I magnifici 3 del tricolore (Bertolucci). L'Italia ringrazia le donne (Capobianco). Sydney si tinge d'azzurro (Bertellino). Djokovic in finale ad Adelaide (Crivelli)

Rassegna stampa

I magnifici 3 del tricolore (Bertolucci). L’Italia ringrazia le donne (Capobianco). Sydney si tinge d’azzurro (Bertellino). Djokovic in finale ad Adelaide (Crivelli)

La rassegna stampa di domenica 8 gennaio 2023

Pubblicato

il

I magnifici 3 del tricolore (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Domani, per la prima volta nell’Era Open, l’Italia avrà tre giocatori tra i primi 20 del ranking mondiale, con Berrettini che torna ad essere il miglior azzurro in classifica. Un risultato che conferma lo stato di grazia del nostro tennis. A una settimana dagli Australian Open abbiamo la consapevolezza che Matteo, Sinner e Musetti possiedono le qualità per essere protagonisti. Anche se la stagione ha davvero emesso solo i primi vagiti. si può già tentare di capire quali saranno i punti di forza e le criticità dei campioni tricolori. Berrettini: la United Cup ci ha restituito il Berrettini del 2021, quello che raggiungeva la finale di Wimbledon e si qualificava d’autorità alle Finals di Torino. I dubbi intorno a Matteo riguardavano ovviamente la condizione atletica, dopo un 2022 tormentato che gli ha impedito di trovare continuità, privandolo tra l’altro di due Slam, al Roland Garros e a Wimbledon. Quando sta bene, Berrettini vale decisamente un posto in top ten, e il suo gioco basico ma esplosivo può mettere in difficoltà qualunque avversario. […]La speranza è che la sua stagione possa snodarsi senza troppi intoppi fisici e a quel punto un nuovo ingresso in top ten verrà di conseguenza. Non solo: Matteo ha nel background una finale a Wimbledon e la semifinale in Australia e agli Us Open, a testimonianza della sua capacità di non farsi travolgere dalla pressione dei grandi eventi ed anzi di ottenerne grandi motivazioni. Per età, esperienza e doti tecniche, mi sembra l’italiano più adatto a puntare fin da subito a uno Slam, anche perché si è dimostrato competitivo su tutte le superfici. Credo che una volta di più, Wimbledon sarà il suo terreno di caccia preferito, perché sull’erba il romano rientra sicuramente nel gotha dei primi due o tre giocatori del mondo. Non resta che pregare la Dea Salute. Sinner: l’infortunio, seppur lieve, all’anca patito nella sconfitta di Adelaide contro Korda getta una piccola ombra sulle ambizioni immediate di Sinner, e resta da capire se i guai fisici rappresenteranno una compagnia non gradita per tutto il resto della carriera. È un dilemma dirimente, perché Jannik ha dimostrato, nelle partite più belle, di possedere le stimmate del campione. Nella sua testa alberga la convinzione di poter raggiungere il numero uno e nelle giornate migliori il suo gioco in spinta presenta soluzioni complicate per qualunque avversario. Inoltre ha straordinarie capacità di apprendimento, come dimostra il rapido adattamento a una superficie infida come l’erba, e come tutti i predestinati rifiuta l’idea di poter perdere. Chi ha già raggiunto i quarti di finale in tutti gli Slam non può porsi limiti anche tra le onde pericolose delle due settimane e delle partite tre su cinque, se non appunto quello di una condizione atletica sempre ottimale. […] Musetti: Le prime tre partite della United Cup, malgrado il valore relativo degli avversari battuti, hanno confermato gli impetuosi segnali di crescita già mostrati dal carrarese negli ultimi sei mesi del 2022 e che lo hanno portato meritatamente tra primi 20 giocatori del mondo. Lo sappiamo, il braccio è sempre stato di livello superiore e tra i migliori dell’intero circuito, ma Lorenzo adesso ci ha aggiunto una maggiore concretezza tecnica a partire dal servizio e un approccio più concreto alle partite, pure sul veloce, la superficie meno vocata. Fisicamente, poi, è probabilmente il più strutturato dei nostri giocatori di vertice, favorito dall’abbondanza dl soluzioni che gli permettono di faticare di meno (e dunque con minor usura) rispetto ai picchiatori e agli attaccanti da fondocampo. […]

