Naomi Osaka, una volta dominatrice su cemento con quattro titoli Slam, fatica a trovare la stessa efficacia sui prati. Anche nel pieno della sua carriera, l’erba – così come la terra battuta – non è mai stata il suo territorio di conquista: superfici su cui ha sempre mostrato maggiori difficoltà di adattamento rispetto al duro. Dopo un primo turno eliminatorio sia al Roland Garros che a Berlino, la sua stagione sull’erba non sta ancora decollando. Nell’Open di Berlino, Osaka ha ceduto a Liudmila Samsonova nonostante un promettente inizio, con un primo set vinto 6‑3 e persino un vantaggio sul 5‑5 nel terzo set, prima di arrendersi 3‑6, 7‑6, 6‑4.
Tornata nel circuito ormai da 18 mesi dopo la maternità, Osaka è impegnata in un percorso di ricostruzione: fisica, mentale e anche nel ranking, dove punta a rientrare stabilmente tra le prime 50 del mondo. Il bilancio sull’erba ad ogni modo parla chiaro: in carriera la giapponese ha raccolto 15 vittorie e 15 sconfitte su questa superficie, senza mai raggiungere una finale né conquistare un titolo. Il suo miglior risultato resta la semifinale a Nottingham nel 2018, dove si spinse fino al penultimo atto prima di cedere ad Ashleigh Barty. Da segnalare anche i quarti di finale a ’s-Hertogenbosch nel 2024, chiusi con una sconfitta al tie-break del terzo contro Bianca Andreescu, e il terzo turno raggiunto a Wimbledon nel 2017. Anche la vittoria su Elise Mertens, sempre nei Paesi Bassi nel 2024, ha rappresentato un segnale di ripresa: il suo primo successo su erba dal 2019. Tuttavia, questi episodi positivi non sono ancora bastati a invertire una tendenza complessivamente altalenante.
La difesa di Roddick: nessun ostacolo tecnico, solo tattico
Andy Roddick, ex numero 1 mondiale, difende il potenziale di Osaka sul prato: “Non c’è nessun motivo per cui non possa giocare bene sull’erba” ha dichiarato. “Penso che dovrebbe concentrarsi su un tennis più aggressivo sin dal primo colpo, magari variare un po’ di più il servizio e prendersi qualche rischio in più sulla seconda, così da non dare modo ai suoi limiti nei movimenti di emergere troppo spesso”.
Secondo Roddick, il problema non è nella struttura atletica o tecnico‑motoria, ma nella strategia: una maggiore aggressività e variazione di posizioni in battuta ridurrebbe l’esposizione dei suoi punti deboli nella mobilità laterale. Un suggerimento tattico chiaro, che lascia intendere che – secondo lui – Osaka può essere competitiva sull’erba, a patto di ottimizzare il gioco iniziale.
Quel che l’erba chiede (e Osaka ancora fatica a dare)
Servizio & primo colpo
L’erba premia chi entra subito nel ritmo, con prime servite in maniera efficace e colpi aggressivi fin dalla risposta. Osaka, pur potente, talvolta costruisce troppo dietro, lasciando l’avversaria il tempo di posizionarsi e sopraffarla in spostamento.
Movimento e reattività
Le sue difficoltà nei movimenti rapidi e laterali emergono soprattutto su prati veloci, dove non può ricorrere al controllo di palla tipico del cemento. Roddick sottolinea infatti che sempre più spesso i suoi secondi servizi vengono messi sotto pressione.
Confidenza mentale e ritmo partita
La fiducia sui prati tarda ad arrivare: dopo step intermedi efficaci – come la finale al WTA 125 di Saint‑Malo su terra e i momentanei sprazzi di forma – la tendenza di Osaka è quella di calare nei match chiave, perdendosi nelle fasi calde.
Cosa può cambiare prima di Wimbledon
Per fare davvero il salto di qualità sull’erba, Naomi Osaka dovrà abbracciare una mentalità più rischiosa. Prendere più iniziativa sulle seconde di servizio, anche a costo di qualche errore in più, potrebbe essere la chiave per giocare un tennis più propositivo e togliere tempo all’avversaria. Affidarsi alla sola solidità non basta: sull’erba, l’aggressività premia.
Un altro passo importante sarà variare di più il servizio, non solo in termini di potenza ma anche di angoli e traiettorie. Muovere l’avversaria fin dal primo colpo le permetterebbe di dettare i ritmi e ridurre le situazioni in cui si trova costretta a rincorrere.
Infine, serve tempo effettivo in campo: più partite vere sull’erba per “sciogliere” i meccanismi e costruire automatismi. Il movimento sull’erba è una danza diversa: la si impara solo ballando, non allenandosi da fermi. Se Osaka riuscirà a mettere insieme questi tasselli, il primo acuto su erba – magari proprio a Wimbledon – smetterà di sembrare un’utopia e inizierà ad assomigliare a un obiettivo realistico.
Naomi Osaka rimane una delle figure più complesse e affascinanti del tennis moderno: una campionessa Slam, una voce influente dentro e fuori dal campo, ma anche un’atleta ancora in cerca di equilibrio. Dopo un ritorno alle competizioni pieno di alti e bassi, è chiaro che il suo percorso è tutt’altro che lineare. I problemi di fiducia, la difficoltà nel trovare continuità e un rapporto ancora irrisolto con la superficie erbosa (lo stesso vale per la terra) la tengono in una fase delicata della carriera.
La scelta di affidarsi a Patrick Mouratoglou – ex coach di Serena Williams – sicuramente non è casuale. Serve una guida forte, capace di dare struttura al suo talento e far emergere la versione più competitiva di sé, soprattutto su una superficie come l’erba dove ogni esitazione si paga cara. Mouratoglou, noto per la sua capacità di costruire identità tattiche vincenti, potrebbe essere in grado di sbloccarla.
Osservatori come Andy Roddick continuano a vedere in lei un potenziale ancora inespresso sul verde. Ma il tempo delle sole promesse sembra essere finito: ora il percorso passa attraverso piccoli ma concreti passi avanti. La sfida è tecnica, certo, ma anche mentale e tattica. Con Wimbledon alle porte, l’obiettivo per Osaka non è dimostrare tutto subito, ma cominciare a costruire fiducia e continuità anche su una superficie che finora le ha dato poco.