Semaforo verde (Crivelli). Berrettini, finale da giganti (Giammò). Matteo superstar (Azzolini, Rossi, Semeraro). Il padrone del Queen's va in finale (Martucci). Operazione rilancio, un guru per Sinner (Giammò)

Rassegna stampa

Semaforo verde (Crivelli). Berrettini, finale da giganti (Giammò). Matteo superstar (Azzolini, Rossi, Semeraro). Il padrone del Queen’s va in finale (Martucci). Operazione rilancio, un guru per Sinner (Giammò)

La rassegna stampa del 19 giugno 2022

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Semaforo verde (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

[…] Non sono soltanto le otto vittorie consecutive inanellate dal rientro dopo. 84 giorni di stop per l’operazione alla mano, ma soprattutto quel percorso infiocchettato da 19 successi su 20 da 12 mesi a questa parte, con l’unica delusione (relativa) della finale persa a Wimbledon contro Djokovic. Matteo, insomma, ormai è un super califfo dell’erba come dimostra la percentuale di sorrisi sulla superficie (32 partite vinte su 38, 84,2%) e il sogno dl cambiare un anno dopo il destino personale nel tempio del Centrale di Church Road (dal 26 giugno) poggia davvero su basi solidissime. Intanto, nei due tornei giocati post convalescenza, si è regalato fin qui un trionfo (a Stoccarda) e un’altra finale al Queen’s, l’anticamera più prestigiosa di Wimbledon, oggi alle 14.30 contro il serbo Krajinovic, per difendere il titolo conquistato nel 2021. […]. L’obiettivo È la serenità di chi vive una corrispondenza d’amorosi sensi con l’erba, di chi sente la condizione crescere proprio in vista dell’appuntamento più atteso. Non bastano l’avvio ritardato per la pioggia e la sospensione di 20 minuti per la stessa ragione nel sesto game del secondo set a distogliere Berretto dall’obiettivo e ad annacquarne l’aggressività e la convinzione. Le solite martellate al servizio, 30 punti su 34 con la prima, indirizzano subito la sfida, ma al consueto mostruoso rendimento alla battuta il numero 10 del mondo aggiunge proficue discese a rete e alcune soluzioni da gesti bianchi, come un attacco in chop di dritto che riporta alla mente i grandi erbivori australiani dei tempi d’oro. Il successo, tra l’altro, gli consente di conservare il primato in classifica tra i giocatori italiani almeno fino alla metà di luglio, respingendo per il momento l’assalto di Sinner: «Il mio miglior match della settimana, lui mi ha concesso poche chance e sono stato abile a sfruttarle. Non è stato facile, per le condizioni meteo e il vento, perciò sono soddisfatto». Ora non resta che completare l’opera, anche se il pensiero corre già a Wimbledon, dove i bookmaker gli assegnano il ruolo di terzo favorito dietro Djokovic e Nadal: «Non avverto nessuna pressione. Penso che quei due ragazzi ci abbiano dimostrato così tante volte che possono vincere in ogni condizione, e lo hanno fatto negli Slam anche se non erano nella forma migliore. Nadal ha vinto gli Australian Open e Parigi dopo un infortunio, quindi non mi considererei il favorito, ma mi piace pensare di poterlo vincere. Questo è l’obiettivo. Ovviamente ora sto pensando a questo torneo, è un grande torneo e sto davvero cercando la vittoria. Prima questo e poi ci concentreremo su Wimbledon». Con una consapevolezza e una fiducia temprate da una maturazione che non ha mai affrettato i tempi e scaturita da un profondo lavoro su se stesso: «Quando ero più giovane, non riuscivo davvero ad accettare la sconfitta. Mi succede un po’ anche adesso, soprattutto quando sento che non ho dato il meglio: a quel punto perdere è davvero difficile da digerire perché ti stai accorgendo di essere lì e non ti senti come se ci stessi mettendo tutto». Parola di coach La coppa dei Championships è una piacevole ossessione per il suo allievo, ma coach Santopadre è abituato a ragionare per gradi, come ha confermato in un’intervista a Insider: «Fisicamente Matteo sta bene, ha recuperato completamente dall’operazione. Ci è voluto un po’ più di tempo di quanto non ci si potesse aspettare perché si è pur sempre trattato di un intervento chirurgico. Ovviamente l’assenza prolungata dai campi ha sicuramente reso l’obiettivo della partecipazione alle Finals di Torino più un miracolo che un’impresa. Ma Matteo è molto determinato a riprendersi quello che la fortuna gli ha tolto per ritornare più forte di prima. A Wimbledon l’obiettivo minimo che ci poniamo è quello di approdare alla seconda settimana, e da quel punto in poi vedremo quale sarà la situazione e dove si potrà arrivare. Ma in cuor nostro puntiamo al massimo traguardo». Erba magica sia

