Italia, finisce il sogno Davis (Bertolucci, Cocchi, Palliggiano, Azzolini, Semeraro)

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Italia, finisce il sogno Davis (Bertolucci, Cocchi, Palliggiano, Azzolini, Semeraro)

La rassegna stampa di domenica 27 novembre 2022

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Il sogno Davis è solamente rimandato (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Il sogno è svanito sul più bello, a un passo dal paradiso, ma l’Italia che è stata eliminata in semifinale di Coppa Davis deve essere salutata con un grandissimo applauso: pur nella delusione della sconfitta, la settimana di Malaga ci ha consegnato una squadra vera, compatta, combattiva, che senza le piccole sfortune inevitabili in ogni manifestazione di questo livello, sarebbe tornata a sollevare l’insalatiera dopo 46 anni. Ne sono convinto. Ci saranno sicuramente mugugni sulla scelta di capitan Volandri di schierare Benetilni nel doppio decisivo, ma il campo va subito sgomberato da ogni dubbio: la decisione era obbligata. Bolelli infatti soffre di un infortunio a un polpaccio che lo avrebbe tenuto fuori anche dall’eventuale finale di oggi ed era impensabile richiedere uno sfarzo supplementare a Sonego dopo le tre ore contro Shapovalov, mentre Musetti avrebbe faticato a metabolizzare in fretta le due sconfitte in singolare e in ogni caso va protetto da troppe pressioni. Evidentemente Matteo se l’è sentita, anche se poi la partita ha palesato quanto temevamo: una desuetudine all’agonismo normale per un giocatore assente dal 23 ottobre, amplificata dai ritmi vorticosi di una specialità come il doppio. E così non è bastato un Fognini sontuoso nel primo set per venire a capo del match: peccato, un Berrettini magari rodato anche da una sola settimana di partite sarebbe certamente stato più funzionale alla causa e con Bolelli sano avremmo sicuramente vinto il doppio contro i canadesi e oggi saremmo stati favoriti anche contro l’Australia. Ma a mente lucida dobbiamo cogliere i grandi segnali di fiducia che le sfide con Stati Uniti e Canada ci hanno lasciato. Intanto, la forza dei gruppo: grazie al lavoro del c.t Volandri, tutti possono sentirsi titolari in questa squadra, che ha sfiorato rimpresa pur in assenza dei suoi giocatori più forti Sono particolarmente contento della rinascita di Sonego, un ragazzo che aveva un conto in sospeso con la Davis e nell’occasione più importante ha disputato le migliori partite dell’anno, lui che era stato escluso dalle convocazioni ed è rientrato dalla finestra solo per gli infortuni dei compagni. Le sconfitte di Musetti sono arrivate contro due giocatori più forti di lui e non devono preoccupare, ma devono rappresentare uno stimolo per continuare nel processo di crescita messo in mostra negli ultimi mesi del 2022. Fognini e Bolelli, pur con gli acciacchi dell’età, hanno confermato di essere un doppio di alto livello che può ancora dare molto alla nazionale. L’Italia deve continuare giustamente ad essere ambiziosa anche per il traguardo più alto quando si trova ad affrontare la Davis, con l’auspicio, nelle prossime edizioni, di poter contare su tutti i suoi giocatori in piena forma.

In finale ci va il Canada (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

 

Adesso è troppo facile essere tristi. La finale di Davis che all’Italia mancava dal 1998 era lì, a un passo. Bastava solo un altro punto agli azzurri per raggiungere l’Australia e giocarsi, oggi, l’Insalatiera d’argento. E invece no, a rincorrere il titolo va il Canada con l’ultimo punto conquistato nel doppio decisivo formato da Vasek Pospisil e Felix Auger Aliassime contro Matteo Berrettini e Fabio Fognini, un duo d’emergenza, schierato a pochi minuti dal match decisivo dopo l’ennesimo colpo di sfortuna su un’Italia già in formazione di emergenza. Era partita senza i due singolaristi di punta e con Berrettini arrivato in corsa, per tifare, ma, soprattutto, essere disponibile in caso di emergenza. E puntualmente emergenza è stata, con Simone Bolelli fermato da un risentimento al polpaccio e impossibilitato a scendere in campo con Fabio Fognini, con cui giovedì avevano portato l’Italia alla gioia della semifinale. Alla fine la scelta è caduta su Berrettini, ed è troppo facile a posteriori dire che è stata una decisione sbagliata. Matteo lo aveva detto: «Sarei disposto a giocare anche su una gamba sola». E praticamente così è stato. L’assenza di partite, la preparazione ancora precaria e la poca abitudine al doppio con Fognini hanno inciso fortemente sulla partita, anche perché di là sentivano invece profumo di rimonta. Troppo carico Aliassime, reduce dalla vittoria agile in due set contro Musetti e schierato anche lui all’ultimo momento al posto di Denis Shapovalov, a pezzi dopo la sconfitta in tre ore e un quarto contro Lorenzo Sonego. Ora è inutile sbattere la testa per la vittoria mancata all’ultimo, ma non bisogna dimenticare che fino a giovedì l’Italia era data per spacciata contro gli Stati Uniti, e invece ci siamo goduti un’altra sfida da togliere il fiato. Non c’è stato il lieto fine, ma non è tutto da buttare. Abbiamo ritrovato un Lorenzo Sonego pronto al rilancio dopo una brutta stagione, un Lorenzo Musetti capace, nonostante le sconfitte, di affrontare le responsabilità da numero 1 della Nazionale a 20 anni, ma soprattutto un gruppo solido che gira attorno a Filippo Volandri: «Io sono molto orgoglioso della squadra – ha detto il capitano dopo il k.o. -, perché ogni volta che ho chiesto qualcosa tutti si sono messi a disposizione. Lo dimostra Matteo, arrivato qui con tutt’altre premesse, che ha risposto presente quando c’è stata la necessità di subentrare a Bolelli, che purtroppo si è infortunato». Puntare su un giocatore che non giocava da un mese ed era reduce da un infortunio a un piede a molti è sembrato un azzardo: «Ho fatto i miei calcoli – prosegue Volandri -. Ho chiesto a Berrettini se se la sentisse, quando mi ha dato la sua disponibilità per me è stato impensabile non schierarlo. La sua esperienza nei match importanti, le sue qualità, non potevo non considerarle». Tra i papabili, ha detto il c.t. azzurro, c’era anche Lorenzo Musetti, che però era reduce da due sconfitte e probabilmente non avrebbe potuto reggere altre pressioni: «Ero un po’ nervoso, poco tranquillo – ha spiegato il 20enne -. Per la seconda volta di fila ho avuto la chance di dare la vittoria all’Italia e non ci sono riuscito. Mi spiace molto». Fognini non ha nemmeno la forza di parlare, è sull’orlo delle larrime «Sono molto triste, non so quante altre sfide di Coppa Davis giocherò e aver mancato questa finale per pochi punti fa davvero male». Mastica amaro Berrettini, che vede finalmente chiudersi un 2022 da dimenticare: «È stato un anno mentalmente prosciugante – ha detto – dopo l’ennesimo infortunio ho pensato di chiudere tutto e tornare nel 2023, ma quando c’è stata l’opportunità di vestire l’azzurro ho voluto provarci. So di non aver fatto la partita della vita, ma ci ho provato fino all’ultimo. La squadra ha risposto bene, e penso che abbiamo posto ottime basi per il futuro».

