Sinner da impazzire (Bertolucci, Azzolini, Piccardi, Martucci, Giammò)

Rassegna stampa

Sinner da impazzire (Bertolucci, Azzolini, Piccardi, Martucci, Giammò)

La rassegna stampa di domenica 2 aprile 2023

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Stregati da Sinner (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Non è un pesce d’aprile: Jannik Sinner è di nuovo in finale a Miami due anni dopo la sconfitta contro Hurkacz che comunque lo rivelò al mondo, e ci è arrivato a conclusione di una partita straordinaria, in cui ci ha offerto fiammate di tennis fenomenale che hanno confermato il suo nuovo status di campione ormai in grado di rivaleggiare alla pari con i top della classifica. Fino a febbraio, non aveva mai battuto un giocatore tra i primi cinque del mondo, poi in serie ha sconfitto Tsitsipas a Rotterdam, Fritz a Indian Wells e Alcaraz a Miami, regalandoci pure una prestazione eccellente contro Rublev, che è numero 7. Oggi alle 19 lo attende un altro test probante contro Medvedev, avversario che non è mai riuscito a superare in carriera, ma i segnali che Jannik ha mandato in semifinale con la vittoria sul giovane fenomeno spagnolo Alcaraz confermano che l’allievo di Vagnozzi e Cahill è ormai pronto per questi palcoscenici, con una crescita solida e costante finalmente sostenuta dalla salute. È il compimento di un percorso iniziato 13 mesi fa con la scelta di cambiare allenatore e staff ma va anche ricordato il lavoro di Piatti che ha fornito al ragazzo una base di qualità sulla quale il nuovo team è stato bravo ad innestare armi aggiuntive. Nel successo contro lo spagnolo, Sinner ha messo in risalto tre doti da stella conclamata. Una la si conosceva già: la straordinaria forza mentale. Ha perso un primo set in cui era avanti 4-1 con possibilità di palla break per il 5-1 fallita con un facile smash, dopo la rimonta e una qualità di gioco altissima ha perso il tie break; nel secondo set si è fatto subito rimontare il break di vantaggio e poteva andare sotto 5-3 e servizio Alcaraz; nel terzo per alcuni tratti ha dovuto fronteggiare un avversario con i crampi, evento che spesso scardina le certezze del giocatore sano anziché rafforzarle. Ebbene: nessuna di queste situazioni lo ha perturbato ed è stata affrontata con la freddezza del campione consumato. Solo Djokovic e Nadal, al momento, hanno una solidità di testa superiore alla sua. Va poi considerata la freschezza atletica con cui ha finito il match, mostrando una condizione fisica migliore rispetto al rivale. Infine una notazione tecnica: nella risposta al servizio, Jannik attualmente è superiore a Carlos. Insomma, il 3-3 nelle sfide dirette dimostra che i due giocatori sono vicinissimi in valore assoluto e che la loro rivalità è destinata a segnare il tennis del prossimo decennio. Adesso, le statistiche dicono che in finale Sinner affronterà un avversario con cui non ha mai vinto, una situazione psicologica che ovviamente favorisce Medvedev. Ma i cinque precedenti, se si esclude quello più recente a Rotterdam, vanno interpretati: fino all’anno scorso, l’azzurro era un giocatore di spessore diverso, non così completo e certamente non dotato di tutti gli strumenti per fronteggiare il russo sullo stesso piano tecnico. Il 2023, insomma, è l’anno zero di Sinner, quello in cui comincia a delinearsi il suo profilo di fuoriclasse, cui bisogna concedere un altro paio di stagioni di maturazione. […]