Berrettini, finale da giganti (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

La vittoria ottenuta da Matteo Berrettini in semifinale al Queen’s contro Botic Van De Zandschulp, che permetterà oggi all’azzurro di andare a caccia del suo secondo titolo in altrettante settimane, è ben più di una conferma. Atteso dopo quasi tre mesi di assenza dai dubbi di chi cercava di indovinarne ruggini e limiti di condizione, Berrettini ha saputo rispondere con prestazioni e numeri che oggi si attestano come conferme ben più grandi di quelle di cui era andato in cerca nella sua stagione sull’erba. Mentre noi gli chiedevamo di dirci come stava, lui rispondendo ci diceva anche altro: abbiamo un giocatore capace di far bene sui prati. Le cifre erano lì da tempo, quella di ieri per il romano è stata la 32a vittoria sul verde in 38 match disputati. Un’evidenza più che una statistica. […]. Si dirà: è un tennis, quello sul verde, che predilige potenza e colpi su cui l’italiano ha costruito il proprio gioco. Vero, ma da qui a dare per scontate sensibilità, tocco, equilibrio, strategia, e tutte le altre cose che occorrono per dirsi giocatore da prato ce ne passa. DOPPIETTE. Messo al corrente delle sue percentuali di vittoria in carriera sul verde, in cui ha davanti a sé i soli Federer, Djokovic e McEnroe, Berrettini ha risposto: «Non lo sapevo e fa piacere, ma non voglio paragonarmi a loro tre, sono dei giocatori che hanno scritto la storia di questo sport. E’ un piacere essere qui e sto facendo di turo per imparare a giocare sempre meglio su questa superficie». McEnroe, insieme tra gli altri a Becker; Lendl, Hewitt e Murray (tutti ex n.1 del mondo), è tra quelli che qui al Queen’s sono riusciti a imporsi in due edizioni consecutive, un’occasione che se colta coinciderebbe con il settimo titolo in carriera per il romano, bravo nella semifinale contro Van De Zandschulp a mettere alle corde l’olandese fin dall’avvio. E utili si sono rivelate le energie risparmiate contro Paul: dapprima nel portare l’affondo a metà parziale, e poi nel reagire quando sottratto del servizio nel momento di chiudere il set. Prese le misure, la pioggia che già aveva ritardato l’inizio del match ha imposto una nuova interruzione, procrastinando un epilogo che sembrava ormai scritto. «Questa è l’Inghilterra – ha poi commentato a caldo Berrettini – Oggi ci siamo riscaldati tre volte, ma alla fine sono stato pronto quando era il momento di esserlo», riassumendo cosi la naturalezza con cui è riuscito a riprendere il filo del suo discorso in un secondo set in cui non ha concesso alcuna palla-break a Van De Zandschulp e che, al netto di un solo break, ha continuato a gestire con maturità, aggiudicandoselo alla prima occasione utile. SERBO. Oggi in finale lo attende Filip Krajinovic, che ha battuto Marin Cilic, vincitore al Queen’s nel 2018. I due si sono affrontati due volte sulla testa e in entrambe le occasioni fu Berrettini a vincere (Belgrado 2021, Budapest 2019). Il serbo però ieri s’è imposto a sorpresa e oggi tenterà per la quinta volta di rompere il ghiaccio con il primo titolo della sua carriera.

