Rassegna stampa
Sinner, avanti tutta. Djokovic si emoziona (Crivelli). Ecco il vero Berrettini. Steso Ruud (Giammò). Bentornato Re Martello (Azzolini). Il nuovo Sinner ricomincia dal servizio (Nizegorodcew)
La rassegna stampa di mercoledì 4 gennaio 2023
Sinner, avanti tutta. Djokovic si emoziona (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Ricominciare fa sempre un po’ paura. Così, per esorcizzare il debutto nella stagione che per il più giovane deve portare alla maturazione definitiva e per il più vecchio aprire possibilmente le porte al record di Slam da sottrarre a Nadal (al momento, 22 a 21 il conto a favore dello spagnolo), Sinner e Djokovic la settimana scorsa si sono allenati insieme. Entrambi hanno scelto il torneo di Adelaide per iniziare il percorso verso gli Australian Open, in un contesto ad alta densità di talento, visto che c’erano pure Medvedev, AugerAliassime, Rublev e Rune. E poco importa che gli ultimi tre abbiano già salutato la compagnia, perché basta la presenza del Djoker a un anno dai fattacci di Melbourne con conseguente arresto in un centro di detenzione per immigrati clandestini a nobilitare l’appuntamento e a condirlo del sale della curiosità. Jannik e Novak non hanno fallito il primo passo, ma essendo dalla parte opposta del tabellone potrebbero ritrovarsi eventualmente solo in finale. L’azzurro si libera con poca fatica di Edmund, ex grande promessa britannica poi martoriata dagli infortuni, un test con pochi parametri tecnici che però lo ha soddisfatto: «Bello giocare qui, l’atmosfera è fantastica, grazie al pubblico. Nel prossimo turno mi aspetta un avversario duro come Kokkinakis, ma credo che il giorno di riposo sarà utile per prepararmi bene. A che livello sono? Il primo match dell’anno è sempre difficile, bisogna cercare di giocare in maniera abbastanza libera. Spero di poter migliorare il mio livello con il passare dei turni. Coach Cahill? Lui è di qui, quindi un po’ mi sentivo a casa È una persona meravigliosa; e poi mi ha detto che non aveva mai vinto una partita qui da coach, ora almeno ha spezzato l’incantesimo». Sinner è ripartito dal numero 16 del mondo, da alcune grandi partite nel 2022 e dalla voglia feroce di mettersi una volta per tutte al centro del villaggio, soprattutto negli Slam: «Ovvio che avrei preferito essere più in alto in classifica, ma è stato un anno con alti e bassi e di grandi cambiamenti. Ho subito qualche piccolo infortunio durante tornei importanti, ma sarebbe ingiusto soffermarsi solo sui momenti negativi. C’è stato anche del buono». Dall’altro lato del tabellone Nole si sbarazza facilmente del francese Lestienne, numero 65 del mondo, ma la vera questione prima del match riguardava l’accoglienza del pubblico di fronte al ritorno dell’ex reprobo che solo 12 mesi fa aveva scatenato contro di sé tutto il paese a seguito dell’ingresso illegale. Ebbene, il tifo si è tramutato in vera e propria passione, confermando il feeling speciale del Djoker con l’Australia: basti pensare che con quella di ieri è arrivato alla 30′ vittoria consecutiva sul continente, dove non perde dagli ottavi degli Australian Open 2018 con Chung. Un bel sollievo: «Vedere lo stadio gremito è stata sicuramente una sorpresa molto piacevole, con tanto affetto. Questo ovviamente mi ha motivato. Dopo gli eventi dell’anno scorso, non è stato facile per nessuno. Ma sono solo felice di essere qui a concentrarmi sul tennis e di godermi il tempo con questo pubblico favoloso».
Ecco il vero Berrettini. Steso Ruud (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Avversari tosti chiedeva Matteo Berrettini per saggiare condizione e livello di gioco rimasti a lungo privi di riscontri e continuità, e avversario tosto ha ottenuto nella sua seconda uscita in United Cup. Nella fattispecie, quel Casper Ruud autore di un 2022 sontuoso, costellato di titoli (tre, più altre quattro finali giocate) e andato in archivio con la chance di potersi issare addirittura in vetta al ranking mondiale, non fosse stato per Carlos Alcaraz, suo carnefice nella finale degli ultimi US Open. Sarà anche una sorta di esibizione questa United Cup, ma collocazione in calendario, precedenti tra i due rivali e aspettative della viglia conferivano al match un’importanza ben diversa da quella associata a una banale passerella. Bene dunque che sia arrivata una vittoria. Chiara, netta, al termine di due ser condotti dall’azzurro in maniera pressoché impeccabile. Il piano di gioco orchestrato con coach Santopadre ha funzionato alla perfezione: aggressività sostenuta, quesiti diversi da porre a un avversario bravo a leggere in fretta il gioco altrui, e volontà incessante nel volerlo confinare sempre più lontano dalla riga di fondo campo, territorio scomodo da cui provare a innescare qualsiasi tipo di rimonta. A parte due palle break concesse al norvegese a metà del primo set, e prontamente annullate, Matteo non ha più concesso nulla. […] «Casper è un giocatore super solido, è migliorato tanto nell’ultimo anno e sapevo che dovevo fare del mio meglio – ha dichiarato a caldo Berrettini a fine partita – Ci conosciamo abbastanza bene e sapevo che dovevo servire in quel modo. Ma una cosa è saperlo, un’altra è poi riuscire a farlo». Perché una cosa sia vera però, occorre che si ripeta. E la Polonia, prossimo avversario contro cui giocarsi il passaggio alla fase finale della competizione in quel di Sydney, sarà verifica interessante perché riporterà in campo l’azzurro contro Hubert Hurkacz, frequentatore ormai abituale da due stagioni a questa parte della Top 10. «L’obiettivo è fare la corsa più lunga possibile».[…]
Bentornato Re Martello (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Se “a nuttata” è passata davvero, lo sapremo quando il sole picchierà duro su Melbourne Park e l’obbligo sarà di darci dentro sui campi di cemento bollente, per il festival del tennis grigliato. Ma occorre attendere altri dodici giorni, poi sarà Slam. Al momento, le novità da gossip che giungano down under riguardano un ritorno di fiamma di Matteo Berrettini nei confronti di se stesso. Si vuole di nuovo bene, e tira giù sassate che mettono allegria. Al punto che lo stesso Ruud, non sapendo come porre riparo all’incessante gragnola di servizi vincenti misti ad ace, è stato colto da un irrefrenabile fourire nell’osservare i suoi stessi coach costernati per la velocità con la quale i servizi di Matteo andavano a segno. E stiamo parlando di battute da 214 orari “di media”. Del resto, se la notte di Matteo era popolata di fantasmi, oltre che di brutti pensieri («Mi sono trovato a chiedermi se il tennis fosse davvero lo sport per me», disse in una delle interviste concesse nel periodo notturno dello scorso anno), è logico supporre che la gran parte di quelle malefiche ombre si riunisse nello spettrale nome di Casper. Va da Ruud a Ruud il periodo nero berrettiniano, con il norvegese era cominciato, nella finale persa a Gstaad di ritorno dal Covid (quello che non gli permise di giocare a Wimbledon), e poi proseguito nei quarti degli US Open, ai quali Matteo giunse prosciugato nel tennis e nella forza d’animo, per consegnarsi da capo al fantasmino operoso in un match che lo vide trafitto da pallate assai simili a quelle che il romano è solito distribuire alla concorrenza. Così, è possibile che proprio contro Ruud Matteo abbia santificato il ritorno ai piani alti del nostro sport, dato che il trattamento riservato da Berrettini all’omino del nord è stato pari ai ceffoni a suo tempo beccati sui campi di Flushing Meadows. […] Due set in fotocopia o quasi, questi della United Cup di Brisbane, nei quali Berrettini è tornato Re Martello, e non ha permesso a Ruud di prendere una qualsiasi iniziativa, né di coltivare qualche speranza di poter ribaltare l’aire del match. Nemmeno quando, un po’ frettoloso, Matteo gli ha concesso due palle break con tre gratuiti nel sesto game della prima frazione (15-40), presto cancellati con sonore deflagrazioni del servizio. Un buon consiglio di Santopadre, […] «rispondere senza tentare da subito il tutto per tutto», ha guidato Berrettini al primo break sul 4 pari. Ruud ha regalato qualcosa, Matteo ha attaccato gli angoli moltiplicando le discese a rete, e Casperino ha consegnato il break a zero. Gli stessi eventi si sono riprodotti nel secondo set, grazie anche alla buona corsa di Matteo, finalmente rapido negli spostamenti laterali, e tale da permettergli una buona tenuta con il rovescio. Il break ha preso forma nel quinto game e Ruud non è più riuscito a riprenderselo. Ci ha provato nel game finale (30-30), magli ultimi due servizi di Berrettini hanno avuto l’identico crepitio dei mortaretti di fine anno. A festeggiare un 2023 che si spera ben diverso dal 2022 da Azienda Sanitaria Locale appena terminato. […] «Sono felice – ha detto subito Matteo – mi sto ritrovando e la vittoria su Ruud, che è così solido, se mi ha sorpreso da un lato, dall’altro mi ha dato la convinzione di essere a buon punto, dopo i tanti problemi fisici del 2022. Contro Casper la regola è aggredirlo, non dargli modo di manovrare, altrimenti diventa difficile fermarlo. Io l’ho fatto ed è andata bene. Mi piace questa competizione, siamo un bel gruppo. Però non c’è tempo per fare festa. C’è la Polonia, e Hurkacz è un avversario tosto e sempre molto preparato». […]
Il nuovo Sinner ricomincia dal servizio (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)
Il buongiorno si vede dal servizio. Jannik Sinner ha aperto al meglio la nuova stagione con una convincente vittoria 6-3 6-2 sul britannico Kyle Edmund, già Top-20 ATP nel 2018 ma oggi crollato in classifica a causa di infiniti problemi fisici. Ad Adelaide, città natale di coach Darren Cahill, l’azzurro ha mostrato sin da subito sicurezza, migliorie tecniche e una grande voglia di rivincita. Ogni aspetto andrà rivalutato al secondo turno contro l’idolo di casa Thanasi Kokkinakis, in un match molto più ostico e pericoloso. Il 2022 è stato un anno complicato ma, tra infortuni e delusioni, Sinner è comunque riuscito a raggiungere tre volte i quarti di finale in uno Slam (Australian Open, Wimbledon e US Open) e a vincere il torneo di Umago. La stagione 2023 può (ri)lanciare definitivamente Jannik in Top-10 e alla conquista del suo primo ‘big tournament’. Parole chiave: prevenzione e continuità. Il fondamentale su cui Sinner si è maggiormente concentrato durante la preparazione invernale è stato il servizio. I coach Vagnozzi e Cahill hanno costruito un movimento che appare più fluido, sprigionando allo stesso tempo grande forza con apparente sicurezza e continuità. La percentuale di prime in campo (61%) è stata ottima, così come quella di punti vinti con la prima (92%) e con la seconda (81%). Nessuna palla break concessa. Solamente 5 i punti concessi all’avversario nei propri turni di battuta, così come 5 sono stati gli ace. La seconda di servizio è sembrata anche più rapida rispetto allo scorso anno. Il match non è stato in alcun modo in discussione e Sinner non si è mai trovato alla battuta sotto pressione. I miglioramenti nelle palle corte, nello slice di rovescio e nelle discese a rete andranno valutati dal prossimo incontro con Kokkinakis, già affrontato e battuto lo scorso anno a Cincinnati in una maratona (3h14) terminata 6-7 6-4 7-6. A seguire l’altoatesino sugli spalti di Adelaide sono presenti anche il preparatore fisico Umberto Ferrara e il fisioterapista Jerome Bianchi. Evitare gli infortuni sarà il primo grande obiettivo stagionale, ancor prima dei risultati. La continuità fisica non potrà che portare maggiore solidità mentale e consapevolezza crescente. Verrà poi il momento di lavorare su forza e resistenza. […]
Rassegna stampa
La vittoria più bella (Cocchi). Navratilova, la vittoria più preziosa (Piccardi). Ecco gli US Open per tutti (Bertellino)
La rassegna stampa di mercoledì 22 marzo 2023
La vittoria più bella (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Martina Navratilova lo sa bene come si vince. E lo ha fatto anche questa volta, contro un avversario senza racchetta, ma infinitamente più infido e pericoloso: il cancro. Navratilova, 18 volte campionessa Slam (59 in totale tra singolare e doppio), 9 volte trionfatrice sui prati di Wimbledon, ha sconfitto il tumore che l’aveva aggredita in due punti diversi: la gola e il seno. Una malattia annunciata a inizio anno e scoperta durante il Masters femminile a Forth Worth, in Texas, lo scorso novembre. Un rigonfiamento sul collo, un linfonodo ingrossato, i controlli e infine la diagnosi: papilloma virus alla gola primo stadio: «Ho avuto paura, ma sono stata subito tranquillizzata dal medico, mi ha detto che avendolo preso in tempo sarei guarita», ha ricordato adesso. Sottoponendosi ai controlli per la gola, le è stato poi scoperto un secondo tumore, questa volta al seno: «I medici mi hanno detto che non era legato alla gola e che secondo quanto emergeva dalla biopsia, era ben più grave. […] In quel momento ero ancora in ambulatorio mentre il medico prelevava altri campioni e ho iniziato a piangere…», ha raccontato la campionessa nella parte più emotiva dell’intervista esclusiva al giornalista britannico Piers Morgan. E ancora: «Dopo la diagnosi sono stata presa dal panico. Mi è venuta in mente una lista di cose che avrei voluto fare se avessi vissuto veramente solo un altro anno. Anche cose sciocche, ad esempio ho pensato a quale macchina di grossa cilindrata avrei potuto guidare…». La Navratilova, che stava meditando di adottare un bambino assieme alla compagna Julia Lemigova, aveva già dovuto curarsi da un cancro al seno nel 2010, sebbene in una forma meno aggressiva: «Ero terrorizzata, non pensavo avrei vissuto un altro Natale, e le cure sono state davvero una delle prove più difficili di tutta la mia vita. Mi sono sottoposta a chemioterapia e radioterapia, davvero dura». Ora, però il peggio è passato e Martina può finalmente dire che la completa guarigione è a un passo: «Mancano ancora un paio di settimane di radioterapia, poi potrò finalmente dichiararmi libera dal cancro». Lo spirito da guerriera imparato sul campo è stato fondamentale in questa sfida: «Non basta essere una combattente, ma quali alternative avrei avuto davanti a me? Abbattermi? Smettere di lottare per la guarigione, per la mia vita? Mi dispiace ma mollare, nella mia vita, non è mai stata un’opzione. La resa non è scritta nel mio Dna». Tra le prime persone che hanno saputo della malattia, Chris Evert. Con lei, la Navratilova ha dato vita a una rivalità entrata nella leggenda dello sport. Proprio la Evert lo scorso gennaio, quando Martina annunciava di essersi ammalata, dichiarava di essere guarita da un cancro alle ovaie, lo stesso che aveva portato via sua sorella. Chrissie le è stata comunque vicina in questo anno difficile: le due non sono state più separate da una rete, ma unite da un destino comune. […] Ora che si può parlare di lieto fine, Martina, proprio come ha fatto l’amica-rivale, sottolinea l’importanza dei controlli. La necessità di non dare mai per scontata la propria salute: «Sicuramente non mancherò mai più una visita, nessuno dei miei check up. Non voglio più vivere momenti cosi terribili». Gioco, partita incontro Navratilova.
Navratilova, la vittoria più preziosa (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
«Ho temuto di non arrivare a Natale, ho buttato giù una lista di cose da fare nel caso mi avessero detto che sarei vissuta solo un altro anno, tipo quale auto di lusso mi sarebbe piaciuto guidare. Invece posso dire di essere guarita. Ancora due settimane di radioterapia, e ho finito». Intervistata dal conduttore tv inglese Piers Morgan, Martina Navratilova si commuove. I due tumori (gola e seno, quest’ultimo già diagnosticato e curato nel 2010) scoperti all’inizio dell’anno («Tutto è partito da un linfonodo ingrossato, che io avevo attribuito alla vaccinazione contro l’herpes zoster…») sono in remissione, l’andirivieni tra la Florida (dove vive con la moglie Julia Lemigova) e New York (dove si sta curando) al capolinea. E non è un caso che l’annuncio della guarigione della campionessa dei 18 titoli Slam in singolare, 66 anni, arrivi alla vigilia dell’anniversario della rivalità più lunga nella storia del tennis: il 22 marzo 1973, cioè 50 anni fa oggi, nei sedicesimi del torneo di Akron (Ohio) Martina Navratilova affrontava per la prima di 80 volte (43-37) l’arcirivale Chris Evert, una sfida che si sarebbe prolungata fino al 1988, ultimo atto del torneo di Chicago, una delle 60 finali (14 in prove del Grande Slam) che le due grandi ex nemiche si sono spartite nella carriera. Agli antipodi all’inizio — una ceca di Revnice in piena cortina di ferro, l’altra americana della Florida bene, figlia di un bravo maestro di tennis, subito eletta a fidanzatina d’America e destinata al matrimonio con Jimmy Connors —, inseparabili alla fine, quando Navratilova era già americana da anni avendo defezionato dal regime comunista del suo Paese d’origine, diversissime nello stile (serve and volley Martina, contrattaccante da fondocampo Chris, portatrice di un rovescio bimane da manuale) ma accomunate da un destino simile. Guarite entrambe dal cancro, Navratilova addirittura due volte, architrave una per l’altra: Navratilova e Evert sono state reciprocamente lo specchio nel quale guardarsi riflesse per scrutare pregi e difetti, punti forti e punti deboli, gioie e tristezze, vittorie e sconfitte. Senza Navratilova non ci sarebbe stata Evert, e viceversa. «Quando ho iniziato la chemio — racconta Martina —, la mia agente ha chiesto agli amici più stretti di mandarmi una canzone d’incoraggiamento. Billie Jean King ha scelto “I Will Survive” di Gloria Gaynor, Chris mi ha mandato “Lean on Me” di Bill Whiters. Se penso al testo, mi vengono i brividi: appoggiati a me quando non ti senti forte abbastanza, sono tua amica, ti aiuterò ad andare avanti…». E allora non ci si può stupire che Evert sia stata la spalla su cui Navratilova ha pianto durante il sanguinosissimo divorzio da Judy Nelson (correva il 1991) e Martina l’amica a cui Chris ha confidato per prima il fallimento del matrimonio con Andy Mill, ex sciatore, padre dei suoi tre figli. Nel ruolo di damigella, Chris ha dato l’ultimo tocco allo smoking bianco di Martina il giorno in cui ha sposato Lemigova e Martina ha tenuto stretta la mano di Chris durante i sei cicli di chemioterapia per costringere alla resa il tumore alle ovaie. «All’inizio era solo un’avversaria: dovevo batterla — ha spiegato Chris —. E Martina aveva un’allenatrice (Nancy Lieberman, ndr) che le diceva che per sconfiggermi avrebbe dovuto odiarmi. Difficile, così, essere amiche. Ma con l’avanzare della carriera ci siamo rilassate, la Federation Cup per gli Usa ci ha unite, il resto lo abbiamo fatto noi. Quando è morta mia sorella Jeanne, Martina non mi ha lasciato sola un momento. E nel momento in cui la competizione è sfumata, siamo diventate inseparabili».
Ecco gli US Open per tutti (Roberto Bertellino, Tuttosport)
Epocale annuncio ieri da Sportcast, la società che gestisce il canale Supertennis. Dopo 34 anni di visione riservata alle pay tv, il canale che racconta gli sport di racchetta trasmetterà in diretta l’ultimo Slam di stagione, gli US Open, con tanto di streaming anche sulla sua piattaforma Supertennix: «La Federazione Italiana Tennis e Padel prosegue nella sua politica di sviluppo attraverso la promozione del Grande Tennis nel nostro Paese – ha commentato il Presidente Angelo Binaghi negli States per presentare l’upgrade degli Internazionali di Roma – Dopo aver fondato, 15 anni fa, il canale SuperTennis, riportando così il nostro sport nelle case di tutti gli italiani, e dopo aver riaperto una finestra in chiaro su Wimbledon, siamo ora orgogliosi di mettere a disposizione di tutta la vasta platea degli appassionati tricolori un altro dei quattro tornei più importanti del mondo». Archiviate le qualificazioni, con le sconfitte dei due azzurri impegnati, Matteo Arnaldi e Mattia Bellucci, rispettivamente fermati dallo slovacco Klein e dal cinese Zhang, è ai nastri di partenza il secondo Masters 1000 di stagione, quello di Miami. Dalla California alla Florida con gli occhi puntati sui 5 italiani, tre dei quali hanno un bye in primo turno, e sullo spagnolo Carlos Alcaraz, tornato grazie al successo nel torneo di Indian Wells al n.1 mondiale. L’iberico, non ancora ventenne, ha messo in mostra un tennis stellare annichilendo in finale Daniil Medvedev, e a Miami sarà chiamato a confermarsi perché è il campione in carica e dovrà ripetersi per mantenere il primato in classifica. Al 2° turno il murciano esordirà contro il vincente del match tra un qualificato o un lucky loser e l’argentino Facundo Bagnis. Dovrà difendere punti pesanti anche il norvegese Casper Ruud, finalista nel 2022 e alle prese con un inizio di stagione in sordina. Il numero 2 del tabellone maschile è il greco Stefanos Tsitsipas che aspetta il vincente del match di primo turno tra un qualificato o un lucky loser e il sempre temibile francese Richard Gasquet. I primi a scendere in campo in casa Italia saranno oggi Fabio Fognini e domani Lorenzo Sonego. Per il torinese sfida suggestiva con Dominic Thiem. L’austriaco non ha ancora dato segnali di vera ripresa (attualmente è 106) ma sulla partita secca ha già dimostrato di poter alzare il livello. […] Per Fognini esordio con il francese Lestienne. Già al 2° turno Jannik Sinnet; testa di serie n 10, Lorenzo Musetti, numero 18, e Matteo Berrettini, n.19. Jannik aspetta il vincente di Djere e un qualificato o un lucky loser; Musetti, chiamato al riscatto, avrà Lehecka o Federico Coria. Berrettini, in fase involutiva e alla ricerca di un acuto, testa a testa con il vincente di McDonald-Galan.
