-3 6-1, lottando in pratica solo fino ai 4 break consecutivi del 3-3. La Coco che aveva battuto due anni fa proprio a Parigi non ha replicato quei 19 doppi falli: «Voglio sempre vincere uno Slam ma non lo voglio troppo come prima». Quella di oggi non è solo una tennista più solida e continua, è una donna fatta e finita. Così, a fine match, scrive sulla telecamera: «Per favore, basta con la violenza e le armi». Messaggio che amplia ai microfoni: «Papà mi ha fatto i complimenti, era orgoglioso di me, fin da piccola mi ha ripetuto che posso cambiare il mondo con la racchetta, non solo giocando a tennis ma tirando fuori questioni come questa. Ho agito da persona qualsiasi prima ancora che da atleta, in America abbiamo un problema e le cose non cambiano da anni, niente di premeditato, stamattina ho visto che c’era stata un’altra sparatoria, non ci avevo più pensato». Coco è la più giovane finalista di Parigi da Kim Clijsters 2001: «In finale la favorita è Iga, mi ha anche già battuto due volte su due, ha già vinto qui due anni fa, io non ho niente da perdere e so che qualsiasi cosa succeda le persone che amo continueranno ad amarmi lo stesso. In famiglia non è mai contata solo la vittoria e questo mi ha aiutata a giocare sempre più libera».

Nadal, oggi 36 anni e non volerli sentire contro la fame di Zverev (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Nell’arena contro il leone più feroce. Non c’è un posto nel mondo dove quel satanasso di Rafa Nadal si senta più a suo agio e avvolto da un’atmosfera quasi mistica del Centrale del Roland Garros. E Zverev, che oggi lo sfida nella semifinale nobile, ne è consapevole: «Il tennis degli Slam è lo sport più difficile che esista. Non sai per quanto tempo resterai in campo. Non sai quale sia la preparazione giusta, quali pasti mangiare, cosa fare in partita, perché potresti giocare per un’ora e mezza oppure sei. E poi ti ritrovi a giocare contro qualcuno che di Slam ne ha vinti 21». Appunto. E oggi Rafa compie pure gli anni, 36: è la seconda volta che disputa una semifinale in questo giorno speciale. Successe già nel 2005 contro Federer, vinse il match e poi alzò la Coppa del Moschettieri per la prima volta di 13. Da quei giorni, Nadal è il padrone assoluto degli umori e delle emozioni di queste terre e quest’anno l’affetto, forse perché si inizia a scorgere il tramonto della carriera, è addirittura debordante: «La folla è stata fantastica dall’inizio del torneo, probabilmente sanno che non sarò qui per molte altre volte. La sensazione di giocare nel posto più importante e speciale della mia carriera tennistica, con il supporto di tutto il pubblico, è qualcosa di molto difficile da descrivere». Certo, poi lui ci mette sempre del suo, quasi che l’aria del Bois de Boulogne avesse il potere di rigenerarlo ogni volta. Uscito ammaccato da Roma, qui ha ritrovato la furia belluina del suo tennis e il successo nei quarti su Djokovic, il numero 110 al Roland Garros (con appena 3 sconfitte, una statistica folle) è parso il viatico verso quel 14° trionfo che accrescerebbe la leggenda e anestetizzerebbe nel cuore degli appassionati l’idea di un ritiro prossimo: «Sono sempre stato molto chiaro al riguardo, essendo vecchio abbastanza per non nascondere le cose: non so cosa succederà dopo. Il mio piede sinistro è infortunato, quindi se non riesco a trovare un miglioramento o una soluzione, diventerà molto difficile per me. Mi sto solo godendo ogni giorno in cui ho possibilità di essere qui, senza pensare molto al futuro. Ovviamente lotteremo per trovare una soluzione, ma per il momento non ne ho. Quindi solo avere la possibilità di giocare un’altra semifinale qui al Roland Garros mi dà molta energia». Insomma, oggi alle 14.45 il cuore dello Chatrier batterà solo per lui. Sascha, che se vince il torneo non solo sfata la maledizione degli Slam ma diventa pure numero uno del mondo, prova a caricarsi: «Non ho mai battuto un Big Three in un Major, ma sento di esserci molto vicino. Ho avuto partite molto dure e difficili contro di loro, ma un conto è combattere e un’altra batterli. C’è ancora una grande differenza».

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement