Nadal fuori dalle Finals (Crivelli, Giammò, Guerrini). Toni Nadal "Il mio tennis da Rafa a Felix" (Semeraro). Pandemia finita, Nole vuole riprendersi tutto (Azzolini)

Rassegna stampa

Nadal fuori dalle Finals (Crivelli, Giammò, Guerrini). Toni Nadal “Il mio tennis da Rafa a Felix” (Semeraro). Pandemia finita, Nole vuole riprendersi tutto (Azzolini)

La rassegna stampa di mercoledì 16 novembre 2022

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Nadal k.o. totale (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il leone ferito non rinfodera gli artigli. Respinto una volta di più dalla maledizione delle Finals, l’unico grande torneo che non abbia mai vinto, e sconfitto da Auger-Aliassime, l’allievo dell’uomo che ha costruito la sua leggenda, cioè zio Toni, Rafa Nadal oggi china la testa, ma con lo spirito guerriero che gli ruggisce dentro nonostante le ammaccature del fisico, ha già fissato gli occhi sul domani. E quando i libri di storia racconteranno la grandezza titanica di un campione irripetibile, saranno frasi come quella che pronuncia dopo la seconda e definitiva caduta torinese a testimoniare le ragioni della sua ascesa verso il mito: «Non so se raggiungerò ancora il livello che avevo prima, ma state certi che morirei per riuscirci». Lotta, Rafa, e sicuramente offre una qualità di gioco migliore rispetto all’uscita con Fritz, ma la condizione atletica precaria non gli consente di spingere con le gambe, il servizio non gli apre gli angoli e Auger-Aliassime, sulle cinque palle break che potrebbero restituire ossigeno al maiorchino, è chirurgico e letale alla battuta (alla fine, 16 ace). Spalle al muro, senza via d’uscita nel torneo, Nadal esce tuttavia dalla contesa allargando già l’orizzonte al 2023, fiducioso nella millesima resurrezione, perché le dieci lettere della parola arrendersi non appartengono certo al suo vocabolario: «Vengo da un periodo complicato e considero una fortuna essere qui adesso. L’aspetto positivo è che sono riuscito a giocare due tornei nelle ultime tre settimane. L’unica cosa che posso fare è lavorare, e continuare a fare le cose che servono per darmi la possibilità di iniziare con delle chance reali la prossima stagione. Non credo di aver dimenticato come si gioca a tennis, come si è forti mentalmente. Devo solo recuperare tutte le sensazioni positive, la fiducia e la mentalità forte di cui ho bisogno per essere al livello che voglio». La ricetta, ovviamente, non cambia, anche a 36 anni suonati e con il carico di gloria di uno dei più grandi sportivi della storia: «Rimanere umile, per accettare che davanti a me c’è un’altra sfida difficile, perché gli ultimi sei mesi sono stati molto complessi. L’Australia? So che devo essere pronto a soffrire». Resettare e ripartire. Rafa lo fa da una vita, lo ha fatto tutte le volte che il fisico gli ha chiesto il conto di una carriera fantastica eppur assai logorante, ma forse questa sconfitta sarà più dolce perché dall’altra parte della rete si è trovato di fronte la nuova proiezione in campo di zio Toni Nadal. Il parente più famoso della storia del tennis, stavolta, non sceglie una postazione neutra come era accaduto per la sfida agli ottavi al Roland Garros, ma assiste al match dall’angolo del canadese, anche se non lascia trasparire alcuna emozione. Ora dopo due anni di collaborazione i risultati cominciano a maturare: «Felix è cresciuto mentalmente e ha più controllo della palla – spiega Toni – prima colpiva molto bene, ma il suo tennis era leggermente fuori controllo. Poteva giocare una buona partita, realizzare grandi colpi, ma adesso è più stabile. Il suo livello è salito. […] Con Felix ho una buona relazione, sono con lui in ogni momento anche se a distanza; sono un consulente e do la mia opinione. Mi piace che le cose siano chiare e sono abituato a dirle senza peli sulla lingua. Lui è una persona buona, è molto educato. A Barcellona, in primavera, ha giocato abbastanza male e gliel’ho detto subito dopo, e quando ha finito mi ha ringraziato. A New York gli dissi che con quel rovescio non poteva diventare un top 5 perché sbagliava troppo, e che avrebbe dovuto migliorarlo. Da quel momento è cresciuto molto. Non è una questione di dedizione, ma di desiderio nel migliorarsi. La cosa principale è voler cambiare ciò che stai sbagliando. Gli ho parlato e gli ho chiesto: “Qual è la differenza tra Nadal, Djokovic e il resto dei giocatori? Loro vincono anche quando giocano male”. Questa è la grande differenza».

