Addio Bollettieri, sudore e disciplina. È stato l'allenatore di 12 numeri uno (Lenzi, Azzolini, Semeraro)

Rassegna stampa

Addio Bollettieri, sudore e disciplina. È stato l’allenatore di 12 numeri uno (Lenzi, Azzolini, Semeraro)

Il racconto di Nick Bollettieri nella rassegna stampa di martedì 6 dicembre

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Addio Bollettieri, sudore e disciplina. È stato l’allenatore di 12 numeri uno (Claudio Lenzi, La Gazzetta dello Sport)

Il grande maestro non cè più. Chissà se qualcuno dei tanti talenti che ha forgiato nella lunga carriera da allenatore autodidatta si metterà “sull’attenti” per l’ultimo saluto. Nicholas ‘Nick’ Bollettieri, benedizione e incubo per un esercito di tennisti più o meno affermati, è morto ieri nella sua casa in Florida a 91 anni, dopo alcune settimane di ricovero. Figlio di immigrati di origine napoletana, arruolato per sopravvivere nei paracadutisti, su un aspetto ha messo tutti d’accordo, ideando il «corri e tira», oggi diventato lo stile di gioco imperante, e fondando la preparazione sulla cura maniacale della testa, oltre che del fisico. Avere un Marine come coach non dev’essere stato facile, ma così funzionava allAcademy di Bradenton. Lo ha descritto brutalmente Andre Agassi, il vero prototipo del suo giocatore ideale, nell’autobiografia bestseller Open […]. Era il 1984 quando il padre Mike spedì il quattordicenne Agassi all’accademia di Bollettieri: doveva restare in Florida qualche mese, se ne andrà dopo 9 anni ormai prosciugato, lui genio ribelle guidato da un coach che non tollera il minimo sgarro. E proprio il “Kid” di Las Vegas sarà il primo a regalargli uno Slam. “Ha dato a tanti la possibilità di vivere il proprio sogno. Ci ha fatto vedere come la vita può essere vissuta al massimo. Grazie Nick” – lo “perdona” con un tweet Agassi, da bravo figliol prodigo. Sono altri 11 i tennisti saliti al numero 1 che gli devono quasi tutto Becker, Rios, Courier e Sampras tra gli uomini; Serena e Venus Williams, Sharapova, Jankovic, Seles, Capriati e Hingis fra le donne […]. E pensare che tutto è cominciato a Pelham, periferia di New York, in un quartiere multietnico dove i soli sport conosciuti erano il soccer (il nostro calcio) e il football. Il padre lo avrebbe voluto avvocato, ma dopo la laurea in filosofia il giovane Nick abbandona presto la facoltà di Giurisprudenza e inizia a insegnare su un campo pubblico di North Miami Beach. All’epoca intascava tre dollari all’ora, arriverà a prenderne 300 volte tanto. Il vero miracolo comincia nel 1978, anno di fondazione della Nick Bollettieri Academy, che nel 1987 viene acquistata dal colosso del management IMG. Oggi la struttura si estende su un terreno di 450 acri (dai 40 iniziali) e offre lavoro a 650 persone. In tutto questo, ha avuto tempo di sposarsi otto volte e di crescere sette figli, senza mai dimenticare le origini italiane Capri ricorda i suoi viaggi di nozze. L’ultimo con Cindi, che ne ha dato la definizione ideale: “Quando l’ho sposato sapevo bene che io sarei stata l’amante: lui ha già sposato la sua Accademia”. Addio, Nick. A tuo modo, sei stato un gigante.

