Da Berlino, il nostro inviato
Sono passati già 9 anni dall’ottobre 2015, quando Tony Godsick e Roger Federer, in macchina insieme a Shanghai, partirono un’idea che tutti aspettavano ma che nessuno aveva ancora avuto il coraggio di mettere nero su bianco: una Ryder Cup del tennis, uno scontro tra i migliori giocatori d’Europa e i migliori del Resto del Mondo, da intitolare al più grande, il solo capace di completare addirittura due volte il Grand Slam, vincendo i quattro Major nello stesso anno. E, chiamando come capitani due icone del peso di Bjorn Borg e John McEnroe, la Laver Cup venne definitivamente alla luce. Il 23 settembre 2024 siamo all’indomani della settima edizione della manifestazione.
Che ogni anno puntualmente spinge a riflessioni, divide, fa parlare di sé; già questo sarebbe sinonimo di successo, ma la realtà è che l’evento è ormai parte del tour, è atteso da giocatori e appassionati, e accolto sempre con gioia. Dopo il quasi fallimento del 2023, l’edizione berlinese ha saputo ridare lustro alla tre giorni di “esibizione presa sul serio“, come i giocatori hanno spesso sottolineato. Grazie a un bel tennis ma anche all’aiuto di tanti piccoli dettagli che potrebbero passare in secondo piano ma che costituiscono la vera anima della competizione, che abbiamo avuto l’occasione di osservare in prima persona.
Se giocano così, c’è da divertirsi
Inevitabilmente il primo pensiero che sovviene un po’ a tutti riguardo alla Laver Cup è: “Tanto è un’esibizione, non la giocano sul serio, cosa vuoi che sia“. In realtà è importante fare una precisazione: i giocatori vivono con più leggerezza la sconfitta, consapevoli che sia priva di conseguenze sulla classifica, ma durante il match danno il loro meglio. Ne sono un ottimo esempio la rimonta di Zverev o la prestazione dirompente di Tsitsipas contro Kokkinakis. Ma anche, e soprattutto, i tantissimi punti da highlights, le palle corte, i recuperi improbabili, per non parlare di doppi spettacolari che si possono oggettivamente avere solo in Laver Cup. Chi non si è divertito a vedere insieme Alcaraz e Zverev? E i super tie-break di Medvedev contro i terribili americani (MVP per vita extra campo e rapporti con la stampa) Tiafoe e Shelton? Una manna, tre set di valore in ambo i casi. Certo, considerare match del genere negli head to head ufficiali ATP è un po’ fuori luogo, va a rompere una statistica importantissima ed omogenea. Ma al di là di questo piccolo neo, abbiamo assistito a tre giorni di puro agonismo, con tanto di vittoria all’ultima curva firmata da Alcaraz e un tie costantemente in bilico. Voto al gioco: 8.
Non siamo migliori amici, ma…
La più tipica delle caratteristiche che rendono la competizione assolutamente unica è lo spirito di gruppo. Non nel senso di pura, noiosa retorica ma concretamente. Per una settimana tutti i giocatori sono compagni di squadra, non devono sperare nella sconfitta dell’altro per questioni di ranking o posizione nel tabellone, ma possono incitarsi a vicenda. Nel caso del Team World si sfonda una porta già aperta, dato che i vari Shelton, Tiafoe, Kokkinakis sono amici anche nella vita al di là del campo da tennis, dunque non è una sorpresa. E vederli ridere a crepapelle in conferenza stampa o saltare dalla panchina dopo un punto spettacolare si confà ai personaggi che sono. Ha fatto decisamente più notizia invece la situazione nel Team Europe, dove si è notata una certa vicinanza tra i principali membri delle “lost” generation, cioè Zverev, Medvedev e Tsitsipas. Negli anni non sono mancati i dissidi tra di loro, ma in occasione della Laver Cup, sotto l’attento sguardo di papà Dimitrov e nonno Borg hanno messo da parte qualsiasi ruggine dimostrando un’inaspettata intesa. Un cameratismo che nelle altre 51 settimane in cui viviamo questi campioni è ben raro da trovare. Voto allo spirito di squadra: 9.
