Quant’è difficile cancellare l’immagine lacrimosa di Alexander Zverev piegato in due dal dolore per l’infortunio occorso alla caviglia nel pieno della semifinale del Roland Garros 2022? La si classifica come brutto ricordo solo attraverso il sacrificio e la grande voglia di scrivere pagine bellissime di tennis.
Dopo l’infortunio le velleità sono rimaste inalterate: vuole diventare n. 1 al mondo e vincere uno Slam e lo ribadisce a chiare lettere in un’intervista a “La Stampa“, nella quale parla anche del suo problema legato al diabete, di come l’ha sconfitto e qual è il suo impegno nel sociale per salvare tanti bambini affetti da questa malattia: “Mi è stato diagnosticato a tre anni, quindi non ho ricordi della mia vita prima di ammalarmi. Per me è la normalità“.
Zverev è divenuto testimonial di una malattia che spesso colpisce anche i bambini: “Ho creato nel 2022 una fondazione per aiutarli. Quando ero un ragazzino tanti medici avevano escluso che sarei potuto diventare un atleta. Mi dicevano che nel tennis non avrei avuto chance. E le assicuro che non solo per un bambino, ma per i genitori è un’esperienza molto frustrante. Io però ho sempre creduto di potercela fare e credo che per un ragazzo sia importante avere un esempio, qualcuno che ha vinto la battaglia prima di lui”.
“Il diabete – dice Zverev – è una malattia di cui non si parla tanto. In Europa o negli States chi ne soffre può godersi una vita del tutto normale grazie all’insulina e ad altri farmaci. Ma in tante altre parti del mondo, in Africa e in Asia, non è così. Non c’è il nostro sistema sanitario e un bambino che si ammala di diabete rischia di morire in settimane, addirittura in giorni, perché non può fare i test che servono o curarsi con l’insulina. Io vorrei dare a tutti la possibilità di vivere normalmente con il diabete”.
Zverev parla senza problemi della sua malattia: “Spesso mi capita di aver necessità dell’insulina durante la partitae adesso non ho problema a mostrarlo. Una volta non ero tanto a mio agio, mi “nascondevo” in bagno, mentre oggi lo faccio tranquillamente negli spogliatoi o anche in campo. È molto più semplice, e non c’è niente di cui vergognarsi“.
Sei mesi fuori e ora la grande velleità di risalire la classifica e di provare a diventare n. 1 al mondo: “La parte più difficile – afferma Zverev – è stata la prima perché mi sarebbe bastato vincere un match in un qualsiasi torneo nei tre mesi successivi per diventare numero 1. Immagini il mio stato d’animo: ero il numero 2, fino al giorno prima avevo giocato al massimo, e non potevo competere. Anche Nadal e Djokovic si sono infortunati tante volte, ma non credo abbiano avuto una cosa del genere, la mia caviglia era in pezzi. Loro sicuramente hanno più esperienza nel recuperare, a me serve più tempo per tornare al massimo”.
Le parti si sono ora invertite con Nadal fermo ai box e Zverev in campo per cercare la forma migliore: che sia Parigi la sede del loro prossimo incontro per chiudere il cerchio? “Di sicuro quello è il torneo a cui guardo ed è il mio obiettivo principale. Sento che c’è un cerchio che deve chiudersi dopo quello che mi è capitato l’anno scorso”.
Poi parla anche di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz: “Si gioca troppo sul cemento, io vorrei giocare qualche torneo in più sulla terra rossa, ma non sono io a prendere decisioni. Loro due sono giovani e giocano un grande tennis. E’ quello che il pubblico vuole ed è un bene che ci siano. Ma anch’io a vent’anni ero già un top ten, poi sono arrivati gli altri della mia generazione“.