L’Italia ringrazia le donne (Rossana Capobianco, Corriere dello Sport)

Che Berrettini e Musetti fossero delle certezze lo sapevamo già. Che il tennis femminile italiano invece potesse contare sugli exploit di ragazze che stanno crescendo sempre di più è una piacevole sorpresa, anche se l’ascesa delle azzurre è in atto già da un bel pezzo e la scorsa stagione è stata la consacrazione di questa realtà. Ieri Lucia Bronzetti l’ha certificata, sbarazzandosi in due set e in 1h18′ di gioco della greca Valentina Grammatikopolou (che l’aveva sempre battuta) e trascinando la Nazionale alla finalissima di United Cup, oggi contro gli Stati Uniti a Sydney, dopo la sconfitta in tre set di Berrettini contro Tsitsipas. Il successo della romagnola è arrivato ventiquattr’ore dopo la vittoria di Martina Trevisan contro Maria Sakkari, n.6 del mondo, nella prima giornata della semifinale. Una di quelle imprese che poi permettono alla squadra di crederci. Peraltro non è certo la prima volta che Martina fa da “traino” per le compagne. Ma qualche giorno prima aveva perso male contro la Haddad Maia, nel match di girone contro il Brasile, riuscendo ad aggiudicarsi soltanto due giochi. Francesco Piccari, coach di Lucia Bronzetti e co-fondatore della Piccari Tennis Team di Anzio, sottolinea proprio la grande esperienza della Trevisan: «È stata bravissima, lei è davvero abile nel reagire e nell’azzerare le sensazioni negative per tirare poi fuori una grande prestazione e l’ha fatto nel momento più importante contro un’avversaria forte. Lei è la più grande, quella più pronta, ma se guardo al suo 2022 e lo confronto con quello di Bronzetti sono molto simili, semifinale del Roland Garros a parte per Thevisan, che rimane un risultato incredibile. Entrambe sono salite molto e han vinto tanto». Lucia Bronzetti, che lo scorso anno ha raggiunto la prima finale WTA in carriera ed è adesso n.54 del ranking, è in Australia con il team azzurro capitanato da Vincenzo Santopadre, ma ad accompagnarla c’è Alessandro Piccari (fratello di Francesco), che la sta aiutando molto anche nel canalizzare energie e pensieri positivi. Francesco si dice soddisfatto del lavoro svolto: «Naturalmente c’è sempre spazio per miglioramenti tecnici, non è una giocatrice potente ma è una professionista seria e si adatta bene al gioco delle avversarie, sa contrattaccare molto bene. Il segreto è stato giocare solo tornei importanti e confrontarsi con le migliori, Lucia aveva solo bisogno di esperienza di un certo tipo». E oggi contro la statunitense Keys? «Servirà rispondere al servizio, una volta partito lo scambio ha l’intensità giusta per poter mettere in difficoltà la statunitense nel caso non arrivassero troppe prime». Ci sono cinque top cento azzurre adesso. «Si sta facendo un buon lavoro, secondo me – continua Piccari – Ovviamente non è il livello che si era raggiunto tra il 2010 e il 2015, però rispetto ad allora noto che tra allenatori e giocatrici c’è più confronto, voglia di migliorare. Le basi perché avvenga una crescita sostanziale dal punto di vista quantitativo e qualitativo ci sono. Non vedo invidie o segni di una competizione nociva ma solo stimoli a far bene, anzi sempre meglio».

Sydney si tinge d’azzurro (Roberto Bertellino, Tuttosport)

