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19/10/2011 15:39 CEST - Storie di tennis

La costruzione di un campione

TENNIS – Kei Nishikori è il primo giapponese nella storia a entrare nella top-30. Un misto di competitività e spirito collaborativo, è il simbolo di una nazione. Cresciuto all’Academy di Bollettieri, con l’etichetta di predestinato cucita addosso, non ha mai amato il sushi che si mangia in Usa né dimenticato il suo Paese. E ha raccolto 60 mila dollari per aiutarlo dopo lo tsunami di marzo. Alessandro Mastroluca

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Haiku e confucianesimo. Importanza della conoscenza, valore della ripetizione nell’apprendimento, olismo. Una forma mentis che porta a vedere la foresta senza distinguere i singoli alberi e insegue il miglioramento totale per piccoli passi. Un sistema scolastico che sviluppa stress e stimola una forte competitività mitigata, nelle attività accademiche, da comportamenti collaborativi e che si esprime nella maniera più pura e aperta nelle competizioni sportive.

Da questo humus culturale, e dalla trasposizione in un contesto ancora più competitivo e ancora più “fissato” con il perfezionamento attraverso la quantità delle ripetizioni del gesto, derivano le peculiarità di Kei Nishikori. Giapponese trapiantato alla Bollettieri Academy, con le stimmate del predestinato, ritardato da un anno di sostanziale inattività per un infortunio al gomito destro, era diventato per tutti “Project 45”. Ma da questa settimana dovrà alzare l’asticella e cambiare soprannome.

Da Shimane a Bradenton
Shimane è una piccola cittadina nella regione di Chugoku sull’isola Honshu conosciuta solo per la prossimità con Hiroshima. Una piccola cittadina in cui c’è anche un campo da tennis a cinque minuti dalla casa di Eri, un’insegnante di piano, e Kiyoshi Nishikori, un ingegnere. È lui che porta Kei al campo per la prima volta a cinque anni.

Presto inizia a vincere con tutti i ragazzi della sua stessa età. Grazie alla famiglia benestante, Kei va a Tokyo e attira l’attenzione del CEO di Sony, Masaaki Morita, che ha istituito un fondo, il Tennis Fund Group, che ogni anno concede a quattro giovani tennisti giapponesi un soggiorno gratuito alla Bollettieri Academy.

Kei parte, senza sapere una parola di inglese. Ma parla la lingua del tennis, e tanto basta. Nei primi tempi lo aiuta Olivier van Lindonk, che poi è diventato il suo agente. Gabe Jaramillo, head coach dell’Academy dal 1981 ha ricordato a James Buddell per un profilo apparso su Deuce del 2008: “Aveva un grande potenziale, poteva competere in molte situazioni e adattarsi allo stile di vita americano". Aveva ragione, anche se Kei non ha mai imparato ad apprezzare il sushi che si mangia negli Usa, che non è al livello di quello nipponico. "Il dritto era già esplosivo, ma la volée molto scarsa e il servizio era quello di un principiante”. Per questo gli fanno lanciare centinaia di palle da football americano e da baseball. “Era difficile farlo aprire all’inizio” aggiunge Jaramillo, “dava poca confidenza e mostrava poco le emozioni. Ma gli piacevano tecniche di allenamento chiare, dirette”.

La sua fiducia in se stesso inizia a crescere la sera che demolisce Philip Bester, allora uno dei migliori prospetti dell’Academy, in un match pubblicizzato su ogni porta di ogni camera e su ogni lampione che inizialmente Nishikori nemmeno voleva giocare.

Frequenta pochi tornei junior, ma si prende comunque la soddisfazione di vincere il Roland Garros junior 2006 in doppio con l’argentino Emiliano Massa. Guadagna il rispetto di tutti, compreso il compagno di camera Gastao Elia, suo compagno di camera per un anno. “Era molto riservato, tranquillo. Quando non era sul campo, passava molto tempo a chattare con gli amici e guardare cartoni giapponesi. Non era certo il tipo che causava problemi”.

Ma il compagno di camera che avrà più influenza sulla carriera futura di Kei è Zack Gilbert, che parla molto meno del padre Brad. Quel Brad Gilbert. L’esempio del “Winning Ugly” si avvicina alla correttezza fatta giocatore, a quel giapponesino che non protesta mai, che se ha una sessione di allenamento alle 7 di mattina si presenta al campo un quarto d’ora prima.

Gilbert è adesso il suo coach, viaggia con lui 15 settimane l’anno, ma non negli Slam perché ha un contratto da commentatore per la ESPN. Nel resto dei tornei lo accompagna Dante Bottini, ex giocatore argentino (max 700 in singolare, 340 in doppio), sparring partner di Paola Suarez che è stato head coach allaFort Walton Beach Tennis Center prima di assumere lo stesso ruolo alla Bollettieri Academy.

