16 luglio 2023: Carlos Alcaraz batte Novak Djokovic in finale a Wimbledon e conquista il suo secondo Slam.
17 marzo 2024: Carlos Alcaraz batte Daniil Medvedev in finale ad Indian Wells e vince il suo quinto Masters1000.
E in mezzo? Per qualcuno (molti) il vuoto, la crisi, il crollo. Per altri (pochi) un fisiologico calo, alcuni errori e un’inevitabile periodo di apprendimento.
Per Carlitos è stata sicuramente una lunga attesa. Sono otto i mesi trascorsi dal trionfo in Inghilterra a quello in California, un periodo che – a suo dire – è stato molto complicato. “Ho attraversato mesi difficili” – ha raccontato il n°2 del mondo in conferenza stampa dopo essere riuscito a confermare il titolo ottenuto nel 2023, diventando il primo da Novak Djokovic (2014-2016) a vincere il BNP Paribas Open per due anni consecutivi.
“Dopo Wimbledon è stato un periodo complicato, non riuscivo a ritrovare il mio gioco. Sono felice di aver vinto questo torneo perché mi sono ritrovato e mi sono sentito davvero bene“ – ha poi proseguito il murciano, evidenziando ancora una volta quanto il suo tennis dipenda (anche) dal suo umore.
Anche, ma non solo. Perché nel corso del torneo il livello di Alcaraz è aumentato progressivamente partita dopo partita, da quel tie-break mal giocato contro Arnaldi fino ad arrivare al dominio assoluto con Zverev (post api) nei quarti di finale. Carlitos non giocava così bene dalla splendida finale di Cincinnati persa contro Novak Djokovic, che forse ha lasciato qualche strascico nella psiche del giovane spagnolo, apparso meno brillante negli ultimi mesi del 2023. Quasi meno felice di stare in campo.
Non è detto che abbia influito, ma di sicuro non avrà aiutato l’enorme pressione cui era sottoposto in Spagna. Orfani di un Nadal ormai alle battute finali, le aspettative di un paese abituato a stravincere erano ricadute da qualche tempo sulle giovani spalle di Carlos. Che però, come qualsiasi altro tennista (e sportivo), non può certo vincere per sempre.
In uno sport in cui perdere è la normalità troppe persone spesso si dimenticano di quanto la vittoria sia qualcosa di unico ed eccezionale. Anche quando i successi iniziano ad essere parecchi, magari pure consecutivi, si tende a dare un po’ tutto troppo per scontato. E alla prima fase di calo ecco che i critici da divano e gli allenatori da tastiera tornano a farsi sentire.
Il tennis però, come la vita, è fatto di momenti. In alcune fasi va tutto bene, riesce tutto magari anche con relativa semplicità, mentre in altre ci si impegna forse anche di più, ma las cosas no salen si direbbe a casa Alcaraz, non tutto va per il verso giusto.
È proprio in quei momenti che emerge il campione, colui che riesce a reagire non nonostante le difficoltà, ma apprendendo da esse. È ciò che è accaduto, per esempio, nella semifinale contro Sinner, che negli ultimi due scontri diretti si era dimostrato complessivamente superiore. Una superiorità portata in campo anche nel primo set, dominato da Jannik, prima che Carlitos iniziasse pian piano a trovare contromisure e contrattaccare.
La posizione in risposta più arretrata di Alcaraz e una palla decisamente più alta, lenta e carica hanno poco a poco destabilizzato Sinner, permettendo allo spagnolo di tornare a battere il rivale un anno dopo l’ultima volta e di mantenere saldo il n°2 del ranking. In finale è invece stata la solita battaglia di nervi contro un Medvedev che ha ormai compreso la necessità di essere più aggressivo contro i migliori, ma contro questo Alcaraz non è bastato.
Con un nuovo ‘1000’ alle porte (dove l’anno scorso si fermò in semifinale) e, soprattutto, alla vigilia della stagione su terra battuta, il 20enne di Murcia sarà atteso da un altro tour de force non indifferente. Fare meglio del 2023 sarà complicato: se ci riuscirà tanto di cappello, ma se non ce la farà non sarà il caso di allarmarsi prematuramente. Tanto più per uno che a vent’anni ha già vinto 13 tornei, più la metà dei quali sono Slam (2) o Masters1000 (5).
Carlitos ha ritrovato il sorriso.
O forse, semplicemente, non lo aveva mai davvero smarrito.