Da Bologna per la Davis, Panatta: "Possiamo vincerla. Se assomiglio a qualcuno è Berrettini". Bertolucci: "Questa squadra non ci assomiglia in niente, a parte la qualità"

Coppa Davis

Da Bologna per la Davis, Panatta: “Possiamo vincerla. Se assomiglio a qualcuno è Berrettini”. Bertolucci: “Questa squadra non ci assomiglia in niente, a parte la qualità”

Le parole dei due rappresentanti principali dell’unica Italia campione in Davis, sognando un’altra impresa

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Adriano Panatta e Paolo Bertolucci
 

Dopo tanta attesa è finalmente arrivato il grande giorno, quel giorno che segnerà l’esordio degli azzurri, sul terreno di casa della Unipol Arena di Casalecchio di Reno (Bologna), nelle eliminatorie di Coppa Davis, l’ultimo ostacolo prima della fase finale di novembre. L’Italia, dopo la sorprendente vittoria della Svezia sull’Argentina, affronterà la Croazia, chiudendo la prima giornata del gruppo A, dove dovrebbe essere nettamente favorita (specie alla luce del forfeit di Marin Cilic) per conquistare il primo posto. E un altro fattore importante, oltre alla qualità in campo e al sostegno del pubblico, saranno anche due telecronisti d’eccezione: Paolo Bertolucci, come sempre per Sky (che per la prima volta coprirà la Davis), e soprattutto, dopo 25 anni, Adriano Panatta per Rai. Entrambi sono stati intervistati da La Stampa, e partiamo proprio dalle parole di quest’ultimo.

Abbiamo due singolaristi molto forti, specie su questa superficie“, spiega parlando della squadra l’ex n.4 al mondo, “e un doppio tra i 3-4 più forti. Possiamo davvero vincere la Coppa Davis; senza Cilic la Croazia ha perso il 50%“. Si dice spesso che in questa competizione l’effetto di giocare per la propria nazione mischi i reali valori dei giocatori, ma Panatta non è propriamente di questo avviso: “Non ho mai creduto in questo, se il più forte resta concentrato vince sempre. Però è vero che giocando due set su tre i più forti, che hanno più margine di recupero, sono svantaggiati“. Considerando infine il passato, e che lui ha fatto parte parte dell’ultima (e unica) squadra italiana campione di Davis, non mancano un paio di domande sui paragoni con ciò che è stato: “Bertolucci dice che assomiglio a Musetti…stavolta ha detto una puttanata. Non si possono fare paragoni, sono tempi e tennis troppo diversi. Lorenzo ha una bella mano, ma mi assomiglia più Berrettini. Paolo poi è unico e inimitabile…“. Su Bertolucci, il compagno di sempre: “Non faccio il telecronista da 25 anni, lui è più allenato, non conosco tanto i doppisti, chissà cosa dirò. Ma al 90% dice le stesse cose che direi io, vediamo il tennis alla stessa maniera“.

La prima domanda per Bertolucci, in un’intervista quasi parallela ad un altro grande del nostro tennis, riguarda proprio il confronto con quella squadra del ’76: “Magari Musetti ricorda un po’ Adriano, per il resto non ci assomigliano in niente, a parte che è una squadra forte. Può vincere come arrivare seconda o quarta, diamole due anni di tempo, ma la chance c’è“. “É cambiato tutto“, prosegue l’ormai noto telecronista, “noi avevamo una sola guida ed eravamo cresciuti insieme, loro vivono separati. Poi con questo formato il doppio conta un terzo, non un quinto, se perdi un singolare sei già nel panico, mentre una volta se eri sotto 2-0 potevi recuperare. Se la Croazia va 1-1, al 70% può passare, grazie al doppio“. La domanda su Alcaraz-Sinner tocca poi anche le corde di una rivalità che si allarghi alla Davis ( che Bertolucci nel formato attuale non scende giù: “Mi accontenterei che lo chiamassero Campionato del mondo a squadre“) : “Alcaraz vincerà molto, infortuni permettendo. Con Sinner vedo bene Rune, Kyrgios, Berrettini, ma tutto può succedere“. Anche lui chiude con un commento sulla telecronaca di oggi sua e di Panatta: “Gli proporrò di scambiarci le cuffie. Così ci licenziano, o magari non se ne accorge nessuno“.