Matteo superstar (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Sposami, Matteo!». «Dai, fammici pensare». Risposta esatta. […] A Londra basta un microfono per l’intervista sul campo, la frase giusta, i riccioli che escono a sbuffo dal cappellino. Con la seconda finale nel torneo più antico del tennis dopo Wimbledon (il primo Queen’s è del 1890), a fare da traino. E scusate se è poco. Battuto l’olandese Botic Van de Zandschulp, 26 anni, 29 in classifica, una vaga somiglianza con l’ex juventino Bernardeschi. Van de Bernardeschulp… Vittoria in due set. Con qualche inciampo di troppo al momento di chiudere i conti. E venti minuti di stop per la pioggia. Ma ci sta… C’è un dato che impressiona nell’abbraccio tra Matteo e la superficie su cui il tennis è nato: l’83,8 per cento di vittorie ottenute, nei sette tornei che ha disputata In una classifica tra grandi erbivori si pone al quinto posto, dietro Federer (86,9%), McEnroe, Djokovic e Laver (84,8%) e davanti a Sampras, Connors, Murray e Becker. Trentuno i match giocati, solo tre le sconfitte (a firma di Goffin, Federer e Djokovic). li migliore nelle ultime due stagioni. «Strafelice», si dichiara Matteo, dopo aver placato gli entusiasmi matrimoniali del pubblico femminile. «Questa seconda finale al Queen’s, dopo la vittoria a Stoccarda, era un obiettivo importante, che ha preso forma partita dopo partita, credendoci sempre di più. Due mesi fa la mia mano si rifiutava persino di chiudersi, ora sono qui con la speranza di ripetermi in un torneo già vinto l’anno scorso, e di conquistare il settimo trofeo. Contro Botic credo di aver giocato la mia migliore partita C’era vento e le occasioni non sono state molte, ma ho giocato bene i punti giusti». Dopo le due partenze al rallenty, contro Kudla (3-6 il primo parziale) e Paul (sotto 1-4, prima di scatenarsi con cinque game filati e due break), Berrettini stavolta ha trovato da subito, senza forzare, il sostegno del servizio, e ha concesso il primo “15” a Van de Zandschulp solo nel quinto game. Il break è giunto in un gioco da 24 punti, il più lungo, che Matteo e Botic hanno interpretato come una sfida tra mufloni in amore, prendendosi a testate fino a che l’olandese, rintronato, ha spiaccicato un doppio fallo sulla rete alla nona palla break. Ma le conseguenze dei terribili impatti si sono fatte sentire anche su Matteo, che ha concesso il break nel game successivo, salva ritrovare lucidità per un nuovo break (il terzo, in successione) sul servizio di Botic, un bel game giocato dall’italiano a tutto campo, dominando gli scambi a rete. La pioggia sì è fatta viva sul 3-2 per Matteo nella seconda frazione, 30-40 sul servizio dell’olandese. Una decisione, quella di interrompere, che non è piaciuta a Van de Zandschulp, infastidito dal dover riprendere il match con una palla break da salvare. «Non potevate fermare tutto alle prime gocce di pioggia, con il game ancora da giocare?». Domanda lecita, ma tardiva Alla ripresa, venti minuti dopo, Botic ha subito il break e Matteo ha fatto corsa di testa per annettere la vittoria, impantanandosi quel tanto sull’ultimo servizio, ma risalendo svelto dallo 0-30 per chiudere in un’ora e 31 minuti. Solo 8 gli ace di giornata, ma altissima la percentuale di punti (88%) ottenuta con la prima di servizio. La finale porta con sé un avversario che Matteo conosce bene, ma non ha mai sfidato sull’erba. Filip Krajinovic ha risolto rapidamente il match con Marin Chic, mai entrato in partita Vincitore nel 2012 e nel 2018, Cilic sembrava il naturale favorito, ma Krajinovic (oggi al numero 48 del ranking, 26° quattro anni fa) ha sfruttato la pessima giornata del croato, quanto mai falloso. E ha chiuso in un’ora e 19 minuti. E’ il terzo match fra Matteo e Krajinovic, ed è la seconda finale, l’altra si giocò a Belgrado nel 2019, terra rossa, e Matteo vinse in rimonta. Più facile il successivo match, nei quarti a Belgrado un anno fa, che l’italiano risolse in due set. Primo match sull’erba tra i due, Berrettini favorito, ma sarà indispensabile tenere alto il livello del servizio.

