Caro Filippo,
Io capisco bene che un capitano di Coppa Davis abbia il diritto dovere di convocare per la “nazionale” di tennis la miglior formazione possibile. E certo, anche se arrivare almeno secondi in un girone di cui fanno parte Brasile, Belgio e Olanda, non dovrebbe essere un’impresa con giocatori come Musetti, Berrettini, Arnaldi, Cobolli, Vavassori e Bolelli, rinunciare in partenza alla presenza di Jannik Sinner non è banale. Un po’ di coraggio, ma anche di riconoscenza con chi è stato decisivo per il trionfo di un anno fa – 47 anni dopo Santiago – però ci vuole. O quantomeno secondo me ci vorrebbe. Francamente Musetti e Berrettini (ma pure Cobolli e Arnaldi) sono più forti dei tennisti belgi e brasiliani, se non anche di quelli olandesi. E meritano quindi la tua, la nostra fiducia.
Capisco ben Filippo, al contempo, che avere in squadra il n.1 del mondo Jannik Sinner – pur sfinito dal torneo americano, dal viaggio e dal fuso – sarebbe una assoluta garanzia, una sorta di valvola di sicurezza che ti metterebbe al riparo da qualsiasi (pur assai improbabile) inciampo. Io nel momento in cui ti scrivo non so ancora se a New York Jannik terrà fede ai generali pronostici che lo vedono stasera (ore 21) vittorioso nella semifinale dello US Open con Jack Draper – chi dice in 3 set, chi in 4, quasi nessuno in 5 – e domenica in finale con Fritz o Tiafoe.
È vero che si dice che i pronostici sono fatti per essere smentiti e anche che le quote dei bookmakers non son davvero Vangelo, ma se la vittoria e la conquista del secondo Slam per Jannik è pagata dai bookies a 1,44, mentre la vittoria di Fritz a 5, quella di Draper a 8 e quella di Tiafoe a 15 (come riportiamo anche in un nostro articolo su Ubitennis), oggi come oggi è molto probabile che Jannik domenica sia ancora qui a New York per disputare la finale. La vinca o la perda. Comunque forse la finale più importante della sua carriera, perché lo US Open ha sempre avuto un prestigio superiore all’Australian Open. E perché i 2.000 punti qui a New York – dove i suoi più immediati inseguitori, Zverev, Alcaraz, Medvedev hanno tutti perso uno, due o più turni prima di lui – saranno certamente molto importanti, anzi probabilmente decisivi, per il mantenimento del primo posto di Jannik nel ranking ATP.
Io non ho parlato faccia a faccia e da solo con Jannik. E chi mai riesce a parlarci al di fuori dalle conferenze stampa dove si fanno sì e no tre domande e non si può certo proporre questioni personali come sarebbe stato il chiedergli: “Ma ti sentiresti in difficoltà a dire che non ti senti di andare a giocare la Davis a Bologna?”. Ma scommetterei la casa (è un modo di dire eh…) che Jannik e il suo team sarebbero ben lieti di non doversi sobbarcare la corsa a Bologna per scendere in campo (dovendo assorbire fuso, cambio di superficie e quant’altro) due o anche quattro giorni dopo la finale di Flushing Meadows.
Però, dopo quanto è successo un anno fa quando Jannik decise di non giocare a Bologna e non fu solo la Gazzetta dello Sport a bollarlo qual traditore della patria… e dopo la seconda assenza dell’ultimo momento alle Olimpiadi – stavolta per via di una tonsillite cui troppi hanno mostrato di non credere fino in fondo – e infine ancora dopo il pesantissimo e sofferto caso dello spray proibito al clostebol (per il quale fino al 9 settembre non si sa se Wada e Nado frapporranno appello), per me è scontato che Jannik si senta in dovere, più per motivi di immagine che di altro, di presentarsi a Bologna e di scendere in campo. Ciò sebbene il farlo potrebbe rappresentare davvero un serio rischio per un nuovo infortunio. Quando si è stanchi morti è molto più facile farsi male. Lo sanno tutti. Anche tu Filippo.
A mio parere dovresti essere proprio tu, Filippo, a dire a Jannik e poi ai media (ovviamente con altri toni e termini): “Caro Jannik, ti ringrazio per avermi espresso il tuo desiderio di partecipare al girone eliminatorio di Coppa Davis e dato disponibilità. Lo apprezzo molto. Ma nell’intento di preservare la tua salute e la miglior partecipazione possibile ai tornei del circuito asiatico dove devi difendere i punti conquistati a Pechino (vincesti il torneo) e a Shanghai (perdesti da Shelton), ritengo che per il tennis italiano l’interesse primario sia in questo momento aiutarti a conservare la tua posizione di n.1 del mondo. Goditi i grandi risultati ottenuti a New York (sarebbero tali anche se perdesse in semifinale visto che è l’unico italiano nella nostra storia ad averle giocate in tutti gli Slam), siamo orgogliosi di te. Riposati, curati al meglio, noi cercheremo di vincere anche senza di te perché abbiamo un’ottima squadra e ovviamente ci auguriamo che tu ci dia semmai mano più in là, come facesti l’anno scorso a Malaga dove – senza sottovalutare nessuno dei nostri avversari di Bologna – spero proprio di arrivare anche con gli altri ragazzi nei quali nutro piena fiducia”.
Questo, caro Filippo, direi e farei io se fossi capitano di Coppa Davis. Ma non lo sono, quindi vedi tu. Certo mi comporterei così dopo essermi consultato con il presidente FITP Angelo Binaghi, che lo scorso anno si schierò al fianco di Sinner giustificandolo apertamente, e saggiamente, quando Jannik si ritrovò sommerso dalle critiche di buona parte della stampa e dell’opinione pubblica. È per questo motivo che la mia lettera è indirizzata a te, ma anche a Angelo Binaghi, senza il cui benestare certamente avresti difficoltà a prenderti questa responsabilità che – mi rendo conto – non è comunque poca cosa.
Farei però di tutto, davvero, per evitare a Sinner sia di precipitarsi a Bologna obtorto collo sia – peggio ancora – di dover accampare una qualche scusa fisica dell’ultimo momento, magari dopo aver vinto il secondo Slam alla grande. L’anca o altro problema fisico lo esporrebbero nuovamente a una selva di critiche. Critiche che lui, dopo quel che ha passato e sofferto in maniera terribile non per sua colpa ma per leggerezze altrui negli ultimi 5 mesi, proprio non meriterebbe.
Questa tua scelta, oltretutto, dimostrerebbe giusta fiducia negli altri componenti di una squadra che non dovrebbe – con 7 giocatori compresi fra i primi 50 del mondo – considerarsi così Sinner-dipendente da temere eccessivamente Brasile, Belgio e Olanda, che squadroni non sono. Si può perdere una partita, non si dovrebbe poterne perdere due. Anche se un anno fa a Bologna si corse il rischio di perdere con il Cile dopo aver perso con il Canada. Ci vuole personalità per fare la scelta di rinunciare a Sinner, lo so.
Un caro saluto Filippo e arrivederci a Bologna, dove arriverò e sarò fuso… dal fuso, ma di certo non dovrò scendere in campo per salvare la mia immagine e la patria.
Ubaldo