Un primo turno apparentemente di ordinaria amministrazione e invece, per Matteo Berrettini, la vittoria su Albert Ramos Vinolas ha un sapore decisamente speciale perché arriva dopo “uno degli anni più difficili“ della carriera dell’italiano. Superati i guai fisici (“Il polpaccio va bene, bene” rassicura Matteo con un commento en passant terminate le domande) è il momento di ritrovare anche la serenità mentale, e stando alle parole del diretto interessato, sembra sia sulla buona strada. Di seguito le risposte in italiano della conferenza stampa del n.44 del mondo post match:
Luca Baldissera: In generale da fuori sembrava ti sentissi bene in campo. Era così anche da dentro?
Berrettini: Sì, c’erano tanti punti interrogativi perché è sempre un primo turno contro un tennista che magari non è uno specialista del cemento ma ha giocato tante partite ad alto livello, l’aveva preparata bene. Io non mi sono allenato tantissimo qui a New York e quindi mi aspettavo di non avere le migliori sensazioni possibili. Ma entrando con questi presupposti già mi ero preparato ad eventuali distrazioni all’inizio, mancanza di feeling – vedi il break da 40-0 o i tanti doppi falli, cosa per me inusuale. Ho accettato questa cosa qui e poi man mano, piano piano il livello è salito col passare del match e questo fa ben sperare per il prossimo incontro.
Vanni Gibertini: Tu credi nei capitoli nella vita? È possibile chiuderne uno e aprirne un altro?
Berrettini: Credo di sì. 5 anni, magari nella vita non sono tantissimi ma a livello di carriera mi è successo di tutto, cose bellissime cose meno belle, tante emozioni. Sono cresciuto tantissimo come persona e forse non sono lo stesso di 5 anni fa, perché si evolve, si matura, si migliora. Quindi credo di sì, credo di essere in un capitolo non so se dirti migliore o peggiore ma diverso della mia carriera; sono molto più consapevole di quello che mi succede attorno. Quando sei giovane vuoi solo andare avanti con l’impeto della gioventù, ora invece sono più dentro il momento. Per esempio per me questa vittoria è molto importante. Uno potrebbe dire ‘ma come, hai fatto finale’, ma per come l’ho preparata, considerando quanto ho passato negli ultimi anni/mesi è molto importante.
Vanni Gibertini: Lo si decide a ritroso oppure si dice ‘adesso chiudo un capitolo e ne inizio un altro’?
Berrettini: No, credo che lo si decida una volta che si cambia qualcosa di importante o si supera qualcosa di difficile. Quello dell’anno scorso è stato uno dei più difficili della mia carriera per un milione di motivi e riuscire a risollevarmi, a ritrovare la goduria nell’allenarmi, nel giocare è stato un momento in cui non mi sono detto ‘adesso cambio pagina’, bensì ad un certo punto ho sentito ‘forse posso ritrovarle quelle sensazioni’ e quindi mi sono lasciato alle spalle tutto quello che è successo. Poi così si riparte, però veramente è stato complesso non perché non pensavo fosse possibile ma perché mi sentivo di non avere le energie per farlo. Mi sono detto ‘e adesso come si fa?’ (ridendo)
D. Questo torneo è un po’ l’emblema della tua carriera, la semifinale raggiunta con Nadal, l’anno scorso che esci in sedia a rotelle. Che effetto ti fa tornare in questo torneo?
Berrettini: La cosa di cui mi sono un po’ sorpreso è che quel giorno lì l’ho anche un po’ cancellato. Mi dicevo ‘adesso torno lì’ e sicuramente la prima cosa che mi viene in mente sarà quella scena, e invece quando sono arrivato mi sono tornati tutti ricordi positivi, due volte quarti, una semi, tante belle partite, delle lotte sudate. TendenZialmente sono uno che pensa alle cose negative, al peggio, e invece sono rientrato nell’Arthur Ashe per un’esibizione con Jasmine (Paolini) e ho ripensato alla vittoria su Monfils, al bel match con Nadal, quindi sì. Questo è il torneo del capitolo famoso, di quel salto che ho fatto, e speriamo che possa essere un altro slancio per quello che verrà.