La stampa italiana sul ritiro di Federer (Crivelli, Giammò, Azzolini, Martucci)

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La stampa italiana sul ritiro di Federer (Crivelli, Giammò, Azzolini, Martucci)

Prime pagine di Gazzetta e Corriere. La rassegna stampa di venerdì 16 settembre 2022

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Grazie FedeREr (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il Re Sole tramonta. Adesso il suo cielo è ammantato solo dalla leggenda. Il tennis è stato lui, Roger Federer, divinità della racchetta apparsa all’orizzonte per predicare la bellezza dei gesti bianchi di antica memoria ormai perduti, la raffinatezza dei gesti, la leggerezza delle movenze, sotto lo scudo magico di un talento inimitabile. Il 15 settembre 2022 resterà perciò nella storia del mondo come la data che segna lo spartiacque tra due epoche, quella del Maestro di Basilea e quella che verrà dopo, quando niente sarà più come prima. Federer sceglie Instagram per l’annuncio che infrange milioni di cuori: la Laver Cup della prossima settimana sarà il suo ultimo torneo. Poi abbandonerà per sempre il tennis. Una decisione che si avvertiva nell’aria e che aveva già messo in subbuglio la schiera planetaria dei Rogeriani: le ginocchia, operate tre volte dal 2020, non gli consentono più di avere una carriera professionale ad altissimo livello, l’età (41 anni già compiuti) e il tempo che scorre inesorabile hanno scalfito anche un monumento che pareva inattaccabile e dunque l’eliminazione al quarti con Hurkacz a Wimbledon il 7 luglio 2021 rimarrà negli annali come l’ultima uscita ufficiale del Divino. Numeri e trofei alla mano, si potrà discutere in eterno su chi sia stato il più grande di tutti i tempi, ma certamente nessuno ha determinato sul proprio sport l’impatto che Federer ha avuto sul tennis: si e trasformato ben presto in un’icona globale solo per la sua eleganze dentro e fuori dal campo e non certo per atteggiamenti e comportamenti estremi, con un carisma illuminante che non ha mai avuto bisogno di mettersi sopra le righe, nutrito solo dallo splendore del suo gioco; un fenomeno che si è posto sopra il banale conteggio dei risultati per guadagnarsi il rispetto di tutti gli avversari, nessuno escluso. E pensare che Roger, da ragazzino, viene soprannominato «Piccolo Diavolo» perché spacca le racchette e litiga con tutti i rivali quando perde. E di certo non è umile, se dopo aver vinto l’Orange Bowl, il campionato del mondo under 18, appende nello spogliatoio la scritta «Il numero uno abita qui». Nel 2001, a Milano, durante la finale con Boutter, il pubblico tifa compatto per il francese, preferendolo a quello svizzero spocchioso e con lo chignon perfettamente consapevole delle sue qualità e dunque sprezzante come tutti i geni di talento. Ma è proprio da quel successo, il primo in carriera, che Roger comprende l’inutilità di lasciarsi dominare dai nervi, diventando un modello inimitabile di educazione. Nello stesso anno, negli ottavi a Wimbledon, interrompe il regno di Sampras, ma dovrà aspettare altre due stagioni per coronare il sogno del primo Slam, sempre sui sacri prati londinesi, presto convertiti nel giardino di casa. E l’inizio di un dominio che nel quadriennio 2004-2007 produce 11 vittorie Slam, 237 settimane consecutive al numero uno e probabilmente la miglior singola annata di sempre di un giocatore, il 2005, con 85 vittorie e appena 4 sconfitte. Gli resta soltanto da sfatare la maledizione del Roland Garros, dove il nemico più amato, Nadal, gli impedisce sempre di sognare in rosso. Ma quando nel 2009 Rafa cade con Soderling agli ottavi, il Maestro completa finalmente il suo Slam personale. Poi, l’irrompere imperioso di Djokovic crea una tripla rivalità che trasporta il tennis in una dimensione ultraterrena, alimentando un’irripetibile Generazione Dorata, la più straordinaria di sempre. […]

Federer, il tennis si ritira (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

