Sono ormai passati tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, e l’ex tennista Sergiy Stakhovsky è ancora impegnato al fronte a difendere i confini della sua Patria. Il giornalista francese Quentin Moynet del quotidiano sportivo L’Equipe lo ha intervistato pochi giorni fa chiedendogli del suo impegno nei combattimenti e di come gli eventi delle ultime settimane abbiano influenzato la sua vita.
I ricordi del successo contro Federer sul Centrale di Wimbledon (nel 2013) sono ormai un pallido ricordo del passato, e nella sua quotidianità mimetiche e munizioni hanno preso il posto di racchette e palline.
Qual è la sua situazione sul fronte ucraino?
Di recente, la mia vita sul fronte è leggermente cambiata. In ogni caso, le missioni affidate alla mia unità sono cambiate. Ora abbiamo missioni molto brevi, di tre o quattro giorni ogni volta. Poi torniamo a Kiev, dove abbiamo la base, e poi ripartiamo. Non sono autorizzato a rivelare esattamente cosa facciamo, ma funziona bene. Ha un impatto significativo sull’economia russa, quindi è un buon segno.
Ha la sensazione che il mondo si sia progressivamente dimenticato della guerra in Ucraina?
Non direi che il mondo si dimentica. Piuttosto, si abitua. Ognuno ha la propria vita da vivere, la propria quotidianità. Non puoi vivere la tua vita attraverso la guerra in Ucraina, è normale, anche se è vicina ed è molto importante. Non rimproverei le persone di pensare ad altro (sorriso).
Quando Trump ha annunciato di sospendere tutti gli aiuti, lo abbiamo sentito immediatamente e pesantemente.
Come ha vissuto i recenti annunci di Donald Trump, in particolare il congelamento brutale degli aiuti militari all’Ucraina?
Ha provocato molta ansia. Abbiamo perso uno dei nostri principali alleati, il Paese che garantiva l’integrità delle nostre frontiere da quando abbiamo rinunciato all’arma nucleare (nel 1994). Abbiamo visto l’Europa fare un grande passo avanti, in particolare la Francia, dei paesi cercano di colmare questo vuoto. Ma è ovviamente una grossa perdita per noi e quando Trump ha annunciato di sospendere tutti gli aiuti, lo abbiamo sentito immediatamente e pesantemente.
Cioè?
A livello di intelligence, di sostegno militare… Tutto ciò che era previsto, tutte le riunioni, tutto è stato annullato dall’oggi al domani. Ma insomma, non è che possiamo deporre le armi e tornare a casa… Visto che siamo a casa nostra! Questo provoca rabbia, ma è il presidente degli Stati Uniti, il popolo americano lo ha eletto. Possiamo essere delusi, possiamo essere molte cose… I presidenti passano, ma gli accordi firmati dai governi dovrebbero essere onorati. Non è il caso: abbiamo rinunciato al terzo arsenale nucleare più grande del mondo in cambio della garanzia che le nostre frontiere sarebbero state protette e sarebbero rimaste intatte. Eppure, nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea. Non è successo niente. Nel 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina. E nessuno ha inviato truppe. Sì, abbiamo ricevuto aiuti militari. Giusto il necessario per poterci difendere.
L’Ucraina ha un governo, una capitale, una bandiera, un inno, dei cittadini liberi, la libertà di espressione e una democrazia. È già una vittoria!
Senza il sostegno degli Stati Uniti, è preoccupato per i prossimi mesi?
No. La nostra economia funziona, i nostri servizi pubblici anche, le persone lavorano, le fabbriche girano. Il sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa ci ha permesso di difenderci più efficacemente e perdendo meno vite umane. Senza la fornitura di attrezzature militari, senza le informazioni sui movimenti delle truppe russe sul territorio russo o in Ucraina, sarà lo stesso, solo che ci costerà più vite.
Non teme quindi che l’Ucraina perda la guerra?
