Boris Becker al Financial Times: "Sono ancora in partita. Devo solo giocare meglio"

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Boris Becker al Financial Times: “Sono ancora in partita. Devo solo giocare meglio”

Becker tra soldi e matrimoni: “La prigione voleva liberarsi di me. Tre famiglie, tante entrate, troppe uscite”. “Ho incontrato razzisti e nazisti”. “Futuri talk-show con Jordan e Tyson” La lettera più commovente? “Quella dell’ “odiato” Michael Stich!”

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Boris Becker - Evento Eurosport Melbourne 2020 (foto Eurosport)
 

(traduzione dell’articolo comparso su Financial Times a firma di Henry Mance)

Sono un pessimo passeggero”, dice il sei volte campione Slam e bancarottiere, mentre dà la mancia al cameriere dell’albergo e si dirige verso il posto guida della sua Porsche. Ai tempi in cui giocava, era lui a guidare fino al campo e al ritorno. “Puoi immaginarti Djokovic o Federer fare altrettanto?

Capisco, gli dico, vuoi essere tu in pieno controllo. Lui mi spiega invece che non si sente al sicuro quando è nelle mani degli altri.

Quindi io e Boris Becker ci ritroviamo in macchina a Monaco di Baviera. Un mese prima, la città era coperta di neve e lui era in galera. Ora sia lui sia la città sono quasi libere da ciò che prima li teneva prigionieri.

Parcheggiamo all’esterno degli studi di Eurosport. Il 55enne afferra il corrimano e inizia a salire le scale. Il suo ginocchio sinistro, usurato dagli anni passati a servire alla grande, è ora di metallo. Così entrambe le anche e la sua caviglia destra. Quando passa attraverso lo scanner di un aeroporto c’è un gran chiasso. Lui scrolla le spalle: il corpo gli faceva più male dieci anni fa.

Becker entra nello studio e si siede su un divano grigio. I suoi capelli sono molto corti e le gambe rilassatamente divaricate. Tutti sono concordi, è come se non se ne fosse mai andato. Almeno in quest’angolo della tv, Boris Becker è tornato.

Alcune volte dice che è stato via. Una volta scherza riguardo alla sua “vacanza”. Ma Becker è troppo vecchio per gli eufemismi. È finito dentro, in gattabuia, in prigione.

Nell’aprile 2022, gli sono stati inflitti due anni e mezzo. Non era riuscito a pagare un debito di tre milioni e mezzo di euro. Un tribunale ha stabilito che aveva infranto per quattro volte le leggi, soprattutto nel non dichiarare che aveva la proprietà della casa dove la madre vive e nell’aver effettuato pagamenti personali per 427.000 euro da un business account.

È stato una delle più clamorose cadute di una celebrità. Becker era stato il più giovane uomo a vincere Wimbledon. Ha vinto 25 milioni di euro in montepremi. È stato il più famoso sportivo in Germania e il tedesco preferito degli inglesi.

In qualche modo è passato dal servire di fronte al Royal Box al lavorare per Sua Maestà. Ha fatto un grande casino prima: una multa per tasse in Germania; un bambino concepito mentre sua moglie era incinta e in ospedale; un divorzio da detta moglie; un farsesco tentativo di diventare un diplomatico della Repubblica Centrafricana. John McEnroe una volta disse che nessun altro tennista aveva dovuto gestire tanta fama quanto Becker. Ma nessuno si aspettava che sarebbe finita così.

Poi c’è stata una tregua. A fine 2022, con le prigioni inglesi piene fino all’esaurimento, Becker è stato liberato anticipatamente. È tornato in Germania sul jet privato di un amico. Ma il mistero rimane. Come ci si può infilare in un casino simile? Becker era un grande volto della BBC per Wimbledon: informato, gentile, educato. Era tutta una finzione?

Ha acconsentito a parlare con il Financial Times, per la sua prima intervista inglese da quando è stato rilasciato. Indossava lo stesso berretto da baseball che aveva in tribunale. Inquadra il suo ritorno a Monaco come un avvertimento per il principe Harry: “Non dimenticare da dove vieni, perché un giorno potresti aver bisogno di tornarci. E i matrimoni non durano per sempre”.

Quando il lavoro giornaliero di Becker è finito, andiamo in macchina a un ristorante bavarese. Dice che probabilmente è il ristorante in cui ha mangiato più volte in vita sua. Fa strano tornare qui?

No, a sorpresa la sento come una cosa normale. In prigione non ho avuto troppi flashback”, dice con calma. “Dicono che dopo un certo numero di anni il passato ti tormenta mentalmente. Ma sono stato dentro otto mesi e sei giorni, forse troppo poco”.