Rassegna stampa
Un super coach per Berrettini e Musetti (Bertolucci). Alcaraz l’anti Djokovic (Nizegorodcew). Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! (Azzolini). Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Mecca)
La rassegna stampa di martedì 21 marzo 2023
Volée di rovescio – Un super coach per Berrettini e Musetti (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Il tennis non si ferma mai. Archiviato il torneo di Indian Wells, il primo Masters 1000 stagionale che ha riproposto il fenomenale Alcaraz ai più alti livelli, restituendogli anche il numero uno del mondo, è già il momento di tuffarsi nel mare di Miami per la tradizionale seconda gamba del Sunshine Double americano. In California, malgrado la sconfitta in semifinale, abbiamo ammirato i progressi di Sinner, la sua evoluzione tecnica verso quella completezza di gioco che lo sta avvicinando al top assoluto, ma è altresì evidente che in questo momento gli appassionati e gli addetti ai lavori si stiano interrogando anche sullo stato di crisi quasi permanente, in questo inizio di stagione, di Berrettini e Musetti. Gli altri due componenti dei potenziali Big Three azzurri sono alle prese con una povertà di risultati che comincia ad allarmare e si stanno incartando mentalmente tra equivoci tecnici e condizione atletica non all’altezza. Entrambi posseggono le potenzialità per riemergere in fretta dai loro tormenti e tornare a veleggiare verso lidi più consoni al loro talento, soprattutto sotto il punto di vista delle prestazioni, ma credo che per ricercare una soluzione efficace ai problemi sia arrivata per tutti e due l’ora di scelte drastiche. E con una parola che non può essere tabù: supercoach. Cioè una figura altamente qualificata che affianchi gli storici tecnici Santopadre e Tartarini e fornisca ai giocatori una prospettiva diversa da cui guardare il proprio tennis e quello degli avversari. Non si tratta di disconoscere il lavoro fatto fin qui, di recidere totalmente le radici originarie (anche se Sinner lo ha fatto), bensì di affidarsi a un pensiero e a un affiato diverso che possa completare e affinare il percorso intrapreso in questi anni. D’altra parte, perfino i Federer, i Djokovic, i Murray a un certo punto della loro carriera hanno avvertito come necessario includere nel team una figura che fornisse nuovi riferimenti: stiamo parlando di due tra i più grandi sportivi […] di ogni epoca e di un campionissimo. II supercoach, intendiamoci, non è un guru chiamato a stravolgere i riferimenti tecnici del giocatore, ma piuttosto un consulente che suggerisca la migliore gestione della partita, dei suoi aspetti tattici e psicologici, prima e dopo. Certo, potrà fornire indicazioni su alcuni dettagli specifici del gioco, però il suo ruolo è quello di chi porta una visione complessiva, un’angolazione differente nell’analisi globale della valutazione dei vari momenti della stagione. Nello specifico, Santopadre per Berrettini e Tartarini per Musetti, cui va certamente riconosciuto II merito di aver condotto gli allievi ai vertici, continuerebbero a occuparsi del lavoro quotidiano, parimenti fondamentale nella definizione di un campione a tutto tondo. E ogni rivoluzione che si rispetti può anche agire più in profondità, magari portando nuove competenze anche nel delicato settore della preparazione atletica.
Alcaraz l’anti Djokovic (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)
Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e un regno condiviso. Una corona per lo spagnolo, che dopo il successo a Indian Wells è tornato numero 1 del mondo […] e uno scettro per Nole, che si attesta alla seconda piazza del ranking solamente per il computer; non potendo conteggiare i punti conquistati a Wimbledon 2022 […]. L’unico a insinuarsi nel dominio serbo-iberico è Daniil Medvedev, mentre tutti gli altri paiono un gradino sotto. Un mostro di precocità da un lato, un campione assoluto dall’altro. L’unico precedente si è disputato nella semifinale del Masters1000 di Madrid della passata stagione: a imporsi fu Alcaraz per 6-7 7-5 7-6 in 3 ore e 35 minuti. Vi è grande attesa per le prossime sfide, anche perché nei big tournaments conquistati dallo spagnolo, tranne Madrid, Djokovic non è mai stato presente in tabellone. SERVIZIO. Djokovic non ha sempre avuto un buon rapporto con questo fondamentale. Nel 2009 decise di affidarsi all’ex Top5 Todd Martin, che affiancò per alcuni mesi coach Vajda per cambiare e migliorare la battuta del serbo. La scelta fu controproducente e dopo mesi da incubo Djokovic tornò al vecchio movimento. Negli anni ha affinato la tecnica e la solidità del colpo, mai devastante ma quasi sempre inattaccabile. Alcaraz, che ha ancora buoni margini sul fondamentale, impressiona per la facilità con cui riesce a tenere alta la percentuale di prime in campo nei momenti importanti […]. RISPOSTA. In carriera Djokovic ha ottenuto il 32% dei game giocati in risposta […]. Alcaraz che dalla parte del rovescio ogni tanto regala qualcosa, ha dati molti simili. ROVESCIO. È il colpo naturale di Djokovic, che sin da bambino lo ha portato sotto la luce dei riflettori. Probabilmente il miglior rovescio bimane di sempre. Alcaraz alterna grandi soluzioni a qualche errore più banale, soprattutto in risposta. Un colpo che durante i match va ancora un po’ ad alti […] e bassi […]. DRITTO. È il colpo di Carlitos. Lo spagnolo può tirare un vincente di dritto da qualsiasi zona del campo, anche se si trova a 5 metri dalla linea di fondo. Semplicemente straripante. D’altra parte è il fondamentale più costruito del serbo, che ha migliorato il proprio dritto anno dopo anno sino a renderlo efficace in ogni situazione tattica, che sia difensiva od offensiva. GIOCO DI VOLO. Alcaraz sa eseguire il ‘serve and volley’ e a rete dimostra dimestichezza e talento […]. Djokovic, negli anni, ha saputo migliorare la volée in maniera esponenziale, mentre nello smash è spesso titubante e impreciso. FISICO. Il serbo è noto per svolgere, sin da giovanissimo, circa un’ora e mezza di stretching giornaliero. Dal 2015 ha adottato una dieta vegana e dal punto di vista atletico è ai limiti della perfezione. Le storiche sfide, molto complesse nei primi anni, a Nadal e Federer lo hanno costretto a diventare una sorta di indistruttibile uomo di gomma. Gli infortuni seri, in carriera, sono stati pochissimi: quasi 36 anni e non sentirli. A 18 anni Alcaraz era già un atleta maturo e pronto. Qualche problema fisico di troppo è giunto tra 2022 e inizio 2023, ma la sensazione che come il primo Nadal, non riesca a contenere esuberanza e generosità. Negli anni saprà gestirsi sempre meglio. TESTA. Il grande punto di forza di entrambi. La capacità di giocare al meglio i punti importanti […], con coraggio e razionalità, è dote rarissima nel tennis. Il rifiuto della sconfitta è invece un’arte condivisa e in Djokovic si riassume nell’83,5% di vittorie in carriera nel circuito ATP. Il migliore in assoluto nell’era Open […].
Alcaraz è il top Dai Sinner: devi diventare così! – Alcaraz numero 1, forte, fortissimo, quasi un mostro (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Quanti “opposti” convivano sotto la dura scorza dei tennisti che più ammiriamo è domanda vana, se pretendiamo una risposta certificata, e rimarrebbe comunque il dubbio che per alcuni non sia sufficiente indagare sul loro doppio, quanto ampliare la ricerca per estrarre il terzo, forse il quarto abitante di quell’intricata matassa di entità sovrapposte e contraddittorie che si agita nella loro mente. Ad ascoltare i curiosi “non sense” che da bordo campo coach Ferrero detta al suo Carlitos come utili consigli per la sopravvivenza, è d’obbligo chiedersi chi sia il Ferrero che sta parlando, così diverso dal guerriero raziocinante e un po’ imbalsamato che conoscevo sul campo. Ma più difficile rispondere a quale degli Alcaraz che lui conosca si stia rivolgendo, se al ragazzo che tutto cela sotto l’ombra del mono filo delle sopracciglia che oscura gli occhi, o se a un altro Carlitos, preda in quel momento di un potente mix di angosce esistenziali che non trapela dalla corazza. «Guardami Carlos», gli diceva, «Sono qua. Ti piace ancora il tennis? Si? E allora, dai, gioca a tennis». Il siparietto ha preso forma nel corso della semifinale dell’altro ieri con Sinner, dopo il riaggancio dell’italiano sul 4 pari del primo set. Il momento peggiore vissuto da Alcaraz nel corso dell’intero torneo […] concluso domenica notte con una vittoria su Medvedev che può opportunamente pescare la propria definizione in tutta la filiera dei sinonimi della parola “stordente”. Vale a dire sbalordente, disorientante, frastornante, sbigottente, strabiliante… Dunque in grado di inebetire il rivale, perché tanto è apparso il russo che veniva da tre tornei e 19 match vinti consecutivamente. Inebetito. Alcaraz ha fatto ciò che ha voluto, ha intontito Medvedev di pallate tossiche e ha sferzato con gittate violente angoli di campo che Daniil nemmeno pensava esistessero. Ha chiuso senza perdere un set la sua terza finale nei “Mille”, aggiungendo Indian Wells alle conquiste di Miami e Madrid dell’anno scorso e riprendendosi direttamente dalle mani di Djokovic […] quel numero uno che aveva già accarezzato per venti settimane di seguito. Una finale che mi ha obbligato a rivedere il giudizio espresso sul confronto con Sinner e prendere atto dei nuovi valori indicati dal primo Masters stagionale. Jannik, nella nuova nomenclatura di vertice, guadagna posizioni su tutti gli inseguitori, Medvedev compreso, ma Alcaraz appare oggi più distante di quanto fosse apparso già contro l’italiano. La vera sorpresa, se ce n’è una, è lo scatto in avanti operato dal giovane di El Palmar, che comincia a mostrare gli ampi confini entro i quali potrà esercitare il proprio dominio. Talento, sostanza, gioco a tutto campo, possibilità di migliorarsi ancora da definire, ma inevitabilmente estese. E carattere. Cui quel po’ di “non sense”, secondo la ricetta Ferrero, offre nutrimento. Proprio il coach, a seguito della vittoria agli US Open dello scorso settembre, giudicò Carlos «un fenomeno che si esprime al momento solo al 60% delle proprie possibilità». Mi piacerebbe sapere se il giudizio è rimasto inalterato, o se quella placida ma costruttiva arroganza che Alcaraz mostra oggi sul campo, ha innalzato la percentuale. Personalmente, spero Ferrero abbia peccato di vanagloria, insomma, come si dice tra le persone colte, abbia fatto lo sborone, nel giudicare le possibilità future di Carlitos. Altrimenti, se mai Alcaraz dovesse crescere di un ulteriore 40 per cento, i tornei si ridurrebbero a disporsi tutti in fila per ricevere la settimanale dose di ceffoni dalla spagnolo. E non converrebbe a nessuno. «Bello tornare numero uno», dice Carlitos, che alle piccole osservazioni banali ci tiene, «mi aspettavo un match più duro, ma credo anche di essere stato perfetto. Il mio gioco è migliorato, forse, ma meno del mio stato d’animo. Gioco rilassato, mi sento a mio agio, e non ho dubbi sui miei colpi». Certo più rilassato di Medvedev, che richiama l’attenzione sui campi sempre più lenti. Il circuito, a suo dire, rischia di morire di sonno. Si volta pagina. Tutti a Miami. Con Alcaraz che riconsegna i 1.200 punti dell’anno scorso. Resterà numero uno solo vincendo. Possibile una semifinale con Sinner. Berrettini non ha un brutto tabellone. Ma il suo avversario più tosto ce l’ha dentro di sé.
