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Nell’anno dei grandi ritiri, anche Francesco Vilardo appende la racchetta al chiodo
Ex numero 455 e una carriera passata a migliorare il circuito minore, si ritira il sindacalista dei tennisti. “Ho una valigia stracolma di esperienze vissute in giro per il mondo”

Il 2022 sarà ricordato anche come l’anno dei ritiri eccellenti, da Roger Federer a Serena Williams, che si sono ovviamente presi tutte le pagine dei giornali. Ma anche altri hanno appeso la racchetta al chiodo, solo tra gli azzurri ricordiamo Andreas Seppi, Matteo Viola e Roberto Marcora…quest’ultimo in realtà a giorni alterni. E infine Francesco Vilardo, che lascia da n.822 ATP. Si era capito da tempo che il 33enne tennista calabrese – cui tra l’altro facciamo gli auguri perché compie gli anni il 28 dicembre – stesse maturando questo passo. Era infatti da luglio che non scendeva in campo, precisamente dalle qualificazioni del Challenger di San Benedetto del Tronto quando perse con l’argentino Camilo Ugo Carabelli.
La sua carriera non sarà stata sfolgorante (si ritira con due titoli Futures in singolare e quindici in doppio, e un best ranking in carriera alla posizione numero 455 nel settembre 2018), ma è sempre stata una presenza importante nel circuito. Ha fatto mille esperienze e conosciuto moltissime persone che l’hanno contraccambiato riponendo in lui il massimo della fiducia, tanto da esser stato eletto per ben due volte nel ‘Panel’ ITF. In pratica era diventato il sindacalista dei tennisti, quelli di seconda fascia, troppo spesso bistrattati in un mondo che purtroppo tende a vedere solo la luce accecante dei riflettori. Se volete approfondire l’argomento vi rimandiamo all’intervista che facemmo con lui un paio di anni fa.
Francesco, da noi interpellato, ci diceva che dovrebbe rimanere in carica fino a fine 2023, a meno che l’ITF non abbia una diversa opinione in seguito al suo ritiro. Pochi giorni fa il nativo di Fuscaldo ha salutato così dai suoi social:
“Ho riposto centinaia di esperienze vissute in giro per il mondo in una valigia stracolma, pesante ma non di certo ingombrante. Anzi… Grazie infinite a chiunque ne abbia preso parte in tutti questi anni, ma soprattutto alla mia famiglia. Ai miei allenatori, ai miei amici, e a tutti i compagni di allenamento e di avventure. Grazie davvero a tutti, finanche a quegli sconosciuti con i quali mi sono scambiato anche un solo sguardo, su un aereo, un tram, un bus, chissà dove nel mondo.
Nella valigia ci ho messo proprio tutto. Ed ora, seppure in forma diversa , non più da giocatore ma da allenatore e padre, continuerò a sognare e vivere con la forte e piena consapevolezza di poter sempre riaprire quella valigia, attingerne, e trasmetterne i contenuti a chiunque ne avrà mai voglia”.
Ora Francesco rimarrà nel mondo del tennis, entrando a far parte dello staff di allenatori di Enjoy Tennis Center di Roma, con Francesco Aldi, Giuseppe Fischetti, Claudio Messina, Riccardo Nobile e Mimmo Liguori dove si allenano, tra gli altri, Alexander Weis e, da pochi giorni, Stefano Travaglia.
ATP
ATP Miami, finale Sinner-Medvedev: per i bookmakers grande equilibrio
Le quote del match tra Medvedev e Sinner: i bookmakers sono in difficoltà nell’indicare un chiaro favorito

Nonostante Daniil Medvedev abbia vinto tutti i 5 precedenti contro Jannik Sinner, il sesto scontro tra i due nella finale dell’ATP di Miami si presenta alquanto equilibrato per gli specialisti dei pronostici. Questo perché l’azzurro sembra sempre più solido, propositivo e centrato, qualità che gli hanno regalato la vittoria in semifinale contro il n. 1 del mondo Carlos Alcaraz. Dal canto suo, il russo è reduce da un fine inverno-inizio primavera quasi perfetto che gli ha permesso di tornare in auge dopo un 2022 assolutamente deludente per i suoi standard.
I principali bookmakers sono in difficoltà nell’indicare un chiaro favorito: per Sisal e Betfair entrambi sono dati a 1,90; 1,91 per Bet365. Better (1,90) e PlanetWin (1,87) considerano il russo leggermente in vantaggio, mentre Jannik è quotato a 1,95 e 1,94.
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WTA 125 di San Louis Potosí: finale azzurra tra Sara Errani ed Elisabetta Cocciaretto
Il duello generazionale vede la tennista marchigiana avanti 3-0 nei precedenti

Finale tutta azzurra in Messico, alla prima edizione del San Louis Potosí Open, torneo WTA 125 sulla terra che si conclude domenica 2 aprile. A contendersi il titolo le nostre Elisabetta Cocciaretto e la sempreverde Sara Errani che, a quasi 36 anni (li compirà il prossimo 29 aprile) disputa la sua ventitreesima finale in singolare (la quarta in un WTA 125). L’ultimo trofeo conquistato dalla bolognese è quello del WTA 125 di Contrexeville, in Francia, lo scorso luglio.
Un risultato notevole per Sarita, attuale n. 99 in classifica (vanta il best ranking alla posizione n. 5), che ha sempre saputo rialzarsi dopo i momenti difficili e ritrovare le giuste motivazioni per continuare ad essere competitiva nel circuito. Per Elisabetta, 22 anni e n. 49 WTA, si tratta invece della quinta finale tout court (la quarta in un evento WTA 125).
Elisabetta giunge in finale dopo aver superato all’esordio la messicana Zacarias, l’argentina Nadia Podoroska, ai quarti la slovena Zidansek e in semifinale Elina Avanesyan, l’unica a strapparle un set. Sara invece approda al round decisivo dopo essersi imposta sull’elvetica In-Albon, sulla spagnola Bolsova, ai quarti sulla semifinalista di Wimbledon 2022 Tatiana Maria e, in semifinale, sulla slovena Kaja Juvan. Come per Cocciaretto, anche Sara domina i primi turni in due set, concedendo poi una sola frazione al penultimo step, contro la Juvan.
I precedenti tra le due azzurre vedono la tennista marchigiana in vantaggio 3-0; Elisabetta ha sconfitto Sara due volte nel 2022, a Bari e a Palermo, in entrambe le occasioni in due set. Invece, nel 2019, nel loro primo incontro all’ITF di Asuncion, l’ha superata in tre manches.
ATP
Juan Pablo Varillas su Musetti è sicuro: “Può battere chiunque, tornerà presto al top” [ESCLUSIVA]
Il peruviano, in finale al Challenger di Sanremo, si racconta ad Ubitennis: “Voglio essere un esempio come atleta e persona, cerco di spingere i bambini ad avvicinarsi al tennis”

Mentre tutta l’Italia attende trepidamente l’arrivo delle ore 19, con Jannik Sinner pronto a sfidare Daniil Medvedev per il titolo di Miami, alle ore 15 andrà in scena la finale del Challenger 125 di Sanremo. A contendersi il trofeo saranno Luca Van Assche e Juan Pablo Varillas. Il primo, giovane promessa del tennis francese, è già certo dell’ingresso in top100 e ha dichiarato di voler sfidare e battere prima o poi i tre young big3 del momento, ovvero Carlos Alcaraz, Jannik Sinner e Holger Rune. Il secondo, 27enne nativo di Lima, capitale del Perù, vive il momento migliore di una carriera passata per lo più lontano dai riflettori. Al momento n°88 ATP – ma ad inizio marzo è stato anche n°76, suo best ranking – il sudamericano cerca un successo che lo porterebbe a ridosso dei primi 80.
Proprio in Sudamerica Varillas ha giocato molto a febbraio, affermando però di trovarsi meglio sulla terra europea: “Qui a Sanremo è stata una grande settimana, ho giocato molto bene. Credo che i campi siano un po’ più veloci rispetto al Sudamerica, dove ho giocato spesso nell’ultimo periodo. Qui c’è molto tifo, gli appassionati non mancano mai. È bello ed emozionante giocare in Italia, questo genere di tornei mi piace molto“.
L’amore per l’Italia di Juanpi, come lo chiamano le persone attorno a lui, è dunque certificato. “Amo il fatto che in ogni torneo, indipendentemente dal livello, ci sia sempre molta gente a fare il tifo. Non importa se è per me o per il mio avversario, ti trasmettono tanta motivazione”.
A Buenos Aires il 27enne di Lima ha disputato un grande torneo, dov’è partito dalle qualificazioni e ha battuto giocatori del calibro di Delbonis, Thiem e anche Lorenzo Musetti, fermandosi contro Cameron Norrie in una semifinale molto tirata. Proprio da quel torneo sono iniziati i problemi del carrarino, che non ha più vinto un match a livello ATP. L’azzurro cerca ora riscatto a Marrakech, dove guida il seeding come prima testa di serie. Varillas, però, non ha alcun dubbio su Lorenzo: “Ha avuto un inizio di stagione con qualche scivolone inatteso, ma ha dimostrato di avere i mezzi per battere praticamente chiunque nel circuito. Sono sicuro che tornerà presto, non appena avrà ritrovato il suo tennis e la fiducia necessaria”.
Non dev’essere semplice per un tennista emergere da un paese come il Perù. Ad eccezione del grande Alex Olmedo (che ha vinto Australian Open e Wimbledon nel 1959, oltre che la Coppa Davis con gli USA nel 1958) non è che ci sia una grande tradizione. Attualmente sono soltanto due i giocatori presenti tra i primi 450 del ranking ATP, con Varillas che è praticamente l’unico giocatore di alto livello a rappresentare il suo paese. “È bello e motivante, anche se alcune volte è stato difficile. Non ci sono riferimenti per quel che riguarda il tennis: in Sudamerica gira praticamente tutto intorno al calcio, a parte forse in Argentina. Tutti gli altri sport sono accantonati in un angolino ed è come se non esistessero, però devo convivere con questa situazione e cercare di fare del mio meglio. Voglio essere un esempio tanto come atleta quanto come persona, cerco di motivare i bambini ad avvicinarsi al tennis. È bello avere qualcuno a cui guardare: è una grande responsabilità, ma è anche un piacere“.
Il peruviano è andato vicino a far registrare due vittorie storiche per il suo paese, portando al quinto set campioni come Félix Auger-Aliassime e Alexander Zverev, rispettivamente nei primi turni del Roland Garros 2022 e dell’Australian Open 2023. “Sono state due grandi partite, per me era come vivere un sogno. Ho giocato due main draw Slam finora e i due match che ho disputato sono stati uno sul Philippe Chatrier e uno sulla Margaret Court Arena. Non ho mai giocato sui campi secondari! (sorride, ndr). Contro quei giocatori è chiaro che vuoi provare a vincere, specialmente quando arrivi a vincere due set. Comunque vada, tuttavia, resta la grande esperienza vissuta. Ti porti dietro alcuni aspetti che potrebbero sempre servirti in futuro”.
Nonostante la doppia impresa sfiorata, che potrebbe far vivere a lungo i ricordi nella testa di un giocatore, quelle due partite per Varillas appartengono ormai al passato. “Non penso spesso a quegli incontri, non mi piace farlo, però ogni tanto ti passano per la testa. Credo comunque che chi ha vinto ci è riuscito perché ha meritato di più. Contro Zverev sono andato più vicino a vincerla rispetto ad Auger-Aliassime, ma fa parte del tennis. In due o tre punti può cambiare una partita”.