Darren Cahill: «Sinner ha tutto per diventare il mio nuovo n. 1» (Cocchi)

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Darren Cahill: «Sinner ha tutto per diventare il mio nuovo n. 1» (Cocchi)

La rassegna stampa di domenica 26 giugno 2022

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Berrettini: «Wimbledon val bene un fioretto» (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

La ricerca del suo splendore nell’erba comincerà martedì contro il cileno Cristian Garin, battuto nei due ultimi confronti diretti. Matteo Berrettini, 26 anni, che i bookmaker londinesi dopo la finale dell’anno scorso vedono tra i primi tre favoriti di Wimbledon (insieme ai due giganti Novak Djokovic e Rafael Nadal) è troppo sgamato per cascarci: «Nulla è scontato, ogni torneo fa storia a sé: mi aspetta un match con il coltello tra i denti». Però Matteo non è mai arrivato sulla soglia dei Doherty Gates così in forma e in fiducia. E pazienza se i parrucconi dell’All England Club non hanno avuto il coraggio di sceglierlo testa di serie davanti a Ruud, Tsitsipas, Alcaraz, Aliassime e Hurkacz. Matteo, se lei dovesse spiegare a un alieno la sua magia sull’erba, una superficie che all’inizio non amava, che parole userebbe? «Gli direi che c’è voluto del tempo perché io amassi l’erba. II primo clic è avvenuto in Coppa Davis, India-Italia a Calcutta, playoff 2019. Il secondo l’anno scorso tra il Queen’s e Wimbledon. E’ un tennis diverso e insolito, che va al di là dell’aspetto tecnico. E’ un feeling totale con la superficie, la pazienza che richiede, l’accettazione del rimbalzo irregolare: è come se l’erba mi chiedesse di sentirmi emotivamente a mio agio perché si crei la connessione perfetta».

Di ritorno dallo stop per l’operazione al dito temeva che la mano destra non fosse più sufficientemente forte da colpire la palla come prima. Sono arrivati due titoli di fila. Come si trasforma un pensiero negativo in due trionfi?

Ho tantissima voglia di riprendermi quello che mi è stato tolto. Le difficoltà mi motivano: guardavo il dito con i punti e la mano dolorante e sentivo crescere la cattiveria agonistica. Il momento peggiore sono stati gli Internazionali del Foro Italico: gli altri in campo e io fermo, davanti alla tv. Ecco, quel pensiero lì ancora oggi è un motore pazzesco.

Dire ad alta voce «voglio vincere Wimbledon» è un altro step di consapevolezza?

Sono sempre stato cauto con le parole. Ora sento che non serve più nascondermi. Sto giocando bene, scoppio di fiducia: entro nel torneo con la ragionevole certezza di poter arrivare lontano. La strada per la finale la conosco già. II sentiero è tracciato, i ricordi sono felici. L’esperienza dell’anno scorso mi ha insegnato tanto: come gestire il tempo tra i match, le emozioni, le attese, le notti. Tornare in finale, se dovessi meritarmela, sarebbe un’emozione meravigliosa ma forse un po’ meno sconvolgente: l’ho già vissuta. […] Mi sento più pronto, più forte, migliore. A Parigi, Londra e New York, nel 2021, ho perso sempre da Djokovic. Direi che è arrivato il momento di batterlo.

Fatto inedito in 100 anni di storia in Church Road: il club ha permesso allenamenti sul centrale. I primi siete stati lei e Nadal. Un riconoscimento, anche questo.

Sì, i soci del club hanno dato il loro benestare. E stato bello ed emozionante, un piccolo motivo d’orgoglio. Rafa è fatto di una pasta molto diversa da noialtri, non è ancora stufo di spingersi oltre I suoi limiti. Per vincere il 14° Roland Garros ha lottato cinque set con Aliassime, quattro con Djokovic. Di certo sta alla grande Rafa! Gliel’ho detto quando ci siamo allenati insieme sul centrale: ho finito gli aggettivi, non so più cosa dirti. Io Rafa lo rispetto tantissimo, e lui lo sente.

È disposto a fare un fioretto per vincere Wimbledon, Matteo?