L’Italia va a sbattere su Auger-Aliassime (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)

Il sogno di raggiungere la finale 24 anni dopo l’ultima volta è svanito in una fresca serata malagueña. Oggi la Coppa Davis se la giocheranno Canada e Australia. I primi non l’hanno mai vinta, i secondi l’hanno alzata al cielo 28 volte, di cui l’ultima nel 2003. A noi, invece, resta quella del 1976, vanto azzurro che purtroppo, 46 anni dopo, non si ripeterà. C’abbiamo provato: incerottati, da sfavoriti, facendo gli straordinari, ma l’Italia di Volandri s’è arresa in semifinale, perdendo 2-1 contro i canadesi e lasciandoci zeppi di rimpianti per quello che poteva essere e non è stato. La finale l’abbiamo annusata, anche un po’ sfiorata e principalmente grazie a un ragazzo che era venuto qui a Malaga non per caso, ma per necessità. Sonego ci aveva regalato ancora una volta il primo punto, a Musetti è mancato di nuovo un exploit che sarebbe stato bellissimo, ma non impossibile. A 20 anni, e da numero 1 azzurro, non gli si può certo chiedere la luna. Il punto decisivo, invece, è arrivato con il doppio, importantissimo nel nuovo formato della Coppa Davis, quello che ha debuttato nel 2019 a Madrid e che vide il Canada arrivare in finale e perdere contro la Spagna di Rafa Nadal. Pmprio in quell’edizione, ci fu l’ultimo precedente tra le due nazionali e Berrettini, nella fase a gironi, giocò in coppia il doppio con Fognini battendo Pospisil-Shapovalov. Al “Martin Carpena” è andata decisamente peggio. Matteo è stato schierato a sorpresa, perché ufficialmente Bolelli aveva un problema al polpaccio. «Non s’era allenato venerdì, ci ha provato, ma non era in grado di giocare» ha spiegato Volandri, che poi ha motivato la scelta di Berrettini: «Sonego aveva dato tutto, ho considerato anche Musetti, ma Matteo era pronto e ho deciso di schierare lui. È uno abituato a questi palcoscenici e se ho una potenzialità del team, provo a sfruttarla tutta. Insomma, era il coniglio tirato fuori dal cilindro, venuto qui con tutt’altro ruolo». Il romano non giocava dal 23 ottobre, dalla finale persa all’ATP 250 di Napoli contro Musetti. Il problema al piede sinistro l’aveva tenuto fuori da Vienna e Parigi-Bercy. A Malaga aveva dato inizialmente forfait, poi aveva raggiunto il gruppo mercoledl per stare principalmente vicino alla squadra, fare da motivatore, dare consigli e allenarsi. «Non ho il rimpianto di aver giocato, me la sentivo. So di non aver fatto la mia miglior partita, so di poter giocare molto meglio. L’obiettivo era vincere mettendoci il cuore, di fare l’impossibile anche senza giocare la miglior partita. Nonostante il livello, avremmo potuto vincere lo stesso e raggiungere la finale». Auger Aliassime è stato l’uomo della serata. Ha battuto senza troppa fatica Musetti in due set dimostrandosi uno dei tennisti più in forma di fine 2022. Poi s’è messo in coppia al posto di Shapovalov che aveva perso da Sonego, ed è stato decisivo sia al servizio che sotto rete. […]

Super Sonego, ma i miracoli sono esauriti (Daniele Azzolini, Tuttosport)