Piemonte Open, fra Roma e Roland Garros (Giorgia Mecca, Il Corriere di Torino)
A maggio il tennis sarà ancora di più una questione italiana. Non solo Roma e il Foro Italico, anche Torino sta per tingersi di rosso per ospitare i campioni della terra. Dal 14 al 20 maggio nei campi dello Sporting è in programma il Piemonte Open Intesa Sanpaolo, torneo nuovo di zecca che fa parte del circuito challenger 175, lo stesso tipo di evento appena giocato a Phoenix da Matteo Berrettini. Oltre ai punti messi a disposizione, 175, e al montepremi, oltre duecentomila euro, è la data il punto di forza dl questo torneo. Potranno iscriversi tutti i giocatori sconfitti nei primi turni degli Internazionali, che potranno così provare ad accumulare punti e partite in vista del Roland Garros. Il direttore del torneo Giorgio Di Palermo lo ha definito «un Incastro perfetto» tutto a portata di mano: dal Foro Italico allo Sporting ci sono soltanto quattro ore di Frecciarossa. «Quando ci siamo candidati per ospitare il challenger, qualcuno ha pensato fossimo pazzi», ha detto il direttore del club Piero Garibaldi. «Ci dicevano: ma le Atp Finals non vi bastano?». Evidentemente Torino va bene per ospitare sia i migliori otto giocatori al mondo sia le giovani promesse a caccia di punti nel mondo dei grandi. Dal 23 aprile i torinesi che si stanno affacciando al mondo del professionismo avranno la possibilità di partecipare al torneo di prequalificazioni per cercare di conquistare sul campo un posto sul tabellone principale. Negli ultimi due anni il numero dei tennisti è aumentato esponenzialmente in città. I giocatori che parteciperanno al torneo sono solo la punta di un iceberg che trova la sua base nelle scuole. Sono proprio bambini e ragazzi il pubblico di riferimento del Young Village, un villaggio del tennis che servirà ad avvicinare ancora di più i giovanissimi a questo sport e che ha già avuto oltre duemila adesioni. Il Piemonte Open rinnoverà su terra una tradizione cominciata nel 1961 con la vittoria degli Internazionali di Italia da parte di Nicola Pietrangeli proprio sul campo stadio, appena restaurato e pronto a ricevere i campioni del terzo millennio.
Rassegna stampa
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Giammò). Sinner studia, Alcaraz vince (Azzolini). Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Martucci)
La rassegna stampa di lunedì 20 marzo 2023
Sinner: “Devo crescere e l’accetto” (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Quelle che portano all’eccellenza, disseminate di piccoli dettagli. Sei mesi, tanti ne son passati dall’epico quarto di finale giocato a New York, hanno portato a Jannik Sinner nuovi muscoli e maggiore consapevolezza ma non son bastati per limare quei dettagli e quelle sfumature capaci di fare la differenza in sfide da sempre equilibrate come quelle giocate sin qui contro Carlos Alcaraz. Se agli US Open l’azzurro aveva sciupato un match point, l’altra notte a Indian Wells è invece inciampato su un set point che se trasformato avrebbe portato l’incontro su binari diversi da quelli su cui poi si è avviato. «Ci sono stati dei punti chiave. Alcuni li ha presi lui, altri io», disse lo scorso settembre Sinner al termine di una partita durata più di cinque ore. E onesto è stato ieri il numero uno italiano nell’ammettere di «non essere riuscito a cogliere alcune occasioni, soprattutto nel primo set». A complicargli le cose, va detto, ci si è messa anche un po’ di sfortuna. Il momento, andato in scena in pieno tie-break dopo un’ora di gioco ad altissima intensità, è stato identico a quello ritratto da Woody Allen nel film “Match Point”: una discesa a rete di Sinner; il tentativo di passante dello spagnolo che va a sbattere sul nastro spiazzandolo per poi costringerlo a un goffo recupero su cui Alcaraz non ha avuto difficoltà a chiudere il punto, bissato infine dal servizio e da un tracciante che gli son valsi il primo set. Il contraccolpo c’è stato, e Sinner l’ha scontato poco dopo cedendo subito il servizio in apertura di secondo set senza più riuscire a ribaltare l’inerzia di un match che Alcaraz ha continuato a interpretare a cento all’ora e senza alcuna sbavatura. A parte la sfortuna, «una delle differenze l’ha fatta il servizio, non sono riuscito a servire come potrei. E’ dura vincere una partita così importante senza l’aiuto del servizio», ha riflettuto in conferenza stampa Sinner. Tuttavia, lati positivi con cui salutare il primo Masters 1000 della stagione non sono mancati. Il primo più evidente è un ranking che da domani vedrà Sinner salire in 13^ posizione. Un altro è la condizione fisica: è un Sinner più robusto, più veloce, più strutturato quello visto all’opera in California. In serata la Rybakina, moscovita naturalizzata kazaka, si e aggiudicata il torneo battendo la bielorussa Sabalenka in due set: il primo con un tie break lunghissimo. Per Rybakina è la rivincita dopo la finale dell’Australian Open e il quarto trofeo della carriera.