Niente che includa sforzi fisici, però. Sarei disposto a un taglio netto della barba, a raparmi a zero o a tingermi di biondo. Niente di più estremo, sennò quando torno a Roma nonna Lucia non mi fa più entrare in casa.

Djokovic: «Sono qui per emulare Sampras» – Nadal: «Gioco al buio e mi manca Federer» (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Sui prati dell’All England Club non perde addirittura da cinque anni. Era il 2017 quando – opposto nei quarti di finale al ceco Tomas Berdych – Novak Djokovic, grande favorito dei Championships 2022, era stato costretto al ritiro per infortunio. Per una sconfitta al termine di una partita intera, viceversa, bisogna ritornare a sei anni fa, contro lo statunitense Sam Querrey. Da allora ha infilato 21 vitrorie consecutive, che gli sono valse altri tre trofei di Wimbledon, per un totale di sei coppe. Solo una in meno del suo idolo da bambino, Pete Sampras. Domani al campione serbo toccherà l’onore di inaugurare il Centre Court, che celebra il suo centesimo anniversario dal trasloco in Church Road. Dall’altra parte della rete Nole – che ha disputato solo un’esibizione nell’esclusivo circolo di Hurlingham per prepararsi all’erba – troverà il coreano Soon-woo Kwon, n.75 del ranking. «Per adesso sto molto bene. Ho preferito non iscrivermi ad alcun toneo, come d’altronde ho già fatto in passato, riuscendo comunque a vincere. Nel corso degli anni credo di aver imparato ad adattarmi abbastanza velocemente alle diverse superfici. E non c’è ragione perché non possa succedere anche questa volta». Riuscisse ad ottenere il settimo sigillo sull’erba deIl’All England Lawn Tennis Club, Djokovic diventerebbe il quarto tennista dell’era Open a trionfare a Wimbledon per quattro anni di fila, come Bjorn Borg, Sampras e Roger Federer. «La prima vittoria di Pete Sampras a Wimbledon è stato il primo match di tennis che ho visto in tv nella mia vita. Mi piacerebbe eguagliare il suo record quest’anno. E’ esagerato dire che il tennis sull’erba sia uno sport diverso, ma non c’è dubbio che bisogna aggiustare i movimenti, la tattica, la posizione in campo. Differenze che bisogna sernpre tenere a mente».

Sui nobili prati di Church Road manca – causa pandemia e vicissitudini fisiche – ormai da tre anni. Mai ritorno fu più felice. Eppure Rafa Nadal giura di non pensare al Grand Slam: dopo i due trionfi a Melbourne e Parigi, la sua priorità è stare bene fisicamente. «Non voglio parlare del mio piede ogni giorno. Posso dire che la situazione è in netto miglioramento e che finora non ho sentito dolore. Ma non c’è alcuna sicurezza matematica. Per adesso sono felice perché ho potuto allenarmi bene nel corso dell’ultima settimana, ma la strada è ancora molto lunga, ed è assolutamente inutile guardare troppo lontano. Quando mi sveglio la mattina non sento dolore, e posso camminare senza problemi il più delle volte. Ad oggi mi basta così». Nel primo turno Nadal attende l’argentino Francisco Cerundolo. Un esordio (sulla carta) privo di insidie, che gli consente una breve escursione con la memoria al 2003, quand’era ancora sedicenne. «Ero già venuto a Wimbledon l’anno prima, da juniores. Non ho mai avuto ambizioni assurde, né mi sono mai chiesto se potessi o meno vincere questo torneo. Il mio unico pensiero era migliorare, giorno per giorno, conoscere meglio questa superficie». Alla quale si è presto adattato, vincendo due volte (2008 e 2010). «Ma per me quest’anno non conterà il passato. E’ da tanto tempo che non gioco partite ufficiali sull’erba, non ho riferimenti attendibili. Anche se non è un pensiero che mi preoccupa. Sono concentrato sul lavoro quotidiano, mi basta e avanza». Per la prima volta dal 1998, sui prati londinesi mancherà invece Roger Federer, ancora fermo per l’infortunio al ginocchio. Un’assenza significativa anche per Nadal. «Abbiamo condiviso tantissimi momenti importanti per entrambi – ricorda – Abbiamo giocato contro in tutti gli stadi più importanti ad eccezione di New York. Mi dispiace non esserci riuscito, ma allo stesso tempo so che la nostra rivalità mi ha aiutato tantissimo a crescere e migliorare, trovando sempre nuove motivazioni».

Cahill: «Sinner ha tutto per diventare il mio nuovo n. 1» (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Quale posto migliore per seminare un futuro di successi se non i verdi prati inglesi? E infatti è sull’erba di Wimbledon che si stanno mettendo le basi per il futuro di Jannik Sinner. II talento altoatesino, che già domani scenderà in campo contro Wawrinka, ha iniziato a lavorare da qualche giorno con il nuovo team che oltre a Simone Vagnozzi prevede anche il super consulente Darren Cahill, il preparatore Umberto Ferrara e il fisioterapista Jerome Bianchi. Il tecnico australiano ci ha raccontato dei primi giorni insieme al nuovo assistito e dei progetti per II futuro più immediato. Darren, quando ci sono stati i primi contatti con Sinner? «Abbiamo Iniziato a sentirci dopo Roma, poi sempre più spesso, soprattutto quando si è fatto male al Roland Garros. Abbiamo parlato molto sia con lui che Simone e capito che c’era il margine per fare cose buone insieme. O almeno di provare a farle. Cosi dopo 4 mesi in Australia a ricaricare le batterie sono volato in Gran Bretagna e stiamo pian piano entrando sempre più in sintonia. Lui è uno dei talenti più interessanti del tennis e quindi, anche se non da vicino, ho seguito la sua evoluzione. Mi ha confermato l’idea che mi ero fatto. Un ragazzo estremamente educato, grande lavoratore e appassionato. Caratteristiche che rendono più semplice il lavoro di un team.

Avete già iniziato ad approfondire qualche aspetto del suo gioco?

Per il momento ci stiamo conoscendo. Ci siamo presi questo periodo per fare gruppo, come si dice, “spogliatoio” e capire cosa vogliamo gli uni dagli altri. Le premesse sono ottime, Sinner è un grande talento che ha lavorato con due ottimi allenatori capaci di portarlo a grandi livelli. Io spero di portare un po’ della mia esperienza e aiutarlo, insieme a Simone, a evolvere. Migliorare e crescere per arrivare ai livelli che gli competono.

Come pensate dl dividervi “compiti” lei e Simone Vagnozzi?

Dopo Wimbledon, dove io sarò anche occupato come commentatore di Espn, ci siederemo tutti insieme a parlare e decidere del futuro. E spero sarà un orizzonte lontano e proficuo per entrambi. Lui non mi ha chiesto una cosa in particolare, abbiamo discusso di come si vede tra due o tre anni e come vorrebbe si sviluppasse il suo gioco. Per quanto mi riguarda, ora dobbiamo fare in modo che lui rafforzi al massimo le cose che sa già fare molto bene. Poi pian piano migliorerà anche su altre aree del gioco. La comunicazione col giocatore è molto importante, bisogna parlarsi, capirsi. E poi l’aspetto tecnico è fondamentale. Lavorare su diverse strategie di gioco in maniera da avere tanti colpi, tante alternative tattiche. E poi lavorare sul fisico. Va trattato con la massima attenzione e cura. Ha già iniziato con un lavoro specifico e i primi risultati si stanno vedendo. È un percorso, non bisogna affrettare i tempi.

Avrà notato che l’erba però gli è un po’ indigesta…

Non è la sua superficie preferita, certo, ma avrà modo di cambiare idea. Penso che ii suo gioco sia adatto a questa superficie e lo capirà anche lui in futuro.

Lei ha portato alla vetta Hewitt, Agassi, di recente Simona Halep. Ci sono qualità che accomunano Sinner a questi campioni Slam?

Il numero 1 è una conseguenza. Quello che ho sempre cercato di fare con i miei giocatori è renderli solidi tecnicamente e mentalmente, in grado di padroneggiare il loro tennis e di migliorarlo. La classifica poi viene da sé. Di certo Jannik è già molto maturo e sa cosa vuole, e questa è una caratteristica dei grandi.

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