Sull’erba della regina c’è spazio per il bis in finale con Krajinovic (Paolo Rossi, La Repubblica)

Viene da chiedersi: ma dove vi eravate nascosti? Che cosa avete mangiato? Quali sono i vostri segreti? Confessate, gente, confessate. Così sussurra radio spogliatoio tennis, riferendosi ai due finalisti del Queen’s — Matteo Berrettini, che tre mesi fa aveva un mignolo operato (la mano destra, poi…) — e Filip Krajinovic, che prima di questa finale londinese sembrava aver sposato la famosa frase di Adriano Panatta: «L’erba? È buona per le vacche…». […] Non ci fosse stato quel guastafeste di Djokovic, l’Italia avrebbe realizzato una clamorosa doppietta (Europei di calcio e Wimbledon nello stesso giorno a Londra) che avrebbe ispirato romanzi e leggende. Invece. Un anno dopo, sempre a Londra, riecco per il nostro tennista romano contro un altro serbo, Filip Krajinovic appunto. Un bravo ragazzo, per carità. Ma uno di quelli della generazione satellite di Djokovic, la cui vita ne è stata oscurata, un po’ come Nadal ha fatto con i suoi colleghi spagnoli (Alcaraz non va inserito nella lista). Un tipo, torniamo a Krajinovic, cui l’erba era indigesta, fino ai tempi del Covid (ecco, fosse questa un’altra variabile?), ed ora addirittura disputa una finale. Prima di questo torneo, sul prato aveva giocato poco e vinto mai (sempre fuori al primo turno nello Slam londinese). Ecco il perché dell’iniziale domanda: ma che avete ingurgitato in questi giorni? Perché se c’è un torneo propedeutico di Wimbledon, non potrebbe essere che il torneo della Regina. Oggi i due finalisti si vedranno alle 14.30 italiane (diretta tv Sky e Supertennis), ieri però il serbo ha disposto di quel Marin Cilic che sembra aver ritrovato una seconda vita, dopo la semifinale al Roland Garros. Ma nemmeno il fattore Medjugorje (Cilic è nato lì) ha funzionato. Scherzi a parte, toccano a Berrettini gli straordinari, e non in campo: l’olandese Van den Zandschulp non è stato problema, come già l’anno scorso in Church Road: 6-3, 6-4 e via. Ma, prima della doccia — durante il rito dell’intervista post match — ecco l’urlo dagli spalti: «Matteo, marry me!!!» (Matteo, sposami!). Ma, ladies e gentlemen, ecco la risposta perfetta in stile fair play dopo una pausa da attore: «Let me think..» (lasciami pensare). Applausi, risate, e chapeau per un ragazzo che, come direbbero quelli del marketing, “ha bucato il video”. Ma questa potrà essere la carriera del Matteo 2.0, quando si sarà stufato della racchetta, del sudore e degli sbuffi. Per il momento si diverte sull’erba (e vorremmo vedere), vive questo momento e questa striscia vincente, dopo la vittoria a Stoccarda della settimana scorsa, che vorrebbe non si fermasse mai più e incamera fiducia e consapevolezza nei suoi mezzi.

“Il mio obiettivo è uno Slam”. Queen’s, un anno dopo Berrettini ancora in finale (Stefano Semeraro, La Stampa)

