Italia, finisce il sogno Davis (Bertolucci, Cocchi, Palliggiano, Azzolini, Semeraro)

Rassegna stampa

Italia, finisce il sogno Davis (Bertolucci, Cocchi, Palliggiano, Azzolini, Semeraro)

La rassegna stampa di domenica 27 novembre 2022

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Il sogno Davis è solamente rimandato (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Il sogno è svanito sul più bello, a un passo dal paradiso, ma l’Italia che è stata eliminata in semifinale di Coppa Davis deve essere salutata con un grandissimo applauso: pur nella delusione della sconfitta, la settimana di Malaga ci ha consegnato una squadra vera, compatta, combattiva, che senza le piccole sfortune inevitabili in ogni manifestazione di questo livello, sarebbe tornata a sollevare l’insalatiera dopo 46 anni. Ne sono convinto. Ci saranno sicuramente mugugni sulla scelta di capitan Volandri di schierare Benetilni nel doppio decisivo, ma il campo va subito sgomberato da ogni dubbio: la decisione era obbligata. Bolelli infatti soffre di un infortunio a un polpaccio che lo avrebbe tenuto fuori anche dall’eventuale finale di oggi ed era impensabile richiedere uno sfarzo supplementare a Sonego dopo le tre ore contro Shapovalov, mentre Musetti avrebbe faticato a metabolizzare in fretta le due sconfitte in singolare e in ogni caso va protetto da troppe pressioni. Evidentemente Matteo se l’è sentita, anche se poi la partita ha palesato quanto temevamo: una desuetudine all’agonismo normale per un giocatore assente dal 23 ottobre, amplificata dai ritmi vorticosi di una specialità come il doppio. E così non è bastato un Fognini sontuoso nel primo set per venire a capo del match: peccato, un Berrettini magari rodato anche da una sola settimana di partite sarebbe certamente stato più funzionale alla causa e con Bolelli sano avremmo sicuramente vinto il doppio contro i canadesi e oggi saremmo stati favoriti anche contro l’Australia. Ma a mente lucida dobbiamo cogliere i grandi segnali di fiducia che le sfide con Stati Uniti e Canada ci hanno lasciato. Intanto, la forza dei gruppo: grazie al lavoro del c.t Volandri, tutti possono sentirsi titolari in questa squadra, che ha sfiorato rimpresa pur in assenza dei suoi giocatori più forti Sono particolarmente contento della rinascita di Sonego, un ragazzo che aveva un conto in sospeso con la Davis e nell’occasione più importante ha disputato le migliori partite dell’anno, lui che era stato escluso dalle convocazioni ed è rientrato dalla finestra solo per gli infortuni dei compagni. Le sconfitte di Musetti sono arrivate contro due giocatori più forti di lui e non devono preoccupare, ma devono rappresentare uno stimolo per continuare nel processo di crescita messo in mostra negli ultimi mesi del 2022. Fognini e Bolelli, pur con gli acciacchi dell’età, hanno confermato di essere un doppio di alto livello che può ancora dare molto alla nazionale. L’Italia deve continuare giustamente ad essere ambiziosa anche per il traguardo più alto quando si trova ad affrontare la Davis, con l’auspicio, nelle prossime edizioni, di poter contare su tutti i suoi giocatori in piena forma.