Inizio a chiedergli del passato. “Che cosa ordiniamo?”, chiede. Scherziamo sulla dieta di Djokovic, il cui coach per tre anni è stato proprio Becker. “La seguiva davvero in modo estremo, tanto che a volte gli dicevo: devi mangiare qualcosa, non puoi vivere solo con l’aria”.

Ci viene data un’area privata, con dei pannelli di legno. “La cella non è troppo più grande di questa sala”, dice. Il giudice che ha inflitto la pena a Becker disse che lui non aveva manifestato segnali di rimorso per quello che aveva fatto. Ora Becker ha un tono differente. “Sono consapevole che mi è stata data una seconda chance”. Si sente lusingato del fatto che Eurosport, Puma e altri partner sono rimasti al suo fianco.

Dentro, ha imparato ad accettare le cose: “Se ti guardi troppo indietro, ti butti giù, accusi la corte o il giudice o Dio o chissà chi, non avrai un grande sollievo. Nel tennis la cosa più difficile è dimenticare il doppio fallo che hai appena fatto o le opportunità perse, molti giocatori non ci riescono. Solo i più bravi riescono a cancellarli dalla testa e guardare avanti alla prossima opportunità. Questo è quello che sto facendo”.

Come ha imparato ad accettare quanto accaduto? “La HMP Wandsworth è una merda. Un posto pericoloso. Dopo la prima settimana ho realizzato che lì si pratica la sopravvivenza, e che se sprecavo energie a pensare al passato, era finita. Avevo bisogno di ogni singola energia mentale per riuscire a sopravvivere ogni singolo giorno. Così non sono impazzito. Il momento in cui arrivano con le chiavi tuttavia lo senti, è un momento che non scordi più”. Ma soprattutto, “Bisogna ammazzare il tempo. Nel mio caso, mentalmente sono abbastanza forte. Ho una buona immaginazione e una buona memoria. Davvero, abiti nella tua testa quando sei dentro”. Si è tenuto occupato pensando a cosa avrebbe fatto se non fosse lì.

La sua fiducia in sé stesso può anche spiegare la sua caduta. Becker ha divorziato dalla prima moglie, Barbara, nel 2001, poco dopo il suo ritiro dal tennis. Si è accordato per un divorzio molto costoso, in più c’erano i milioni da assicurare per la figlia Anna, più altri 6.5 milioni che sono serviti per risolvere il contenzioso col fisco tedesco. Dieci anni più tardi però ha iniziato a saltare i pagamenti – quelli al parrucchiere della seconda moglie Lilly, quelli ai giardinieri della sua villa spagnola, quelli per i propri figli.

Ha ottenuto un prestito di emergenza dal milionario John Caudwell, ma non è riuscito a restituirlo in tre mesi. Il tasso di interesse è salito al 25 per cento. Non ha ipotecato abbastanza velocemente una proprietà. “Non è uno che sa cosa fare quando si parla di finanza”, dice il suo avvocato. Nel 2017, Becker è stato dichiarato fallito. I suoi debiti totali erano di 50 milioni di sterline.

Pensi che le cose siano scontate negli anni, ti piace ascoltare più le persone che ti adulano di quelle che ti criticano”, dice Becker. Ma rimane fedele alla sua linea. La sua condanna è stata “una stupidaggine. Si è trattato di ingenuità, di cattivi consigli. Non c’erano cattive intenzioni. Non ho nascosto soldi sotto al letto. Non ho nascosto soldi in conti esteri. Ma c’è una cosa che ho imparato: devi prenderti cura delle tue cose”.

Becker è stato trattato bene in galera? Lui sospira. “Se il mio nome fosse Peter Smith, e non avessi vinto Wimbledon a 17 anni, l’accusa non mi avrebbe perseguito con 29 capi di accusa (è stato assolto dalla maggior parte di essi, compresi uno collegato all’aver nascosto i suoi trofei di Wimbledon). Ero uno dei loro casi più noti. Ma se non avessi fatto gli errori che ho fatto, loro non avrebbero avuto un obiettivo”.

Secondo alcuni articoli Becker ha ricevuto un trattamento speciale in prigione, come la possibilità di bere il tè con le guardie. “Spazzatura totale”. Ha intrapreso azioni legali contro chi ha detto che se l’è cavata con poco. “Sì, ho ottimi legali specializzati nei media e sì, ho fatto causa a un paio di giornali, ma è abbastanza!”.

A pagina 2 la galera e il rapporto con i figli, la commovente lettera dell'”odiato” Stich

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