La Laver Cup che prenderà il via il prossimo 23 settembre a Londra sarà l’ultimo evento agonistico che Roger Federer disputerà sul circuito Atp. Un singolare, forse, il doppio in coppia con l’amico Rafa Nadal, chissà. Poi basta. Roger Federer si ritira. Ad annunciarlo è stato proprio lo svizzero dai suoi profili social alle ore 15 di ieri, guarda caso 15 settembre. La coincidenza del numero, quel 15 da cui tutto ha inizio in campo e che questa volta reca in sé la fine di un viaggio, «il più bello dei viaggi che mi ha portato fino a qui», come scritto dal Maestro nella sua lunga lettera d’addio al tennis. Gli ultimi suoi gesti in campo resteranno quelli del 7 luglio 2021, quando ai quarti di Wimbledon perse in tre set da Hubert Hurkacz. Assente da più di un anno dal circuito e reduce dalla terza operazione alle ginocchia, è da quasi due anni che Federer aveva iniziato a percorrere il suo viale del tramonto abituandoci alla sua assenza. La speranza tuttavia, era quella di godercelo ancora un po’. Lui stesso ad aprile aveva fatto sapere che avrebbe giocato in autunno a Basilea, nella sua città natale. E ancora a giugno, quando ai microfoni di SRF Sport dichiarò che aveva intenzione di restare in campo anche per tutto il 2023: «I prossimi tre o quattro mesi saranno fondamentali per capire e definire il mio futuro». Meno di dieci giorni fa però il quotidiano elvetico Tages-Anzeiger aveva rivelato che nel suo ginocchio era tornato a formarsi dei liquido che ne rallentava il rientro. I successivi accertamenti devono aver evidentemente convinto Roger a compiere il passo definitivo arrendendosi a un logorio fisico che né la chirurgia né la sua dedizione hanno potuto arrestare. «Ho lavorato duro per tornare pienamente competitivo, ma conosco anche capacità e limiti del mio fisico e il messaggio che mi ha mandato di recente è stato chiaro – si legge nel messaggio inoltrato da Federer – Il tennis mi ha trattato in maniera molto più generosa di quanto avrei mai potuto sognare e ora devo riconoscere che è arrivato il momento di chiudere la mia carriera». Colleghi, tifosi, istituzioni e tornei, sono tantissime le persone che fin da pochi minuti dopo l’annuncio hanno ringraziato Roger Federer per i suoi 24 anni di carriera. […] Tra i messaggi più toccanti non poteva mancare quello di Rafa Nadal, «avversario e amico» con cui Federer ha dato vita a una delle rivalità più epiche che lo sport abbia mai visto: «Speravo che questo giorno non arrivasse mai— ha scritto il maiorchino via Twitter — è stato un piacere ma anche un onore e un privilegio condividere con te tutti questi anni, tanti incredibili momenti dentro e fuori dal campo. E tanti altri ce ne saranno in futuro, perché tante ancora sono le cose da fare insieme».

Il più grande (Daniele Azzolini, Tuttosport)