Anche la Gazzetta dello Sport, poiché oggi lo sguardo degli appassionati gravita tutto intorno alla Unipol Arena, ha intervistato i due ex campioni, però insieme simpaticamente, regalando anche momenti scaccia tensione nel corso del servizio. Si parte ovviamente dalla possibilità di ripetersi, e da Bertolucci: “Abbiamo due potenziali top 10 come Matteo e Jannik oltre al resto della squadra, e sono giovani e forti. L’unica vera incognita arriva dal nuovo formato: con soli due singolari e un doppio non puoi permetterti di perdere un punto, perché con quattro singolari al 90% vinceva la squadra più forte. Ma è innegabile che abbiamo un potenziale enorme“. Panatta: “Il collega Bertolucci è un professionista, cosa posso aggiungere? Credo che l’Italia abbia i due singolaristi più forti al mondo, specie sul veloce, e possiamo vincere la Coppa Davis“. “Ci vuole il cuore, la passione per la squadra“, prosegue Paolo, ipotizzando di voler vincere, “bisogna andare tutti nella stessa direzione e fidarsi…oltre a saper giocare bene a tennis. E mi pare che in questa Italia gli ingredienti ci siano tutti“. “Sì, ma non mi venite a dire che la maglia della nazionale ti dà i superpoteri“, si allaccia prontamente Adriano, “perché non è così. Semplicemente quando un giocatore più debole ne affronta uno forte è più motivato. Poi quando le cose si complicano, viene fuori il valore tecnico. Ma questa volta, con giocatori così forti, possiamo davvero crederci“.

Non dimentichiamo, inoltre, che entrambi sono stati capitani di Coppa Davis, ruolo mai abbastanza celebrato, come per primo sottolinea Bertolucci: “Più che difficile, delicato. Per prima cosa devi conoscere benissimo i tuoi giocatori, e quanto puoi spingere con l’uno e con l’altro. E loro devono avere piena fiducia in te. Una volta ad esempio a Milwaukee, durante il doppio che stavamo vincendo per battere gli americani, mi si è spento Nargiso. Ha iniziato a lamentarsi, a dire che non sapeva giocare a tennis e che faceva schifo. Al cambio di campo gli ho dato una bella strigliata. E ha funzionato, perché lo conoscevo. Se lo avessi fatto con Furlan o Sanguinetti, avrebbe avuto l’effetto opposto“. Anche la linea di Panatta, per una volta, è molto simile: “Il ruolo di capitano è complesso. C’è un lavoro in campo e uno fuori, e devi essere bravo in entrambi Ho sentito che non serve a nulla, se non per passare l’acqua e l’asciugamano, ma non è per niente così. Io non l’ho mai vissuto così, e neanche Paolo“. Ma, soprattutto, da capitani, avrebbero fatto giocare l’altro? “Certo, abbiamo sempre visto il tennis alla stessa maniera“, va sicuro Bertolucci, “ci bastava incrociare gli sguardi, se pensavamo le cose non andassero bene, per metterci tranquilli“. Conferma anche Panatta: “Vero, sempre bastato uno sguardo per intenderci. Siamo cresciuti insieme, vediamo il gioco dallo stesso punto di vista. Poi magari a un consiglio tecnico gli avrei risposto ‘già lo so…’“. I presupposti per divertirci ci sono tutti, non ci resta che aspettare il verdetto del campo in compagnia di questi due fenomeni, memori di “quella squadra”, 46 anni fa.

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