Daniil Medvedev: "Non si possono cambiare i campi perché non mi piacciono. A Miami un po' più veloci, ma non è la mia superficie"

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Daniil Medvedev: “Non si possono cambiare i campi perché non mi piacciono. A Miami un po’ più veloci, ma non è la mia superficie”

Le dichiarazioni del russo post vittoria: “Voglio essere ricordato per il mio gioco, non per i capricci”

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Daniil Medvedev - Indian Wells 2023 (foto Ubitennis)
 

Non accenna a fermarsi il ritmo forsennato del 2023 di Daniil Medvedev. Con la vittoria, più complicata del previsto, arrivata oggi contro Zverev, la striscia positiva del russo si è allungata a 17 match. E dire che, a causa del campo (che non ha di certo mancato di criticare sia prima che durante il match) il n.5 al mondo ha anche rischiato di farsi male. E durante la conferenza stampa, come sempre mai banale, ha chiarito tutti gli aspetti anche riguardanti la lentezza del cemento di quest’anno in California, oltre ad offrire vari spunti su sé stesso.

D: “Un’altra grande battaglia. Prima di tutto, come sta la caviglia?

Medvedev: “Ancora non lo so, perché il fatto è che mi si è girata, quindi diciamolo: abbastanza male. Sul momento ho pensato che sarebbe andato tutto bene e mi sarei alzato in piedi, poi il dolore ha iniziato ad aumentare, diciamo brutalmente. In realtà ho pensato che sarebbe andata male e non sarei stato in grado di continuare. Poi l’hanno fasciata con il tape, e all’inizio è stato piuttosto doloroso, quindi ero più preoccupato e concentrato sulla mia caviglia che sul gioco. Questo in realtà mi ha aiutato a giocare meglio. Non era facile camminare, ecco perché zoppicavo, ma muovermi era più facile. E in un certo senso posso capire quanto sia difficile per l’avversario quando ti vede zoppicare e poi correre per tutti i dropshot e cose del genere, il che è del tutto normale. Non riesco a camminare correttamente ma, se tutto andrà bene, domani lo fascerò, prenderò un antidolorifico e andrò a giocare. Quindi non c’è molto altro da aggiungere per il momento. Abbastanza doloroso, ma niente di troppo grave si spera

D: “Hai messo a segno quel gran colpo sopra la testa, parlacene. Non so se segui queste cose o hai familiarità con quello che fece Federer…

Medvedev: “Sì, sì, sì, sì. Per prima cosa ho visto alcuni commenti su quello di Federer. Ero tipo, ‘quale?’ Poi mi sono ricordato di quello contro Roddick. Il suo è stato più duro perché era in corsa e fuori dal campo ma, se ricordo bene, il momento era un po’ meno teso, in un certo senso, perché noi eravamo uno pari al tie-break ed ero un set sotto. Certo sono stato in un certo senso fortunato che abbia messo la palla dove mi trovavo io, e anche che i campi qui siano lenti, quindi ho potuto colpirlo. Sì, il tempismo, la posizione della palla erano perfetti, quindi è come se fossi riuscito a colpire il servizio, ma da una posizione molto lontana. L’unica cosa che mi sono detto è stata di colpirla a piena potenza, non c’era altra scelta. L’ho colpito trasversalmente, è stato un colpo incredibile. Anche se provi ad allenarlo, probabilmente ne sbagli otto o nove su dieci. È stato il caso fortunato. Ed è fantastico avere colpi del genere in momenti così importanti, ti salva la vita

Vanni Gibertini (Ubitennis): “Negli ultimi giorni sei stato molto sincero nell’esprimere la tua opinione sui campi e sulla palla. Ne avete parlato negli spogliatoi? Pensi che i giocatori dovrebbero avere voce in capitolo? Dovrebbe esserci una sorta di comitato, il Players Council dovrebbe poter esprimere un parere?

Medvedev: “Questa è una domanda super difficile. Dipende sempre da quanti giocatori giocano qui nel tabellone principale, quanti sono, 96? So che quando esprimo questa opinione, quando dico queste cose che dico in campo, non voglio nemmeno ripeterlo, perché in realtà amo il torneo, semplicemente non mi piace il campo (sorride). Capisco che forse su 96 giocatori, in realtà 60 diranno che il campo va bene, e questo è solo il mio problema. So che anche ad alcune persone non piace, ma si arriva a dire ‘se 80 giocatori escono e dicono che il campo è troppo lento e qualcosa deve essere cambiato, allora è un male che non sia cambiato’. Sì, non credo che quel, come lo chiami tu, consiglio dei giocatori sia effettivamente in grado di farci qualcosa. E non sono sicuro che debba essere fatto. Ci sono ragazzi come Cam Norrie, non so se ad Alcaraz piaccia giocare qui, ma Norrie sicuramente adora giocare qui, che direbbe tipo ‘perché abbiamo cambiato i campi?’, e ha ragione. Non possiamo cambiare i campi solo perché a me non piace. Ecco, parlando tranquillo, questo lo capisco e non mi piace il mio comportamento in campo. Ma lì divento matto, perché ci sono alcuni punti in cui mi sento come se stessi facendo cinque, dieci buoni colpi, e poi ottengo un vincente. Non è possibile; e impazzisco, sì