In finale ci va il Canada (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Adesso è troppo facile essere tristi. La finale di Davis che all’Italia mancava dal 1998 era lì, a un passo. Bastava solo un altro punto agli azzurri per raggiungere l’Australia e giocarsi, oggi, l’Insalatiera d’argento. E invece no, a rincorrere il titolo va il Canada con l’ultimo punto conquistato nel doppio decisivo formato da Vasek Pospisil e Felix Auger Aliassime contro Matteo Berrettini e Fabio Fognini, un duo d’emergenza, schierato a pochi minuti dal match decisivo dopo l’ennesimo colpo di sfortuna su un’Italia già in formazione di emergenza. Era partita senza i due singolaristi di punta e con Berrettini arrivato in corsa, per tifare, ma, soprattutto, essere disponibile in caso di emergenza. E puntualmente emergenza è stata, con Simone Bolelli fermato da un risentimento al polpaccio e impossibilitato a scendere in campo con Fabio Fognini, con cui giovedì avevano portato l’Italia alla gioia della semifinale. Alla fine la scelta è caduta su Berrettini, ed è troppo facile a posteriori dire che è stata una decisione sbagliata. Matteo lo aveva detto: «Sarei disposto a giocare anche su una gamba sola». E praticamente così è stato. L’assenza di partite, la preparazione ancora precaria e la poca abitudine al doppio con Fognini hanno inciso fortemente sulla partita, anche perché di là sentivano invece profumo di rimonta. Troppo carico Aliassime, reduce dalla vittoria agile in due set contro Musetti e schierato anche lui all’ultimo momento al posto di Denis Shapovalov, a pezzi dopo la sconfitta in tre ore e un quarto contro Lorenzo Sonego. Ora è inutile sbattere la testa per la vittoria mancata all’ultimo, ma non bisogna dimenticare che fino a giovedì l’Italia era data per spacciata contro gli Stati Uniti, e invece ci siamo goduti un’altra sfida da togliere il fiato. Non c’è stato il lieto fine, ma non è tutto da buttare. Abbiamo ritrovato un Lorenzo Sonego pronto al rilancio dopo una brutta stagione, un Lorenzo Musetti capace, nonostante le sconfitte, di affrontare le responsabilità da numero 1 della Nazionale a 20 anni, ma soprattutto un gruppo solido che gira attorno a Filippo Volandri: «Io sono molto orgoglioso della squadra – ha detto il capitano dopo il k.o. -, perché ogni volta che ho chiesto qualcosa tutti si sono messi a disposizione. Lo dimostra Matteo, arrivato qui con tutt’altre premesse, che ha risposto presente quando c’è stata la necessità di subentrare a Bolelli, che purtroppo si è infortunato». Puntare su un giocatore che non giocava da un mese ed era reduce da un infortunio a un piede a molti è sembrato un azzardo: «Ho fatto i miei calcoli – prosegue Volandri -. Ho chiesto a Berrettini se se la sentisse, quando mi ha dato la sua disponibilità per me è stato impensabile non schierarlo. La sua esperienza nei match importanti, le sue qualità, non potevo non considerarle». Tra i papabili, ha detto il c.t. azzurro, c’era anche Lorenzo Musetti, che però era reduce da due sconfitte e probabilmente non avrebbe potuto reggere altre pressioni: «Ero un po’ nervoso, poco tranquillo – ha spiegato il 20enne -. Per la seconda volta di fila ho avuto la chance di dare la vittoria all’Italia e non ci sono riuscito. Mi spiace molto». Fognini non ha nemmeno la forza di parlare, è sull’orlo delle larrime «Sono molto triste, non so quante altre sfide di Coppa Davis giocherò e aver mancato questa finale per pochi punti fa davvero male». Mastica amaro Berrettini, che vede finalmente chiudersi un 2022 da dimenticare: «È stato un anno mentalmente prosciugante – ha detto – dopo l’ennesimo infortunio ho pensato di chiudere tutto e tornare nel 2023, ma quando c’è stata l’opportunità di vestire l’azzurro ho voluto provarci. So di non aver fatto la partita della vita, ma ci ho provato fino all’ultimo. La squadra ha risposto bene, e penso che abbiamo posto ottime basi per il futuro».

L’Italia va a sbattere su Auger-Aliassime (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)

Il sogno di raggiungere la finale 24 anni dopo l’ultima volta è svanito in una fresca serata malagueña. Oggi la Coppa Davis se la giocheranno Canada e Australia. I primi non l’hanno mai vinta, i secondi l’hanno alzata al cielo 28 volte, di cui l’ultima nel 2003. A noi, invece, resta quella del 1976, vanto azzurro che purtroppo, 46 anni dopo, non si ripeterà. C’abbiamo provato: incerottati, da sfavoriti, facendo gli straordinari, ma l’Italia di Volandri s’è arresa in semifinale, perdendo 2-1 contro i canadesi e lasciandoci zeppi di rimpianti per quello che poteva essere e non è stato. La finale l’abbiamo annusata, anche un po’ sfiorata e principalmente grazie a un ragazzo che era venuto qui a Malaga non per caso, ma per necessità. Sonego ci aveva regalato ancora una volta il primo punto, a Musetti è mancato di nuovo un exploit che sarebbe stato bellissimo, ma non impossibile. A 20 anni, e da numero 1 azzurro, non gli si può certo chiedere la luna. Il punto decisivo, invece, è arrivato con il doppio, importantissimo nel nuovo formato della Coppa Davis, quello che ha debuttato nel 2019 a Madrid e che vide il Canada arrivare in finale e perdere contro la Spagna di Rafa Nadal. Pmprio in quell’edizione, ci fu l’ultimo precedente tra le due nazionali e Berrettini, nella fase a gironi, giocò in coppia il doppio con Fognini battendo Pospisil-Shapovalov. Al “Martin Carpena” è andata decisamente peggio. Matteo è stato schierato a sorpresa, perché ufficialmente Bolelli aveva un problema al polpaccio. «Non s’era allenato venerdì, ci ha provato, ma non era in grado di giocare» ha spiegato Volandri, che poi ha motivato la scelta di Berrettini: «Sonego aveva dato tutto, ho considerato anche Musetti, ma Matteo era pronto e ho deciso di schierare lui. È uno abituato a questi palcoscenici e se ho una potenzialità del team, provo a sfruttarla tutta. Insomma, era il coniglio tirato fuori dal cilindro, venuto qui con tutt’altro ruolo». Il romano non giocava dal 23 ottobre, dalla finale persa all’ATP 250 di Napoli contro Musetti. Il problema al piede sinistro l’aveva tenuto fuori da Vienna e Parigi-Bercy. A Malaga aveva dato inizialmente forfait, poi aveva raggiunto il gruppo mercoledl per stare principalmente vicino alla squadra, fare da motivatore, dare consigli e allenarsi. «Non ho il rimpianto di aver giocato, me la sentivo. So di non aver fatto la mia miglior partita, so di poter giocare molto meglio. L’obiettivo era vincere mettendoci il cuore, di fare l’impossibile anche senza giocare la miglior partita. Nonostante il livello, avremmo potuto vincere lo stesso e raggiungere la finale». Auger Aliassime è stato l’uomo della serata. Ha battuto senza troppa fatica Musetti in due set dimostrandosi uno dei tennisti più in forma di fine 2022. Poi s’è messo in coppia al posto di Shapovalov che aveva perso da Sonego, ed è stato decisivo sia al servizio che sotto rete. […]

Super Sonego, ma i miracoli sono esauriti (Daniele Azzolini, Tuttosport)

E’ una finale di Davis che se ne va come acqua cheta, senza un perché definito e senza annunciare le proprie intenzioni. Scivola via semplicemente, senza mostrare appigli che possano trattenerla un attimo di più. Si vede che non era ancora il nostro turno di tornare a vincerla, questa Davis che non sembra più quella di prima, malgrado si fossero palesati molteplici annunci, nei giorni addietro, tali da far pensare che tutto fosse pronto per il lieto evento, per la cancellazione dei ricordi milanesi di 24 anni fa. E poi, chissà, si sarebbe scoperto a quel punto che c’era persino la possibilità di mandare in pensione la Coppa del 1976. Ma non è così, non ancora. L’Italia resta a un passo da questa Coppa tanto attesa, la sfiora, ma non riesce ancora ad afferrarla, e farla sua. Nel tramestio che segue i primi due singolari, tra l’italianissimo orgoglio smosso da Sonny Sonego e la prova stavolta impacciata e senza corpo offerta da Musetti, si scopre che nessuno dei due doppi annunciati sarebbe potuto scendere in campo. Shapovalov aveva i muscoli della schiena lisi dalle troppe sollecitazioni che il tennis di Sonego gli ha imposto nel match d’apertura. Lo avevamo visto alle prese con il fisioterapista già nel corso del secondo set, e certo la rapida affermazione di Auger-Aliassime (un’ora e 28, per battere Musetti) non gli ha concesso quella pausa che avrebbe potuto restituirlo risanato al match di coppia. Ma non gioca nemmeno Simone Bolelli, perché il polpaccio già al centro di molti amorevoli impacchi prima di scendere in campo contro gli americani Sock e Paul, lo ha definitivamente abbandonato a se stesso. Capitan Volandri ha cercato rimedio consultando l’intera squadra. L’unico a disposizione era Berrettini, in recupero dai guasti al piede. Un bel rischio mandarlo in campo così, a freddo, dopo più di un mese di lontananza forzata dai campi. Ma anche l’unico che con Fognini avesse già giocato, e che per caratteristiche tecniche e fisiche avrebbe potuto incidere nel duello. Vi è riuscito, ma non quanto sarebbe servito, e ha costretto Fabio a spostarsi dalla parte del rovescio. I due azzurri hanno messo in campo tutto il possibile e anche qualcosa in più, ma non hanno mai dato l’impressione di poter disporre della coppia canadese composta da Pospisil e Auger-Aliassime, nemmeno quando le hanno strappato un break nel secondo set. Gli americani hanno presto ricucito la ferita, e hanno mantenuta alta la quota di volo. Troppo alta per il doppio italiano. Avremmo dovuto disporre, fosse stato possibile, di almeno quattro Sonego. Uno per affrontare Shapovalov, un altro da schierare contro Auger-Aliassime e due da provare in doppio. Alla fine, è stato proprio il torinese, ripescato da Volandri per ovviare ai forfait di Sinner e Berrettini, l’anima e il trascinatore di questo gruppo. L’immagine che si è vista rimbalzare su tutti i teleschermi era quella di una mano che girando su se stessa, due, tre volte, indicava a Lorenzo Sonego la direzione da imprimere alla palla. La mano era quella di Matteo Berrettini, l’indicazione quanto mai precisa: brevi slice, a uscire, con l’effetto che allontani la sfera ancora di più dalla racchetta di Shapovalov. I due si sono scambiati un cenno d’intesa. Sonego ha eseguito convinto lo schema, il canadese ha provato ad agganciare la palla ma è stato costretto quasi a uscire dal campo. Si è aperto così il corridoio per infilare il dritto vincente dell’azzurro, comodo, invitante. Sonny si è appoggiato al colpo, in avanzamento. È stato un buon punto. I due si sono scambiati un cenno con il pollice alzato. Quanti fossero gli azzurri in campo, in quel terzo set che Sonego teneva stretto a sé, è una domanda che rischia di strappare un sorriso andando a titillare un evidente paradosso, e insieme offre una spiegazione di come gli azzurri abbiano interpretato questa fase finale della Davis. Se è vero che Sonny si è fatto in quattro, per tenere testa a un giocatore di così alto rango tecnico come il canadese, è altrettanto provato che nel suo match sono Stati in tanti a interagire, dal capitano alla panchina, ai coach che sono stati invitati a fare gruppo. Si andava dall’incitamento, al consiglio tattico vero e proprio, fino ai suggerimenti, alle indicazioni, ai moniti in certi casi, utili alla gestione dei momenti più complicati del confronto. […]