Sinner studia, Alcaraz vince. La differenza? Nella velocità (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Un passo avanti, anzi un saltello. Verso una palla che deve ancora arrivare. Non si vedeva da un po’, ma nel tennis di qualche anno fa era un gesto comune e anche una strategia consolidata per chi volesse rispondere al servizio proponendosi subito in una posizione di vantaggio, con i piedi dentro il campo. Federer ne aveva tratto ispirazione per un attacco a rete sul servizio avversario. Lo chiamò Sneak Attack By Roger l’attacco furtivo, Sabr nell’acronimo poi divenuto di uso corrente. Lo preparava senza darlo a vedere; e si slanciava verso la palla, intenzionato a giocarla d’istinto, nell’unico modo possibile gli fosse dato dalla traiettoria della stessa. La sorpresa, e la volée successiva, avrebbero chiuso il cerchio, determinando il punto (quasi sempre) o l’inevitabile figuraccia. Qualcosa di simile ha pensato Carlos Alcaraz, o chi per lui, per sottrarre a Sinner le certezze costruite interno al servizio messo a punto in un anno di studi. Sulla seconda di Jannik l’ordine era di muoversi in avanti, mostrando apertamente le proprie intenzioni, quindi colpire duro e guadagnare preziosi centimetri di campo. Sinner ne sarebbe rimasto confuso, avrebbe tentato una seconda più violenta rischiando il doppio fallo per poi attestarsi su una prima di servizio più contenuta, e meno rischiosa. Così è stato. E intorno a quel piccolo, per quanto subdolo stratagemma tattico, Alcaraz ha costruito la propria vittoria. Lo ammette, Jannik. «La differenza fra me e Carlos, in questo quinto confronto, è tutta nel servizio. Avevo avvertito già nel riscaldamento che non era giornata di grande feeling con questo colpo. In questi casi l’unica soluzione è continuare a lottare con ciò che si ha a disposizione. Ma nel secondo set sono rimasto troppo sotto le percentuali che servono, e lui ne ha approfittato. Alla fine, però, i punti a suo favore sono stati appena quattro (74-70, ndr), dunque la differenza non è stata così clamorosa». È vero, ma almeno un’altra diversità è emersa tra i due, a spiegare come sia stato possibile passare dalle faticose e intricate sfide dell’anno scorso, i 5 set di Wimbledon e degli US Open (qui con un match point a favore di Jannik, prima dei sorpasso di Carlos) a una sfida che non ha mai dato l’impressione di poter essere ribaltata. Alcaraz migliora in modo rapido, efficiente, inserendo con pochi aggiustamenti le novità tecniche e tattiche che coach Ferrero prepara per lui. Le prova, le assimila, le fa proprie in un batter di ciglia, assistito com’è dal suo straordinario talento. […] Sinner è un lavoratore, e ha bisogno di tempi diversi. Deve provare i cambiamenti, sperimentarne i confini, verificarli nelle diverse occasioni. Ha grande forza d’animo, ma un pizzico di talento in meno. Avrebbe potuto vincere più rapidamente, Alcaraz, e a nessuno sarebbe parso strano. Aveva in mano il primo set già dal quinto game, grazie a un break confezionato sui doppi falli di Sinner; ma ha peccato di presunzione e ha dato per scontato che il suo servizio avrebbe retto a qualsiasi assalto. Sinner è rimasto sul pezzo e ha operato l’aggancio (4-4) ripulendo le righe laterali con le proprie traiettorie a uscire. E’ stato il suo momento migliore, però nel tie break non ha saputo dare continuità alle iniziative e ha sbandata sull’efficiente incalzare di Alcaraz, che da lì si è nuovamente distaccato. Addirittura fino al 3-0 del secondo set, che di fatto ha chiuso la disputa. C’è ancora una finale da giocare, tra Alcaraz e Medvedev. Ma Carlos ha ribadito di valere il numero uno, e può riprenderselo vincendo il Masters d’inizio stagione. […]
Furia Berrettini: “Toglietemi dal campo” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
C’è sconfitta e sconfitta. Quelle di Jannik Sinner e Matteo Berrettini, nella semifinale di Indian Wells in California contro Carlos Alcaraz per il 21enne altoatesino e nei quarti di Phoenix in Arizona contro Alexander Shevchenko per il 26enne romano sono lontanissime. Più dei 400 chilometri fra le due città, più della classifica mondiale dei vincitori (numero 2 e 132 del mondo), più della caratura di un super-Masters 1000 con oltre 8 milioni di dollari di premi rispetto a un Challenger da 175 mila. «La più grande differenza è stato il rendimento del servizio, ma molti dei miei miglioramenti li dovrò proprio ad Alcaraz», ha commentato pur deluso Jannik dopo il 7-6 6-3. «Toglietemi dal campo, vi prego, sono inguardabile», ha urlato invece disperato Matteo al suo clan. Berrettini, che è sempre ripartito alla grande dopo i molti infortuni, dopo il ko all’esordio di Indian Wells contro Taro Daniel, con grande umiltà e volontà, è tornato a Phoenix al Challenger “250” vinto nel 2019. Da numero 23 del mondo, 1 del torneo, ha battuto di misura il lucky loser il 21enne Mattia Bellucci (150 ATP) per 6-4 6-4 e l’australiano Vukic (n.186), preveniente dalla qualificazioni per 7-5 7-6, e ha perso 6-4 3-6 6-3 col russo Shevchenko, n.132, altro qualificato. Senza ritmo ed energia, senza servizio e fiducia, commettendo errori grossolani. Dopo il ko d’acchito agli Australian Open, fallendo il match point della clamorosa rimonta al quinto set contro Murray, Matteo è rientrato in gara ad Acapulco, ma al terzo turno si è ritirato per paura di un nuovo infortunio e in California ha perso al primo turno. Sicuramente non vede i frutti della lunga sosta d’allenamenti, da cui le facili e dolorose provocazioni social. «Non è colpa di Melissa (Satta)», ha protestato. Ma la love story da copertina lo tormenta insieme alle voci dell’innesto di un super-coach accanto a Vincenzo Santopadre. Anche se a Phoenix sono uscite tutte le prime 8 teste di serie, le aspettative dell’ex 6 del mondo sono molto superiori. E da mercoledì gioca a Miami, ancora senza il numero 1 del tennis e dei No Vax, Djokovic, che non può entrare negli Usa. A Indian Wells, Sinner, dopo il successo sul 5 del mondo, il campione uscente Taylor Fritz, sognava la rivincita su Carlos Alcaraz dopo il match point fallito nei quarti degli US Open di settembre. E’ andato sotto 2-4, ha recuperato, s’è caricato ma ha mancato un set point sul 6-5: «Ho sbagliato scelta, dovevo giocare incrociato, sono andato sul lungolinea» E poi, al tie-break, insieme al servizio, ha perso coraggio, fiducia e fantasia, e non s’è più ripreso. «Sono comunque ottimista, mi accorgo di essere molto vicino a Carlos, nonostante mi auguro di spostarmi presto più rapidamente in campo. Negli ultimi mesi sono migliorato molto, fra un anno devo essere un giocatore ancora diverso, ma ho bisogno di 2-3 per arrivare al top fisicamente».