Wimbledon: Nadal non poteva fare altro. Puntare allo US Open (senza Djokovic) è decisione saggia

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Wimbledon: Nadal non poteva fare altro. Puntare allo US Open (senza Djokovic) è decisione saggia

Non avrebbe mai potuto vincere due partite di fila servendo a tre quarti di velocità. Avesse battuto Kyrgios si sarebbe fatto male per chissà quanto. Peccato una sola semifinale però. Djokovic-Norrie, la meno interessante

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Rafa Nadal ha preso la decisione che mi aspettavo.  E che avevo ipotizzato nel mio editoriale di ieri. Avesse dovuto giocare una sola partita, con Kyrgios, poteva aver un senso provare a scendere in campo, pur servendo a tre quarti di velocità. Anche se un conto è giocare due set su tre, un altro tre su cinque. Sperando magari di incontrare un Kyrgios sottotono e di riuscire a batterlo. Ma poi con Djokovic?

Rafa è venuto qui con l’obiettivo di vincere lo Slam n.23, aveva recuperato dal problema del piede accusato a Parigi, aveva trovato un buon livello dopo 3 anni senza erba, ma ieri aveva dovuto soffrire troppo per battere Taylor Fritz al tiebreak del quinto set.

Il torneo non avrà quindi la semifinale più attesa. E Kyrgios va in finale senza giocare, primo australiano dal 2003, quando Philippoussis perse da Roger Federer al primo dei suoi 8 successi wimbledoniani.

Mi immagino come si deve sentire oggi Taylor Fritz, se ieri ha pianto per l’occasione perduta. Non so chi possa sentirsi peggio, fra Fritz e Nadal. Rafa si era già ritirato una volta nel corso di uno Slam, a Parigi nel 2016 al terzo turno, e contro Wawrinka in finale all’Australian Open non aveva potuto difendere appieno le sue chance.

Che a 36 anni un giocatore che gioca a questi livelli possa passare da un acciacco all’altro ci sta, va messo proprio in preventivo. C’è chi si è fatto male perfino facendo un bagnetto ai figli…

A fine Roland Garros, torneo soffertissimo e vinto con un piede dai nervi anestetizzati, Rafa temeva addirittura di dover appendere la racchetta al chiodo.

Invece un miracoloso recupero gli ha permesso addirittura di presentarsi a Wimbledon per tentare la conquista del suo terzo titolo qua e, soprattutto, quello del 23mo Slam che lo avrebbe messo al riparo per un annetto dalla rimonta (eventuale) di Djokovic.

E adesso Rafa, costretto a mollare questa presa Brit, non molla però quella dell’estate americana (“Vorrei essere pronto per Montreal”) che culmina con l’ultimo Slam della stagione a New York, laddove al momento non sembra proprio che Novak Djokovic possa giocare, visto che non intende vaccinarsi (e quindi non giocherà neppure Montreal e Cincinnati).  

Insomma l’incubo del ritiro è svanito, l’obiettivo del 23mo Slam è ancora raggiungibile – senza Djokovic è meno complicato anche se ci sarà il ritorno di Medvedev e Rublev a bilanciare – e la decisione di Rafa è proprio propedeutica alla ripresa agonistica, la più rapida possibile senza compromettere il futuro peggiorando la situazione: “Fra una settimana sarò già in grado di giocare, anche se soltanto scambiando da fondocampo, e non certo per servire. Ma fra tre settimane spero di sì…in queste condizioni non ha senso giocare qua perché non mi basterebbe eventualmente vincere una sola partita… – ha detto agli spagnoli – mi dispiace perché penso che stavo giocando a un buon livello e sempre meglio… non sto dicendo che avrei vinto, ma solo che qualche chance l’avrei avuta”.

I biglietti – carissimi – di questo venerdì non verranno rimborsati, perché basta giocare più di un’ora e il rimborso non viene dato. Però immagino che a chi li ha comprati girino parecchio le scatole perché a dir la verità, l’unica semifinale che davvero meritava d’essere vista era quella del decimo duello fra Kyrgios e Nadal (che aveva vinto 6 sfide su 9 e tutte le ultime tre), anche se magari gli inglesi si illudono che il loro Norrie possa infastidire Djokovic. Io no. E non perché ricordo come Djokovic dominò Norrie a Torino nelle Finali ATP nell’unica sfida fin qui disputata. Secondo me – e magari verrò smentito dai fatti perché nel tennis può sempre accadere che un giocatore faccia la partita della vita e l’altro invece incappi nella giornata più nera – Djokovic rispetto a Norrie è proprio di un’altra categoria.

Per quanto riguarda il torneo femminile non poteva esserci una finale più inedita a Wimbledon 2022: una tunisina, terza africana (dopo la sudafricana Renee Schuurman all’Australian Open 1959 e l’altra sudafricana Sandra Reynolds a Wimbledon nel 1960 e nel 1962) e prima donna araba di sempre nella finale di uno Slam, e una kazaka nata a Mosca che se non avesse scelto il passaporto kazako come la Putintseva, Kukushkin, Bublik e tanti altri non avrebbe neppure potuto giocare qui a Londra, a seguito dello stop imposto a russi e bielorussi.

Ons Jabeur, testa di serie n.3, dietro Swiatek e Kontaveit, non può tuttavia essere considerata un’assoluta sorpresa, dopo i risultati raggiunti a Madrid, Roma e Berlino (nonostante il passo falso al primo turno di Parigi). Invece la Ribakina, testa di serie n.17, non era davvero favorita contro Simona Halep ma l’ha battuta seccamente con la Halep che, passata da Cahill a Mouratoglou, non ha davvero servito come doveva: 9 doppi falli e alcuni proprio sulle palle game. La Ribakina invece serviva assai bene. 

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