L’annuncio della WTA di un congedo di maternità, finanziato con i soldi sauditi di PIF e parte di un più ampio programma di sostegno alle tenniste con il desiderio di avere un figlio, rappresenta un passo importante per il tennis e per lo sport in generale.
Un’iniziativa inedita per tutto l’universo agonistico, introdotta dopo anni di immobilismo, durante i quali le istituzioni sportive preposte hanno faticato ad adeguare le proprie norme a un mondo in evoluzione perenne, in particolare per le donne, con il rischio di anacronismi e equivoci.
Si pensi a come una maggiore tutela per neomamme del circuito risalga solamente al 2019, quando si è optato per l’equiparazione del rientro da una gravidanza a quello da un infortunio, con la possibilità di ricorrere al ranking protetto per accedere a 12 tornei in tre anni. In questi sei anni sono 50 le giocatrici che ne hanno beneficiato, tuttavia si era solo discusso di ulteriori interventi in materia. Fino al congedo di maternità retribuito reso noto nelle ultime ore.
7 mamme in top 100
Con carriere sempre più lunghe e ritiri rimandati a età più mature, i ritorni in campo dopo una gravidanza hanno perso i tratti di episodio sparso o sporadico e si sono fatti sempre più frequenti. Sono sette, infatti, le mamme presenti in top 100 (Elina Svitolina, Victoria Azarenka, Naomi Osaka, Belinda Bencic, Caroline Wozniacki, Tatjana Maria e Taylor Townsend), a cui si aggiunge un nome importante come Petra Kvitova, fresca di rientro dopo la nascita del primogenito lo scorso luglio.
Decidere di sospendere momentaneamente l’attività agonistica per creare una famiglia è intrinsecamente una scelta complessa, che annovera molte implicazioni diverse e complementari. Nell’immediato, i primi effetti che balzano all’occhio di un osservatore esterno sono le possibili ripercussioni che una lunga pausa può avere sui risultati, specialmente nel caso di tenniste d’élite. E la decisione del 2019 si pone proprio a tutela del progressivo ritorno alle competizioni, dimostratosi una fase spesso delicata.
Il caso positivo di Svitolina, quello un po’ meno di Wozniacki e la via di mezzo Osaka
Naomi Osaka, ex numero 1 al mondo e vincitrice di quattro prove del Grande Slam, è diventata mamma di una bimba a luglio del 2023, nel periodo con tutta probabilità più complesso della sua carriera, tra crisi tennistica e problemi di salute mentale. A gennaio 2024 è tornata nel circuito, ma è ancora in cerca dell’acuto e, soprattutto, di una certa continuità di prestazioni, al netto di qualche problema fisico di troppo che la sta condizionando. Regolarità che invece sembra aver rispolverato Elina Svitolina, dopo la nascita di Skai, avuta dal marito e collega Gael Monfils. La tennista ucraina, infatti, non ha più abbandonato la top 30, sin da quando ha riacciuffato il traguardo grazie alla seminale a Wimbledon nel 2023, riconfermandolo poi con risultati solidi e costanti. Svitolina è inoltre parte di un club ristretto di mamme in attività capaci di vincere un titolo WTA di singolare, assieme a Victoria Azarenka, Tatjana Maria, Kateryna Bondarenko, Patricia Maria Tig e Belinda Bencic, di nuovo tra le migliori 100 giocatrici in seguito al trionfo nel WTA 500 di Abu Dhabi, cinque mesi dopo essere tornata a giocare. Quello ottenuto dalla svizzera è, tra l’altro, il trofeo più prestigioso di una tennista diventata madre dal successo di Azarenka a Cincinnati nel 2020. (E proprio Belinda nei giorni scorsi da Indian Wells si è auspicata che altri sport possano seguire l’esempio del tennis).
Uno dei rientri più difficili da decifrare è senza dubbio alcuno quello di Caroline Wozniacki, ritiratasi nel 2020 proprio per dedicarsi alla vita privata. La scelta di riprendere le competizioni aveva profondamente sorpreso il mondo della racchetta, ma, a quasi due anni da quel momento, i risultati della tennista danese non hanno impressionato altrettanto. Anzi. Molti sono i dubbi che ruotano attorno a Wozniacki, vista la presenza a fasi alterne nel circuito e il silenzio che si protrae dal forfait all’Australian Open.
Niente tennis = niente stipendio
I risultati, tuttavia, non sono gli unici aspetti influenzati da una pausa lunga mesi, come nel caso della maternità. Mettere in stand-by la carriera ha forti ripercussioni economiche, soprattutto per le giocatrici più indietro in classifica. Perché, sembra scontato scriverlo, non poter giocare significa perdere la principale fonte di reddito. Ed è in questo solco che si insinua la decisione di corrispondere un indennizzo alle giocatrici in maternità. Come sottolineato da Tatjana Maria, che ha due figlie, non è semplice affrontare una gravidanza con ben poche sicurezze economiche, com’è stato nel suo caso e in quello di molte professioniste, che forse da oggi non si sentiranno più in obbligo di scegliere tra il tennis e la famiglia.
Beatrice Becattini