D: “In quel punto nel sesto game del secondo set, quando ti sei infortunato, avresti potuto immaginare di andare a vincere questa partita in 3h e 17?

Medvedev: “Decisamente no. Onestamente, ero sdraiato a terra, e nel momento in cui sono caduto ho provato a rialzarmi quasi subito ed è arrivato il dolore. Poi è arrivato il dottore e mi ha detto ‘andiamo a sederci’, e avevo tipo paura di andare sulla sedia. Ho pensato che mi sarei ritirato, ma mi piace sempre provarci. Poche volte nella mia carriera ho pensato che mi sarei ritirato, e lo stesso ci provo sempre. E se non posso, è allora che mi ritiro. Grande esempio è la partita contro Novak: durante il tiebreak avevo sentito che mi ero strappato il muscolo, lo sapevo. Quindi ho finito il tiebreak e mi sono ritirato, perché sapevo che non avrei giocato con uno strappo muscolare. Quindi, se da solo sentissi di essermi strappato il legamento, non giocherei. C’erano due opinioni che dicevano che potevo continuare a giocare a meno che non mi sentissi troppo dolorante, e mi muovevo sempre meglio con l’adrenalina. Quindi, anche senza parlare della caviglia, il match stesso è stato pazzesco; dove ha avuto, quanto, 10 palle break nel secondo set? Quando hai 10 palle break sei molto più vicino a vincere e forse te lo meriti anche, ma a volte questo è il tennis. Sono momenti che accadono e la fiducia mi ha sicuramente aiutato

D: “Continui a lavorare a quell’elemento della tua personalità quando sei lontano dal campo? Dici che vorresti non aver fatto quello che hai fatto oggi, ma come ci lavori? Come fai?

Medvedev: “Penso che lavorare con un mental coach, come il precedente che ho avuto, Francisca, mi abbia aiutato molto. Prima di tutto, a maturare come persona, e questo mi ha aiutato a maturare sul campo da tennis, anche in termini di vincere titoli e migliorare i risultati. Perché anche questo, se sei immaturo, sarà più difficile da fare. Il fatto è che non puoi fare costantemente errori, poi scusarti e dire ‘vedi, mi scuso quindi sono maturo’. Sono capace molte volte di vedere i miei errori, a volte no. A volte se una persona viene da me e dice che abbia fatto un errore, dico di no. Ma a volte sono capace di vederlo, e poi dirmi ‘okay, forse la prossima volta devo cercare di fare meglio’. Se questo fosse accaduto quando avevo 16 anni, che non avessi voluto qualcosa sul campo, su me stesso, sul mio gioco oggi, non voglio nemmeno dire cosa sarebbe successo, ma molto peggio di quello che è adesso. É qualcosa su cui cercherò di lavorare per tutta la mia carriera, perché voglio essere ricordato non per i miei capricci, ma per il mio gioco e per i lati positivi della mia personalità. Voglio avere un buon rapporto con tutti in campo, perché posso capire che questo può distrarre il mio avversario, e non è ciò che voglio. Non mi interessa vincere una partita distraendo il mio avversario, voglio vincere normalmente. Sono sicuro che migliorerò e migliorerò su questo caso

D: “Come confronti questi campi con Miami?

Medvedev: “Immagino che siano gli stessi, ma di sicuro le condizioni sono diverse ovunque. A Miami sembrano un po’ più veloci. Ma quello che mi sento così in particolare qui, come quando ho giocato contro Grigor – l’anno scorso è stato molto lento, e anche a Miami è stato molto lento, e in realtà si distruggono anche le palle. Una volta ad un cambio di palline ne ho data una al supervisor perché non si vedeva più cosa c’era scritto sopra. Secondo me, non è normale che quando cambi le palle siano così, che non puoi vederci scritto nulla. É il campo troppo ruvido che le fa diventare così. A Miami è lo stesso ma, non so se è per l’umidità, si gioca un po’ più veloce. Ma non ho mai giocato troppo bene neanche a Miami, perché non è il mio tipo di superficie. Ma sono la prima volta ai quarti di Indian Wells, e spero di poter giocare domani e cercherò di fare del mio meglio

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