[5] R. Nadal b. [8] C. Ruud 6-3 6-3 6-0
Dal nostro inviato a Parigi
Sono passati dieci anni da quando Rafa Nadal, battendo in finale – toh, guarda un po’ – Novak Djokovic, superò il record di Bjorn Borg di sei vittorie al Roland Garros. E già ai tempi – ecco qui l’editoriale del Direttore dopo la finale: da cui scopriamo che allora Ubitennis aveva poco meno di 2.000 followers, beh ne abbiamo fatta di strada anche noi e un grande grazie per questo va a chi ci legge – si disse che vincere per sette volte a Porte d’Auteuil era un’impresa difficilmente eguagliabile. E invece qualcuno l’ha eguagliata: sempre lui, Rafa Nadal Parera da Maiorca, che ne ha rivinti altrettanti. Crediamo che non serva aggiungere altro per descrivere l’enormità dell’impresa realizzata dal fuoriclasse maiorchino, probabilmente la più grande di sempre a livello sportivo: 14 vittorie all’Open di Francia, il torneo di tennis più duro al mondo. La condizione fisica del 36enne fuoriclasse spagnolo apparsa meno brillante nella semifinale vinta per ritiro contro Zverev, aveva fatto ipotizzare che la solidità di Ruud avrebbe potuto, con l’allungarsi del match, dargli qualche possibilità di evitare di diventare la 74esima vittima dello spagnolo a Bois de Boulogne, il cui straordinario record parigino è ora di 112 vittorie e 3 sconfitte. Ma il match non è andato minimamente per le lunghe, dominato nettamente da Nadal (sei game persi: come con Wawrinka nel 2017, solo nel 2008 contro Federer – perdette 4 game – fece meglio), che ha impartito un’autentica lezione al norvegese – allievo della sua Accademia a Minorca, dove evidentemente dovrà tornare ancora per qualche ripetizione – che non è mai parso in grado di avere le risorse tecniche e tattiche per cambiare il destino del match.
Dalle condizioni meteo della mattinata, sembrava che Thor, il dio del tuono nella mitologia nordica, stesse cercando di dare una mano al pronipote dei vichinghi: fino alle 13 Parigi assomigliava ad Oslo, tra la pioggia, il vento e la temperatura scesa di diversi gradi rispetto a ieri. La mattinata però era iniziata con un’altra bufera, quella mediatica, per le notizie comparse sulla stampa francese in merito ad una conferenza stampa aggiuntiva di Nadal in cui avrebbe comunicato il suo ritiro, prontamente smentite dal suo agente, Benito Barbadillo, direttamente qui nella sala stampa dello Chatrier. Ma se Nadal vien definito il Titano della terra rossa, vuol dire che qualche conoscenza ai piani alti ce l’ha anche lui – del resto le Baleari prendono il nome proprio da uno dei guerrieri che aiutarono il semidio Ercole nelle sue imprese. E infatti quando si inizia non piove più (poi arriverà persino il sole) ed il tetto dello Chatrier rimane aperto. Ed il “Rafa Rafa” che si sente dalle tribune quando i due si avvicinano al giudice arbitro Keothavong per il sorteggio e poi alla presentazione dei giocatori da parte dello speaker, fa capire che lo spagnolo avrà per l’ennesima volta il supporto quasi totale dei 15.000 dello Chatrier, evidentemente non un pubblico a cui piace tifare per l’underdog.
Sicuramente il match vede di fronte il maggiore specialista di sempre del mattone tritato ed uno che sta studiando per diventare almeno il più bravo della sua generazione: Nadal sul rosso ha vinto 62 dei suoi 91 titoli, Ruud 66 partite negli ultimi due anni e mezzo, più di tutti. Insomma, visto anche il confronto tra questi due dati – oltre che per il fatto che Ruud è cresciuto negli ultimi anni all’Accademia di Maiorca – parlare di sfida tra maestro ed allievo è assolutamente appropriato. Nadal parte subito con l’intenzione di far capire a Ruud che non sarà certo oggi il giorno in cui l’allievo supererà il maestro. Lo spagnolo prende in mano sin dall’inizio gli scambi da fondo, disinnescando abilmente con le variazioni di spin, velocità e profondità il colpo con cui il norvegese di solito tende a prendere in mani le redini dello scambio, il dritto dal centro-sinistra. E puntando poi a sfondare le difese scandinave con il suo rinomato gancio di dritto. Ed è proprio questo il colpo che lo porta a doppia palla break nel secondo gioco, per poi convertire la prima grazie ad un passante incrociato di dritto e piazzare il primo allungo (2-0). Rafa però ha un inaspettato passaggio a vuoto, e con due doppi falli ed un brutto errore di dritto cede a sua volta la battuta. Ma Ruud riesce a fare di peggio, e con due errori veramente clamorosi con il rovescio e con il dritto (entrambi fuori di un paio di metri) ed un dritto steccato restituisce subito il regalo al suo idolo di infanzia. La sensazione è che il tennista di Oslo per cercare di fare match pari stia chiedendo troppo ai colpi e vada fuori giri. In questa fase del match pare veramente che Nadal sia il maestro Miyagi di “Karate Kid” e faccia capire – ma direttamente sul campo – a Ruud come si gioca sulla terra: spinte in accelerazione progressiva, difese eccelse da entrambi i lati, variazioni con la palla corta e l’attacco a rete quando serve. Ruud però con un paio di dritti toglie la cera, pardon il pulviscolo, dalle righe e prova a darsi una chance nel nono gioco, salendo 15-30 sulla battuta del maiorchino. Il 21 volte campione Slam però non ci pensa nemmeno a concedergliela: tre punti di fila ed è 6-3 Nadal, in 50 minuti circa.