E’ una finale di Davis che se ne va come acqua cheta, senza un perché definito e senza annunciare le proprie intenzioni. Scivola via semplicemente, senza mostrare appigli che possano trattenerla un attimo di più. Si vede che non era ancora il nostro turno di tornare a vincerla, questa Davis che non sembra più quella di prima, malgrado si fossero palesati molteplici annunci, nei giorni addietro, tali da far pensare che tutto fosse pronto per il lieto evento, per la cancellazione dei ricordi milanesi di 24 anni fa. E poi, chissà, si sarebbe scoperto a quel punto che c’era persino la possibilità di mandare in pensione la Coppa del 1976. Ma non è così, non ancora. L’Italia resta a un passo da questa Coppa tanto attesa, la sfiora, ma non riesce ancora ad afferrarla, e farla sua. Nel tramestio che segue i primi due singolari, tra l’italianissimo orgoglio smosso da Sonny Sonego e la prova stavolta impacciata e senza corpo offerta da Musetti, si scopre che nessuno dei due doppi annunciati sarebbe potuto scendere in campo. Shapovalov aveva i muscoli della schiena lisi dalle troppe sollecitazioni che il tennis di Sonego gli ha imposto nel match d’apertura. Lo avevamo visto alle prese con il fisioterapista già nel corso del secondo set, e certo la rapida affermazione di Auger-Aliassime (un’ora e 28, per battere Musetti) non gli ha concesso quella pausa che avrebbe potuto restituirlo risanato al match di coppia. Ma non gioca nemmeno Simone Bolelli, perché il polpaccio già al centro di molti amorevoli impacchi prima di scendere in campo contro gli americani Sock e Paul, lo ha definitivamente abbandonato a se stesso. Capitan Volandri ha cercato rimedio consultando l’intera squadra. L’unico a disposizione era Berrettini, in recupero dai guasti al piede. Un bel rischio mandarlo in campo così, a freddo, dopo più di un mese di lontananza forzata dai campi. Ma anche l’unico che con Fognini avesse già giocato, e che per caratteristiche tecniche e fisiche avrebbe potuto incidere nel duello. Vi è riuscito, ma non quanto sarebbe servito, e ha costretto Fabio a spostarsi dalla parte del rovescio. I due azzurri hanno messo in campo tutto il possibile e anche qualcosa in più, ma non hanno mai dato l’impressione di poter disporre della coppia canadese composta da Pospisil e Auger-Aliassime, nemmeno quando le hanno strappato un break nel secondo set. Gli americani hanno presto ricucito la ferita, e hanno mantenuta alta la quota di volo. Troppo alta per il doppio italiano. Avremmo dovuto disporre, fosse stato possibile, di almeno quattro Sonego. Uno per affrontare Shapovalov, un altro da schierare contro Auger-Aliassime e due da provare in doppio. Alla fine, è stato proprio il torinese, ripescato da Volandri per ovviare ai forfait di Sinner e Berrettini, l’anima e il trascinatore di questo gruppo. L’immagine che si è vista rimbalzare su tutti i teleschermi era quella di una mano che girando su se stessa, due, tre volte, indicava a Lorenzo Sonego la direzione da imprimere alla palla. La mano era quella di Matteo Berrettini, l’indicazione quanto mai precisa: brevi slice, a uscire, con l’effetto che allontani la sfera ancora di più dalla racchetta di Shapovalov. I due si sono scambiati un cenno d’intesa. Sonego ha eseguito convinto lo schema, il canadese ha provato ad agganciare la palla ma è stato costretto quasi a uscire dal campo. Si è aperto così il corridoio per infilare il dritto vincente dell’azzurro, comodo, invitante. Sonny si è appoggiato al colpo, in avanzamento. È stato un buon punto. I due si sono scambiati un cenno con il pollice alzato. Quanti fossero gli azzurri in campo, in quel terzo set che Sonego teneva stretto a sé, è una domanda che rischia di strappare un sorriso andando a titillare un evidente paradosso, e insieme offre una spiegazione di come gli azzurri abbiano interpretato questa fase finale della Davis. Se è vero che Sonny si è fatto in quattro, per tenere testa a un giocatore di così alto rango tecnico come il canadese, è altrettanto provato che nel suo match sono Stati in tanti a interagire, dal capitano alla panchina, ai coach che sono stati invitati a fare gruppo. Si andava dall’incitamento, al consiglio tattico vero e proprio, fino ai suggerimenti, alle indicazioni, ai moniti in certi casi, utili alla gestione dei momenti più complicati del confronto. […]

Davis proibita (Stefano Semeraro, La Stampa)

Finisce male, alle nove e mezzo della tarde a Malaga, una corrida triste dove la vittima è l’Italia. Finisce come non doveva: una sconfitta al doppio di spareggio (7-6 7-5) dopo l’impresa di Sonego contro Denis Shapovalov che aveva portato gli azzurri a un passo dall’ottava finale di Coppa Davis. Un’Italia scheggiata dall’ennesimo infortunio di quest’anno piagata dalla malasorte. Stavolta è toccato a Simone Bolelli – che in doppio contro gli usa era stato il migliore in campo fermato dal riacutizzarsi di un malanno al polpaccio. Al suo posto Filippo Volandri ha deciso di rischiare Matteo Berrettini, il totem di questa nazionale che fino a pochi momenti prima faceva da tecnico aggiunto e capo claque, e si è ritrovato in campo, a corto di preparazione, e non ha giocato da Berrettini. Anzi, è stato il peso che ha trascinato a fondo il nostro doppio, che pure è stato avanti di un break sia nel primo sia nel secondo set. Ma a corto di preparazione, fermo da ottobre per il problema al piede sinistro, diversamente avrebbe potuto fare di meglio. In finale ci va il Canada, che in squadra ha un grande giocatore – Felix Auger Aliassime, ieri capace di portare due punti, in singolare contro Musetti (6-3 6-4) e in doppio a fianco di un mediocrissimo Pospisil – ma non era la squadra più forte. E così diventa inutile anche il colpo di Lorenzo Sonego, che nel primo singolare di giornata era riuscito nell’impresa di battere Denis Shapovalov (7-6 6-7 6-4) giocando una partita quasi perfetta per concentrazione, tattica, mente e corazon. Ulteriore beffa: in un tennis dominato in lungo e in largo dall’Europa, nel cuore dell’Andalusia a contendersi la Zuppiera saranno una squadra nordamericana e l’Australia di Kokkinakis e De Minaur. «È davvero un peccato, con Bolelli avremmo vinto sicuramente», dice Paolo Bertolucci, doppista principe della Squadra anni ’70. «E sono convinto che ce l’avremmo fatta anche in finale contro l’Australia». Resta la consapevolezza di avere una grande squadra, che con Sinner e Berrettini a pieno servizio probabilmente sarebbe stata imbattibile, ma che non è riuscita a sfatare il tabù di una Coppa che manca dal 1976, di una finale raggiunta per l’ultima volta in casa nel 1998. […]

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Roland Garros al via (Bertolucci, Azzolini, Martucci, Semeraro). Gioia Bronzetti, a Rabat il primo titolo WTA (Giammò)

