Tre arbitri tunisini squalificati dalla ITIA alla vigilia della finale della connazionale Jabeur

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Tre arbitri tunisini squalificati dalla ITIA alla vigilia della finale della connazionale Jabeur

Trentaquattro anni complessivi di ban per aver manipolato i punteggi

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Non solo i tennisti, ma anche gli arbitri di sedia diventano talvolta protagonisti dei comunicati diramati dalla ITIA, la International Tennis Integrity Agency. Trattandosi di un organo che si occupa di “integrità”, va da sé che quando parliamo di protagonisti intendiamo personaggi ritenuti colpevoli di violazione di una o più norme del Programma Anti-Corruzione del Tennis. Come per i giocatori, anche quelli appollaiati sul seggiolone che vengono pescati a barare non hanno quasi mai nomi di primissimo piano. E neanche di secondo, invero, tanto che la maggior parte delle volte le news della ITIA non diventano notizie. Questa volta evidentemente sì, quindi potrebbe esserci un motivo, sulla cui bontà sospendiamo temporaneamente il giudizio. Dunque, dopo aver messo in fin di vita le regole del giornalismo anglosassone con questa introduzione, cerchiamo di rianimarle in extremis.

La ITIA conferma che tre arbitri tunisini sono stati espulsi dallo sport dopo essere stati riconosciuti colpevoli delle accuse di match-fixing. Si tratta del green badge Majd Affi, colpevole di 12 capi d’accusa per eventi occorsi tra il 2017 e il 2020 e “bannato” per 20 anni; dell’altro green badge Mohamed Ghassen Snene e del white white badge Abderahim Gharsallah, entrambi fuori per 7 anni dopo essere stati riconosciuti colpevoli di 4 capi d’accusa collegati a un evento in Tunisia nel 2020. I badge verdi e bianchi sono quelli dei livelli inferiori, che ancora non valgono a chi li indossa lo status di “arbitro internazionale”. Quello che i tre facevano, secondo l’Ufficiale Anti-Corruzione Jane Mulcahy, era manipolare l’inserimento dei punteggi nel dispositivo in dotazione – punteggio che non rifletteva quello effettivo sul campo.

A questo punto, anche se potremmo non farlo, sottolineiamo prima la nazionalità degli arbitri coinvolti: tutti e tre sono tunisini. Poi, anche se potremmo eccetera, evidenziamo che è la stessa di Ons Jabeur. Per la prima volta nella storia dell’umanità una giocatrice (e che giocatrice!) araba ad arriva in finale a Wimbledon e il giorno prima di quella finale viene pubblicato il comunicato della ITIA sul ban dei tre suoi connazionali. Se questa non è una coincidenza incredibile, cos’è? Beh, c’è chi ha parlato di giustizia a orologeria per molto meno, ma qui non si fa fantascienza, nonostante l’assist volante (non identificato) che vorrebbe fornirci l’8 luglio, l’anniversario della prima uscita sulla stampa di quello che diventerà il “caso Rosewell”.

A proposito di coincidenze sospette, Novak Djokovic ha raggiunto la sua ottava finale a Wimbledon battendo un mancino; poco dopo, Dusan Lajovic, anch’egli belgradese, al Challenger di Salisburgo è stato sconfitto da un mancino. Due notizie che, al pari di quelle di Ons e dei tre arbitri, si divideranno le prime pagine delle rispettive testate nazionali. Oppure no.

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