Sinner, l’evoluzione di Djokovic (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Il nuovo tennis s’avanza, è mezzo ping e mezzo pong, ed è anche tennis, nudo e crudo, con qualcosa di antico riadattato alle velocità spaziali dei tempi moderni. Non è fatto per cuori teneri, fondamentalmente perché non dà luogo a pensieri di sorta, è mentale ma non da filosofi, è brutale ma non è escluso possa rientrare, quando sarà il momento, nel novero delle arti nobili che da sempre vestono con il morbido velluto dei più alti paragoni, i sacrosanti cazzottoni di una volta. Eppure, questo tennis, le nouveau tennis di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz ammirato a Miami, prende le mosse da una sorta di diritto alla crescita personale, inalienabile e a suo modo inarrestabile. Il diritto (quasi costituzionale) a trovare la propria strada nel mondo, qualunque sia il percorso da affrontare e l’approdo verso cui indirizzarsi. Isaac Asimov ne affrontò difficoltà e conseguenze nel romanzo più alto della sua sterminata produzione, Bicentenial Man, creato intorno a una domanda a suo modo semplice: se nasci robot hai diritto a crescere liberamente fin dove ti guideranno i diodi che alimentano il tuo essere meccanico? Morirà uomo il protagonista, robot ormai trasformato, strappando umanissime lacrime per la sua sorte. Potrà mai il tennis garantire il percorso contrario? «Sono umani anche loro», ha esultato Paolo Bertducci nella telecronaca Sky, ai pochi errori commessi dai due primi attori. E se sbagliasse? Se quegli errori fossero dovuti alla condizione di rodaggio in cui i due ancora si trovano? Sono cosl giovani, in fondo. Neanche 20 anni uno, poco meno di 22 l’altro. Macchine ancora bambine. Niente di paragonabile all’età media di due robot, destinati a mille e più anni di vita. E chissà quante repliche della loro disfida potrebbero combinare in mille anni. Sarà questo íl futuro di Jannik e Carlos? Atteniamoci alla realtà dei fatti. Sinner ha vinto una semifinale che solo Sinner avrebbe potuto vincere, contro un avversario cui solo Alcaraz avrebbe potuto offrire un volto. Il nuovo tennis è tutto qui, racchiuso nella dotazione balistica di appena due giocatori. Solo a loro e dato interpretare il match come per lunghi tratti hanno fatto. Travolgendo di scambi surreali un intero stadio costretto ripetutamente a chiedersi se fosse vero il tennis cui stavano assistendo, o si trattasse di una rappresentazione olografica di ciò che sarà il futuro del nostro sport. Jannik e Carlos picchiavano senza guardarsi, sempre in anticipo, sempre a braccio libero, e le palline correvano impazzite. Dall’alto dello stadio, e nelle poche riprese elaborate dai droni, il campo rimpiccioliva e si aveva lo stesso effetto di un videogame. Il ping gong è lo sport che più si avvicina al tennis praticato dai due. Provo a chiedermi quanto, nella corazza di J&C, contino il dna degli avi, le dirette discendenze. Sinner è un Djokovic di terza generazione, che ha colpi simili ma li usa a velocità sempre più alte. Alcaraz appare come una diretta emanazione della Fedal, la ditta dei più forti, in avanti ricorda Roger, in difesa è figlio di Rafa, mai ritmi che impone appartengono solo a lui. E a Sinner. […]

Sinner, a Miami fuga da Alcaraz (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Un anno fa il suo problema erano le vesciche, oggi Jannik Sinner è il problema degli altri. Come si cambia, in dodici mesi. La palla di neve rotolata giù dalle montagne dell’Alto Adige è diventata una valanga: con la strepitosa vittoria sul n.1 Carlos Alcaraz nella semifinale di Miami, l’altoatesino torna top 10 (due mesi fa era n.17), si piazza al n.4 della Race che deciderà gli otto delle Atp Finals a Torino e, se oggi batte Medvedev, sale al n.6, miglior ranking. Eppure il 30 marzo 2022 Jannik abbandonava Miami dopo cinque game con l’argentino Cerundolo: zoppicante, tra i fischi, mille pensieri in testa. Non sarebbe stato l’ultimo infortunio di una stagione, la scorsa, che ha impedito a Sinner di partecipare alle finali di Davis: la fragilità di un fisico ancora in crescita è stata nitroglicerina da maneggiare con cura per il team. E’ dimostrato: Jannik in salute è un’arma letale. Da inizio stagione Jannik (27 match fin qui) ha sbagliato poco o nulla. La battaglia negli ottavi dello Slam di Melbourne con Tsitsipas gli è servita a capire a che punto era, a Montpellier (Atp 250, vinto) ha posato un altro mattoncino, Rotterdam (Atp 500, finale persa con Medvedev) è stata la lezione che metterà a frutto oggi a Miami contro lo stesso rivale, un avversario che Jannik soffre perché sui colpi sghembi del russo non riesce ad appoggiarsi come vorrebbe; nello swing americano Sinner ha trovato il rendimento che cercava: poiché impara da ogni match, a Indian Wells ha perso da Alcaraz e a Miami l’ha battuto. L’atteggiamento di Jannik a una settimana di distanza è apparso cambiato: in Florida è entrato in campo più aggressivo, intenzionato a rifiutare lo scambio, il braccio di ferro nel quale lo spagnolo eccelle, e alla lunga ha prevalso di muscolo, puntellandosi su una migliore condizione fisica rispetto al re spodestato (Djokovic torna sul trono alla vigilia della terra), costretto a commettere 9 doppi falli a causa della pressione che l’azzurro gli metteva sulla seconda palla e 27 errori gratuiti (contro 11). L’evoluzione di Sinner continua. È la curva di crescita progressiva, senza picchi e sprofondi, a colpire. Dietro c’è un lavoro quotidiano meticoloso, mirato a irrobustire il giocatore prima nel corpo e poi nei colpi, perché senza un fisico all’altezza dell’elasticità di Djokovic, della resistenza di Nadal, della modernità eclettica di Alcaraz (co-protagonista di una rivalità che rischia di superare i 59 episodi della saga tra Nole e Rafa) non è pensabile circolare ai piani alti del tennis. [—] La sfida, ora, è trasformare un attaccante da fondocampo in campione all around, versatile e polivalente, dotarlo di tutti i colpi (la palla corta è acquisita, sul gioco a rete si può lavorare) e della capacità (rara) di prevalere su ogni superficie. […]