La rassegna stampa di domenica 26 maggio 2023

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Parigi ora è un rebus (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Siamo pronti ad immergerci nel fascino di Parigi e del regno della terra rossa. È tempo di Roland Garros, il secondo Slam stagionale, quello che richiede una preparazione atletica superiore alla norma e che finisce per esaltare le doti dei grandi maratoneti, purché dotati di talento. L’assenza di Rafa Nadal dopo 18 anni apre il ventaglio dei possibili protagonisti, perché l’assenza di colui che ha alzato per ben 14 volte la Coppa dei Moschettieri toglie al torneo parigino il punto di riferimento sicuro, íl rifugio certo di ogni pronostico. Gli appuntamenti di antipasto sul rosso europeo hanno senza dubbio consolidato delle gerarchie, ma due settimane intense e la fatica fisica e mentale delle partite tre su cinque possono sempre celare delle insidie. Malgrado l’avvicinamento al Roland Garros non sia stato brillante, credo che Novak Djokovic vada considerato il primo favorito. Ha l’esperienza per gestire il logorante cammino di un torneo del genere e la mancanza di Nadal fornisce carburante aggiuntivo alle sue ambizioni: l’11 giugno, giorno della finale, potrebbe ritrovarsi da solo al comando della classifica degli Slam con 23, senza dimenticare che il traguardo del Grande Slam, fallito d’uno soffio due anni fa, rimane in testa ai suoi sogni. L’incognita, ovviamente, riguarda le condizioni del gomito destro sofferente e l’eventuale necessità, per Nole, sceso al numero 3 del mondo, di battere i primi due giocatori della classifica per aggiudicarsi il torneo. A Barcellona e Madrid, vinti in carrozza, Alcaraz ha mostrato di poter trattare la terra rossa come un dominio personale. A Roma si è limitato a timbrare il cartellino per tornare n.1 del mondo, e le quasi due settimane di riposo successive ci restituiranno sicuramente un giocatore al massimo della forma. Con la ritrovata freschezza atletica, la sua completezza tecnica potrebbe esaltarsi, ma lo spagnolo dovrà essere capace di gestire la pressione del primo Slam affrontato da numero uno dei mondo […]. La vittoria agli Internazionali non può essere certo archiviata alla voce fortunato incidente di percorso: a Roma Danill Medvedev ha dimostrato di aver finalmente appreso l’arte del gioco e dei movimenti sulla terra. Del resto, più che di idiosincrasia tecnica, si trattava soprattutto di un blocco mentale. È vero che il rosso probabilmente non sarà mai la sua superficie d’elezione, però le sue enormi doti in difesa, la capacità di far giocar male gli avversari e la fiducia incamerata con gli eccezionali risultati di questo scorcio di stagione lo inseriscono senz’altro nel ristretto novero dei favoriti. […] Sinceramente, ero convinto che Tsitsipas sarebbe arrivato a Parigi con almeno un titolo importante sulla terra: ci andato vicino a Barcellona, ma come ormai è una costante nella sua carriera, gli manca sempre un centesimo per arrivare a un euro. Eppure, per le sue caratteristiche tecniche, non si può non inserirlo tra possibili contendenti al titolo. Sul suo stesso piano, però, metto il ragazzino terribile Rune, anche se resta da verificare sul campo la resistenza alle due settimane: tuttavia per talento e personalità non mi stupirei di vederlo compiere un lungo cammino nel torneo. Dopo la prova opaca a Roma, Sinner è chiamato a un rapido riscatto, per il quale possiede senza dubbio tutte le qualità. Per una volta, il sorteggio sembra dargli una mano, ma sarà fondamentale per Jannik non sprecare energie preziose nelle prime uscite, magari complicando partite già vinte. L’obiettivo sono i quarti contro Medvedev […]. Quanto a Musetti, Parigi è l’occasione per dimostrare che sulla terra il suo gioco vario e spumeggiante può impensierire ogni avversario, ma il sorteggio non è stato così benevolo: Norrie al terzo turno è un osso duro e poi gli ottavi con Alcaraz farebbero tremare i polsi. […]

Alcaraz e Sinner, le stelle più attese all’esame rosso (Daniele Azzolini, Tuttosport)

 

Il ritorno di Carlos Alcaraz nel triangolo più famoso del tennis su terra rossa, là al Bois de Boulogne, serrato tra Avenue de la Porte d’Auteuil e il Boulevard dedicato all’antico comune cui la Porta dava accesso, vive delle stesse attese che 18 anni fa – era il 2005 – quella stessa Francia innamorata di tutto ciò che di magico, e di sorprendente o improponibile si possa architettare con una racchetta, aveva riservato a Rafa Nadal. Tra i due, il campione uscente e il favorito subentrante, stabilito che esistano attinenze ma non vere e proprie somiglianze tennistiche come aveva avallato una stampa spagnola mossa dal frettoloso entusiasmo con cui di norma si sparano le balle più grosse, corre però un filo comune. Quello che il pubblico stesso ha finito per tendere tra l’uno e l’altro, avvicinandoli proprio per la loro capacità di accendere la miccia a colpi che lasciano di stucco. Al solo osservare Alcaraz, pare s’ingeneri un forte bisogno di imitazione, uguale a quello che muoveva Nadal. Una necessità in qualche modo simile alla “sindrome da Cavalcata delle Valchirie” molto ben descritta da Woody Allen.. . «Ogni volta che ascolto il terzo atto dell’Opera di Richard Wagner avverto la necessità di invadere il giardino del mio vicino di casa». Allo stesso modo, i colpi di Carlos, come quelli di Rafa a suo tempo, finiranno in tutti i circoli di Parigi, a uso e consumo di tutti gli appassionati che vogliano scoprire come trasformarsi da tennisti in artificieri della domenica. Eppure, non è la prima volta che Alcaraz gioca al Roland Garros. E sebbene la sua conquista sia giunta – alla stessa età, 19 anni, in cui Rafa vinse Parigi – sul cemento degli US Open, i francesi, e certo anche gli spagnoli, sono convinti che saranno questi i campi del futuro impero di Carlos. L’anno scorso lo videro in una versione non ancora compiuta, poco consapevole della sua forza. Rischiò tanto in secondo turno con Ramos Vinolas, che lo costrinse al quinto set, poi dette il meglio con Korda e Khachanov, ma non con Zverev, che aveva sconfitto in finale a Madrid. Usci nei quarti, lasciando la sensazione chiara che i campi di terra rossa più lenti, non siano adeguati al suo tennis di strappi e rincorse. È da queste osservazioni che Alcaraz è chiamato a riprendere il discorso. E dovrà mostrare altro, se vorrà essere il campione di oggi o dei futuri Roland Garros. «Vergo da un periodo molto intenso. Non ho giocato a Melbourne, dove ero convinto di poter fare bene, ma poi ho ottenuto risultati importanti, a parte Roma, dove pero ho ripreso la vetta della classifica. Ho avuto dei giorni di riposo imprevisti, sono stato un po’ in famiglia, ne sentivo il bisogno. Poi ho ripreso gli allenamenti, che tra una partita e l’altra ero stato costretto a trascurare. Sono qui per giocarmela al meglio. Riposato e pronto a gettarmi nella mischia», ha detto nella prima conferenza stampa parigina, dopo essersi augurato di vedere Nadal presto in campo, ed essere al suo fianco su questi stessi campi per i Giochi 2024. «Io e lui in doppio, sarebbe magnifico». Primo avversario Flavio Cobolli. […] Flavio è alla sua prima qualificazione in uno Slam, e sta crescendo. Vale i primi cento, e questo è l’obiettivo del 2023. Alcaraz ha un altro passo, ma con gli italiani non si è mai trovato a proprio agio. Le ha prese da Berrettini e da Sinner, e ha rischiato di brutto anche con Zeppieri l’anno scorso nei quarti di Umag. Flavio ha intenzione di fare bella figura. «L’idea di sfidare il numero uno sul Centrale, mi dà forza. In fondo, si gioca a tennis per avere queste opportunità, no?». E’ un’Italia di molte risorse, ma stretta a doppio filo a Sinner, alla sua voglia di far bene, che non manca mai. Anche su di lui e il suo tennis, pero, pendono gli stessi dubbi che si coagulano intorno ad Alcaraz, e cioè che si trovi meglio sui rimbalzi regolari e veloci di una superficie in cemento. «Mah, su questi campi mi sono trovato sempre bene», risponde, «stavolta vi giungo rilassato e ben preparato. Non guardo mai il tabellone. Preparo le partite tenendo conto dell’avversario, ma senza andare oltre con lo sguardo. C’è un bel gruppo di italiani quest’anno, addirittura nove. Ci manca Berrettini. Ma ha un gran carattere e sono convinto che presto sarà di nuovo fra noi». […] «Non esistono strade facili per giungere al successo. Manca Nadal, ma non altri tennisti considerati tra i più forti. Anche io mi considero in questo gruppo, punto al numero uno, alle grandi vittorie. Credo anche di aver dimostrato di essere forte dentro. Ogni torneo può diventare quello della grande impresa, lavoro per questo. Intanto, voglio andare alle Finals di Torino. Sono messo bene in classifica. Sta a me continuare così».

Parigi al via. Sinner: voglio diventare numero 1 (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Quarant’anni dopo l’ultima impresa di un francese, con Yannick Noah che domava Mats Wilander, il Roland Garros numero 127 parte oggi sulla terra rossa di Parigi con quasi 50 milioni di euro di premi, nel nome del grande assente, il 36enne spagnolo Nadal, l’infortunato campione uscente e primatista-record 14 volte. In pole position fra favoriti i due ventenni Alcaraz e il danese Holger Rune, quindi l’ultimo dei Fab Four, Djokovic, che s’è spento dopo il 22° trionfo Slam (co-record con Nadal) agli Australian Open di gennaio, lo specialista Tsitsipas, il 21enne italiano Jannik Sinner e due russi, Medvedev, neo campione di Roma, e Rublev, mai protagonista nei Majors. Oggi fanno l’esordio 3 dei 9 italiani: Matteo Arnaldi (n. 109)-Galan (Col, 90), Lorenzo Musetti (18)-Mickael Ymer (Sve, 53) e Lorenzo Sonego (45)-Shelton (Usa, 35). […] Intervistato da Supertennistv, Sinner, confessa: «Se chiudo gli occhi, il mio obiettivo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti, non pensare di non aver dato il 100%». A Parigi, difficile uscire dal trio di favorite Swiatek-Sakalenka-Rybakina, con outsider Krejcikova e Garcia. Oggi debuttano 2 delle 6 azzurre: Giorgi (n. 36)-Cornet (Fra, 50), Errani (70)-Teichman (75).

Senza Federer e Nadal dopo 25 anni (Stefano Semeraro, La Stampa)

Comincia il Roland Garros e, stranissima sensazione, non c’è Nadal. Era dal 2005 che Rafa non marcava visita, dal 1998 che al via non si presentavano né lui né Federer (nel ’99 Roger entrò con una wild card), stavolta il Campeon non ce l’ha fatta a riprendersi dall’infortunio che lo infastidisce dagli Australian Open. L’appello monco certifica la fine di un’epoca, con annesso senso di spaesamento. Chi vincerà? Dopo 14 trionfi del Cannibale, l’ultimo l’anno scorso, non eravamo più abituati a chiedercelo, ma superata la vertigine si aprono prospettive interessanti. I favoriti, anche secondo i bookmaker, sono quattro, guarda caso gli stessi che possono ambire/sperare di ritrovarsi al numero 1 fra due settimane. In ordine di classifica: Carlitos Alcaraz, che n. 1 lo è appena ri-diventato; Daniil Medvedev, l’unico a vincere 5 tornei nel 2023, compreso il primo sulla terra a Roma; Novak Djokovic, che a 36 anni insegue il 23esimo Slam che gli consentirebbe di staccare Nadal; Stefanos Tsitsipas, l’eterno incompiuto ancora alla caccia del primo major. Poi, certo, la meglio gioventù: Holger Rune, i nostri Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, il finalista dello scorso anno Casper Ruud, Felix Auger Aliassime. Dopo anni di quasi dittatura scopriamo uno Slam aperto, programmaticamente incerto, in un tennis che sta scremando la sua nuova classe dirigente ma non ha ancora battezzato un leader maximo – ammesso che sia possibile, fra discontinuità e infortuni agevolati da un groviglio di concause. […]

Gioia Bronzetti, a Rabat il primo titolo WTA (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Quale luogo migliore di Rabat – città “fortezza della vittoria” – per aggiudicarsi il primo titolo in carriera? Per Lucia Bronzetti da Rimini quella di ieri, più che una finale assomigliava a un appuntamento col destino: diabolico tanto nell’individuare la capitale del Marocco quale sede dell’incontro quanto nel metterle di fronte un’avversaria, l’austriaca Julia Grabher, simile per ranking e record stagionale e come lei dalla bacheca ancora sguarnita. Occorreva essere forti. E il percorso fatto nel torneo dall’italiana, da lunedì nuova n.65 del mondo, era di quelli che non potevano certo arrestarsi di fronte aIl’ultimo ostacolo, specialmente dopo una semifinale dominata e vinta in due set contro l’americana Stephens. Momento e condizione avevano, infatti, trovato conferma in un primo set da lei chiuso agevolmente, ma è stato nei successivi due parziali che la riminese ha dato i meglio di sé ribaltando l’inerzia di un match che, complici errori e paure, Grabher era riuscita a riportare dalla sua. Sul 5-4 in suo favore e a due punti dalla vittoria, Bronzetti aveva infatti finito col perdere il servizio due volte regalando il set all’austriaca, cinica nel cogliere al volo l’occasione e lucida nel concretizzarla con un altro break in avvio di terzo set. Scossa e costretta a difendere tre palle break sul 3-1, l’italiana è invece riuscita a inanellare ben quattro game consecutivi ripresentandosi ancora una volta alla battuta per il match inciampando però nuovamente in due gratuiti di troppo. Anziché paralizzarla, la beffa patita poco prima è risuonata invece come un allarme cui la ventiquanrenne ha risposto con maturità aggredendo il servizio della rivale e chiudendo il match nel game successivo alla prima occasione. «Sono felicissima per il mio primo titolo, grazie al mio team: senza di voi non sarei qui oggi», ha dichiarato emozionata l’allieva di coach Piccari a fine match. E lui ha risposto così: «E’ un titolo inaspettato ma era entrata in un buon momento di forma dopo il Foro Italico e Firenze. Bravissima, né la sfortuna e né le difficoltà sono riuscite a scalfire la sua forza di volontà che deve restare il marchio di fabbrica». […]

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Rassegna stampa

C’era una volta Rafa. Parigi è in cerca di un nuovo padrone (Azzolini). Tutti contro Alcaraz (Bertolucci, Nizegorodcew).