Project 45
Per tutti diventa “Project 45”. L’obiettivo per la sua carriera diventa superare la posizione n.45 del mondo, ovvero il più alto ranking mai raggiunta da un giapponese nella storia: Shuzo Matsuoka, primo nipponico a vincere un titolo ATP, a Seoul nel 1992. Di lui si ricorda la finale al Queen’s qualche mese dopo (batté Edberg 10-8 al terzo in semifinale), un quarto di finale a Wimbledon in cui vinse il primo set contro Pete Sampras e l’uscita dal campo con tutto il corpo devastato dai crampi al primo turno degli Us Open 1995 contro Peter Korda, nella partita che porterà all’introduzione del medical time-out.

Matsuoka è stato uno dei primi “sponsor” di Nishikori a Tokyo. E uno dei primi a festeggiare dopo la vittoria a Delray Beach nel 2008. Due settimane prima aveva fallito le qualificazioni al Challenger di Dallas, ma Garamillo lo convince ad andare a Delray Beach. Nishikori non è troppo convinto, non è in gran fiducia.

Ma si qualifica, passa il primo turno grazie al ritiro di Florian Mayer, poi batte in fila quattro americani. Annulla quattro match point in semifinale a Sam Querrey ma, un po’ superstizioso, non telefona a casa. “Prima chiamavo sempre dopo aver vinto una partita importante: il giorno dopo perdevo sempre però”.

L’attesa paga: trionfa battendo James Blake in rimonta in finale. Quello è il suo sesto torneo ATP in carriera. Solo 15 giocatori nell’era Open sono riusciti ad alzare il primo trofeo prima della sesta apparizione nel main draw. Ci sono Nicolas Lapentti (al primo, a Bogotà 1995), Hewitt (al secondo, Adelaide 1998), Rosset e Fernando Gonzalez (al terzo, rispettivamente Ginevra 1989 e Orlando 2000), Chela e Ferrer (al quarto, Città del Messico 2000 e Bucarest 2002), Krajicek e Ferrero (al quinto, Hong Kong 1991 e Mallorca 1999). Al sesto tentativo riescono nell’impresa Mark Edmonson (ultimo australiano ad aver vinto gli Australian Open e il giocatore capace di vincere uno Slam dopo il minor numero di presenze in un major (3), insieme a Kuerten e Wilander), Krickstein (Tel Aviv 1983), Jay Berger (Buenos Aires 1986), Coria (Vina del Mar 2001).

Ad agosto, agli Us Open, elimina Ferrer e arriva fino agli ottavi di finale. È la più giovane non testa di serie a sconfiggere un top-4 a New York dai tempi di Borg che vinse contro Ashe, n.3 del tabellone, nel 1973. E' anche il primo giapponese ad arrivare così lontano agli Us Open dopo Jiro Yamagishi che ci riuscì ai Championships del 1937.

La sua stagione si ferma a Stoccolma, per un infortunio al ginocchio: raggiunge comunque le semifinali perdendo da Soderling e viene eletto Newcomer of the Year dall’ATP. Salta quasi tutto il 2009 per un altro infortunio, al gomito destro, che lo costringe a un intervento chirurgico. Nell’ultima parte della riabilitazione gioca qualche volta impugnando la racchetta con la sinistra, e questo un po’ l’ha aiutato a migliorare il rovescio, ha spiegato in un’intervista recente.

Il 2010 è altalenante: batte Giraldo in cinque set a Parigi, dove perde da Djokovic, e Nadal a Wimbledon. Ma quest’anno cambia tutto. Anche se il 2011 non inizia certo con un’aura positiva. Il giorno prima del suo debutto a Indian Wells contro Andreev il giappone è devastato dal terremoto e dallo tsunami che portano poi all’incidente nucleare di Fukushima.

Missione compiuta
Per Nishikori non è facile giocare con il pensiero alla famiglia (che comunque non ha avuto danni) e al suo Paese in ginocchio. Decide di continuare la stagione e di aiutare i suoi connazionali nell’unico modo che conosce. Nel successivo Masters 1000, a Miami, organizza una partita di calcio di beneficienza tra una selezione di tennisti e una squadra della North American Soccer League, i Fort Lauderdale Strikers, che vincono 4-2 (per i tennisti in gol Baghdatis e Murray). Organizza un’asta online, ancora attiva, in cui i tennisti offrono oggetti, maglie, foto autografate, che ha già portato alla Croce Rossa più di 50 mila dollari: Nishikori, oltre alle foto, ha dato la possibilità a due tifosi, in California e Tokyo, di scambiare per un’ora con lui.

In Giappone è un idolo. Tokyo è tappezzata delle sue fotografie. Durante il torneo riceve la stessa attenzione che Federer, Djokovic, Nadal e Murray possono avere a Wimbledon. Dopo i Championships è apparso sulla copertina del magazine generalista, piuttosto diffuso in Giappone, AERA. Dal mese prossimo sarà protagonista del nuovo spot di Uniqlo sulle tv nazionali.

Ma soprattutto, da questa settimana, con la semifinale a Shanghai, è numero 30 del mondo. Serve un nuovo obiettivo, un nuovo progetto. Perché, come diceva Confucio, “non importa se vai avanti piano, l’importante è che non ti fermi”.

Alessandro Mastroluca

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