Sinner, lo show di una nuova era (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Attenti a quei due. Per il popolo del tennis, Jannik Sinner e Carlos Alcaraz sono già tutt’uno, come il “Fedal” di Federer e Nadal, un binomio di bellezza e valori dello sport, trascendendo “il trionfo e il disastro, gli impostori” di Kipling che accompagnano in campo i protagonisti a Wimbledon, e anche il discorsone sul GOAT: il più forte di tutti tempi. In attesa del terzo uomo che per il Magnifico e l’Extraterrestre è stato Djokovic e per i nuovi super-eroi potrebbe essere Rune o magari Musetti, venerdì a Miami l’elegante altoatesino dai capelli rossi e il super-reattivo toro di Spagna hanno lanciato il poster di una rivalità al vertice che richiama altre comete indimenticabili del passato, da Agassi-Sampras a Becker-Edberg. , Dopo la fantasmagorica semifinale, l’Italia inneggia al suo 21enne prodigio che batte per la prima volta un numero 1, portando sull’emblematico 3-3 i testa a testa, scalzandolo dal trono ATP a beneficio di Djokovic e raggiungendo la seconda finale Masters 1000 sempre in Florida dopo quella 2021 persa con Hurkacz. Ma, al di là del rientro fra i primi dieci della classifica e dall’esito di stasera nella sfida contro Daniil Medvedev, reduce da 5 finali di fila, partendo da 5 ko su 5, è il tennis tutto che sorride guardando al futuro. Fra i due ragazzi c’è grande intesa e rispetto nel nome del lavoro. «Mi displace per i crampi», dice Jannik sul net stringendo la mano a Carlos dopo il 6-7 6-4 6-2 e tre ore di colpi da spellarsi le mani. «Vinci, tifo per te», gli risponde l’altro, twittandogli poi i complimenti ufficiali urbi et orbi. Sorridono tutti e due, stremati, dopo aver dato tutto, galvanizzati da un risultato che comunque non penalizza lo sconfitto, pronti a darci dentro di nuovo da domani stesso per migliorarsi ancora, in tutto. Proprio nel segno degli illustri predecessori, felici di esserci e di battersi in questi duelli stellari che già sono storia. «Ho cambiato qualcosa rispetto a Indian Wells ma non dico cosa, la prossima volta sarà lui a trovare la contromossa. Questa è una vittoria che significa molto, abbiamo giocato ad altissimo livello cercando entrambi un tennis aggressivo. E oggi ho vinto io», dice Jannik il freddo guardando orgoglioso gli allenatori Vagnozzi e Cahill, e il preparatore atletico Umberto Ferrara. Quel passante sul 4-2 è il punto dell’anno? «Fantastico, ma anche molto fisico, tanto che ho perso il game dopo, per fare punti così bisogna essere in due».[…]

Ora comincia un’èra di sfide memorabili (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

«Vai a vincere – dice Carlos Alcaraz a Jannik Sinner a fine partita congratulandosi con lui – Tiferò per te». Era tardi, l’altra notte. Eppure non siamo mai stati così svegli. Altro che caffeina. Storditi e stravolti da un match durato tre ore destinato, oggi cosi come tra vent’anni, a restar scolpito nella nostra memoria. Era la sesta volta che l’azzurra e lo spagnolo si incontravano in carriera. Ma la sensazione è che quanto accaduto nella semifinale di Miami non sia evento che corra il rischio d’esser «scavalcato da un ricordo più vicino», inesorabile aggiornamento che ogni rivalità reclama per sé, per attestarsi invece come pietra d’inciampo di una memoria collettiva cui tornare a guardare con gratitudine quando, chissà, tra dieci o quindici anni, sentiremo infine il balsamo della nostalgia prevalere sul fuoco della contesa. Per adesso prevale ancora il qui e ora. L’impaziente attesa scioltasi nell’applauso del pubblico prima del via, un tributo concesso sulla fiducia ai due contendenti; il fluviale seguito con cui dai social media continuavano a rimbalzare esclamazioni e incredulità; l’avvicendarsi di passioni tanto violente quanto contrastanti capaci di polverizzare la distanza tra il tracollo e la resurrezione in un confine mai così labile. Per Alcaraz, quel momenta è coinciso con il punto del match, un quindici che giä si candida a diventare come il più bello della stagione: uno scambio lungo venticinque colpi nel settimo game del primo set e vinto da Sinner con un passante incrociato su cui lo spagnolo è capitolato incredulo a terra. «Quando ho perso quel punto, la prima cosa che mi è venuta in mente è che fosse imbattibile», ha confessato il murciano in conferenza stampa. «C’è sempre bisogno di due giocatori per fare questo tipo di punti», ha riconosciuto poi il numero uno italiano. […] Ormai ventenni, seppur separati da poco meno di due anni, Sinner e Alcaraz hanno sin qui assommato tanti duelli quanti Novak Djokovic e Rafa Nadal ne avevano affrontati alla loro età in una rivalità, la loro, che sedici anni dopo è giunta al cinquantanovesimo episodio. Già, il tempo. Quel che per la vecchia guardia è ormai “un signore distratto”, per loro due invece è ancora “un bambino che dorme”. Sogni intatti e futuro da costruire. Vederli scambiarsi colpi a quella velocità e a quel ritmo è il modo che hanno scelto per svegliarlo e cominciare a impossessarsene.

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