Nadal eliminato. «Non sarò mai più il n.1» (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Giornata di conferme e tabù quella vissuta ieri a Torino nel corso delle ATP Finals. La conferma porta il nome di Casper Ruud, alla sua seconda partecipazione consecutiva alle ATP Finals e qualificatosi ancora una volta alle semifinali dopo aver battuto in tre set l’americano Taylor Fritz. Match giocato da entrambi al limite. A far la differenza sono stati pochi dettagli: un lieve calo nelle prime di Fritz in alcuni momenti chiave del match, l’intelligenza con cui Ruud ha saputo giostrare ben oltre la linea di fondo campo in attesa di un’incertezza altrui su cui capitalizzare i suoi sforzi, e infine la ricerca di una risposta che – vista l’efficacia dei rispettivi servizi – poteva attestarsi come unico grimaldello in grado di incrinare le certezze che i due erano stati bravi a costruirsi. Il tabù riguarda invece Rafa Nadal, battuto in due set (6-3, 6-4) da Felix Auger-Aliassime ed eliminato da un torneo che in carriera continua a sfuggirgli. Quest’anno Rafa avrebbe potuto mirare al bersaglio grosso, perché in caso di affermazione finale da imbattuto per lui, oltre al titolo di Maestro, ci sarebbe stata anche la soddisfazione di chiudere la stagione da n.1 del mondo. «Non seguirò mai l’obiettivo di diventare numero 1. Il mio corpo, l’età e la mia situazione non mi permettono più di inseguire questo obiettivo», ha dichiarato lucido Rafa a fine match. […] La sconfitta di Rafa è garanzia di chiusura della stagione da n.1 del mondo per Carlos Alcaraz: nessuno prima di lui ci era mai riuscito così precocemente (19 anni, 6 mesi e 10 giorni). Le coincidenze non finiscono qui però, perché ieri all’angolo di Auger-Aliassime c’era Toni Nadal, zio e mentore di Rafa. «Nessun consiglio particolare – ha precisato il canadese – solo pensare a dare il massimo, certo che ritrovarsi di fronte Rafa è sempre speciale ed esser riuscito finalmente a batterlo è una gran bella soddisfazione». L’esperienza però gioca in favore di Rafa. Quasi vent’anni di permanenza sul circuito ATP hanno lui insegnato la ricetta per tirarsi fuori da situazioni complicate come quelle che hanno contraddistinto il suo 2022: «Quello che sta succedendo in campo nelle ultime due settimane non è una grossa sorpresa. E’ qualcosa che può succedere, sono stati mesi molto difficili e devo solo accettarlo. Ora serve continuare a lavorare per avere la possibilità di vincere nel 2023. Dubbi in vista del 2023? Chi non ha dubbi è arrogante. Ma bisogna restare positivi, altrimenti le cose non andranno mai bene».

«Risultato atteso. Adesso al lavoro per tornare in alto» (Piero Guerrini, Tuttosport)