Davis proibita (Stefano Semeraro, La Stampa)

Finisce male, alle nove e mezzo della tarde a Malaga, una corrida triste dove la vittima è l’Italia. Finisce come non doveva: una sconfitta al doppio di spareggio (7-6 7-5) dopo l’impresa di Sonego contro Denis Shapovalov che aveva portato gli azzurri a un passo dall’ottava finale di Coppa Davis. Un’Italia scheggiata dall’ennesimo infortunio di quest’anno piagata dalla malasorte. Stavolta è toccato a Simone Bolelli – che in doppio contro gli usa era stato il migliore in campo fermato dal riacutizzarsi di un malanno al polpaccio. Al suo posto Filippo Volandri ha deciso di rischiare Matteo Berrettini, il totem di questa nazionale che fino a pochi momenti prima faceva da tecnico aggiunto e capo claque, e si è ritrovato in campo, a corto di preparazione, e non ha giocato da Berrettini. Anzi, è stato il peso che ha trascinato a fondo il nostro doppio, che pure è stato avanti di un break sia nel primo sia nel secondo set. Ma a corto di preparazione, fermo da ottobre per il problema al piede sinistro, diversamente avrebbe potuto fare di meglio. In finale ci va il Canada, che in squadra ha un grande giocatore – Felix Auger Aliassime, ieri capace di portare due punti, in singolare contro Musetti (6-3 6-4) e in doppio a fianco di un mediocrissimo Pospisil – ma non era la squadra più forte. E così diventa inutile anche il colpo di Lorenzo Sonego, che nel primo singolare di giornata era riuscito nell’impresa di battere Denis Shapovalov (7-6 6-7 6-4) giocando una partita quasi perfetta per concentrazione, tattica, mente e corazon. Ulteriore beffa: in un tennis dominato in lungo e in largo dall’Europa, nel cuore dell’Andalusia a contendersi la Zuppiera saranno una squadra nordamericana e l’Australia di Kokkinakis e De Minaur. «È davvero un peccato, con Bolelli avremmo vinto sicuramente», dice Paolo Bertolucci, doppista principe della Squadra anni ’70. «E sono convinto che ce l’avremmo fatta anche in finale contro l’Australia». Resta la consapevolezza di avere una grande squadra, che con Sinner e Berrettini a pieno servizio probabilmente sarebbe stata imbattibile, ma che non è riuscita a sfatare il tabù di una Coppa che manca dal 1976, di una finale raggiunta per l’ultima volta in casa nel 1998. […]

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