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26/11/2011 18:07 CEST - Storie di tennis

Quando l'arbitro diventa una star

TENNIS - A meno che non commettano errori madornali, è raro che gli arbitri diventino dei protagonisti. Ma vi sono delle eccezioni come Mohamed Lahyani, uno dei più amati “chair umpire” anche grazie al suo personalissimo ma carismatico modo di condurre la partita. Non ha ancora arbitrato una finale Slam ma detiene un record invidiabile: ha diretto la partita più lunga della storia del tennis. Daniele Vallotto

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L'arbitro ha due modi per diventare protagonista di un match. O prende delle decisioni totalmente errate che fanno infuriare (Byron Moreno, per esempio) oppure prende una decisione molto difficile in un momento delicato (come Eva Asderaki agli scorsi US Open o il giudice di linea che chiamò un “foot fault” a Serena Williams). Altrimenti bisogna essere Mohamed Lahyani, arbitro svedese di origini marocchine, amatissimo dagli appassionati per la sua condotta di gara un po' inusuale. Di Lahyani è diventato celebre il prolungato “fifteeeeen”, pronunciato con una voce vellutata e profonda che è ormai un marchio di fabbrica del suo arbitraggio. Lui sembra essersi già abituato a questo inconsueto ruolo da protagonista sui campi da tennis: non è raro infatti vederlo firmare autografi prima e dopo i match e aumentano sempre più i suoi fan in giro per il mondo.

Mohamed è nato a Tetouan, in Marocco, ma i suoi genitori si trasferirono ad Uppsala, in Svezia, quando lui aveva appena un anno. Si avvicina allo sport anche grazie al tennis, ma non prende mai in considerazione l'opportunità di diventare un professionista. Vuole diventare cuoco o insegnante di educazione fisica. Poi, nel 1983 l'evento che gli cambia la vita: gli chiedono di arbitrare ai campionati svedesi di tennis e lui accetta di buon grado.“Amavo arbitrare, specialmente quando vedevo gente del calibro di Borg, Edberg o Wilander. Avevamo dei grandi giocatori, allora”. Nel 1991 arriva il “white badge”, il primo riconoscimento professionistico. Nel 1992 è l'anno del grande salto quando Lahyani viene chiamato come giudice di linea alle Olimpiadi di Barcellona. L'anno successivo arriva il “bronze badge” che gli permette di partecipare agli Slam. Da allora Lahyani ha partecipato a 18 edizioni consecutive di Wimbledon: un record di longevità che farebbe invidia anche a Connors. Proprio a Wimbledon, nel 2010, Lahyani è stato protagonista di una pagina di storia. Fu lui infatti a pronunciare le fatidiche parole (tra l'altro commettendo un errore perché invertì il punteggio dei due tie break) “Game, set and match Isner. Six-four, three-six, six-seven, seven-six, seventy-sixtyeight che sancirono la parola fine sul match più lungo della storia del tennis. Si parlò a lungo della stoica resitenza di John Isner e Nicolas Mahut ma pochi ricordarono che Lahyani dovette sedere per sette ore consecutive (e undici in totale) arbitrando un match che sembrava non volesse più finire. E durante quelle undici ore Lahyani non chiese mai un toilet-break:“Non avevo la possibilità di sentirmi stanco. Ero totalmente preso dal match, rimasi sempre concentrato. Lo devo ai giocatori. La loro resistenza fu davvero mozzafiato e il loro comportamento eccezionale” ricorda Mohamed, che però non ha avuto l'opportunità di arbitrare la rivincita di quel match avvenuta quest'anno.

Ma Lahyani può vantare nel suo curriculum altri match storici, come Federer-Sampras a Wimbledon 2001 (“un match che ha cambiato la storia del tennis”) o Nadal-Djokovic a Madrid 2009, guarda caso altro record di durata. Fu anche l'arbitro di sedia di Hewitt-Nalbadian agli Australian Open 2005, match terminato alle due di notte e che fece guadagnare all'arbitro svedese la prima pagina di molti quotidiani australiani.

Lahyani però non ha mai arbitrato una finale Slam nonostante il “gold-badge” che detiene dal 1997 e i suoi over-rule accompagnati da un altisonante “Correction!” che l'hanno reso celebre almeno quanto i suoi strascicati “fifteeeeen”. Tutto ciò non gli peserà di certo, anche perché dopo quasi trent'anni in cui ha visto passare generazioni di campioni cha vanno da Edberg all'era Federer-Nadal-Djokovic, Mohamed Lahyani è ancora sulla cresta dell'onda e alla gente il suo stile piace da matti.

L'altro giorno, durante un match teso come Nadal-Tsonga, aveva dato il punto a Nadal perché secondo lui la palla era rimbalzata due volte sul campo di Tsonga, nonostante il francese sostenesse di essere riuscito a colpirla prima del secondo rimbalzo. Quando il replay lo ha sbugiardato, lui non si è minimamente scomposto, anzi, ha riso per un bel pezzo ben sapendo che Nadal avrebbe poi fatto il punto e che dunque il suo errore un po' grossolano non sarebbe pesato. Anche per questo il suo modo di arbitrare è diventato unico. Qualcuno potrebbe obiettare che l'arbitro dovrebbe essere una presenza invisibile sul campo. Ma in un'epoca di standardizzazione come quella che stiamo vivendo una figura del genere è più che ben accetta. Ciò che non bisogna fare è parlargli di tennis quando non arbitra: dopo più di 5000 match, quando è in vacanza il veterano vuole solo stare con la sua famiglia e godersi il cous-cous del venerdì.

Daniele Vallotto

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