Sole, vento, pioggia, Matteo Berrettini non ha paura di niente. Dopo il caldo torrido del quarto contro Tommy Paul, sul Queen’s cade la tipica pioggerellina londinese, che prima ritarda e poi interrompe nel secondo set semifinale contro l’olandese d’assalto Botic Van de Zandschulp. Ma Mr Erbettini non si scompone troppo: 6-4 6-3 in un’ora e mezzo e arriva la seconda finale consecutiva sui praticelli di Barons Court intitolati alla regina Vittoria (si gioca qui dal 1890, ma il torneo è nato nel 1884, 7 anni dopo Wimbledon). Solo un altro azzurro, l’italo belga Laurence Tieleman era approdato al big match al Queen’s (sconfitto da Scott Draper nel 1998), la differenza è che Matteo ci ha preso residenza, come spiegano statistiche che vanno aggiornate in continuazione. Quella di ieri è stata la sua 32esima vittoria su 38 match disputati in carriera sul verde, la nona su nove al Queen’s dove oggi alle 13,30 lo attende Filip Krajinovic. Contro Van de Zandschulp «ho giocato il mio miglior match della settimana», dice Matteo, che grazie alla vittoria di ieri sarà ancora n.1 d’Italia evitando per ora il sorpasso di Jannik Sinner, ma uscirà dai primi 10. Ieri in una intervista all’Equipe ha ammesso: «Negli Slam ho perso solo contro Nadal e Djokovic, ma non sono più così lontani, è questione di dettagli e un po’ di fortuna, sento di poterli battere». […]. Il serbo Krajinovic, n.48 Atp, che Matteo ha battuto due volte su due (sempre sulla terra) ha liquidato un po’ a sorpresa Marin Cilic, sarà l’ultimo test ufficiale prima di Wimbledon, che parte il 27 giugno e dove Erbettini non può nascondere ormai le sue ambizioni di Terzo Incomodo fra Nadal e Djokovic. A Eastbourne, intanto, la prossima settimana tornerà in campo il risanato Sinner, che nel frattempo ha rivoluzionato il suo staff, ingaggiando un nuovo preparatore (Umberto Ferrara), un nuovo fisioterapista (Jerome Bianchi) e soprattutto il tanto sospirato consigliere tecnico che affiancherà coach Vagnozzi: è Darren Cahill, 57enne australiano, n.22 Atp nel 1989, ex tecnico di Agassi e Murray, della Sharapova e della Halep, uno dei coach più conosciuti stimati del circuito. Era già sulla lista a febbraio, quando Sinner era ancora con Piatti e per il ruolo senti anche McEnroe. Appena si è liberato dal contratto con la giovane Anisimova è stato richiamato d’urgenza per dare più opzioni al tennis efficiente ma troppo monocorde del nostro. L’obiettivo è rendere Jannik più aggressivo e imprevedibile.

Il padrone del Queen’s va in finale (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

[…]. Così, il 26enne romano risponde all’operazione alla mano vincendo subito il torneo di Stoccarda ed andando in finale la settimana dopo al Queen’s dove difende il titolo. Da campione, si ribella allo sgambetto dell’ATP che cancella i punti in classifica al prossimo Wimbledon, quasi punendolo per la storica finale dell’anno scorso con l’estromissione, di fatto, dai “top ten”. E, nella scia del numero 1 azzurro, il 20enne Sinner, cambia fisioterapista e preparatore atletico nel nuovo team affiancando ora a coach Simone Vagnozzi il super tecnico Darren Cahill, già stratega di Andre Agassi, Lleyton Hewitt e Simona Halep. IMPERATIVO: CRESCERE Bloccato dall’infortunio, Berrettini ha lavorato molto con la mano sinistra migliorando il rovescio e la transizione a rete. Così, con la palla corta di dritto e maggior varietà, al Queen’s, quando non ha trovato gli ace 21 contro Evans e 22 contro Kudla -, nei quarti contro Tommy Paul ne ha messi giù appena 3 ma ha sfiancato il dritto zoppo dell’americano e in semifinale ha confuso ed ubriacato Van de Zandschulp con soluzioni tecniche alternate, a partire dai passanti, sfoderando una freddezza più decisiva degli 8 ace. Perché, per la pioggia, il match è iniziato in ritardo ed è stato interrotto dopo un’ora e un quarto, è ripartito con 10 gradi di meno e vento freddo. «Ieri sembrava di stare in Italia, oggi siamo tornati a Londra», scherzerà l’eroe. BRIVIDI Se era stato shocking l’inizio di venerdì (0-3 1-4), come definire il sesto game iniziale di sabato con 8 palle-break che sfumano finché VDZ non si suicida col doppio fallo del 2-4, coi nervi sfibrati da quell’italiano che non molla mai? E come targare il game del 5-3, quando Matteo serve per il set dopo aver perso un solo “15” in 4 turni di battuta ma si accartoccia su se stesso, stecca e concede il primo doppio fallo e il 5-4? Ebbene, esattamente come dopo il primo set perso con Kudla, Matteo è tornato a spingere e rischiare, s’è buttato a rete e ha strappato di dritto il 6-4. Poi, forse l’olandese è stato sfortunato a doversi fermare per 20 minuti proprio sul secondo break point, ma quanto bravo è Berrettini ad attaccarlo e mettergli pressione e prendersi di forza il 4-2? E quanta personalità dimostra sul 5-3 0-30 quando riemerge infilando i 4 punti decisivi dopo un’ora e mezza, abbracciato alla rete ma anche con una piroetta di dritto che il povero VDZ si sognerà di notte? ALTRI NUMERI RECORD Il 19/20 nelle ultime partite e la promozione alla finale numero 10 (7 successi, 3 sull’erba), carica il numero 10 del mondo: «E’ stato un match molto tosto ma penso di aver giocato il miglior match della settimana, sono molto contento di quanto ho conquistato finora, due settimane fa avrei detto che sarebbe stato impossibile. Non vedo l’ora di giocare la finale. Sto giocando il miglior tennis della carriera, o almeno quello dell’anno scorso. Confermarmi vorrebbe dire tantissimo». Alle 14.30, diretta Supertennistv, incrocia Krajinovic che non aveva mai vinto una partita sull’erba e beffa Cilic per 6-3 6-3. Col serbo, Matteo è favorito dal 2-0 su terra e dalle 4 finali di fila sul verde dal 1990, come Djokovic, Murray e Roddick, a 5 Sampras, a 13 re Federer. Miti, come Berrettini. 