Un campione lo sa, un fenomeno lo sa due volte, lo avverte. Rafa lo sapeva e non è sorpreso. Ma nemmeno si sogna di mollare, ha ancora obiettivi e sente di poterli realizzare. O perlomeno di poterli inseguire ancora. Viaggiando verso i 37 anni, da vecchio lupo di mare spelacchiato e con acciacchi grandi quanto la sua tenacia. Rafael Nadal ha perso contro Auger-Aliassime, che aveva battuto sulla terra prediletta, al Roland Garros. Stavolta però zio Toni era nel box del canadese e non in tribuna come invece a Parigi, quando non voleva creare problemi o insinuare dubbi nel nipote. Toni nel box con la tuta dell’Academy di Nadal, Toni che guarda un po’ più spesso il nipote, forse per indicare poi suggerimenti a Felix. Forse perché non potrebbe fare altrimenti. Ha perso senza mai dare l’impressione di poter sovvertire l’esito, il destino. Ma, per l’appunto, l’aveva previsto: «Non ho mai potuto contrastare il suo gioco, la sua efficacia e potenza. Ho lottato tino alla fine. Ma su questa superficie, nelle attuali condizioni, per come sono andate le ultime settimane, non poteva andare diversamente. Sono stati mesi difficili. E dopo tanti problemi è già positivo essere qui. Di recente mi sono allenato bene, ma questi risultati erano previsti, non avevo grandi speranze. Devo accettare che adesso cominci il mio 2023. Dovrò lavorare come sempre per avere la possibilità di giocare ad alto livello». […] Non penso proprio di aver dimenticato come si giochi a tennis, né come essere forti mentalmente, devo soltanto ritrovare la condizione e la fiducia per giocare al livello cui voglio arrivare. Non so se sarò al massimo e se potrò ripetere il 2022, ma certamente farò di tutto». Ed è perfettamente inutile parlargli di numero 1, di opportunità sfumata. «Vero, avevo detto che sarebbe stato meraviglioso, vista la mia età e le condizioni. Ma di sicuro non è un obiettivo che ho perseguito e che perseguirò. La mia età, ti mio corpo, la mia situazione personale non me lo permettono. Lo dimostra il fatto che due Slam conquistati non sono stati sufficienti, perché ho giocato troppo poco». E dunque andrà in Australia: «Non so in quali condizioni, mancano due mesi, uno e mezzo di preparazione dura, restando positivo, accettando la sfida di dover soffrire certo un po’ di più». […] Rafa nasconde la delusione, ma alla fine ammette anche la tristezza, nel ventre del Pala Alpitour: «Certo che lo sono, se sono venuto qui è perché sentivo di poterci provare, di potercela fare. Sono anche triste, ma pronto a riprendere il lavoro». […] Ci riproverà, insomma, Nadal, inseguendo nuovi record, il quindicesimo Roland Garros. Ancora convinto che essere umili e avere dubbi sia la chiave. Senza dimenticane l’ottimismo, «in egual misura. Chi non ha dubbi, secondo me è una persona troppo arrogante, ma se non sei ottimista, sicuramente non raggiungerai i tuoi obiettivi. È il mio approccio alla vita, non soltanto allo sport. Io ho sempre avuto dubbi. E ancora adesso non so cosa succederà. È molto difficile per me fare previsioni. Però è molto facile accettare le sfide. Se sono qui è perché sono motivato. A un certo punto ho sbagliato due palle altrimenti la partita si sarebbe riaperta? Ragazzi gli “e se” nello sport non esistono. Se pronunci un “se”, non ti stai allenando bene». E allora non ti resta che ammirare e applaudire. Nelle parole dopo la sconfitta c’è tutta l’immensa grandezza del fenomeno. Rafa.

Toni Nadal “Il mio tennis da Rafa a Felix. Lavoro e volontà, si vince così” (Stefano Semeraro, La Stampa)

Quelle fra Rafa Nadal e Felix Auger Aliassime per Toni Nadal sono sempre partite particolari. Per quasi un quarto di secolo allenatore di suo nipote, da due anni segue il canadese, da consigliere carismatico a fianco del coach ufficiale Fredric Fontang. E ieri a Torino, come già lo scorso maggio a Parigi, Toni era indecifrabile. Toni, quanto è difficile per lei allenare l’avversario di Rafa? «È dura, perché l’ho allenato per tanti anni e non mi piace veder perdere mio nipote. Si erano già incontrati al Roland Garros, lì mi sarebbe dispiaciuto ancora di più vederlo sconfitto. Alla fine mi dico ‘che vinca il migliore’, ma in questi casi la vittoria non è poi così gradevole e la sconfitta non è così dolorosa. Meglio se non si incontrano».

Felix sta vivendo un fine 2022 da sogno, tre tornei vinti di fila, la qualificazione a Torino. C’è un segreto?

Dopo gli Us Open è stato più sereno. Aveva un problema con il rovescio, che è migliorato molto, e questo gli ha dato fiducia. Quando vinci acquisti fiducia, e continui a vincere. Felix è un ragazzo che sa ascoltare e si impegna molto. Agli Us Open gli ho detto che con quel rovescio non poteva sperare di entrare fra i top 5, che doveva giocarlo in maniera più aggressiva, attaccando la palla. Il vero segreto è il lavoro suo e del suo allenatore. Io mi limito a seguirlo in alcuni tornei e dargli la mia opinione su che cosa bisogna fare.

In che cosa somiglia a Rafa?

Come Rafael – lo chiamo così perché ormai ha 36 anni – Felix ha un fisico portentoso. Deve giocare sempre con grande intensità, è la sua qualità migliore. Se si rilassa troppo, guai. Come Rafael: se cala di intensità, cala anche il suo livello.

Che cosa si aspetta da Rafa, pardon, da Rafael e da Felix nel 2023?

Che cosa farà Rafael non lo so, non sto più tanto con lui e in famiglia non parliamo molto di tennis. Felix deve puntare al massimo: al numero 1, a vincere negli Slam. Non è facile, ci sono tanti ottimi giocatori, Alcaraz, Medvedev, Tsitsipas, Sinner. Deve giocare ogni torneo con l’idea di vincerlo.

Che cosa pensa di Sinner?