La rassegna stampa di venerdì 26 maggio 2023

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C’era una volta Rafa. Parigi è in cerca di un nuovo padrone (Daniele Azzolini, Tuttosport)

L’addio di Rafa, immediato forse no, prossimo di sicuro, accentua nei tennisti quel senso di libertà che viene dall’essersi sottratti al giogo ventennale, e fa sentire amica la democrazia, che in ambiente agonistico è strumento potente sebbene a nessuno sia dato conoscere le ricadute che potrebbe avere. Il Roland Garros indossa la sua miglior veste “open”, e lo fa con accortezza, distribuendo il tabellone nel modo più appropriato, quasi a dare risalto alle possibilità di ognuno dei più alti in classifica, che poi è il tema conduttore di questa edizione senza padroni. Sbaglierebbero i primi, i più forti, a sentirsi già nei quarti, pronti alle sfide che alla fine risulteranno decisive, ma a colpo d’occhio il sorteggio ha offerto spazi di manovra a dir poco invitanti a ognuno di loro. Per una volta, la lista degli ipotetici quarti di finale, potrebbe davvero assumere forme realistiche, senza causare sin dai primi confronti sul campo, eccessive mortificazioni ai giornalisti che l’hanno veicolata. Quest’anno, per la prima volta, (1) Alcaraz-(5) Tsitsipas, (3)Djokovic-(7)Rublev, (6)Rune-(4)Ruud e (8) Sinner-(2)Medvedev, valgono davvero una piccola scommessa (io non posso farle, voi andateci piano, 5 euro bastano) presso il vostro bookmaker preferito. E’ il primo Roland Garros senza Nadal e Federer, che si sono spartiti le prime due piazze sul rosso fino all’arrivo di Djokovic. Hanno giocato quattro finali, due semifinali e le ha vinte tutte Rafa […]. Djokovic entrò compiutamente in scena nel 2006 e ha condiviso con Nadal dieci Roland Garros, finendo per le terre in otto occasioni. Tre finali, quattro semi e tre quarti. Rafa non fu mai sconfitto in finale, ma lasciò al serbo la semifinale del 2021, nell’anno che sembrava destinato a chiudersi con la conquista del Grand Slam da parte del Djoker. Medvedev la pensava diversamente… Mi è capitato spesso di descrivere i tornei come sorretti da un pensiero, e una personalità, quasi umani. Niente di Animistico nel descriverli così, posso assicurarlo, ma la sensazione che seguano un loro disegno, a volte, non riesco a scacciarla. Così, l’idea che dietro questa abbondanza di democrazia rivolta ai molti iscritti alla lista dei possibili vincitori, vi sia un torneo alla ricerca di una nuova iscrizione al Club degli Imbattibili, in modo da ripristinare rapidamente i termini della disputa come una sfida al più forte, al padrone della terra rossa, che devo dire, bussa con forza nella mia testa. Se fosse vera, la domanda sorgerebbe spontanea… Chi dopo Nadal? In due non hanno paura a dichiararlo apertamente. Anzi, l’hanno già fatto. Alcaraz accogliendo la sconfitta a Roma con l’ungherese Marozsan (battuto nelle qualifiche parigine dal diciottenne cinese Juncheng Shang) come un’occasione per «riposare e prepararmi al meglio per Parigi». E Rune, che ha ringraziato Roma per l’affetto e per averlo preparato al meglio per le fatiche del Roland Garros. Djokovic ha le sue chance, ma a Roma è sembrato parecchio lontano dalla forma migliore. Medvedev ha vinto gli Internazionali e mostrato un tennis che può funzionare bene anche a Parigi. Sinner è in quinta posizione, come Tsitsipas, Ruud e forse Rublev. Pronti ad approfittarne, ma di un tanto sotto gli altri. Alcaraz ha Musetti (subito contro Ymer) o Norrie negli ottavi. Tsitsipas chiederà il via libera ad Auger-Aliassime, che in primo turno affronta Fognini. Djokovic potrebbe ritrovare Cecchinato (al via con van Assche, diciottenne francese) o Davidovich-Fokina in terzo turno, Hurkacz negli ottavi, ma sta meglio di altri e punta dritto alle semifinali (contro Alcaraz). Nell’altra metà del tabellone, Rune vede una semifinale con Medvedev. Sinner comincia contro Muller, ma prima di Medvedev potrebbe incrociare Zverev negli ottavi. Tra gli altri italiani, Sonego ha un pessimo avvio contro Ben Shelton, e in caso di vittoria troverebbe Humbert o Mannarino con la Francia intera, sul proprio cammino. Vavassori e Zeppieri, già promossi nelle qualifiche (in attesa di Cobolli), attendono l’assegnazione di un posto in tabellone. Poi le ragazze. Sarebbe interessante se la sfida in atto tra Swiatek e Sabalenka trovasse in finale l’approdo conclusivo. […]

Tutti contro Alcaraz (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

 