Operazione rilancio, un guru per Sinner (Roland Giammò, Il Corriere dello Sport)

Il rodaggio è finito e coerentemente con quanto disse a febbraio, al momento di comunicare la sua nuova collaborazione con coach Simone Vagnozzi, Jannik Sinner ha ultimato la definizione del proprio team, inserendo Darren Cahill come nuovo supervisor. L’australiano, già mentore in passato di Hewitt, di Agassi e in tempi recenti di Simona Halep, è l’ultimo innesto operato dall’altoatesino che nei giorni scorsi aveva già provveduto alla nomina di Jerome Bianchi quale fisioterapista (trascorsi con Titsipas, Wawrinka e Sharapova) e di Umberto Ferrara come preparatore atletico (già in team con Vagnozzi ai tempi della partnership con Marco Cecchinato). […]. Nella parola crisi infatti c’è nascosta la radice “scelta”, momento risolutore che – giusto o sbagliato, lo dirà il tempo – dovrebbe risolvere il momento di difficoltà che ci si è trovati ad affrontare. Se quattro mesi fa fu il quarto perso agli Australian Open contro Tsitsipas ad innescare il processo, stavolta non appare un caso che abbia scelto le quasi tre settimane di assenza dal circuito per portare a compimento il progetto. Ritiratosi contro Rublev a fine maggio, durante gli ottavi del Roland Garros, e prossimo al ritorno in campo domani a Eastbourne, è un tempo fermo, quello dell’assenza, che Sinner ha sfruttato per tracciare provvisori bilanci da cui ripartire, realizzare fino in fondo quali e quanti siano stati i progressi fatti in virtù delle scelte operate e quali ancora gli step da compiere per colmare le lacune note e le indicazioni nuove con cui sta arricchendo il suo gioco. ADIDAS. Come farà, e quale sarà la differenza che Darren Cahill apporterà al suo team resta al momento un mistero, che andrà svelandosi col passare dei giorni. Sul suo sito di consulenze, si legge che «Darren è disponibile ad assistere persone motivate a raggiungere il loro potenziale, giocatori e allenatori» e lo stesso Cahill, che fino al 2015 è stato responsabile del Player Development Program creato da Adidas, ha raccontato in un’intervista che quel progetto ha dato «ottimi risultati quando applicato a un team già esistente, che si è riusciti a indirizzare sulla strada giusta», e che l’aspetto più gratificante del suo lavoro risieda proprio nel constatare i progressi dei propri assistiti, giocatori e coach Ripensando oggi agli sprazzi dei lavori in corso emersi nel gioco di Sinner in questa prima metà di stagione, Cahill potrebbe essere quindi il consolidatore ideale per acquisirli definitivamente. Simona Halep, che con lui si issò fino al n.1 del ranking, confidò che tra i motivi che influirono sulla sua decisione, oltre alle qualità di coach, ha pesato anche la personalità, «il modo in cui riusciva a comprendermi, a capire il mio carattere, e per come ha provato a cambiarmi pur lasciandomi restare me stessa». A collaborazione conclusa, fu la stessa romena a definirlo la persona più importante della mia vita, non solo agonistica, quella grazie a cui sono riuscita a vincere i miei titoli più importanti». A Eastboume, Cahill sta già lavorando con il team di Sinner e siederà nel suo box. Tempo per individuare nuovi progressi non mancherà. Occorreranno pazienza e integrità fisica pera per vederli sbocciare

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