La grande bellezza del tennis non ha ancora un futuro assicurato, e da ieri nemmeno un presente certificato. Vi sono indizi confortanti, proposte meritevoli della massima attenzione. Vi sono giovani che accendono nuove scintille. Alcaraz con il suo tennis ping pang. Sinner con la facilità estrema nel colpire la palla. Certi dritti di Matteo Berrettini. La sua forza di volontà e quei suoi servizi che cadono dall’alto. Loro e altri, tutti coinvolti in una rigenerazione che fa bene al nostro sport e solleva speranze. Ma ieri Roger Federer ha detto che per lui è tempo di farsi da parte, quel tempo tante volte rimandato, che a lungo ci ha concesso una dolce illusione. Ora l’illusione è svanita. Il non ritorno è diventato l’unica certezza. Insieme all’obbligo di scrivere che da oggi la bellezza del tennis si coniuga al passato, stimolando riflessioni che attraversano venti anni e più della nostra vita. Forse non per molto. Speriamo, non per molto… Ma oggi è così. Ed è bella anche la lettera con cui Federer ringrazia e lascia che siano altri a proseguire sullo stesso tracciato. È un’eredità difficile da sostenere. È stato lui il primo a spingere il tennis nella fantascienza dei numeri irraggiungibili. Lui a costringere tutti a fare un qualcosa in più. A crescere come atleti. A sentirsi tennisti fino a rendere inutile la carta d’identità. Nasce con Federer il concetto di sport senza età, che già in tanti hanno sposato. […] «Alla mia famiglia del tennis e non solo…». Comincia così la lettera che Roger ha pubblicato su Instagram. «Di tutti i regali che il tennis mi ha dato, il più grande e rappresentato dalle persone che ho incontrato lungo la strada. I miei amici, i miei avversari, e ancora di più i tifosi che danno allo sport la propria vita. Oggi, voglio condividere una notizia con tutti voi. Come molti sanno, gli ultimi tre anni mi hanno presentato sfide sotto forma di infortuni e operazioni. Ho lavorato duramente per tornare in piena forma. Ma conosco i limiti del mio corpo e ultimamente i messaggi che mi ha mandato sono diventati chiari. Ho 41 anni, ho giocato oltre 1.500 match lungo 24 anni. Il tennis mi ha trattato con più generosità di quanto avessi mai sognato, e ora devo saper riconoscere che è giunto il momento di mettere fine alla mia carriera professionistica. La Laver Cup della prossima settimana a Londra sarà il mio ultimo evento ATP». L’era Federer comincia nel 2001 con l’assalto a Sampras e assume forma definitiva dal 2003 con la prima vittoria nello Slam, contro Mark Philippoussis, un australiano di mamma trevigiana. Wimbledon cercava l’erede dell’americano vincitore di sette titoli, e fu subito chiaro che la ricerca fosse terminata. Il nuovo Pete svizzero era finalmente comparso su quella stessa erba. Più forte, però. Capace di fare tutto ciò che sapeva fare lo statunitense ma aggiungendo qui e là gemme di tecnica purissima. Un dritto a tratti più violento, un dominio del campo assoluto, un gioco sempre di prima intenzione, con i piedi attestati sulla linea bianca della battuta, dove giocano solo coloro che si fidano ciecamente del loro anticipo e non hanno intenzione di lasciare un solo centimetro di campo agli avversari. Cercava solo un successore, il torneo, e finì per condurre il tennis in una nuova dimensione. […] Ivan Ljubicic, l’ultimo coach, è tornato sui motivi che rendono Federer il Più Grande in un’intervista di ieri, a Sky. «È stato unico. L’uomo dei grandi numeri. Il più amato. Al punto da vincere per diciannove anni di seguito il premio come giocatore più apprezzato dagli appassionati del nostro sport. Ha continuato ad alzare l’asticella, e ha obbligato tutti a inseguirlo. Poi qualcuno l’ha anche superato, ci sta, ma lui è stato il primo, sempre. ll primo a mostrare a tutti che si può vincere tutto. Il primo a dominare il tennis per 52 settimane l’anno. La sua stagione più bella? Il 2017, equamente divisa con Rafa Nadal in quanto a vittorie nello Slam». […] «Grazie anche ai miei avversari – scrive Roger -. Sono stato fortunato a giocare dei match epici che non dimenticherò mai. Abbiamo combattuto con correttezza, con passione e con intensità. Ci siamo sempre spinti l’uno con l’altro e insieme abbiamo portato il tennis a nuovi livelli». Siamo stati fortunati anche noi, che lo abbiamo seguito da vicino per tutti questi anni. E stato bello. Grazie a te, Roger.

Grazie, Roger (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

 Roger Federer è stato il massimo del tennis e ha trasceso il suo sport come pochissimi altri atleti immortali: Michael Jordan, Ali, Maradona, Carl Lewis. Come loro è stato semplicemente unico nella facilità che hanno solo i campionissimi nell’eseguire i gesti più difficili, addirittura impossibili per tutti gli altri. E quando è entrato nei famosi “Federer moments”, come li ha definiti lo scrittore David Foster Wallace, ha unificato anche il tifo regalandoci «una vera e propria esperienza religiosa», da restare a bocca aperta e applaudire. Di più: da chiedere immediatamente il bis, da non potersi più staccare da quello spettacolo sublime, da innamorarsi di lui, della sua eleganza innata, dei movimenti perfetti del tennista ideale, del campionario completo di tutti i colpi. Perché la sua forza non è stata solo il servizio mille funzioni come il classico coltellino della sua Svizzera o il sensazionale dritto, o le leggiadre volée o la mitica risposta anticipata, la SABR, il rovescio a una mano, che molti hanno visto come il suo colpo debole perché si è infranto contro il dritto in top spin di Rafa Nadal. La forza di Federer è stata l’interpretazione sempre nuova di ogni colpo che usciva dalla racchetta regalando alla palla una luce divina. Tanto da valergli l’appellativo di Magnifico. Il grande avversario Nadal lo saluta così: «Vorrei che questo giorno non fosse mai arrivato, è triste per me e per gli sportivi di tutto il mondo». Il primo Federer, quello che a 19 anni scalzò Pete Sampras dal feudo di Wimbledon nel 2001, iniziando poi la sua epopea dal 2003, con 5 titoli di fila nel Tempio e altri 3 più avanti, era votato al servizio-volée e poco propenso ad allenarsi fisicamente. Finché non ha incontrato il preparatore atletico Pierre Paganini. Così, dal 2003 al 2009, ha disputato addirittura 21 finali Slam su 28, aggiudicandosi praticamente tutto, con 5 titoli consecutivi anche agli US Open, per completare il Grande Slam personale sfatando il tabù terra rossa al Roland Garros dopo 3 finali di fila perse contro il rivale storico, Nadal, nel 2009. Il Federer quasi imbattibile è finito praticamente agli Australian Open 2010, col 16° Slam. Poi Nadal, Djokovic e anche Murray, stimolati dal suo esempio e dalla sua continuità, gli hanno reso la vita sempre più difficile spingendo sempre più sul fattore fisico. Così, dopo la grande abbuffata, dal 2010 al 2017, Roger ha vinto solo un altro Slam, Wimbledon 2012. La sicurezza del campione della leggerezza è stata intaccata da sconfitte dolorose, e ha accusato i primi gravi traumi, alla schiena e alle ginocchia. Quando ha annunciato che la sua stagione si chiudeva anzitempo dopo la bruciante semifinale persa con Raonic a Wimbledon 2016, per operarsi, sembrava finito. Ma quand’è tornato, a gennaio 2017, grazie all’amico-coach Ivan Ljubicic, ha sfoderato il gioco più efficiente, brillante ed offensivo di sempre, tirando il rovescio e spingendosi prima possibile a rete. Così ha sorpreso Nadal nella finale degli Australian Open 2017, recuperando da 1-3 e palla dell’1-4 al quinto set. Dopo di che ha rivinto Wimbledon a 5 anni di distanza, senza cedere una set e facendo piangere Cilic sul Centre Court. Ha firmato l’ultimo dei 20 Slam agli Australian Open 2018, ma ha ricominciato a dare segnali negativi contro avversari che prima batteva con facilità. Poi, sfortunatissimo, quando stava giocando forse il suo miglior tennis sulla terra rossa, è stato stoppato nelle semifinali del Roland Garros da un assurdo vento. E praticamente si è eclissato insieme ai due match point mancati nella finale di Wimbledon 2019 contro Djokovic e la buona semifinale degli Australian Open 2020 sempre contro il campione serbo. […] Noi lo ricordiamo sempre gentile, educato, disponibile, generoso e, soprattutto, artista unico. Grazie, Roger.