Niente sarà mai più come prima al Roland Garros. Non trovare ai nastri di partenza il re della terra battuta che ha alzato il trofeo per ben 14 volte non può lasciarci indifferenti. Rafael Nadal ha provato in tutti i modi a tornare a giocare nel suo regno del Bois de Boulogne, ma il suo fisico, provato dalle mille sfide sostenute, ha detto no. Rafa sul rosso e ancor di più sulla lunga distanza era praticamente imbattibile e toglieva il gusto di pronosticare il vincitore. L’amarezza dei tifosi per l’assenza dello spagnolo sarà comunque bilanciata dal sospiro di sollievo dei colleghi che, finalmente, potranno affrontare le due settimane parigine con prospettive più accattivanti. A partire proprio dal nuovo numero uno mondiale Carlos Alcaraz. Il passo falso di Roma non può sminuire le credenziali di Carlos che, seppur molto giovane, possiede la personalità, II bagaglio tecnico e la gagliardia fisica per disimpegnarsi a dovere. Le quasi due settimane di riposo lo avranno certamente ritemprato, il numero uno nuovamente raggiunto rappresenterà una motivazione in più ma allo stesso tempo lo sottoporrà a pressioni enormi che dovrà essere in grado di gestire mentalmente. La vittoria al Foro Italico e una parte di tabellone meno affollata da nomi pesanti hanno intanto prepotentemente alzato le quotazioni di Daniil Medvedev. Se il russo è stato in grado di domare i campi lenti e le palle pesanti del torneo romano, dovrebbe essere in grado di destreggiarsi a dovere su quelli più rapidi di Parigi. Finalmente adesso dimostra di aver digerito anche la superficie più ostica grazie all’intelligenza tattica e alla tenacia nel voler tornare in alto nel ranking. Lo scivolamento al terzo posto in classifica di Nole Djokovic ha procurato uno sbilanciamento nel tabellone e più precisamente nella parte superiore: il Djoker troverebbe eventualmente Alcaraz già in semifinale, l’ipotesi peggiore per lui. Il campione serbo viene da un periodo avaro di successi e approda al Roland Garros con poca fiducia e un gomito che non mette giudizio, ma se c’è un giocatore nel lotto degli iscritti capace di gestire e risolvere i problemi più complessi e sicuramente lui. Ha puntato la stagione sul raggiungimento del Grande Slam e, dopo aver vinto la prima tappa in Australia, non vorrà di certo farsi sfuggire la seconda e di conseguenza il grande sogno, sfuggito per una sola partita nel 2021. La sfrontatezza di carattere non preclude a tutti noi di ammirare le enormi qualità tecniche e fisiche di Holger Rune. Solo la giovane carta d’identità e la scarsa esperienza potrebbero tarpare le ali al danese dalla debordante personalità. Tsitsipas e Rublev dovranno sgomitare parecchio per farsi largo in mezzo a una concorrenza molto agguerrita. In partenza non conosco sorteggi favorevoli nei tornei importanti, ma in particolare nei tabelloni a 128 si possono liberare spot che al momento della compilazione sembravano impossibili da raggiungere. L’importante è farsi trovare pronti nel momento in cui la strada dovesse presentarsi meno impervia. Questo potrebbe accadere nella parte bassa anche al nostro Jannik Sinner, testa di serie numero 8. Non dovrà però caricarsi di troppe aspettative che irrigidiscono il braccio, tolgono sensibilità e appannano le idee. […]

Tutti contro Alcaraz nell’anno 1 dopo Nadal (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)

L’album più ascoltato fu “Buoni e Cattivi” di Vasco Rossi, l’Oscar per il miglior film andò a “Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re”, mentre la Serie A era stata appena conquistata dal Milan di Shevchenko e Kakà. Nel maggio del 2004 Rafael Nadal, che all’epoca era già un Top 50 ATP non partecipò al Roland Garros a causa della frattura dello scafoide del piede sinistro. Da quel momento, sino a oggi, Rafa non aveva mai saltato il “suo” torneo. Nel frattempo Carlos Alcaraz aveva appena spento la prima candelina. Diciannove anni dopo Parigi è pronta a vivere una nuova edizione senza Nadal. Una sensazione strana, che si respira in ogni angolo dello splendido impianto francese: dalla sala stampa al “Philippe Chatrier” (campo centrale) sino al “Suzanne Lenglen” e, soprattutto, alla Players lounge, dove i giocatori si chiedono chi sarà il prossimo vincitore. Carlos Alcaraz è l’erede designato. Nel circuito ATP e, ancor di più, sulla terra rossa di Parigi. Il paragone, che sia forzato o meno, risulta inevitabile. Rafa aveva compiuto 19 anni da due giorni quando nel 2005 conquistò per la prima volta (alla prima apparizione) lo Slam francese, anche se la vetta del ranking arrivò solamente nell’agosto dei 2008. Ma, in quel caso, c’era un certo Roger Federer a farla da padrone (soprattutto sulle altre superfici) . Carlos Alcaraz al numero 1 è giunto in anticipo. Addirittura da teenager. Oggi, a 20 anni, è il principale favorito per il primo Roland Garros, ma la sensazione è che abbia un margine davvero sottile sui diretti inseguitori, in particolar modo su Djokovic. La pressione dell’erede è una variabile impazzita e il passaggio del testimone è tutt’altro che scontato. Le prove di forza di Carlos Alcaraz nel 2023 sono state impressionanti: sette tornei giocati, quattro trofei alzati al cielo e la miseria di tre match persi su 33 disputati. Ma la sensazione di dominio assoluto, che il miglior Nadal dava sul “rosso”, non è ancora paragonabile al regno di “Carlitos”. I favori del pronostico non sono facili da gestire, soprattutto se gli avversari sono agguerriti, determinati e (almeno alcuni) in grande forma. Lo scorso anno la più grande delusione di Alcaraz arrivò proprio al Roland Garros, quando fu sconfitto in quattro set da Alexander Zverev. Novak Djokovic non arriva a Parigi al top della condizione, ma va considerato che il campione serbo ha ormai come obiettivo solamente i tornei del Grande Slam. In Australia ha vinto e convinto e, nonostante qualche acciacco, la sensazione è che si sia preparato al meglio per alzare il livello proprio al Roland Garros. La nuova classifica ATP che ha visto Djokovic scivolare al terzo posto, ha cambiato le carte in tavola delle teste di serie e la sfida con Alcaraz dovrebbe verificarsi (se non ci saranno sorprese) in semifinale. Una difficoltà in più per lo spagnolo, che dovesse superare l’ostacolo Nole arriverebbe in finale, potenzialmente, con tante energie fisiche e nervose già sprecate. […]

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Flash

“Caro Jannik certe sconfitte fanno bene” (Nizegorodcew). PL Open, c’è la mano di Djokovic (Rossetti). Tre lampi azzurri nel cielo di Parigi (Bertellino).

La rassegna stampa di giovedì 25 maggio 2023

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“Caro Jannik certe sconfitte fanno bene” (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)

Jannik arriva bene al Roland Garros. Il torneo di Roma non è andato come avremmo voluto, male sconfitte a volte, se ben interpretate, possono essere molto utili». Coach Simone Vagnozzi parla così al termine del primo allenamento parigino di Sinner sul court Philippe Chatrier I’azzurro ha svolto un’intensa sessione con Dominic Thiem, due volte finalista qui. «Sono passati circa 17 mesi da quando ho iniziato a lavorare con Jannik e confermo quanto dissi il primo giorno: è un giocatore ancora in costruzione sotto turai i punti di vista. È un processo “passo dopo passo” che lo sta portando a migliorare tecnicamente, tatticamente, mentalmente e fisicamente».

