L’anno magico di Tommaso Compagnucci, dalla Laurea in Psicologia agli allenamenti con Vagnozzi

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L’anno magico di Tommaso Compagnucci, dalla Laurea in Psicologia agli allenamenti con Vagnozzi

“Il mio obiettivo è giocare regolarmente nel circuito Challenger”, così il 23enne marchigiano affronta gli ultimi tornei dell’anno, in vista della stagione 2023 che per lui è già iniziata

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Compagnucci Tommaso - Instagram
 

Il 2022 rimarrà per Tommaso Compagnucci un anno da cerchiare in rosso. Infatti il 23enne tennista marchigiano, originario di Macerata, è finalmente riuscito a giocare con una certa continuità nel circuito ITF, al netto di un infortunio alla spalla a inizio stagione. Ha giocato più di 50 partite con un record di 27 vinte e 24 perse, centrando una finale al M15 di Bad Waltersdorf (Austria), una semifinale nel pari categoria di Eupen (Belgio), e ben sei quarti di finale, guadagnando più di 300 posizioni da inizio anno fino a salire al n.669 ATP.

Lo abbiamo raggiunto a Sharm dove sta disputando gli ultimi due tornei della stagione.

Buongiorno Tommaso, una buona stagione direi.
Sì, sono finalmente riuscito a trovare continuità in quella che, considerando il Covid, è stata in pratica la mia seconda stagione da professionista. Prima giocavo solo degli Open e lavoravo al mio circolo a Macerata. Mentre mi alleno al Maggioni a San Benedetto del Tronto.

 

Con chi ti alleni?
Il mio staff comprende Simone Vagnozzi, Andrea Attrice e Davide Melchiorre, mentre il preparatore atletico è Matias Paolicelli.

Allora se ti alleni con Vagnozzi ti sarà capitato di incrociare Sinner?
Sì, effettivamente Jannik è venuto una settimana a San Benedetto ad allenarsi con Simone. E devo dire che è una persona splendida, anche se purtroppo non ho ancora avuto l’occasione di palleggiare con lui.

C’è stata anche la collaborazione col mental coach Filippo Gioiello, giusto?
Sì, abbiamo iniziato un percorso in estate subito prima della semifinale di Eupen.

Una cosa che ti interessa molto, considerando che anche i tuoi studi vanno in quella direzione.
Sì, effettivamente sto per prendere la laurea triennale in psicologia all’Università di Urbino. Sto preparando la tesi e ho già finito gli esami.

Un percorso raro per uno sportivo professionista.
Indubbiamente, ma studiare mi è sempre piaciuto molto e ho in programma di iscrivermi anche alla magistrale, sempre ad Urbino, dopo che avrò capito se sono previsti obblighi di frequenza.

Che confliggerebbero con i tuoi programmi agonistici.
Esatto, perché l’anno prossimo cercherò di giocare molto di più, ora che la classifica mi permette di entrare direttamente in tabellone nei Futures.

Lo step verso i Challenger è duro, vero?
Molto duro, anche se in realtà il mio obiettivo è proprio arrivare a giocare regolarmente in quel circuito, sia in singolo che in doppio, una specialità che a me piace tanto.

Dopo Sharm un po’ di riposo e preparazione invernale?
In realtà no perché la preparazione invernale l’ho già fatta in quanto mi sono dovuto fermare per qualche problema intestinale e visto che sotto antibiotici non potevo giocare…

Quindi in pratica per te questa è già la stagione 2023?
Effettivamente (ride, ndr). Poi a inizio gennaio dovrei giocare tre Challenger perché essendo via molti giocatori per gli AO dovrei riuscire ad entrare nel tabellone delle qualificazioni: i due tornei portoghesi di Oeiras e il primo di Tenerife. Poi in febbraio ci sarebbe il nuovo Challenger di Rovereto. Se non dovessi entrare, come temo, tornerò qui a Sharm a fare dei Futures.

Raccontami della tua trasferta esotica in Vietnam, ti ha forse contagiato Marco Brugnerotto?
Ride (ndr), temo di sì. Il Vietnam è un posto che mi ha sempre affascinato e i due ITF M25 di Tay Ninh, tra settembre e ottobre, mi hanno regalato l’opportunità di soddisfare la mia curiosità. Tra l’altro nel primo dei due tornei sono anche arrivato nei quarti. E non è stata nemmeno una trasferta così costosa: 650 euro il volo andata e ritorno, che avevo prenotato con largo anticipo, e una volta lì con 15 euro al giorno vivi bene.

Tu hai anche un fratello maggiore, vero?
Sì, Nicolas che ha già 27 anni e gioca a tennis anche lui. Anzi ha avuto un’ottima carriera junior poi a 17 anni è stato costretto a smettere a causa di problemi importanti alla schiena. Così ha cominciato a fare il maestro di tennis (a Milano, ndr) e si è laureato in psicologia (evidentemente la facoltà di famiglia, ndr). Anche se quest’anno l’ho costretto a tornare a giocare in doppio assieme a me. E abbiamo avuto anche dei buoni risultati, tipo la semifinale al 25.000 di Agadir in agosto, dove purtroppo io sono stato male e siamo stati costretti al ritiro, se no magari portavamo a casa anche una coppetta.

A Nicolas devi la tua passione per il tennis e anche il soprannome Jonny.
Sì certo, mi sono appassionato guardandolo giocare quando ero bambino e quanto al soprannome me l’ha appioppato lui tanti anni fa quando guardavo ‘Lilli e il vagabondo’ e urlavo ‘vai Jonny!’.

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ATP

ATP Miami, finale Sinner-Medvedev: per i bookmakers grande equilibrio

Le quote del match tra Medvedev e Sinner: i bookmakers sono in difficoltà nell’indicare un chiaro favorito

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Jannik Sinner (sinistra) e Daniil Medvedev (destra) - Rotterdam 2023 (foto Twitter @atptour/@ATPTour_ES)

Nonostante Daniil Medvedev abbia vinto tutti i 5 precedenti contro Jannik Sinner, il sesto scontro tra i due nella finale dell’ATP di Miami si presenta alquanto equilibrato per gli specialisti dei pronostici. Questo perché l’azzurro sembra sempre più solido, propositivo e centrato, qualità che gli hanno regalato la vittoria in semifinale contro il n. 1 del mondo Carlos Alcaraz. Dal canto suo, il russo è reduce da un fine inverno-inizio primavera quasi perfetto che gli ha permesso di tornare in auge dopo un 2022 assolutamente deludente per i suoi standard.

I principali bookmakers sono in difficoltà nell’indicare un chiaro favorito: per Sisal e Betfair entrambi sono dati a 1,90; 1,91 per Bet365. Better (1,90) e PlanetWin (1,87) considerano il russo leggermente in vantaggio, mentre Jannik è quotato a 1,95 e 1,94.

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WTA 125 di San Louis Potosí: finale azzurra tra Sara Errani ed Elisabetta Cocciaretto

Il duello generazionale vede la tennista marchigiana avanti 3-0 nei precedenti

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Elisabetta Cocciaretto (sinistra) e Sara Errani (destra) al WTA Palermo 2020 (foto Twitter @LadiesOpenPA)

Finale tutta azzurra in Messico, alla prima edizione del San Louis Potosí Open, torneo WTA 125 sulla terra che si conclude domenica 2 aprile. A contendersi il titolo le nostre Elisabetta Cocciaretto e la sempreverde Sara Errani che, a quasi 36 anni (li compirà il prossimo 29 aprile) disputa la sua ventitreesima finale in singolare (la quarta in un WTA 125). L’ultimo trofeo conquistato dalla bolognese è quello del WTA 125 di Contrexeville, in Francia, lo scorso luglio.

Un risultato notevole per Sarita, attuale n. 99 in classifica (vanta il best ranking alla posizione n. 5), che ha sempre saputo rialzarsi dopo i momenti difficili e ritrovare le giuste motivazioni per continuare ad essere competitiva nel circuito. Per Elisabetta, 22 anni e n. 49 WTA, si tratta invece della quinta finale tout court (la quarta in un evento WTA 125).

Elisabetta giunge in finale dopo aver superato all’esordio la messicana Zacarias, l’argentina Nadia Podoroska, ai quarti la slovena Zidansek e in semifinale Elina Avanesyan, l’unica a strapparle un set. Sara invece approda al round decisivo dopo essersi imposta sull’elvetica In-Albon, sulla spagnola Bolsova, ai quarti sulla semifinalista di Wimbledon 2022 Tatiana Maria e, in semifinale, sulla slovena Kaja Juvan. Come per Cocciaretto, anche Sara domina i primi turni in due set, concedendo poi una sola frazione al penultimo step, contro la Juvan.

 

I precedenti tra le due azzurre vedono la tennista marchigiana in vantaggio 3-0; Elisabetta ha sconfitto Sara due volte nel 2022, a Bari e a Palermo, in entrambe le occasioni in due set. Invece, nel 2019, nel loro primo incontro all’ITF di Asuncion, l’ha superata in tre manches.

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ATP

Juan Pablo Varillas su Musetti è sicuro: “Può battere chiunque, tornerà presto al top” [ESCLUSIVA]

Il peruviano, in finale al Challenger di Sanremo, si racconta ad Ubitennis: “Voglio essere un esempio come atleta e persona, cerco di spingere i bambini ad avvicinarsi al tennis”

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Juan Pablo Varillas - ATP Challenger Sanremo 2023 (foto Tullio Bigordi)

Mentre tutta l’Italia attende trepidamente l’arrivo delle ore 19, con Jannik Sinner pronto a sfidare Daniil Medvedev per il titolo di Miami, alle ore 15 andrà in scena la finale del Challenger 125 di Sanremo. A contendersi il trofeo saranno Luca Van Assche e Juan Pablo Varillas. Il primo, giovane promessa del tennis francese, è già certo dell’ingresso in top100 e ha dichiarato di voler sfidare e battere prima o poi i tre young big3 del momento, ovvero Carlos Alcaraz, Jannik Sinner e Holger Rune. Il secondo, 27enne nativo di Lima, capitale del Perù, vive il momento migliore di una carriera passata per lo più lontano dai riflettori. Al momento n°88 ATP – ma ad inizio marzo è stato anche n°76, suo best ranking – il sudamericano cerca un successo che lo porterebbe a ridosso dei primi 80.

Proprio in Sudamerica Varillas ha giocato molto a febbraio, affermando però di trovarsi meglio sulla terra europea: “Qui a Sanremo è stata una grande settimana, ho giocato molto bene. Credo che i campi siano un po’ più veloci rispetto al Sudamerica, dove ho giocato spesso nell’ultimo periodo. Qui c’è molto tifo, gli appassionati non mancano mai. È bello ed emozionante giocare in Italia, questo genere di tornei mi piace molto.

L’amore per l’Italia di Juanpi, come lo chiamano le persone attorno a lui, è dunque certificato. “Amo il fatto che in ogni torneo, indipendentemente dal livello, ci sia sempre molta gente a fare il tifo. Non importa se è per me o per il mio avversario, ti trasmettono tanta motivazione”.

 

A Buenos Aires il 27enne di Lima ha disputato un grande torneo, dov’è partito dalle qualificazioni e ha battuto giocatori del calibro di Delbonis, Thiem e anche Lorenzo Musetti, fermandosi contro Cameron Norrie in una semifinale molto tirata. Proprio da quel torneo sono iniziati i problemi del carrarino, che non ha più vinto un match a livello ATP. L’azzurro cerca ora riscatto a Marrakech, dove guida il seeding come prima testa di serie. Varillas, però, non ha alcun dubbio su Lorenzo: “Ha avuto un inizio di stagione con qualche scivolone inatteso, ma ha dimostrato di avere i mezzi per battere praticamente chiunque nel circuito. Sono sicuro che tornerà presto, non appena avrà ritrovato il suo tennis e la fiducia necessaria”.

Non dev’essere semplice per un tennista emergere da un paese come il Perù. Ad eccezione del grande Alex Olmedo (che ha vinto Australian Open e Wimbledon nel 1959, oltre che la Coppa Davis con gli USA nel 1958) non è che ci sia una grande tradizione. Attualmente sono soltanto due i giocatori presenti tra i primi 450 del ranking ATP, con Varillas che è praticamente l’unico giocatore di alto livello a rappresentare il suo paese. È bello e motivante, anche se alcune volte è stato difficile. Non ci sono riferimenti per quel che riguarda il tennis: in Sudamerica gira praticamente tutto intorno al calcio, a parte forse in Argentina. Tutti gli altri sport sono accantonati in un angolino ed è come se non esistessero, però devo convivere con questa situazione e cercare di fare del mio meglio. Voglio essere un esempio tanto come atleta quanto come persona, cerco di motivare i bambini ad avvicinarsi al tennis. È bello avere qualcuno a cui guardare: è una grande responsabilità, ma è anche un piacere.

Il peruviano è andato vicino a far registrare due vittorie storiche per il suo paese, portando al quinto set campioni come Félix Auger-Aliassime e Alexander Zverev, rispettivamente nei primi turni del Roland Garros 2022 e dell’Australian Open 2023. “Sono state due grandi partite, per me era come vivere un sogno. Ho giocato due main draw Slam finora e i due match che ho disputato sono stati uno sul Philippe Chatrier e uno sulla Margaret Court Arena. Non ho mai giocato sui campi secondari! (sorride, ndr). Contro quei giocatori è chiaro che vuoi provare a vincere, specialmente quando arrivi a vincere due set. Comunque vada, tuttavia, resta la grande esperienza vissuta. Ti porti dietro alcuni aspetti che potrebbero sempre servirti in futuro”.

Nonostante la doppia impresa sfiorata, che potrebbe far vivere a lungo i ricordi nella testa di un giocatore, quelle due partite per Varillas appartengono ormai al passato. “Non penso spesso a quegli incontri, non mi piace farlo, però ogni tanto ti passano per la testa. Credo comunque che chi ha vinto ci è riuscito perché ha meritato di più. Contro Zverev sono andato più vicino a vincerla rispetto ad Auger-Aliassime, ma fa parte del tennis. In due o tre punti può cambiare una partita”.

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