Le moltitudini di Federer e la sua Grande Bellezza

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Le moltitudini di Federer e la sua Grande Bellezza

Il campione svizzero suscita ricordi che vanno al di là dello sport, sfociando nella Letteratura e nel Cinema

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Roger Federer - Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

In Italia sotto i Borgia per trent’anni ci furono guerre, terrore, omicidi e carneficine ma ne vennero fuori Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di democrazia e pace e che cosa hanno prodotto? Gli orologi a cucù”. Se Orson Wells riscrivesse oggi il copione de “Il terzo uomo” alla caustica battuta sopra citata potrebbe aggiungere  “e Roger Federer”,  il Michelangelo del tennis che ha annunciato la sua decisione di ritirarsi dall’attività agonistica.

Oltre che per il rientro a Roma del vescovo Ursino dopo un lungo esilio (correva l’anno 367 d.c., fonte Wikipedia), il 15 settembre verrà quindi ricordato dai posteri come il 5 maggio del tennis.

“…Così percossa, attonita La terra al nunzio sta” e, con tutto il rispetto per Alcaraz – nato proprio il 5 maggio – e i suoi colleghi “…né sa quando una simile Orma di piè mortale La sua cruenta polvere A calpestar verrà”.

Federer scenderà in campo (forse solo in doppio? anche Severin Luthi fa sorgere dubbi) a Londra dal 23 al 25 settembre per la Laver cup, e poi calerà il sipario sulla sua fulgida carriera. L’ultimo risultato ufficiale di Federer in un torneo Open sarà quindi costituito dal 6-0 subìto sul campo Centrale di Wimbledon nel 2021 contro Hurkacz, a dimostrazione del fatto che a questo mondo non c’è giustizia e se c’è è incomprensibile per noi comuni mortali.

Dal 26 settembre in avanti il mondo degli appassionati di tennis si dividerà tra coloro i quali hanno avuto la fortuna di vivere le sue gesta in tempo reale e chi si dovrà accontentare di sentirsele raccontare. Chi scrive, ai suoi nipoti dirà che vedere Federer giocare dal vivo era come vedere i delfini nuotare nel mare.

Non abbiamo dubbi sul fatto che il tennis sopravvivrà all’uscita di scena di Federer come sopravvisse al ritiro di Laver, Borg, McEnroe, Sampras. Ma noi sopravvivremo? La risposta al 5 maggio: “ai posteri l’ardua sentenza”.

In attesa di scoprirlo dedichiamoci alle celebrazioni del caro estinto (sportivo), consci dei rischi che le celebrazioni comportano. “Una risata vi seppellirà” dicevano i giovani del ’68 ai loro sconcertati genitori borghesi. Speriamo non ci venga riservato lo stesso trattamento dai nostri lettori. Anche i più accaniti fan di Djokovic e Nadal riconoscono che ‘bellezza’ e ‘Federer’ costituiscono un binomio indissolubile.

La tocchiamo piano e cominciamo la celebrazione del Maestro Svizzero citando un celeberrimo verso tratto da “Ode su un urna greca” di John Keats: “Bellezza è verità, verità bellezza, questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta”. Se qualcuno conosce un modo migliore per descrivere l’essenza del gioco di Federer non esiti a segnalarcelo.

Restiamo su Keats; se mai un giorno vi capiterà di visitare il cimitero acattolico di Roma, fermatevi davanti alla sua tomba dove il poeta volle che venissero incise le seguenti parole: “qui giace un uomo il cui nome era scritto sull’acqua”. Si sbagliava. Il suo nome non è svanito come spuma sull’acqua e neppure quello di Federer seguirà quella sorte.

Sarà capitato anche a voi. non di avere una musica in testa bensì, come noi, di stupirvi di fronte all’inesauribile varietà di soluzioni tecniche e tattiche contenute nel caleidoscopico gioco di Federer, un artista capace di creare con racchetta e pallina haiku tennistici e al tempo stesso di gettare al vento partite già vinte, portando i suoi ammiratori da uno stato di estasi assoluta a uno di costernazione ancor più assoluta, poiché è noto come le sconfitte restino nel cuore ben più a lungo delle vittorie.

Per questa ragione il gioco di Federer ci ha spesso portato alla mente un verso di Walt Whitman, il padre della poesia americana, che di sé stesso scrisse: “Mi contraddico? Ebbene sì, mi contraddico. Sono vasto. Contengo moltitudini (dal poema “Canto su me stesso”). E quale contraddizione può essere più grande che perdere a 38 anni una finale di Wimbledon dopo essere stato sul punteggio di 8-7 40-15 contro il numero 1 del mondo? Una sconfitta così terribile da essere paradossalmente magnifica.

Potremmo proseguire all’infinito questo gioco di citazioni, partendo per esempio da David Foster Wallece che ne “Il tennis come esperienza religiosa”, dedica un capitolo di mistica devozione a Federer per passare poi a Rod Laver che di lui disse “gioca a tennis nel modo in cui il tennis deve essere giocato”. ma rischieremmo di diventare ripetitivi e in fondo crediamo di avere già raggiunto il nostro scopo: dichiarare il nostro amore e la nostra gratitudine nei confronti di Roger Federer per averci regalato venti e più anni del suo immenso talento.

Abbiamo però tenuto in serbo per la chiusura un’ultima citazione che potrà forse dare un pizzico di speranza a chi ancora non sa darsi pace. È il titolo di una canzone di Franco Califano. Eccolo: “Non escludo il ritorno”.

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