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Qual è? «Arrivare tra i primi otto della Race per partecipare alle ATP Finals. Oggi è numero 5. Ovviamente non andiamo ai tornei accontentandoci di raggiungere i quarti o la semifinale, ma il percorso è lungo e le sconfitte fanno parte del processo di crescita. Se vissute e analizzate nel modo girato, come per il match perso a Roma con Cerundolo, possono essere importanti». In che modo? «Si devono trarre gli insegnamenti giusti affinché queste sconfitte arrivino il meno possibile. Evitarie del tutto è però impossibile. È il tennis». Jannik riesce a ignorare le critiche eccessive? «Si, è consapevole di dover pensare a se stesso, analizzando i propri errori per cercare di migliorarsi. Anche mentalmente è cresciuto». Un team condue coach coma lei e Darren Cahill è insolito. Come ritrova la quadra? «Non è banale né semplice. C’è bisogno di flessibilità, di dar spazio alle opinioni altrui. Darren è una persona di grande esperienza e intelligenza, non abbiamo mai avuto problemi a trovare l’intesa». L’atmosfera in tutto il team, dall’esterno, sembra sempre molto positiva. «Si, è vero, c’è grande annona nel gruppo di lavoro. Ogni tanto però ci si dà il cambio: credo sia giusto per Jannik non avere sempre le stesse persone intorno per 45 settimane all’anno»

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In che senso? «I mostri sacri non perdevano praticamente mai. Invece oggi le sconfitte arrivano per tutti, è questa la normalità. Sono sicuro che anche nei primi turni qui a Parigi arriveranno sorprese». II Roland Garros di Jannik… «Una partita alla volta. Speriamo inizi bene poi, durante il cammino, capiremo dove potrà arrivare». L’anno scorso a Parigi Jannik festeggiava lo scudetto del suo Milan contro la sua Inter. Ora lei si è preso la rivincita. «Vero, però in finale di Champions c’è il Manchester City. Non voglio mettere le mani avanti, ma più ci penso e più non trovo un modo per cui sia possibile vincerla…»

PL Open, c’è la mano di Djokovic (Giacomo Rossetti, Il Messaggero)

Se un torneo di tennis riceve la benedizione della Novak Djokovic Foundation, non è roba qualunque. Il PL Open International, appuntamento ITF da $25.000 in programma a Roma, al Forum Sport Center di Via Cornelia dal 28 maggio al 3 giugno prossimi, può vantare questa commistione tra agonismo puro e solidarietà, vista la partnership con la fondazione benefica del campione serbo. Il torneo (che avrà l’ingresso gratuito per tutta la settimana) segna il debutto nella Capitale di una nuova competizione maschile internazionale su terra rossa. Ma c’è molto di più. OSPITI SPECIALI Innanzitutto, i tennisti non saranno gli unici protagonisti: domenica 28 maggio (alle ore 19.30) andrà in scena un torneo di beneficenza tra vip. L’ex calciatore Nicola Legrottaglie è tra i partecipanti annunciati. Inoltre, domenica 4 giugno, si terra una cena di gala nell’esclusivo centro eventi ‘La Lanterna’, dove saranno messi all’asta due pezzi unici, oro puro per chi ama lo sport: il completino e la racchetta con cui Djokovic ha conquistato gli ultimi Australian Open.

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«Siamo contenti della partnership con il PL Open e non vediamo l’ora di partire», dice Maja Kremic, direttrice nazionale della fondazione, che si propone di «portare gioia e speranza nella vita di molti bambini». L’altro partner benefico dell’evento è l’Associazione Peter Pan, impegnata da anni nella Capitale con i bambini malati di cancro e le loro famiglie. «Attraverso lo sport si possono promuovere solidarietà, condivisione e integrazione. Siamo molto felici di rinnovare, per il terzo anno consecutivo, la nostra collaborazione con il PL Open», afferma il presidente Roberto Mainiero. L’uomo dietro a tutta la manifestazione è il suo fondatore, Petr Losev, «onorato» di lavorare insieme alla Novak Djokovic Foundation. Secondo Losev, lo sport deve fare da tramite «per un progetto di sostenibilità, solidarietà e beneficenza». II direttore del torneo sarà Clarens Luca, mentre Marco Panichi, da anni preparatore atletico di Djokovic, sarà il project manager.

Tre lampi azzurri nel cielo di Parigi (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Tre lampi azzurri nella terza giornata delle qualificazioni al Roland Garros di Parigi. Sono quelli di Giulio Zeppieri, Andrea Vavassori e Flavio Cobolli, che oggi affronteranno il turno decisivo per entrare nel tabellone dello Slam francese. Zeppieri ha regolato in due set l’argentino Taverna, senza particolari affanni. E atteso da un match che sulla carta lo vede favorito contro il 28enne lusitano Frederico Ferreira Silva. Agevole anche il passaggio di turno di Andrea Vavassari. ll torinese ha eliminato in due frazioni l’austriaco Filip Misolic. Un break in suo favore ha deciso R primo set e ben tre nel secondo hanno fatto la differenza. Vavassori ha trasformato quattro delle nove palle break avute e superato un solo momento difficile, sul 2-1 del secondo parziale quando con il servizio a disposizione ha annullato due palle per il contro-break al rivale.

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La campionessa in carica Martina Trevisan è uscita vincitrice dalla sfida con la potente croata Jana Fett, che ha accusato qualche problema fisico nella seconda parte di gara. Trevisan a segno in due set molto laboriosi come dice la lunghezza del confronto (2 ore e 35 minuti). Nel primo parziale la toscana, n.26 del mondo, è partita contratta (0-3) e si è ripresa contro l’attuale n.266 WTA, game dopo game. Dal 5-5 ha piazzato l’allungo decisivo. Nella seconda frazione l’azzurra è stata nuovamente in affanno (13) ma ha saputo ridestarsi e superare l’avversaria, ex top 100 WTA, sul 4-3. Un breve passaggio a vuoto dell’azzurra ha allungato la contesa ma alla fine è stata lei a vincerla. Ora troverà l’austriaca Grabheg avversaria da non sottovalutare che si è messa in evidenza a Roma.

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«Sono abbastanza contenta, abbiamo evitato la Svizzera tra le squadre della prima fascia, Usa e PoIonia della terza – ha detto la capitana azzurra Tathiana Garbin in questa seconda partecipazione alle Billie Jean King Cup Finals arriviamo con un’esperienza diversa e una maggiore consapevolezza delle nostre qualità rispetto all’anno scorso

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