Ci sono diverse percezioni di ciò che significa vincere o perdere la guerra. Ad oggi, l’Ucraina ha un governo, una capitale, una bandiera, un inno, dei cittadini liberi, la libertà di espressione e una democrazia. È già una vittoria! La grande vittoria sarebbe tornare alle frontiere del 1991, ovviamente. È l’obiettivo da raggiungere un giorno nella storia. Quando? Non lo sappiamo. Ma avere un Paese da difendere è una vittoria, per definizione. Perderemo alcuni territori? Molto probabilmente, dovremo negoziare? Non spetta a me fare queste scelte… E meno male!
È una responsabilità immensa. Il nostro presidente e il nostro governo dovranno prendere decisioni estremamente complicate. Qualunque cosa decidano, combattere fino alla fine o rinunciare a alcuni territori, non piacerà a tutti. Ma ancora una volta, oggi, abbiamo un Paese. Anche se abbiamo perso alcuni territori, che perdiamo alcune centinaia di metri al giorno – ne recuperiamo alcuni – è sempre una battaglia in cui l’Ucraina esiste. Quando la guerra è iniziata, tutti dicevano che Kiev sarebbe caduta in tre giorni e l’intera Ucraina in due settimane. Sono passati tre anni ormai.
Quando ha deciso di impegnarsi tre anni fa, immaginava che sarebbe durato così a lungo?
No, pensavo che ci sarebbero voluti alcuni mesi, in un senso o nell’altro. Ricordo che nel 2022, degli amici stavano mettendo su una nuova brigata. Gli avevo chiesto: ”Perché lo fate adesso? La guerra finirà presto.” Uno di loro mi aveva risposto: ”No, sarà lungo quindi dobbiamo prepararci per il seguito.” Aveva ragione lui, avevo torto io. Ma la persona che mi aveva detto questo è il comandante della tredicesima brigata della Guardia nazionale dell’Ucraina. È un militare, un colonnello. Conosce la guerra. Io non la conoscevo. È come se gli avessi detto che dopo un set, una partita al meglio dei tre set era finita (sorriso).
A forza di vedere l’orrore, si è abituato?
Purtroppo, ci si abitua sì. L’essere umano si abitua a tutto. Tutti in Ucraina si abituano alle bombe che esplodono quotidianamente, ai droni che passano, alle persone che muoiono, a questa sensazione di vulnerabilità. Sappiamo tutti che delle persone moriranno. Ci diciamo solo: ”Non sarò io.”
Non vedo praticamente mai i miei tre figli, una volta ogni sei mesi, perché non sono in Ucraina ed è molto difficile per me lasciare il Paese perché ho bisogno di un’autorizzazione.
Durante questi tre anni, ha mai pensato di smettere e tornare dalla sua famiglia?
No, mai. O decidi di fare ciò che è giusto e di proteggere ciò che è buono, oppure non lo fai affatto. Ho divorziato dalla mia ex moglie, non vedo praticamente mai i miei tre figli, una volta ogni sei mesi, perché non sono in Ucraina ed è molto difficile per me lasciare il Paese perché ho bisogno di un’autorizzazione. È dura, ma è così. Se tutte le persone che hanno scelto di difendere l’Ucraina dicono ”ho fatto la mia parte, me ne vado”, chi continuerà a difenderla?
Immagini se succedesse in Francia, cosa farebbe: fuggirebbe in un altro Paese o resterebbe a combattere? Non può rispondere finché non le succede. Nessuno sa come reagirà in una tale situazione. È per questo che non bisogna giudicare le persone che decidono di fuggire all’estero. Io ho preso questa decisione e vivo secondo questa.
Che età hanno i suoi figli?
6, 10 e 11 anni.
Sanno cosa fa?
Ora sì, sono abbastanza grandi per sapere cosa faccio, ma non lo capiscono davvero. Cerco di spiegarglielo, ma non capiscono perché lo faccio.
È quindi sempre pronto, se necessario, a morire per il suo Paese?
È ovvio, sì. Altrimenti, non sarei qui.