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02/10/2011 23:22 CEST - Inchiesta Atp

Più potere per i giocatori!

TENNIS - Non è chiaro quale sarà il futuro dell’ATP e delle varie correnti di pensiero. Molti giocatori sono scontenti ma potrebbe essere un problema di pochi. Uno dei motivi principali è la mancanza di compattezza tra i top player. Steve Tignor analizza le differenti voci e traccia una breve storia delle ‘rivoluzioni’ dal basso nel tennis moderno, partendo dal boicotaggio del 1973. Giulia Vai

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Si parte dal boicottaggio del 1973 di Wimbledon quando i giocatori protestarono perché Nikola Pilic fu sospeso per essersi rifiutato di giocare un incontro di Coppa Davis per la Jugoslavia: ben 81 giocatori dei primi 100 e 13 dei primi 16 non giocarono l’edizione che fu vinta da Jan Kodes. All’epoca la protesta non fu capita dal pubblico, soprattutto quello inglese, che considerava gli scioperanti come gente interessata esclusivamente ai soldi; per tennisti invece era il modo di rivendicare la libertà di scegliere a quali tornei partecipare. Rivalutandola oggi sembra una giusta causa, specialmente tendendo conto che l’associazione giocatori e il professionismo esistevano solo da 5 anni e c’erano ancora molti dettagli da ‘definire’ e diritti da ‘conquistare’.

L’anno successivo Jimmy Connors fece causa all’ATP che aveva appoggiato il divieto che la ITF (allora ancora ILTF) aveva emesso nei suoi confronti di giocare i French Open per aver preferito partecipare alla World Tennis Cup. Ne uscì vincitore affermando che solo grazie alla sua battaglia i giocatori erano veramente liberi, ma da quel momento si seguì tra i giocatori la linea Connors, ossia ognuno per sé.

L’altra grande protesta che Tignor ricorda è quella del 1988 ‘del parcheggio’, dove i giocatori, in particolare Hamilton Jordan, a cui era stato negato l’accesso alla sala stampa di Flushing Meadows da parte della USTA, improvvisò una conferenza stampa per spiegare le ragioni: pensavano che l’ATP fosse dominata da personaggi che avevano poco a che fare con il tennis giocato e che non ci fosse alcun rappresentante dei giocatori che curasse veramente i loro interessi. La ragione che spinse maggiormente alla protesta i giocatori, tra cui Wilander e McEnroe, era avere più occasioni di sfide di vertice. In seguito a questa protesta furono appositamente creati i tornei Super 9 (ora Masters series o 1000 che siano) e Hamilton divenne tra i primi capi della nuova ATP.
Non tutti i giocatori capirono il senso della disputa: ad esempio quelli della ‘vecchia guardia’, tra cui John Newcombe, ritenevano assurdo protestare per qualcosa che non fossero i soldi. In realtà questa rivolta ha permesso la crescita del movimento sia in termini di qualità che di seguito tra gli appassionati, creando quel senso di solidarietà tra giocatori che si era perso.

A differenza del 1988, oggi il problema è che se non si fanno sentire i giocatori più forti, una mobilitazione dal basso e di massa è altamente improbabile poiché il principale motivo del contendere (la revisione del calendario) non riguarda i tennisti di classifica più bassa a cui il calendario va bene così. I magnifici 4 più Roddick però non riescono a trovare un terreno comune per portare avanti la ‘rivoluzione della pioggia’, così ribattezzata perché nata durante le lunghe giornate di sospensione agli US Open a causa della pioggia. Anzi il fronte presenta già le prime lacerazioni interne: da una parte Roddick, Murray e Nadal pensano che la stagione debba essere riconsiderata, diminuendo i tornei per evitare logorio fisico e stanchezza; dall’altra, Djokovic e Federer sono dell’idea che la stagione ATP vada bene così com’è e nel caso basti saltare i tornei, cosa che loro già fanno…tant’è che l’incontro previsto a Shanghai e fortemente voluto da Andy Murray probabilmente salterà perché Federer non partecipa al torneo!

Il saggio Roddick aveva predetto la difficoltà nel trovare un accordo tra i big. Lui, come detto, è al momento in linea con Murray e ha anche parlato di possibili scioperi. Come già accaduto in passato e recentemente in Italia, è difficile avere sostegno dell’opinione pubblica, pur per una questione di diritti, quando si conduce una vita già così agiata.  Uno dei punti contestati dagli ‘Andys’ e Nadal e l’obbligatorietà dei tornei Masters Series, che come abbiamo visto sono il frutto di una battaglia passata dei giocatori, nonché i tornei dove si è sicuri di vedere il tennis di vertice al suo meglio. D'altronde la loro richiesta di maggiore potere negli Slam, che non sono gestiti dall’ATP, sembra decisamente ragionevole.

Tignor si schiera con Rafa & company auspicando una riduzione dei tornei che permetta ai fan una ‘disintossicazione’ più ampia dal tennis da cui ne conseguirebbe probabilmente una miglior fruizione e appagamento quando questo riprende.  In conclusione, Tignor esprime incertezza sulla possibilità di un vero cambiamento, certamente il passato ha dimostrato che l’unione (dei giocatori) fa la forza.

Giulia Vai

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