Non so perché quest’anno abbia avuto tanti problemi. Nel 2023 lotterà per il numero 1, gli manca forse quel qualcosa in più nei momenti decisivi. Lo si è visto contro Alcaraz a New York e con Djokovic a Wimbledon, era avanti due set a zero non è riuscito a continuare sullo stesso livello. Se Jannik avesse trasformato il matchpoint con Carlos, tutto sarebbe cambiato. Avrebbe pensato: ‘se ho vinto gli Us Open posso battere chiunque’. Ma bisogna vincerlo, quel punto. […]

Quale è il suo credo alla Rafa Nadal Academy di Maiorca?

Per me nel tennis, come nella vita, le cose sono abbastanza semplici: più lavoro, più ho possibilità di fare bene. È ciò che voglio trasmettere ai ragazzi dell’Accademia.

Pandemia finita, Nole vuole riprendersi tutto (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Cambiano strategie, convinzioni, anche le mode certo… E cambiano i governi. C’è da chiedersi se in tanto affannato tramestio di rivisitazioni, sia cambiato anche il vecchio Djoker nell’anno che più di ogni altro ne ha messo a dura prova lo spirito, che ha finito per stravolgere la classifica cui tiene (ultimo fra Sempre Forti) così tanto, e che ha tentato – forse inutilmente – di convincerlo che fosse in torto. Magari anche soltanto un pochino… A un passo da una decisione non ancora ufficiale, ma annunciata ormai da numerose e agitatissime mosche cocchiere, che potrebbe ribaltare lo schema legislativo applicato poco meno di un anno fa in Australia, nel giudicare il tentativo di Nole di entrare da “no vax” nel Paese per giocare da numero uno gli Open di Melbourne già vinti otto volte, riteniamo che il miglior modo per avvicinare il giorno (non lontano, comunque) di una decisione che cancelli il “ban” triennale emesso contro il tennista nell’ultima udienza della Corte federale, lo scorso gennaio, sia quello di una reciproca presa d’atto degli errori commessi nei quindici giorni della vigilia del torneo poi vinto da Nadal. Questo anche per non dare l’impressione che gli errori di un anno fa fossero tutti da una parte. Quella australiana. Non è così, e forse Novak tirò troppo la corda, tra i soliti osanna da stadio dei familiari che da Belgrado non si trattennero nel dire ciò che pensavano dei governanti di destra di Melbourne. Non si sono mai trattenuti con Federer, non si vede perché avrebbero dovuto farlo in questa occasione. Così, un anno dopo, un’elezione dopo, a offrire un salvagente a Djokovic è il governo di sinistra. Meglio gli uni, meglio gli altri? Le cose non sono così semplici. Il ministro di allora, Alex Hawke, lavorò con impegno per dare torto a Nole, ma c’erano leggi precise in merito all’ingresso in Australia in piena pandemia, c’erano le elezioni che si avvicinavano e sopra ogni cosa, c’era ancora la pandemia. Oggi, stabilito dal consesso scientifico mondiale che la situazione Covid se non sotto controllo appare comunque fortemente attenuata nei suoi malefici effetti, forse quelle leggi assumono un valore diverso. È quanto trapela – pare – dalle solite “fonti vicine al governo”, secondo cui il nuovo ministro dell’immigrazione Andrew Giles è intenzionato a concedere un visto a Djokovic, decisione che andrebbe a cancellare gli effetti del ban triennale. Nole ha tenuto duro sulla sua posizione. Non ritiene giusto far uso di una chimica farmacologica della quale non conosce gli effetti per proteggersi dal Covid. Lo ha detto all’inizio della vicenda e lo ha confermato lungo tutto l’arco della stagione. Fu però troppo spensierato nel tentativo di forzare la situazione al suo ingresso in Australia. Qualcuno lo aveva convinto che non ci sarebbero stati problemi? Non sappiamo, e mai è stato fatto il nome di chi abbia dato simili consigli. Ma certo Nole affrontò il viaggio nella convinzione di essere accolto. Gli costò caro: i giorni chiuso nell’albergo di chi non aveva il visto, il primo via libera, poi il nuovo processo e la definitiva partenza da Melbourne. L’Australia non accetta i “senza visto”. Si sapeva. Anche gli Stati Uniti non li accettano. E rispetto agli ultimi US Open, infatti, Djokovic ha avuto ben altro atteggiamento. Ma la porta ora sta per riaprirsi. Forse… E una buona notizia per Novak “no vax”. Significa che il serbo potrà riprendere il suo cammino tennistico a pieno titolo, seppure con un anno in più e con una classifica decisamente diversa da quella di allora. Era il numero uno, oggi potrebbe chiudere la stagione tra il quinto posto (se vincerà le Finals torinesi) e l’attuale ottavo. Buona parte della stagione Nole la potrà affrontare senza punti da difendere, a cominciare dagli Australian Open. I calcoli più ottimistici indicano nei quarti del 2023 il traguardo per tornare al primo posto. Si vedrà. […]

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