La United Cup si sta tingendo d’azzurro e oggi a Sydney (i primi incontri nella notte italiana dalle 3) decreterà il nome della prima Nazione che si iscriverà nel suo Albo d’Oro. Da una parte l’Italia, dall’altra gli Stati Uniti, vincenti al termine delle semifinali giocate rispettivamente contro la Grecia e la Polonia. La squadra italiana capitanata da Vincenzo Santopadre si è imposta per 4-1 sugli ellenici, partendo dal 2-0 della prima giornata e sigillando il confronto grazie al successo colto da Lucia Bronzetti su Valentina Grammatikopolou, per 6-2 6-3, quindi dal doppio conquistato da Andrea Vavassori e Camilla Rosatello. Negli ultimi due precedenti la Bronzetti si era dovuta inchinare alla rivale, ma ieri ha messo in campo una prestazione perfetta per intensità e concentrazione: «Non è stato facile – ha detto in conferenza stampa – perché il match era decisivo e ho sentito la pressione di doverlo vincere. Esserci riuscita è ancora più importante, sono felice. Quando l’ho vista scaldarsi negli spogliatoi ho capito che avrebbe giocato lei al posto della Papamichail. Sapevo che sarebbe stato un incontro duro ma sono orgogliosa di come l’ho interpretato, giocando bene e con un ottimo atteggiamento». Lucia ha raccolto il testimone da Matteo Berrettini, sconfitto al termine di un match maratona e per la quarta volta in altrettanti confronti da Stefanos Tsitsipas. Il romano ha sfiorato il successo ma un break subito nel settimo gioco del set decisivo dopo aver vinto il primo e perso il secondo al tie-break, ha fatto la differenza in favore del greco, che si è imposto 3-6 7-6 (2) 6-4: «E’ stato un grande testa a testa in una bellissima atmosfera, con la vociante comunità greca che sapevamo essere molto presente in Australia. Ovviamente alla fine non ero contento per la sconfitta ma il bello delle competizioni a squadre è proprio questo, si può ancora conquistare il tie nonostante la battuta d’arresto individuale. Grazie a Lucia e agli altri compagni di squadra siamo saliti in finale contro gli Usa. Siamo un gruppo unito che ha legato fin dalle battute iniziali della manifestazione». Oggi servirà un altra grande impresa perché gli Usa sono reduci dal 5-0 imposto alla Polonia e sono solidi in tutte le pedine.[…]

Djokovic in finale ad Adelaide (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il numero è quello di un’apparizione messianica: 33. Sono le vittorie consecutive in Australia di Novak Djokovic, che da quelle parti non perde una partita dagli ottavi di Melbourne del 2018 contro Chung. Poi, solo sorrisi, intervallati dal surreale e drammatico intermezzo di un anno fa, quando entrò nel Paese solo per trascorrere il (breve) soggiorno in un centro di detenzione a causa dell’irregolarità del visto legata al suo rifiuto di vaccinarsi. Sembrava la fine dell’idillio tra il Djoker e la gente degli antipodi, cementato in due decenni dal 9 trionfi agli Australian Open, lo Slam preferito, e frantumato in due settimane da una vicenda incredibile. Ma il tempo può essere galantuomo, e Novak ci ha aggiunto l’umiltà di chi era consapevole di dover ripartire senza clamori. Così, graziato dal governo di Canberra che gli ha restituito il visto sospeso per tre anni, Djokovic ha deciso che il rientro sarebbe avvenuto al torneo di Adelaide e non direttamente a Melbourne, per non caricare di troppe pressioni il Major inaugurale della stagione. Anticipando il viaggio, ha potuto tastare gli umori del pubblico e perfezionare la condizione giorno dopo giorno. Aggiungendoci, è ovvio, la feroce determinazione di chi si sente ancora, a ragione, il più forte del mondo. Se ne accorge presto Medvedev, in una semifinale che prometteva scintille e invece si trasforma in un monologo serbo, con Nole chirurgico a inchiodare il russo negli angoli sottraendogli la profondità e poi affidandosi al servizio quando la coscia destra manda qualche sinistro segnale alla fine del primo set. «Per fortuna non è niente di serio – dirà il vincitore di 21 Slam -: ho sentito tirare un po’ il tendine e ho preso alcuni antinfiammatori». Stamattina alle 8.30 italiane lo aspetta in finale il figlio d’arte Sebastian Korda, in crescita costante e allenato da Stepanek, nel 2018 passato per qualche settimana pure dall’angolo di Nole dopo il divorzio da Agassi.[…] Oggi Djokovic, che non ha ancora perso un set, giocherà la 131^ finale in carriera e inseguirà i 92 trionfi di Nadal. A tal proposito, Medvedev è stato tranciante: «A volte mi sembra che Novak e Rafa giochino un altro sport». E non hanno intenzione di smettere.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement