Da Berlino, il nostro inviato
Per definire al meglio l’unicità e lo spirito della Laver Cup sarebbe difficile trovare un esempio migliore della conferenza stampa conclusiva del Team World, gli sconfitti. Per quanto ci sia sempre una cortesia di fondo e un certo rispetto, è raro trovare sconfitti che nella conferenza post match ridano e scherzino con estrema tranquillità, come se nulla fosse, ben disposti anche a passare del tempo non solo tutti insieme fuori dalle formalità, ma anche con i professionisti della stampa. Con una certa maturità anche nell’analizzare le situazioni che hanno portato alla vittoria del Team Europe.
“Ovviamente non è stato facile dopo la sconfitta contro Zverev“, ammette Tiafoe (con cappellino sbilenco e occhiali da sole, dopo un ingresso trionfale con la musica a palla sul cellulare), “è un lavoro di squadra, ma mi sono sentito come se avessi combinato un pasticcio per gli altri. Sapete quanto quanto amo questo evento, ho dato tutto quello che avevo, specialmente qui. Pensavo davvero di essere lì lì per vincere, di essere il giocatore migliore oggi, solo che non è andata così. Alla fine, Zverev ha alzato il suo livello e ha meritato di vincere. Ha lottato duramente, non è facile perdere in questo modo quando si è in vantaggio di un set e di un break, soprattutto quando non si perde come in una settimana normale. Lo pensano anche tutti gli altri, soprattutto perché l’ultimo anno di Mac, come capitano“.
La sconfitta di Frances contro Zverev ha portato poi al match decisivo, dove Fritz è stato nettamente sconfitto da un debordante Alcaraz, senza mai dare la reale impressione di poter ribaltare le cose. Un po’ come nella finale dello US Open contro Sinner: “Paragonare le due partite è un po’ difficile, perché le condizioni sono incredibilmente diverse, qui è molto più lento rispetto allo US Open. Ma ho avuto la sensazione che Jannik forse potesse servire un po’ meglio, ma da fondo mi sembrava di non avere abbastanza tempo per giocare oggi, per entrare negli scambi, non sono riuscito a mettermi a mio agio. Venivo sempre messo sotto pressione e fatto muovere e sentivo di non avere tempo contro Carlos. Ma sono entrambi due giocatori fantastici. Per quanto riguarda le pillole che ho preso era per una piccola contrazione alla spalla sinistra dovuta alla durezza delle palle, non è nulla di che“.
Ma, per quanto l’ambiente grondi gioia e confidenza, si sente anche un sottofondo di malinconia, chiaramente dovuto al fatto che quella di quest’anno è stata l’ultima edizione con John McEnroe come capitano. Un ruolo che ha più volte dichiarato di apprezzare, sottolineando tra l’altro ripetutamente come già sentisse di aver vinto stasera (“Ero già pronto per la tripletta, pronto a stappare lo champagne. Parleremo un’altra volta dei vari momenti che ho vissuto e che ricordo di questi sette anni“), ma non per questo mancando di sottolineare la bellezza del lavorare in gruppo e lo spirito particolare che regala questa competizione.
“Mi è sempre piaciuto far parte di una squadra“, riflette l’ex n.1 al mondo, “sin da quando ero bambino, ho giocato anche altri sport. Amo la Coppa Davis. Queste competizioni a squadre sono super speciali per me, perché portano quell’amore, quella gioia di stare insieme. Seppur sia una cosa breve, che potrebbe essere una settimana all’anno. Vedo i ragazzi un po’ in giro negli Slam e in occasioni del genere di tanto in tanto, ma mai per molto. Quindi per me qui è molto divertente, spero sempre di trascorrere una settimana memorabile. Preferibilmente poi vincendo (ride) ma va bene in ogni caso“.
Non sono mancati i siparietti, con Tiafoe e Shelton pronti a guardarsi in continuazione per poi scoppiare a ridere praticamente in ogni momento, rendendo la conferenza quasi un ritrovo tra amici. Come d’altronde loro tutti sono, come più volte ribadito. Ma, tra tutti i momenti topici, probabilmente quello finale, che ha definitivamente salutato i ragazzi del Resto del Mondo, merita di essere vissuto. Il protagonista è ovviamente il più giovane di tutti, il più spontaneo, Shelton, che in campo ha portato dei kebab durante la partita di Tiafoe.
“Amo il doner kebab“, assicura Ben entusiasta, “è uno dei miei cibi preferiti. Quando sono in Germania provo sempre a mangiarlo, e oggi l’ho condiviso. Ne avevo più di uno e Francisco lo ha provato, lo ha provato Ale, anche Kokkinakis. E penso che sia piaciuto a tutti“. A quel punto Kokkinakis, dal lato opposto alza lo sguardo e commenta: “Buono sì, ma troppo aglio“. In una conferenza stampa che andrà in tutto il mondo. Però sì, questi scalmanati “non europei” hanno anche dei difetti. Team Europe vince il trofeo, Team World sicuramente si conferma la squadra da portare fuori a cena.