Il secondo parziale parte con Nadal che non sfrutta tre palle break (soprattutto la seconda, sbagliando in larghezza un dritto inside-out non impossibile) e permette a Ruud di evitare di iniziare in salita anche questo set. L’occasione invece la sfrutta il norvegese poco dopo: vincendo uno scambio da 18 colpi si procura tre palle break e sulla prima il doppio fallo di Nadal gli permette di salire 3-1. Francamente appaiono abbastanza sgradevoli gli ululati che parte del pubblico riserva adesso alla minoranza che esulta ai punti (anche belli) di Ruud, come anche gli applausi dopo gli errori di Ruud: va bene il tifo a favore di Nadal, ma un po’ di sportività in più non guasterebbe. Comunque sia, è proprio qualche errore di troppo del n. 8 del mondo che consente al maiorchino di realizzare immediatamente il controbreak. E fugare immediatamente i dubbi su un suo possibile calo fisico, passata la prima ora di gioco, tenendo il successivo servizio a zero. Già in quel lontano 2012 Nadal disse che non sempre aveva vinto giocando bene, ma sicuramente aveva vinto perché era sempre stato presente mentalmente al 100% nel match. E con gli anni questa capacità si è ulteriormente raffinata. Rafa legge come nessuno – probabilmente solo Djokovic gli è vicino in questo – i momenti della partita, capisce quali possono essere i turning point del match. A 36 anni sa che non può più dominare tecnicamente e fisicamente per tutto l’arco del match, ma sa alzare il livello nei momenti che contano: ed infatti piazza il secondo break di fila e con un altro turno di battuta tenuto a zero sale 5-3. Non si può dire che Ruud stia giocando male, anche se il differenziale vincenti/gratuiti è leggermente negativo (15-18, del resto provate voi a far partita pari con Nadal sullo Chatrier…): semplicemente, Rafa è più forte. E il doppio fallo con cui Ruud capitola al quarto set point, sembra proprio un’ammissione di inferiorità. È ancora 6-3 Nadal, che passa a condurre per due set a zero dopo appena 1h44’ di gioco.
Nel terzo set il dominio di Nadal si fa ancora più netto. Ruud non trova soluzioni contro i topponi dello spagnolo sul centro sinistra, che non gli consentono di essere aggressivo con il dritto, se non ad alto rischio di errore (e infatti alla fine saranno ben 15 i gratuiti da fondo con quel fondamentale), mentre Rafa sapientemente attende che il norvegese accorci per poi piazzare la stoccata vincente. Che può essere un dritto vincente inside-out, una palla corta, una volée dopo un attacco profondo: insomma, stiamo assistendo ad uno show del n. 5 del mondo. Non c’è più partita: la facile volée di rovescio sbagliata da Ruud che gli costa il break del 4-0 Nadal è il segnale definitivo della resa del 23enne di Oslo. L’orchestrina sulle tribune si mette a suonare “Eviva España” e il pubblico subito la segue cantando il ritornello: ormai tutto è pronto per la festa di Rafa. Che ha inizio solo pochi minuti dopo, quando Nadal chiude con un rovescio vincente lungolinea, per il 6-0 finale, in 2h e 20’ di gioco.
Rafa alza le braccia al cielo: Parigi è sua per la quattordicesima volta. Ruud si consola con il best ranking, n. 6, e con la speranza di avere ancora tanti anni davanti per raggiungere quel trionfo parigino che i grandi specialisti del rosso degli ultimi anni (ne citiamo uno per tutti, David Ferrer) si sono visti vietare dal dominio del cannibale maiorchino. Ma oggi è l’ennesimo giorno di Rafa ed è doveroso chiudere aggiornando il conto totale degli Slam: sono 22, curiosamente anche quelli sono raddoppiati da quel Roland Garros del 2012, e l’allungo su Djokovic e Federer potrebbe essere decisivo. E attenzione, per la prima volta in carriera Nadal si ritrova in bacheca i primi due Slam stagionali: forse un pensierino al Grande Slam potrebbe farlo. Anche se il suo fisico probabilmente non sarà d’accordo, considerato che nelle dichiarazioni rilasciate alla televisione francese dopo la finale ha rivelato di aver giocato in queste due settimane con il piede “anestetizzato” , in quanto hanno trattato i nervi per renderlo insensibile in modo che Rafa non provasse dolore (ha detto che dopo il match del secondo turno contro Moutet non riusciva praticamente a camminare). Quindi stanno cercando una soluzione – ci sono diverse opzioni – per consentirgli di continuare a giocare senza arrivare a tanto. Alla fine, perciò, c’è solo una cosa da dire dopo il suo ennesimo trionfo parigino: chapeau, Rafa.