C’è anche Sinner al ballo della Davis (Fogacci)

Nella vittoria sulla Croazia ha aiutato i compagni da bordo campo. Ma oggi è il giorno dell’esordio in coppa Davis all’Unipol Arena di Bologna di Jannik Sinner, il numero uno azzurro, tenuto precauzionalmente a riposo dal capitano Volandri nel primo match. Ora è pronto a dare il proprio contributo, per mostrare la completezza e le potenzialità di una squadra che fino ad ora ha dato dimostrazione di forza e solidità e con l’Argentina cerca i punti per la qualificazione ai quarti di finale di Malaga. «Sinner contro l’Argentina è a disposizione» ha confermato il tecnico dell’azzurro Simone Vagnozzi alla vigilia. In Davis il percorso di Sinner è netto, con cinque vittorie in singolare in altrettanti incontri. Per il numero 11 del mondo un intenso allenamento ieri mattina sul campo dell’Unipol Arena, che ha confermato che il problema alla caviglia riscontrato agli US Open è completamente risolto. Con il rientro del numero uno, l’Italia mette in vetrina tutte le proprie potenzialità, una squadra di altissimo livello, che oltre a singolaristi nei primi 30 dei ranking ATP può contare su un doppio che dopo la vittoria sui croati Metkic e Pavic, continua ad acquisire sempre più consapevolezza nei propri mezzi, tanto da considerare Simone Bolelli e Fabio Fognini una delle coppie da battere in ogni competizione. «Giocare in casa è un vantaggio enorme – ha detto Bolelli, che a Bologna è pure nato – avere tutto il pubblico che tifa per te è bello. Mercoledì hanno dato un grandissimo supporto anche a Musetti e a Berrettini e dobbiamo sfruttare il più possibile questo vantaggio». Riguardo alla loro prova con la Croazia gli ha fatto eco Fognini: «È stato un bel match e anche se eravamo sotto 6-3 3-2, sapevamo di potercela fare e di essere molto vicini a loro. II finale è stato un po’ rocambolesco ma sono contento perché con questo format tutti i punti contano e questo 3-0 può valere molto». Si guarda avanti, a quell’Argentina che dopo la sconfitta nella prima giornata con la Svezia, oggi si gioca tutto. Il capitano Coria, dopo la scelta di Baez nella prima giornata, dovrebbe mettere in campo Cerundolo che giocherà come secondo singolarista, mentre Schwarzman affronterà il numero uno azzurro. Il doppio sarà ancora formato da Zeballos e Maximo Gonzalez che hanno ottenuto il punto della bandiera con la Svezia. […]

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