Addio Nick, il precursore (Claudio Azzolini, Tuttosport)

Monica Seles ha imparato il tennis sui disegnini del padre: con pochi tratti Karolj Seles dava vita a un coniglietto che eseguiva colpi a due mani. ll campo era il garage di casa, a Novi Sad. Quando Monica partì per gli Stati Uniti, invitata dal college di Nick Ballettieri a Bradenton, Florida, aveva 12 anni. La famiglia la seguì in militaresca formazione, con Karolj a fare da capo spedizione lungo la strada del riscatto. Sul campo la bimba saliva e scendeva lungo la scala dei decibel, lanciando grandi urla su ogni colpo. Davanti ai microfoni i grunt si trasformavano in squittii, il coniglietto diventava scoiattolo […]. Quando Monica debuttò e raggiunse la terza piazza era alta 1,63, mentre quando divenne numero uno si era alzata di 9 centimetri e i suoi strilli erano diventati grufoli eccitati, un po’ erotici e un po’ osceni […]. Quando la bambina cominciò a mettere in fila le grandi deltennis, Karolj decise che i Seles potevano farcela da soli, e lui sarebbe stato coach e manager. Bollettieri, sentendosi tradito, decise di rivolgersi a un avvocato. Troppo tardi… Il grurzolo di dollari che giocava in grembiulino, menando fendenti da fabbro ferraio, ormai se n’era andato. La storia di Monira Seles si è ripetuta decine di volte nella lunga vicenda tennistica che fece di Nick Bollettieri prima un coach e poi un apripista, poi un guru del tennis, quindi un manager e un uomo ricco e conosciuto, ma anche un personaggio al centro di molte contestazioni, con una pletora di tennisti, la gran parte di quelli che lui aveva allevato, pronta a rivoltarsi contro l’uomo che si era proposto come padre spirituale […]. Nick riservò il ruolo di figlio prediletto ad Andre Agassi, che venne trascinato alla Bollettieri Academy giovanissimo, quando il padre ex pugile e butta fuori in un hotel di Las Vegas con annesso casinò ritenne di non avere più niente da insegnargli. Proprio Andre, che oggi è diventato uno dei più fervidi contestatori dell’esperienza vissuta all’accademia, nella quale – a suo dire – Nick imponeva troppe regole, troppe restrizioni, che avevano l’effetto di fomentare rabbia nei confronti del tennis. Eppure, il percorso svolto da Nick con la sua Academy, da anni ormai proprietà del colosso del management IMG fordato da “Squalo” McCormack, ha finito per segnare il profilo del nostro sport, in questi anni di sfide a base di colpi proibiti e sempre più potenti, nelle quali trionfa il tennis dei tutti uguali. Il gioco che si apprendeva sui campi di Bradenton era quello, da fondo campo e a tutto braccio, impostato sul ritmo degli scambi e sulla sopraffazione fisica degli avversari […]. Alla fine, più che i tennisti, sono stati coach i veri figli di Nick. Ne hanno filtrato gli insegnamenti, e hanno tirato su accademie che molto somigliano alla sua, nelle quali la regola prima è fare vita da accademia, cioè frequentarla, viverla, crearsi all’interno solide amicizie, e non smettere di studiare. Anche il “mental tennis” di oggi trova in Bollettieri un progenitore. La sua preferenza andava ai “forti di testa’: “Seles e Sharapova lo erano”, spiegò una volta, “mentre come tenniste ce n’erano di migliori”. Fu il primo a istituire corsi di mental coaching, e a ribaltare la sacra trimurti che aveva guidato il tennis lino a tutti gli anni Settanta. “Tecnica, Fisico, Mente” cambiò presto i connotati in “Mente, Fisico e tecnica” […]. “Sono dodici” – sosteneva – “i tennisti che ho portato al numero uno”. Troppa grazia. Agassi e Courier, Sharapova e Seles è possibile definirli suoi prodotti, altri hanno avuto con lui rapporti ben più fuggevoli. Ma Nick ò stato questo, per il tennis, un uomo che lo ha attraversato a velocità doppia di altri, con molte buone idee, e qualche esagerazione.

Addio all’allenatore dei numeri 1, il papà di tutte le Academy (Stefano Semeraro, La Stampa)

“Mi è sempre piaciuto lavorare con le persone. Aiutarle a diventare qualcosa di speciale. Non devi aver paura di diventare il migliore al mondo, qualunque cosa tu faccia. Allenati più degli altri, e credi in te stesso, questo è il segreto. E siccome le mie origini sono italiane, potete sempre dire di avere il miglior coach del mondo. Okay, my boy?”. Nick Bollettieri, che se ne è andato ieri a 91 anni, non aveva paura di niente. Tranne che degli aghi. Per questo, nonostante i tanti acciacchi arrivati alla fine di una vita vissuta alzandosi sempre alle 4,30 di mattina, il coach che ha aiutato Andre Agassi, Monica Seles, Jim Courier, Maria Sharapova, Boris Becker e altri ancora diventare numero 1 del tennis, non aveva mai voluto andare dal medico. Sotto sotto era convinto che anche la Nera Signora si potesse ingannare, guardandola diritta negli occhi e parlandoci un poco. Nicholas James Bollettieri, nato a Pelham, stato di New York, forse non è stato il miglior allenatore di tennis della storia, ma di sicuro il più convincente. Un visionario molto concreto, figlio di immigrati italiani, laureato in Filosofia, paracadutista, pilota di jet mancato. Uno dei primi a intuire che il tennis poteva essere un business milionario. Dopo aver insegnato per una ventina d’anni fra Portorico e la Florida, nel 1978 aveva messo in piedi il suo capolavoro sui 50 campi e i 40 acri di Bradenton, la madre di tutte le Academy tennistiche, venduta poi con gli interessi nel 1987 all’IMG. Qualcosa a metà fra un paradiso e un campo di concentramento, disciplina, allenamento, la quantità che si trasforma in qualità. Un credo tennistico semplice: picchiare, aggredire, soffocare fisicamente e mentalmente l’avversario. Il suo prodotto più celebre è stato Agassi, figlioccio ribelle che gli deve molto ma che dalla «prigione» di Bradenton sognava solo di evadere e con Nick il guru ha avuto scontri violenti, raccontati con dovizia di particolari nella sua autobiografia ‘Open’. Ma fra le sue mani a cavallo di due millenni è passato molto del tennis che contava, compresi Anna Kournikova, Tommy Haas, Michael Chang, Mary Pierce, Jelena Jankovic, Kei Nishikori, le nostre Raffaella Reggi e Sara Errani. Lo hanno accusato di essere poco più di un ciarlatano, fuoriclasse dei discorsi motivazionali e mago delle pr, ma semplificatore all’eccesso […]. “Oggi ci sono almeno altri 15 fattori oltre al talento che devi valutare se cerchi un campione – diceva – la famiglia, il fisico, la mentalità, l’intelligenza, e soprattutto se saprà ripetere in partita quello che impara in allenamento. Penso a Maria Sharapova: già a 10 anni al suo confronto un palo d’acciaio sembrava uno spaghetto scotto”.

Addio a Nick Bollettieri. Insegnò il tennis e la “disciplina”, fu maestro di Agassi (Corriere della Sera)

Dove ti alleni? Da Bollettieri. Un cognome, un marchio. C’è stato un tempo in cui il tennis era lui. Nicholas James Bollettieri, scomparso a 91 anni, passato alla storia come il maestro di Andre Agassi. Nato a Pelham (New York) da immigrati italiani, un diploma in filosofia che gli sarebbe servito per attuare la sua rivoluzione cartesiana dei metodi di insegnamento e allenamento del tennis, appreso chissà come, dove e quando: forse al college da ragazzo, praticato prestando servizio nell’esercito americano, abbracciato come professione dal ’56, dopo aver lasciato la facoltà di legge all’Università di Miami, amatissima Florida, lo stato che gli avrebbe dato l’abbronzatura perenne e la celebre Nick Bollettieri Tennis Academy a Bradenton. Da lì sono passati tutti, o quasi. Jimmy Arias e Jennifer Capriati, talenti precoci, Maria Sharapova bambina con 500 dollari in tasca, i n.1 Courier e Agassi, che alla disciplina militaresca del posto si ribellò inventando uno stile: meches, smalto, orecchini, jeans strappati. Raffaella Reggi, pioniera del tennis italiano, sbarcò a Bradenton 15enne: “Non avevo classifica. Nick mi guardò dieci minuti e mi predisse un futuro da top”. Sarebbe diventata n.13 (’88). L’ennesima previsione azzeccata dal Maestro.

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