Una settimana imperdibile
Se c’è stata una costante nelle sette edizioni di Laver Cup tenutesi finora è senza dubbio il successo di pubblico. Non c’è bisogno di fare paragoni impossibili con chissà quali altri eventi, ma la Uber Arena ha registrato per tutti e tre i giorni quasi sempre il tutto esaurito, sbancando il botteghino nella giornata di domenica, pur combattendo con prezzi non proprio da tutte le tasche (l’abbonamento per tutti e tre i giorni costava 700 euro). A spiccare sopra le altre cose è stato però il coinvolgimento, dato che la folla ha sempre mostrato entusiasmo, prendendo le parti del Team Europe e reagendo con calore ai tanti punti spettacolari giocati. Marcando un punto importante, da tenere bene a mente ogni qual volta si muovono critiche alla manifestazione o la si reputa un inutile di più: alla gente un weekend di tennis spettacolare, in una cornice iconica (il campo tutto nero è indice di riconoscibilità e fa risaltare benissimo la pallina) e con tutti i migliori che giocano e si divertono interagendo anche con i fan, piace da morire. Voto al pubblico e al godimento: 8,5.
Perché proprio lui?
Ogni anno, poco prima che inizi e poco dopo la fine della Laver Cup, ci si pone la stessa domanda: ma perché hanno scelto proprio questi giocatori? In effetti volendo trovare un piccolo difetto alla formula (al di là dell’includere un doppista per squadra come ipotizzato da Medvedev), i criteri di selezione dei giocatori non sono propriamente chiari. Certo, ai primi 3 per ranking di ogni team l’invito arriva in automatico e sta poi a loro accettare, dunque Sinner e Djokovic sono stati invitati ma non sono venuti. E nel Team Europe sono stati convocati in effetti i migliori giocatori, mentre per gli alternate si è optato per il n.2 tedesco Struff, giocandosi a Berlino, e per Flavio Cobolli, giovane ambasciatore e volto noto di ON, il marchio di Roger Federer, che ha un certo peso quando si tratta di Laver Cup.
Leggermente diversa la situazione per il Team World, che ha dovuto sopperire in extremis ai forfeit di Alex De Minaur e Tommy Paul, chiamando Francisco Cerundolo e Thanasi Kokkinakis. Quest’ultimo, più volte elogiato come uomo spogliatoio, ha fatto alzare qualche sopracciglio, essendo fuori dai primi 70 al mondo, con una sola presenza da alternate nel 2017. E, per quanto un ottimo giocatore, non proprio un catalizzatore di spettacolo. Però è australiano, e la sua Federazione è la base organizzatrice della Laver Cup, visto che solo dopo è arrivato l’ATP. Non ci sono regole scritte a tal proposito, dunque si tratta di mere supposizioni, ma è probabile che si cerchi sempre di avere almeno un australiano in squadra. Niente contro il buon Thanasi, ragazzo simpaticissimo e sempre disponibile, ma spiegare meglio questi dettagli potrebbe essere un importante plus per la manifestazione. Voto alla trasparenza e ai criteri di selezione: 5.
Ma allora la Laver Cup non ha difetti?
Al netto dei quattro principali argomenti qui trattati, da un punto di vista organizzativo è difficile trovare qualcosa da rimproverare all’evento. Campi da mini-tennis all’aperto, un campo di allenamento aperto al pubblico, un ottimo buffet per i giornalisti e tanti gadget ricordo. Questa è un’apparente banalità, ma non in tutti i tornei c’è questa attenzione, dunque un plauso è giusto farlo. Inoltre la gestione delle file all’ingresso, delle entrate e uscite, è risultata perfetta, e tra gli spettatori gli scontenti si contavano sulle dita di una mano. E, lest but not least, i giocatori hanno ripetuto quasi alla noia la voglia e la gioia di passare momenti di questo tipo, senza ansie e con pressioni ovviamente dimezzate. E la spruzzata d’azzurro di Flavio Cobolli, supporter n.1 del team Europe (sì, non solo della Roma), ha dato un tocco di magia in più al complesso.
E poi la narrazione perfetta, con l’Europa a un passo dal baratro ripresa dal padrone di casa e il punto decisivo siglato dall’uomo del futuro. Con tanta grazia per i molti colleghi spagnoli giunti sperando di poter gustare Rafa Nadal, il cui forfeit è giunto a una settimana dall’inizio. E la chiusura in una domenica notte che probabilmente sarà stata epica, per Europa e Resto del Mondo, chiude il sipario sulla Laver Cup di Berlino 2024. Che è stata, questa volta con pochi dubbi, tra le più belle, se non la più bella. Voto complessivo alla manifestazione: 10.